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Autore: niki_    31/07/2012    6 recensioni
A Red Fox, perché mi ha dedicato una piccola meraviglia e mi sentivo in dovere di ricambiare.
“Infine gli scacchi mi ricordano la mia sfida col primo Kira”, continuò prendendo un pezzo fra le mani “È una sfida basata sul capire la strategia dell’avversario, studiarne una contromossa e nascondere i propri intenti. Proprio come in questo gioco”, appoggiò nuovamente il pezzo e impostò l’orologio “Allora, Light-kun, vuoi giocare con me?”.
Pedone ~ Matsuda: “Ho le allucinazioni”, si disse colpendosi le guance con entrambe le mani “Forse è meglio che ritorni a lett… oh
Cavallo ~ Mogi: “È normale desiderare questo tipo di contatto?”, aveva chiesto adagiando meglio la testa nell’incavo del collo di Light.
Alfiere ~ Watari: L’ultima volta che aveva pronunciato quel nome con un simile tono di rimprovero era stato all’orfanotrofio quando lo aveva trovato a rubare biscotti dalla dispensa.
Torre ~ Soichiro: A volte si chiedeva perfino se Eru non stesse cercando di farlo impazzire.
Regina ~ Misa: E se Light fosse già stato molestato?
Re ~ Eru: Che fosse stata davvero tutta una farsa? Un piano ordito nei più piccoli particolari?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Light/Raito, Un po' tutti | Coppie: L/Light
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ce l’ho fatta. Finalmente, dopo un mese passato a scervellarmi, a rileggere i volumi per la trillionesima volta e ad ascoltare la L’s Theme per pomeriggi interi, sono riuscita a scrivere qualcosa su uno dei manga più belli che abbia mai avuto il piacere di leggere.
Finalmente riesco ad esordire sul fandom di Death Note.
Questa storia è tutta per Red Fox, lei che mi ha dedicato una piccola meraviglia. Dovevo ricambiare.
Inoltre voglio ringraziare la mia sensei che mi ha fatto il sacrosanto piacere di betarmela. Grazie, sensei!
In questa One-Shot, al posto di L Lawliet, ho deciso di usare il nome giapponese ossia Eru Roraito. Mi piaceva di più.
E, infine, ringrazio chiunque leggerà. Se lascerete anche una recensione mi renderete anche più felice di quanto non sia adesso. Grazie!
 
Disclaimer –Questa storia è stata scritta senza scopo di lucro. Death Note e i suoi personaggi sono di proprietà degli aventi diritto.
Se Death Note mi appartenesse Eru sarebbe morto solo nei sogni di Light. Nei sogni irrealizzabili.
 
Scacco matto al Re
“Scacchi”.
“Ci sai giocare, Light-kun?”, Eru si accovacciò sulla sedia e con un gesto della mano invitò l’altro a fare lo stesso.
“Sì, ma non sono mai stati la mia passione”, si sedette e unì le mani sotto il mento “Come mai siamo qui?”
“Per giocare, mi sembra ovvio: avevo voglia di giocare con te e dato che non possiamo fare una partita a tennis”, fece tintinnare la catena che li teneva uniti ventiquattr’ore su ventiquattro “ho pensato che gli scacchi fossero perfetti”.
“Senza poi contare che mi rilassano, mi liberano la mente”, riprese dopo qualche secondo di silenzio “E avrò bisogno di essere tranquillo per analizzare quel quaderno”.
 “Un quaderno omicida, sembra così assurdo”, scosse la testa Light.
“Infine gli scacchi mi ricordano la mia sfida col primo Kira”, continuò prendendo un pezzo fra le mani “È una sfida basata sul capire la strategia dell’avversario, studiarne una contromossa e nascondere i propri intenti. Proprio come in questo gioco”, appoggiò nuovamente il pezzo e impostò l’orologio “Allora, Light-kun, vuoi giocare con me?”.
 
Pedone
Si era sentito dare dell’idiota, dell’infantile e del sempliciotto molte volte e si era sentito inutile in tante altre, ma si era sempre ripromesso che avrebbe fatto qualcosa di grande, una vera impresa, per trovare Kira.
Spinto da questo desiderio Matsuda si era alzato dal letto, ignorando la radiosveglia che segnava le 02.34 e il sonno che lo richiamava fra le coperte, si era rivestito ed era andato nella sala principale per fare un po’ di straordinari.
Era letteralmente sommerso dai fascicoli sulle recenti uccisioni di Kira quando un pesante sospiro lo fece scattare in piedi e guardarsi intorno. “Ho le allucinazioni”, si disse colpendosi le guance con entrambe le mani “Forse è meglio che ritorni a lett… oh”, si immobilizzò attonito quando, continuando a guardarsi intorno, il suo sguardo cadde sul grande monitor sopra la sua testa.
Dato che, anche dopo più di cinquanta giorni di prigionia, i sospetti su Light non si erano ancora dissipati completamente, Eru si era fatto ammanettare a lui e, inoltre, aveva fatto piazzare come precauzione telecamere nella loro stanza.
Come se non bastasse, nonostante fosse settembre inoltrato, Tokyo era oppressa da un caldo degno dell’estate che aveva costretto gli abitanti a riaccendere tutti i condizionatori e il ventilatore in camera di Ryuzaki si era rotto così che i due occupanti si erano dovuti arrangiare alla meno peggio scalciando via le coperte.
Il fatto che Eru fosse chinato fra le gambe di Light doveva per forza essere una qualche tecnica innovativa per combattere il caldo.
Altrimenti chi lo sentiva il sovrintendente?
 
Cavallo
Mogi credeva ciecamente in Ryuzaki e sul fatto che catturare Kira fosse un atto di giustizia anche rischiando la vita.
Anche se quest’ultimo pensiero – quello di finire come Ukita, steso senza vita davanti all’ingresso della Sakura TV – a volte lo faceva rigirare nel letto, abbandonato dal sonno.
Quella notte era una di quelle, così si alzò, si rivestì e andò verso la cucina per prendere un bicchiere d’acqua e cercare di non pensare a quella triste eventualità.
Tornando in camera passò vicino alla sala principale da cui proveniva una fiebile luce e riconobbe immediatamente le due figure in controluce, una delle quali ondeggiava di tanto in tanto vinta dal sonno.
“Ryuzaki, sei distrutto. Andiamo a letto, li analizzeremo domani questi fascicoli”, Light si alzò e posò una mano sulla spalla ossuta dell’altro.
“Stare altre ventiquattr’ore alzato non è un problema”.
“Altre?”.
“Nelle ultime due notti ho studiato i nastri della tua detenzione un’altra volta. C’è qualcosa che mi sfugge…”, prese una zolletta di zucchero e se la infilò in bocca, succhiandola come un bambino “Comunque tu puoi andare a dormire se vuoi, Light-kun”.
“Vedo che la mancanza di sonno colpisce anche il grande Eru”, gli mostrò il polso sinistro “Ti ricordo che ieri pomeriggio mi hai ammanettato a te quindi se tu stai sveglio, sto sveglio anch’io”.
“Giusto”, Eru inclinò la testa verso destra e rimase immobile dopo aver sbadigliato leggermente.
Light sospirò, si chino sull’altro e lo prese fra le braccia “Wow, sei leggerissimo, Ryuzaki. Si può sapere quanto pesi?”.
“Cinquantuno chili”.
“Cinquantuno chili con tutti i dolci che mangi?”.
“Le calorie si possono smaltire utilizzando solo il cervello”.
Light annuì e si incamminò verso la stanza che era stata loro assegnata mentre Mogi sarebbe andato nella direzione opposta se la domanda che pose Eru non lo avesse costretto a seguirli.
“È normale desiderare questo tipo di contatto?”, aveva chiesto adagiando meglio la testa nell’incavo del collo di Light.
“Calore umano, dici? Certo, Ryuzaki, è normale: nessun essere umano vuole stare da solo”.
“Non è quello che intendevo”, sospirò appena mordicchiandosi il police “È normale desiderare questo tipo di contatto?”.
Light si fermò per un secondo “Non è che questo è un altro test per vedere se io sono Kira?”.
“Non ti si può nascondere niente, eh?”, esalò appena sbadigliando nuovamente “Se tu fossi stato Kira avresti approfittato dell’opportunità che ti stavo offrendo per strapparmi qualche informazione...”.
Era solo un’impressione di Mogi o c’era una vaga punta di dolore nella voce di Eru mentre pronunciava quella frase?
 
Alfiere
Aveva osservato tutto da dietro uno schermo, aveva visto la situazione evolversi fino a quel punto ed ora era chiaro che gli stava sfuggendo di mano.
Doveva avvisarlo, doveva almeno provare a fargli aprire gli occhi, a renderlo cosciente del pericolo che stava correndo.
Avrebbe approfittato di quel momento, mentre tutti gli altri componenti del Quartier Generale si erano ritirati nelle proprie stanze ed Eru e il giovane Yagami si trovavano nel salotto.
Quindi lasciò la sua stanza ed attraversò rapidamente i corridoi fino a giungere a destinazione. Rimase dietro la porta, aspettando il momento propizio per poter parlare a quattr’occhi con Eru. Momento che arrivò quando Light iniziò a russare appena appena – vinto dal sonno dopo ventisette ore di veglia –, girandosi sul fianco e facendo così cadere tutti i fascicoli che teneva sullo stomaco. Eru assecondò il movimento alzando il braccio destro cosicché la catena non desse troppo fastidio al giovane Yagami e si mise a raccogliere i fogli che erano caduti.
“Roraito”.
Eru alzò di scatto la testa osservando Watari immobile sulla soglia “Come mai sei qui, Watari?”.
“Roraito”, ripeté di nuovo lanciando un’occhiata furtiva al divano.
L’ultima volta che aveva pronunciato quel nome con un simile tono di rimprovero era stato all’orfanotrofio quando lo aveva trovato a rubare biscotti dalla dispensa.
“Dimmi”.
“Sai che non conviene, vero? Ancora sospetti che sia il primo Kira”.
Eru rimase in silenzio per undici secondi durante i quali si voltò per controllare che Light fosse veramente addormentato e non stesse solo fingendo per ascoltare la conversazione.
“Lo so. Ma se davvero Light Yagami è Kira non c’è modo migliore per scoprirlo”.
Watari annuì stancamente, si girò e tornò indietro alla sua stanza lentamente. Questa è la più grossa bugia che io abbia mai sentito.
 
Torre
Sachiko aveva sempre detto che lui era una torre. Solido, affidabile, tutto d’un pezzo. Gli diceva spesso che l’aveva sposato per queste sue qualità.
Caparbio, con uno spiccato senso di giustizia, il pensiero di abbandonare il caso anche se questo implicava mettere a repentaglio la propria vita non l’aveva mai fatto indietreggiare. Anche quando era ovvio che gli stesse succhiando anni di vita in pochi mesi non si era mai tirato indietro sostenendo a testa alta uno stress fisico e psicologico immenso.
Quando suo figlio – il ragazzo che tutti i genitori vorrebbero avere – era stato imprigionato, sospettato di essere Kira, lo spietato serial killer, si era fatto rinchiudere in una cella anche lui, certo – così come era sicuro che la Terra girasse intorno al Sole e che quest’ultimo sorgesse da est e tramontasse ad ovest – della sua innocenza nonostante Eru sostenesse il contrario.
Per Soichiro era doloroso guardare Light, costretto dalla catena delle minette, seguire Ryuzaki in tutti i suoi spostamenti proprio come un cagnolino fedele segue il suo padrone, ma se questo avrebbe fatto – finalmente! – azzerare i sospetti del detective allora avrebbe sopportato pazientemente.
Ma ciò che più di tutto – più dei sospetti sul suo primogenito, più dei cinquanta giorni di reclusione – aveva rischiato di mandarlo al manicomio era accorgersi degli sguardi furtivi che Light lanciava ad Eru: l’osservava di sottecchi mentre sbocconcellava con cura un dolce, studiava attentamente il movimento delle sue labbra e delle sue mani. Il tutto condito con un lievissimo, impercettibile – non per lui, suo padre – rossore quando i loro sguardi si incrociavano.
Si domandava come facesse Ryuzaki a non accorgersene e l’orrendo dubbio sul fatto che questo fosse un altro – l’ennesimo – test per provare che suo figlio e Kira erano la stessa persona continuava a tormentarlo.
A volte si chiedeva perfino se Eru non stesse cercando di farlo impazzire. Perché se era così doveva ammettere che era sulla strada giusta.
 
Regina
Quando gli aveva chiesto se era dell’altra sponda, irritata perché avrebbe dovuto spartire il suo ragazzo con lui, le aveva risposto che non lo faceva perché gli andava di farlo, ma aveva negli occhi una strana luce. Una luce che, avrebbe notato, appariva solo quando si parlava di Light.
Non aveva dubbi sul fatto che Ryuzaki fosse gay, anche se non aveva prove: era una sensazione a pelle, un piccolo brivido che partiva dalla diciannovesima vertebra e scendeva piano piano, ogni volta che il ragazzo in questione si avvicinava troppo al suo amato. A volte si chiedeva se non fosse solo la sua gelosia a farle pensare questo, ma subito scuoteva la testa ripetendosi che l’istinto di una donna non sbaglia mai. E se il suo le urlava che Ryuzaki mirava a qualcosa di più del semplice sorvegliare Light, allora voleva dire che era davvero dell’altra sponda.
E se Light fosse già stato molestato?
La domanda le attraversò la testa da parte a parte, come un fulmine, facendole cadere la rivista di moda che stava attentamente studiando.
La raccolse, tremante, e riprese a sfogliarla lentamente mentre la mente iniziava a vagliare quell’orrenda eventualità.
Magari l’ha costretto… Certo che l’ha costretto, il mio Light non è mica gay, sorrise mentre annuiva convinta Probabilmente l’ha costretto a fare giochetti con la catena minacciandolo di non liberarlo mai se non avesse acconsentito…, formulò soddisfatta la sua ipotesi.
Dopo un paio di secondi ripensò seriamente a quello che aveva elaborato e la sua mente, a tradimento, le mise davanti agli occhi l’immagine di Ryuzaki in perizoma di pelle nero che stringeva la suddetta catena.
Cominciò ad urlare, terrorizzata, e si mise a scalciare l’aria proprio come se l’immagine prodotta dal suo subconscio fosse davanti a lei.
“Misa ti senti bene?”, le calde mani di Light si posarono sulle sue spalle facendola subito calmare.
“Light!”, trillò quella gettandogli le braccia al collo ed ignorando palesemente il vero Ryuzaki che si mordicchiava il pollice un passo più indietro “È l’ora dell’appuntamento, finalmente!”, afferrò il braccio del suo ragazzo – con la stessa forza che userebbe un naufrago per aggrapparsi ad un relitto durante una tempesta particolarmente violenta – e lo trascinò verso il divano.
“Ehm, grazie per la torta, Misa. Mi porteresti qualcosa da bere? Ho una gran sete...”, le chiese, dopo sette minuti, Light appoggiando il piattino – con ancora un considerevole avanzo di dolce – sul tavolino davanti a sé.
“È vero, che sbadata! Torno subito!”, scattò in piedi immediatamente ignorando il “Puoi portare anche un’altra fetta di torta, per favore?”.
Misa andò canticchiando gioiosamente nella cucina del suo attico, riempì con della limonata due bicchieri che posò con cura su un vassoio e tornò indietro velocemente.
“Eccomi!”, esclamò aprendo di scatto la porta ed avanzando a grandi passi verso gli altri due “Va bene la limonata, Light?”, fulminò con lo sguardo Ryuzaki che aveva preso immediatamente un bicchiere – il suo – e si era messo a zuccherarlo abbondantemente.
“C-Certamente, grazie mille Misa”.
“Non è che potresti accendere il condizionatore? Light-kun mi pare un po’ accaldato...”, fece notare il terzo incomodo.
Eppure anche Ryuzaki aveva lo stesso rossore sulle guance e lo scintillio nei suoi occhi – quello che appariva quando si parlava di Light – era più luminoso del solito.
 
 
Light spostò nuovamente lo sguardo da un capo all’altro della scacchiera cercando la mossa che avrebbe battuto Ryuzaki anche su questo campo. Osservò di sottecchi l’orologio e poi spostò il suo alfiere di tre caselle, soddisfatto.
Eru ci pensò solamente venitré secondi, poi si alzò e fece per tornare alla sala principale.
“Ma come? Ti arrendi così?”, Light si affrettò a seguirlo sorridendo appena.
A quella domanda si fermò “Pensavo che l’avessi notata, ma pazienza, te la dico: regina in h5, scacco matto in dodici mosse”.
“Ma cos…?”, il giovane Yagami si sporse per cercare di controllore la scacchiera per confermare la veridicità di quell’affermazione, ma la catena lo costrinse a seguire il detective nell’altra stanza dove l’attendevano gli altri membri del Quartier Generale, Rem e il Death Note.
Questa te la do vinta, Ryuzaki. È stato il tuo canto del cigno.
 
Re
“Ascoltate. Lo Shiniga…”.
Sapeva perfettamente che cosa stava succedendo, sapeva perché non riusciva a completare la frase, ma invece emettere un semplice suono strozzato.
Il suo cuore aveva semplicemente smesso di battere. Dopo un ultimo, affannoso battito, il suo cuore si era fermato.
Arresto cardiaco.
Gli sfuggì il cucchiaino dalla mano tremante, ormai le gambe non lo reggevano più così che anche il corpo si inclinò e cadde.
L’impatto non fu violento come si aspettava: Light l’aveva attutito con il suo braccio.
Stava morendo. Stava morendo e Light gli sorrideva. Gli sorrideva con un sorriso cattivo, malvagio, sollevando appena l’angolo destro delle labbra.  Il sorriso di chi ti spinge giù da un burrone.
Che fosse stata davvero tutta una farsa? Un piano ordito nei più piccoli particolari?
Sul secondo punto ora non aveva più dubbi: Light aveva progettato tutto fin dall’inizio, l’aveva già pianificato ben prima della sua prigionia.
Allora era proprio vero che al mondo c’è sempre qualcuno più bravo di te.
Sul primo, però, non era completamente sicuro: sarebbe stata una recita fin troppo realistica. In fondo il tentennamento dello Shinigami sulla domanda della memoria poteva essere preso come una conferma.
Light Yagami è Kira, ma nel periodo in cui Light Yagami era stato solo Light Yagami, l’aveva ricambiato. Questo gli bastava.
Gli occhi di Eru, sgranati, iniziarono a chiudersi. Si chiusero sul viso di Kira che sembrava volergli dire “Scacco matto, Ryuzaki”, si chiusero su quel cinque novembre, si chiusero sulla sua vita.
Allora non mi ero sbagliato… Però, Kira, non cantare vittoria troppo presto: hai vinto solo il primo round, la guerra non è ancora finita. Sta per arrivare, anzi, stanno per arrivare i due re che porteranno la giustizia alla vittoria di questa partita. E allora sarà scacco matto per davvero. Scacco matto, Kira.

  
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