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Autore: gattapelosa    28/07/2012    11 recensioni
Il giorno della Mietitura Katniss sta male.
Nessun volontario quindi per l'estrazione di Prim.
Primrose Everdeen è chiamata ai giochi: preclusa ogni possibilità di scelta.
Che i settantaquattresimi Hunger Games abbiano inizio! Che inizino davvero.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Primrose Everdeen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

 

È il giorno della Mietitura. Me lo ricordo perché mamma non c’ha svegliato presto, oggi.

Di solito non mi faccio troppi problemi, ma questa notte non ho proprio chiuso occhio. É la mia prima Mietitura.

Speravo che almeno Katniss m’avrebbe accompagnata, ma lei sta su quel letto a morire, quindi niente.

In effetti questa nuova edizione degli Hunger Games non poteva capitare in momento più opportuno. Katniss, nostra unica fonte di sostentamento oltre a Lady – ma Lady è una capra e una capra non può dar cibo a tre persone – era stata letteralmente sbranata da un branco di cani selvatici. Stava a caccia con Gale quando ecco che dal fitto della foresta irruppero tali bestie. Gale adesso sta all’altro mondo, perché purtroppo non c’è stato niente che potemmo fare per aiutarlo, ma Katniss ha ancora una possibilità di uscirne.

La guardo e piango un po’, perché è colpa nostra se sta in questo stato. Io e mamma i soldi per mangiare non sappiamo proprio come procurarceli, e allora Katniss ha dovuto cacciare per noi ogni giorno negli ultimi quattro anni.

Io però sono fiduciosa! Sì, Katniss ne uscirà, prima o poi. Ed è proprio per questo che gli Hunger Games cadono a proposito: se un nostro tributo vincesse, avremmo cibo a volontà per un anno intero! E allora daremmo tutto il tempo a Katniss di riprendersi.

Sta così male che non siamo proprio riuscite a dirle niente su Gale. A stento spiaccica due parole di fila e in genere dorme.

Non voglio restare ancora a lungo in casa. Ho bisogno di supporto: è la mia prima Mietitura! E mamma è troppo occupata a deprimersi per Katniss. Non come con papà, questa volta sta ancora tra noi, ma certo non sprizza allegria.

— Mamma, esco.— dico e lei annuisce.

So già cosa fare: raggiungere la casetta di Hazelle, poco distante, per poter far un giro con Rory. Ora loro sono in lutto per il decesso di Gale, ma non hanno mai disprezzato troppo la mia compagnia, e Rory ha certamente bisogno di svagarsi. La prima mietitura vale anche per lui.

Così, quando raggiungo la loro casetta mezza scassata, sono già pronta all’episodio deprimente di una famiglia allo sfacelo.

Entro quatta quatta dalla porta semiaperta, scorgendo Hazelle tentare disperatamente di trattenere pesanti lacrime sfogando la sua frustazione nel lavare i piatti. Accanto a lei, Posy reclama giusto un po’ d’attenzione e Vick tenta di starle accanto per lasciar libera sua madre.

Mi è sempre piaciuta molto, quella, come famiglia.

Hazelle è sempre stata una bellissima donna e molti uomini avrebbero fatto la fila per sostituire il marito deceduto, ma lei non è mai caduta nella tentazione di darsi a un uomo solo per sicurezza economica. Ha stretto i denti e tirato avanti come meglio poteva.

Gale portava a casa cibo e utensili vari, ma Hazelle sarebbe sopravvissuta lo stesso. Forse un po’ a stento, ma non dipendeva completamente dal figlio. Non come me e mamma, almeno.

Comunque, nel vedermi ferma sulla porta di casa, Hazelle mi fa segno d’entrare.

— Ciao Prim, non ti aspettavamo— dice tentando un po’ di levarsi dal volto lacrime salate.

— Mi dispiace essere piombata qui all’improvviso — Hazelle scuote il capo — È sempre un piacere. Rory è in bagno, penso.

Mi siedo al fianco di Vick. È carino, lui. Un bel bambino. Ma tutti sono carini tra gli Hawthorne.

Ha i capelli scuri del padre e i grigi occhi del giacimento. Come Gale. E come Rory.

Posy, dal canto suo, è la bimba più bella di Panem. Per qualche strana e allucinante mutazione genetica ha gli occhi verdi. Come se qualcuno del Giacimento potesse vantare uno splendido paio di occhi verdi! Ma quella bimba è speciale, lo dicono tutti.

Posy Hawthorne è una bimba speciale.

Mentre mi perdo nel pensare alla perfezione degli Hawthorne, il più perfetto tra loro esce dal bagno.

Okay, forse no. Forse il più bello era Gale. Ma anche Rory non scherza.

Più che altro ammetto di aver sempre provato una certa d’invidia nei loro confronti. Mamma era una ragazza bellissima e ha passato un paio di cosucce carine anche a me, ma gli Everdeen non reggono il confronto.

Comunque, Rory non mostra il minimo stupore nel vedermi così, in contemplazione di Posy. Non è la prima volta che piombo in casa sua, specie da quando Katniss è malata.

— Come va, Prim?— chiede. Mi volto di scatto.

Indossa il semplice abbigliamento scolastico: una magliettina leggera e un paio di pantaloni sgualciti. Per la mietitura ci saremmo dovuti cambiare presto, comunque. Bisognava essere quantomeno presentabili.

— Tutto bene, grazie.— rispondo. Lui mi fa segno alla porta e io annuisco.

Se ci dobbiamo sbrigare a uscire vuol dire che Hazelle ha bisogno di un momento per se.

Non possiamo portarci via Vick e Posy, perché Hazelle entra in agitazione nel non vederli. Sono troppo piccoli.

Allora io e Rory usciamo, chiudendo la porta. Mi rivolge uno sguardo da “Guarda che situazione assurda!” e io annuisco. È bello capirsi sempre, con Rory.

So già dove andare: al Prato. È rilassante stare da quelle parti.

E poi ci andavamo già tanto tempo fa, quando, preoccupati, raggiungevamo le recinzioni per aspettare Katniss e Gale. È stato in quel periodo che mi sono legata tanto a Rory.

Stavamo là in appostamento per ore, ma a Katniss non piaceva che la controllassi, quindi nel vederla tornare giravo i tacchi e mi nascondevo.

Poi ho perso l’abitudine di seguire mia sorella e mi sono limitata a raggiungere il Prato nella speranza di trovarvi un po’ di riposo. Non c’è molta ombra, ma la vecchia capannetta di Jilson crea un angolino fresco e confortante.

Io e Rory mezzo camminiamo, mezzo corriamo tra le stradine del ’12. Il Prato è un po’ distante dalla casetta di Hazelle.

Durante la strada non incontriamo nessuno: sono tutti in pena per gli Hunger Games. Le famiglie si sentono particolarmente solidali in ‘sti giorni, tranne che durante l’estrazione. Allora ognuno pensa per se.

Una volta raggiunto il Prato rimaniamo due secondi ad osservare la tetra distesa verdeggiante. È un buon posto dove riposare.

In sé, però, è anche un posticino piuttosto deprimente.

La capannetta di Jilson è invece un ammasso di legname facilmente infiammabile. Inutilizzato, di solito, ma pieno di cianfrusaglie.

Jilson è un pacificatore, è stato lui a voler mettere in piedi ‘sta capannetta, solo perché non sapeva dove far finire alcune sue diavolerie.

A noi non interessa, comunque: ci importa solo dell’ombra.

Io e Rory ci sediamo sul retro della capannetta, incuranti della terra sporca che c’inzozza i vestiti.

— E così, finalmente ci siamo, eh?— fa lui. Io annuisco.

— I primi Hunger Games arrivano per tutti.

— Almeno abbiamo una sola nomina.— e questo, mi duole ammetterlo, è tutto merito dei nostri fratelli.

Per evitarci la costrizione di aggiungere nuove nomine alla Mietitura, si sono sempre caricati il fardello su sé stessi. Così che, ora come ora, ci ritroviamo con appena un foglietto di carta nell’enorme boccia di vetro. È praticamente impossibile venire estratti.

— La buona sorte è a nostro favore!— esclamo, allargando le braccia e imitando, pressappoco, l’accento di Capitol City. Rory scoppia a ridere.

— Felici Hunger Games, Prim!— e rido anch’io, così, com’è naturale. Ce ne stiamo lì, soli nel Prato, a sganasciarci dalle risate. Meglio che piangere.

— Chissà come sarà conciata quest’anno Effie!— aggiunge Rory— ti ricordi l’abito arancione dell’anno scorso, com’era ridicolo?

— Sì, sembrava una zucca! E i capelli rosa? Quanto stonano con tutto quello che si mette addosso?

— Già, potrebbe almeno prendersi la briga di cambiare la parrucca!— e nel sentir dir ciò il mio pensiero vaga inesorabilmente a Caesar Flickerman, l’uomo delle interviste, quello che ogni anno s’inventa un colore nuovo. Ovviamente Rory mi precede.

— Come Caesar! Di che colore sarà?

— Io scommetto un bel giallo luccicante!

— No, è lo stesso di quattro anni fa.

— Oddio, quindi non me lo sono solo sognato?— e ridiamo ancora, così, senza motivo. È bello ridere con Rory, sempre. Lui ha una risata perfetta, squillante, contagiosa. Gli si illumina il viso.

Dopo questa sparata rimaniamo in silenzio, nel contemplare la recinzione. Sento una fitta di nostalgia.

Per un momento penso che Katniss si trovi ora nel bosco, magari con Gale.

Vedo Rory abbassare il capo, preda di strazianti pensieri, rivolti allo stesso fratello.

— Ti manca, vero?
— Non hai idea di quanto.

Gli prendo la mano, per trasmetterli solidarietà e fiducia. Mamma dice che il contatto aiuta i malati, e Rory è malato, in un certo senso.

— Ho fame— dico— hai portato qualcosa da mangiare?
— Niente.

— Allora andiamo a casa mia. — avevo fatto del formaggio, sicuramente ne rimane un po’.

Ma Rory non ha voglia di muoversi. Rimane fermo lì, a fissare il bosco.

Quando siamo venuti a sapere dell’incidente Rory è scoppiato a piangere. Anche io, comunque. Però allora per Gale non c’era davvero più niente da fare.

Quindi è scappato di casa, correndo a perdifiato, ma io sapevo bene che si sarebbe rintanato dietro la capannetta. L’ho raggiunto, mi sono seduta al suo fianco e ho aspettato che riuscisse a calmarsi.

Beh, da allora non ha più pianto.

In questo momento penso che potrebbe scoppiare ancora. Ha uno sguardo disperato, direi. Mi piacerebbe molto vederlo liberarsi definitivamente.  

Alla fine rimaniamo così per ore, e tanti saluti al pranzo. A lungo andare sono finita col pensare a Katniss, alla Mietitura, agli Hunger Games e a papà. A Posy e a Vick. Ad Hazelle.

In due ore c’è spazio a sufficienza per rodersi l’anima con ogni infido pensiero.

Quando capisco quanto tardi è, riemergo dai tormentosi ricordi e trascino via Rory dai suoi.

— Dobbiamo andare a prepararci— dico. Lui annuisce.

Così ci dirigiamo verso il Giacimento, arrancando. Alla prima svolta ci separiamo, non senza augurarci prima buona fortuna.

Da lì a casa sono dieci minuti di cammino.

Come prima, nuovamente le vie sembrano disabitate: nessuno è davvero pronto a lasciare casa prima dell’ora stabilita.

Alla fine, comunque, torno nella mia piccola casetta decadente. La porta cigola un po’ e sento Lady belare.

— Prim, sei tu?— chiede mia madre.

— Certo— e chi altro? La vedo ancora seduta contro il capezzale di Katniss.

— Dove sei stata per tutto questo tempo?
— Ero con Rory, sta tranquilla.— rispondo. Raggiungo quel che è l’unico vero armadio di casa Everdeen, dove già stanno pronti gli abiti per la mietitura. Una bella camicetta e la gonna.

Non possiamo permetterci molto.

Indosso quel che devo indossare e mi lego le ciocche in due belle trecce. È inutile, comunque: non chiameranno me. Ho una sola nomina.

Mi specchio, sembro carina, credo. Vado bene.

— È l’ora di andare— dice mia madre, con voce rotta.

Io le sorrido e faccio per seguirla fuori casa quando inaspettatamente una voce conosciuta – ma da tanto tempo muta – mi riprende.

— Tieni dentro la coda, paperella.— è Katniss. La mia sorellona Katniss, che fa segno alla camicetta così, fuori dalla gonna. Sento gli occhi diventare lucidi.

Corro incontro al suo capezzale e l’abbraccio disperata.

— Occhio paperella, che ti si rovinano i vestiti.— aggiunge poi, portando una mano ad accarezzarmi una guancia — Andrà tutto bene.

Io annuisco.

Mi duole lasciarla così, ma devo: la Mietitura sta per cominciare.

Così lascio un po’ più contenta casa mia, diretta alla piazza, ora brulicante di persone.

Devo fare la fila per registrarmi, da qui posso vedere Rory, più avanti, sorridermi. Mi fa un gesto con la mano e capisco che ora si sente un po’ meglio.

Il giorno della mietitura tutto il Distretto 12 si riunisce in piazza. Al centro stanno i ragazzi estraibili, potenziali tributi, tutto attorno – nelle viuzze o ai limiti della piazza – i genitori, gli amici, i parenti o gli interessati. Davanti viene allestita una sorta di pedana su cui il sindaco tiene il discorso. Alle sue spalle dovrebbero star seduti Effie Trinket e Haymitch Abernaty, unico vincitore ancora in vita, unico mentore per il Distretto 12. Invece c’è solo Effy, col tubino verde pisello-rancido. Colore che fa a cazzotti con la parrucca rosa.

Tutti noi veniamo così disposti per le riprese, i più giovani stanno dietro, quindi io sono praticamente in ultima fila. Da qui non posso vedere né Rory né mia madre.

Fortuna vuole che al mio fianco ci sia Becca, l’amica di scuola. È una ragazza simpatica, anche se solitaria, molto timida. Sono giorni che s’agita per la Mietitura, ha dovuto prendersi quattro tessere per sfamare la famiglia. Mi dispiace molto per lei: quattro tessere sono quattro possibilità di essere estratta.

Io non corro davvero il rischio, ma un po’ agitata lo sono comunque, anche quando il sindaco inizia col suo discorso, al battere delle due.

Racconta di Panem, tutta quella storia sui Giorni Bui e la rivolta dei Distretti. La conosciamo bene, noi, ma poco importa.

Quando prende a elencare i nomi dei precedenti vincitori compare dal nulla Haymitch. È ubriaco fradicio, chi volete non se ne accorga? Mi vien quasi da ridere, specie quando tenta d’abbracciare l’accompagnatrice.

Effie Trinket, a un cenno del sindaco, raggiunge il microfono. Accanto a lei ci stanno due enormi bocce di vetro, portanti le nomine.

 — Felici Hunger Games e possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!— esordia.

Cerco Rory con lo sguardo, ma è forse troppo distante perché non riesco proprio a scorgerlo.

Solo una nomina.

La nostra è un’unica nomina.

— Prima le signore!— fa lei, avvicinandosi alla prima, grande boccia.

Pesca lenta un fogliettino, sorride, torna alla pedana.

Ormai siamo tutti col fiato sospeso.

Chi sarà? Quale nome verrà letto?

Chi, tra tutti noi, avrebbe partecipato come tributo alla settantaquattresima edizione degli Hunger Games?

Non io. Io ho una sola nomina, che volete succeda?

Non io. Davvero, non io.

E invece sono io.

— Primrose Everdeen!

 

Un pezzo di carta. Un solo, insignificante pezzo di carta tra il migliaio di striscioline della boccia di vetro.

La buona sorte era davvero a mio favore, ma non è stato sufficiente. Io sono stata estratta. Io sarò tributo degli Hunger Games.

Ancora troppo scioccata per rendermene conto davvero, cammino così verso la pedana. Non sento niente, solo i miei passi. Gradino dopo gradino, arrivo in cima. Nessuno si offre volontaria.

Sarò io il tributo femmina dei settantaquattresimi Hunger Games.

Nessuno applaude: meglio. Sembrano tutti arrabbiati.

In quel momento, il più arrabbiato di tutti sembra però Haymitch. Si alza in piedi, evidentemente andato, mi mette una mano sulla spalla e grida:

— Guardatela, guardate questa qui! È uno scricciolo, non resisterà mai agli Hunger Games, ma guardate! Non piange e non grida, ha un gran…— Per un attimo non trova la parola — …fegato!— esclama trionfante.

—Più di voi!— Mi lascia andare e si porta sul davanti del palco — Più di voi!— grida, rivolto direttamente a una telecamera. In quel momento precipita sul davanti e perde i sensi.

Alcuni accennano a una risata, ma è in questo momento che finalmente prendo coscienza. Sono sul palco della piazza, estratta per i miei Hunger Games. Non devo piangere. No, Prim, non piangere. Devo sembrare forte, per avere almeno una possibilità.

Faccio tanti respiri profondi, devo resistere.

In quel momento Effie torna alla carica, pronta per estrarre il nome del tributo maschile. S’avvicina allora alla seconda boccia di vetro, prende la seconda strisciolina e legge, trionfante, il nome.

— Peeta Mellark!— non ho idea di chi sia questo “Peeta Mellark”, e nemmeno mi interessa, perché è in quel momento – prima ancora che il ragazzo si facesse strada per il palco- che un qualcuno grida, a gran voce:
— Mi offro volontario! Mi offro volontario come tributo!— e allora vorrei davvero piangere, ma rimango impietrita.

Quel qualcuno è Rory.

 

 

Bacheca dell'autrice


Questa storia è nata dal nulla. Spero possa piacervi! (per favore, recensiteeee)
Rory ha un anno in più del normale, ma era necessario.
Per quanto riguarda Gale...mi dispiace. Non so perché l'ho fatto, forse per dare più enfasi al racconto. O forse soltanto perché era improbabile che fossero sopravvissuti entrambi.

 

 

 

 

  
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