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Autore: Edenya404    13/02/2007    6 recensioni
In seguito a "Black petrol night" i pensieri di una Hermione senza speranze che vive di ricordi...ma anche nel buio una luce puo' brillare...
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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En memorie de toi

En memorie de toi

 

In questo crepuscolo settembrino, ove il pallido sole traspare tra le nuvole di questo cielo plumbeo, siedo ad un tavolo piccolo in un angolo buio e polveroso di questo pub. Attorno a me nuvole di fumo rendono l’aria pesante tanto da farmi lacrimare gli occhi, non ho mai tollerato le sigarette, eppure da qualche mese a questa parte ho iniziato anche io a farne uso, di tanto in tanto. Di solito me ne accendo una quando sono nervosa, o stanca, e inspiro lunghe boccate abbassando le palpebre come a godere fin da ultimo di quel sapore pungente che lasciano in bocca. Il cameriere poggia sul mio tavolo una bottiglia di burrobirra, in questo non sono cambiata poi molto, la stappo e ne bevo un sorso lavando il mio intestino dai bocconi amari di vita che ogni giorno butto giù. Mi volto ad osservare la gente seduta agli altri tavoli, vicino al mio c’è una ragazza pallida che parla sommessamente con un uomo al suo fianco intervallando un tiro di sigaretta alle sue parole, più in là due tizi incappucciati si scambiano strani pacchetti da sotto al mantello e al banco, con la testa poggiata sulle braccia e un bicchiere di whisky vuoto, sta una donna anziana i cui lineamenti dicono che era stata bella a suo tempo. Che persone bizzarre, mi viene da pensare, e mi chiedo il perché sia venuta qua. Ma in realtà la risposta ce l’ho già, senza ulteriori chiarimenti. Tu sei partita per la guerra come auror mentre io sono rimasta qua a curare malati e feriti che ci spedivate durante le battaglie, lavoro duro il mio, ho sempre pensato,da egoista come mio solito, ben sapendo che quella che soffre e fatica lottando sul filo della vita e della morte sei tu e non io. Ma per quanto io sappia tutto ciò, non riesco a farmelo entrare in testa, molte volte mi son ritrovata a lanciare imprecazioni al vuoto affinché tu tornassi, quante volte ho aspettato invano che la porta di casa si aprisse e tu comparissi sulla soglia come avevi promesso, e in quei momenti ti ho odiata perché non c’eri, stupida, stupida, stupida ed egoista. Mi ricordo nitidamente il giorno del nostro primo bacio, sotto quell’albero, in quella notte scura e densa di sentimenti, mi ricordo il sapore delle tue labbra e il calore delle tue mani, ma per quanto mi sforzi di ricordarlo, il tuo volto continua a riaffiorarmi in mente in modo sfuocato, come se provenisse da un sogno lontano. Quanto è passato da quel giorno non saprei neppure dirlo con certezza, un anno o forse più. Sorrido al pensiero di quante preoccupazioni mi avevano colta quella sera mentre tu, ingenua e dolce, te ne stavi sdraiata sulle mie ginocchia a stuzzicarmi affinché ti dicessi a cosa stavo pensando, adesso mi sembrano così lontane che a volte mi chiedo se davvero hanno fatto parte della mia vita o se le ho soltanto immaginate. Eppure non puo’ essere finta quella morsa allo stomaco che sento ogni volta che penso a te, non puo’ esserlo la nostalgia e il senso di soffocamento che mi coglie ogni giorno, ogni volta che arrivano corpi di persone morte in battaglia all’ospedale ed io, come una pazza, corro di letto in letto per assicurarmi che tu non ci sia. Sei ancora viva quindi? Non lo so, per quanto ne so potresti essere stata incenerita da un mangiamorte, gettata in mare, ridotta in schiavitù…sono mille le idee che si spintonano in testa e nessuna prende in considerazione l’ipotesi che forse puoi essere sana e salva, chissà come mai…forse perché oramai mi sto sempre più arrendendo all’evidenza e la speranza mi ha abbandonata, togliendomi ogni pensiero felice. Mi alzo da questo tavolo, poggio i soldi sul bancone di fronte al barista, che mi rivolge un sorriso tirato, ed esco fuori. L’aria fresca e pungente mi colpisce in pieno volto creando un netto contrasto con la cappa asfissiante del pub, ci vuole qualche secondo prima che i miei polmoni si abituino alla brezza umida e fredda che s’insinua in petto come una lama sottile e tagliente…il cielo è sempre grigio da quando è iniziata la guerra, non mi ricordo neppure com’è fatto il sole da quanto tempo non lo vedo. Noia, ansia, malinconia….di questo son composte le mie giornate, una tessitura di emozioni che ripete un motivo fisso ogni volta, in un ciclo infinito di sofferenze.

Passeggio lungo la strada, scalciando ciottoli con la punta dei piedi, lo sguardo basso, i capelli ribelli sciolti al vento e per un secondo mi sembra di risentirti qua accanto a me, col tuo passo lieve, che canti a labbra socchiuse quella melodia che tanto ti piace. Alzo lo sguardo ma al mio fianco c’è solo nebbia, di te ho sprazzi di ricordi legati soltanto alle emozioni, nessuna forma nitida ma un’insieme sfuocato di rosso e azzurro e quei brandelli che a  volte tornano a galla sono frasi, suoni, odori… Ho un flashback che mi popola i sogni e si ripete inesorabile ogni notte. Ci sei tu, seduta sul divano con le gambe raccolte al petto, il tuo profumo che aleggia nella stanza dolce come te, ed io seduta al tuo fianco che guardo fuori dalla finestra un paesaggio scuro e informe, d’un tratto mi distrae la tua voce piccola piccola…-Ti voglio bene Herm…- sorrido alla tua ingenuità disarmante, al modo in cui sai esprimere emozioni dentro sguardi e parole, e alla tenerezza che mi ha invaso il cuore nel sentirti, non rispondo anche se dentro te sai già che per me vale lo stesso, non hai detto ti amo, non ce n’era bisogno perché quella frase già ha espresso quello che provi. Volto la testa verso di te, decisa a tuffarmi nell’azzurro dei tuoi occhi e mi sveglio, sempre in quel momento, sempre prima di vedere il tuo volto che non riesco a far riaffiorare nitidamente. È l’unico ricordo con te a cui posso aggrapparmi, non so se è reale o immaginario ma non m’importa, quello che conta è che non voglio lasciarlo scappare perché sarebbe come rassegnarsi al dolore.

Mi appoggio ad un albero…stranamente somiglia a quello che ci ha osservato baciarci quella notte. Il cielo tetro gorgoglia incessantemente mentre piccole gocce di pioggia scendono da esso andandosi a mescolare con le lacrime che stanno stillando i miei occhi, non ho la forza di reagire, non ho la voglia soprattutto, perché dovrei averne? Non sono mai stata forte come in tanti credevano e tu lo sapevi….tu sapevi sempre tutto, mia piccola, dolce Ginny. Sei stata tu ad avvicinarti a me quando ne avevo bisogno, tu che mi hai sempre difesa dagli insulti dei Serpeverde, tu che alla mia acidità ai risposto con dei sorrisi, tu così speciale che adesso non ci sei. E mi manchi sai?! Hai lasciato un vuoto nella mia anima da quando sei partita che non riesco a colmare, per quanto esso mi procuri dolore. Sei sempre stata un pezzo importante della mia vita e l’ho capito troppo tardi…ah i rimpianti, son bestie feroci che squartano la carne, lame affilate che perforano la mente, gas asfissianti che tolgono il respiro. Ne ho troppi con te. Avrei dovuto fare tante cose, avrei dovuto dirti tante parole, avrei dovuto essere quella che non sono almeno una volta per poter dire di essere soddisfatta di ogni virgola del nostro rapporto e invece non ho fatto niente di tutto ciò, illusa che ogni cosa sarebbe sempre filata liscia.

Col dorso della mano mi asciugo gli occhi, gesto inutile come la maggior parte di quelli che compio durante queste giornate uggiose, la pioggia è aumentata scrosciando dal cielo come una cascata di lacrime, il pianto di mille angeli periti in questa guerra maledetta che strappa via le anime dai corpi senza la minima pietà. Distolgo lo sguardo ma ogni particolare di questo posto esprime tristezza e non posso sopportarlo, devo tornare a casa, ho bisogno di rilassarmi…così riprendo il sentiero e, col fango ai polpacci, m’incammino verso la città, o meglio dire quello che ne resta. È triste vedere come tutto si sia ridotto ad uno stereotipo inanimato, in cui il colore prevalente è il grigio; le porte sprangate, le finestre chiuse, il buio negli occhi della gente, le grida che sento anche quando non ci sono…tutto è uguale, tutto si ripete in una serie di modelli fissi, come una catena. Ed eccola là casa nostra, o meglio dire casa tua, dove io son venuta a vivere…me lo chiedesti tu, che avevi sempre creduto nel nostro amore più di me, anche se era concretamente difficile in questo mondo di pregiudizi. Me lo chiedesti un giorno come tanti altri “vieni a vivere da me…” poche parole come tua consuetudine ma pronunciate con quella voce dolce che non ammetteva repliche, benché non ce ne fossero da parte mia, e così accettai, mi trasferii pochi giorni dopo e ricevetti da te le chiavi “questa sarà sempre casa tua anche quando non ci sarò” mi dicesti mentre cenavamo alla luce tenue di una candela alla vaniglia. Anche adesso che infilo la chiave nella toppa ed entro nel salotto sento quell’odore dolciastro e piacevole che mi ricorda te, quella tua fragilità che nascondeva un fermo coraggio, i tuoi modi delicati eppure determinati. Lo inspiro a fondo, lasciando che le mie narici si riempiano del suo aroma penetrante e mi guardo allo specchio. Se non sapessi che sono io non mi riconoscerei, i capelli zuppi di pioggia mi ricadono sulle spalle appiccicandosi al volto pallido, gli occhi che a te tanto piacevano sono leggermente incavati e segnati dalle occhiaie, le labbra sottili di un rosa quasi cinereo e i vestiti grondanti che sgocciolano sul tappeto….chissà se mi ameresti anche così, in queste condizioni. Mi spoglio mettendo gli abiti ad asciugare e indosso un pigiama al quale aggiungo una vestaglia per parare il freddo, poi, con i capelli sempre bagnati, mi siedo sul divano rosso mogano che a te piaceva tanto, spostando lo sguardo sugli oggetti di quella stanza che raccontano ognuno un pezzo della nostra vita assieme. C’è persino il bracciale che mi regalasti per Natale ti ricordi?! Quello con incastonate pietre marroni ed azzurre, sorrido inconsciamente al ricordo dell’orgoglio che emanavi da ogni poro quando affermasti di averlo fatto tu, eri così contagiosa nella tua pacata felicità…

Grattastinchi si avvicina con passo lento e stanco al divano, miagolando sommessamente ed acciambellandosi placido ai miei piedi, mi chino per grattarlo dietro le orecchie e sospiro

-giornata piatta anche oggi eh micio…-

Mi ritrovo spesso a parlare con il mio gatto, fatto strano oppure no, non saprei dirlo, so solo che mi fa sentire meno sola e poi il suo pelo rosso mi ricorda in modo incredibile i tuoi capelli. Sfilo la mano da dietro le sue orecchie e quello smette di fare le fusa, poi afferro il pacchetto di sigarette e torno ad appoggiarmi allo schienale morbido. Me ne accendo una ed inizio a fumarla, soffermandomi ad osservare le piccole nuvolette di fumo grigio che si levano dalla mia bocca e salgono nella stanza lentamente fino a dissolversi, lasciando solo l’odore acre dietro di loro…chiudo gli occhi reclinando la testa all’indietro.

-da quando hai iniziato a fumare?!-

Una voce mi scuote, li riapro e quello che mi appare di fronte mi strappa le parole di gola. Tu sei in piedi sulla porta, indossi una tuta scucita e logora di color verde marcio che si ripiega abbondantemente in prossimità dei fianchi e del seno, segno evidente di quanto ti abbia consumata la guerra; sposto lo sguardo sul tuo viso e l’ultimo pezzo che mancava per completare il puzzle dei miei ricordi, si incastra dentro me. I tuoi capelli, un tempo fulvi, adesso son di un rosso spento, raccolti in una coda alta dalla quale sfuggono disordinatamente ciuffi ribelli, la pelle chiara pare trasparente data la sua finezza e gli occhi azzurri celano la loro limpidezza sotto ad un velo di triste malinconia. Sorridi incurvando le labbra sottili in un’espressione di una tenerezza infinita, mentre mi togli la sigaretta dalle dita e la spegni nel posacenere, poi mi prendi le mani tra le tue e fissi i tuoi occhi nei miei con decisione.

-Mione….sono io….sono tornata…-

No, non è un sogno, non è un ricordo, questa è la pura realtà…tu, mio piccolo angelo candido, sei davanti a me in tutta la tua semplice bellezza, è vero il calore delle tue mani che mi penetra nella pelle inoltrandosi nel mio corpo, è vera la luce sbiadita delle tue iridi che m’illumina più di quanto non abbia mai fatto qualsiasi luce. Sento le guance inumidirsi di nuovo, laddove la tua mano ha scostato le ciocche bagnate dal mio volto.

-Mi sei mancata…-

La voce roca, flebile, spezzata dallo shock ma sicura nella sua debolezza. Mi sorridi di nuovo, stavolta in modo più malinconico, un sorriso che racchiude un mondo di parole e sentimenti e non c’è bisogno di nient’altro. Ti afferro il viso tra le mani e porto le mie labbra sulle tue, sento il tuo sapore scendere giù fino al cuore a risvegliare un qualcosa che si era assopito, una speranza ormai vana che è diventata realtà. Mi sei mancata e Dio solo sa quanto, ma adesso sei qua, con me, a dispetto della morte, a dispetto della paura, a dispetto del tempo…e mentre la pioggia scorre rapida sui vetri ci stringiamo sempre più strette su questo divano color mogano, ed io lo so che siamo noi il presente, siamo noi la vita…perché sei di nuovo al mio fianco e  stavolta non sei un ricordo.

 

Allora…che ne pensate?! Visti i commenti positivi della mia prima one-shot yuri ho deciso di farne un seguito….chissà magari ce ne saranno altre, se mi prende bene l’ispirazione^^ Intanto colgo l’occasione per ringraziare tutte le persone che hanno recensito “Black petrol night”. Un grazie quindi a Ravenscry, Tarja, Summers84, Ellie, valekiller, k_eliza, MORFEa, cry_cry, Hermione Jane Granger e Masu…… le vostre parole così belle e dolci mi hanno commossa, mi avete dato la forza di scrivere anche questa e mi avete davvero sostenuta, spero anche questa sia di vostro gradimento^^

Aggiungo inoltre che un grazie grandissimissimo va ad Alexys che mi ha incoraggiata a cimentarmi nelle yuri e mi ha consigliata molto, thnx^.-

Un bacione a tutti

Mione14

  
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