Capitolo 3
Seguimmo quel ragazzo, non so quanto di preciso, per le stradine della periferia di Seoul. Le quali
diventavano sempre più buie.
Una volta che mi avevano raggiunto,
le mie amiche, invece di fermarmi con la forza e trascinarmi dalla
parte opposta, si misero accanto a me e seguimmo il ragazzo
insieme.
Non so se il ragazzo si accorse della nostra continua
presenza, alle sue spalle. Non si voltava mai indietro. Si limitava a
guardarsi intorno ogni tanto, per vedere dove si trovava presumo. Del
resto aveva sempre il viso illuminato dal bagliore bianco dello
schermo del suo cellulare, che nel buoi delle strade, era come un
faro.
Seguimmo quella luce bianca, in lontananza si cominciava a
sentire della musica. Ci stavamo avvicinando a qualche locale.
La
musica si fece sempre più intensa, quando da lontano si cominciavano
a vedere delle luci colorate che si affacciavano sulla strada quasi
deserta, tranne per quelle due o tre macchine che giravano
ancora.
Vedemmo il ragazzo aumentare il passo e voltare a
sinistra, scomparendo dal nostro campo visivo.
Automaticamente io
e le mie amiche aumentammo anche noi il passo, per riprendere la
vista sul ragazzo. Svoltammo anche noi a sinistra, e ci trovammo in
un piccolo parcheggio davanti a un locale.
Cercammo con lo sguardo
il ragazzo, al di là dei cespugli della siepe, che separavano il
parcheggio dall'entrata del locale.
Ed è proprio li che vedemmo
il ragazzo abbracciato ad una ragazza, dai capelli lunghi neri.
Era
magra, indossava una gonnellina bianca a palloncino, con sopra una
canottiera nera, credo, dato che era coperta da una specie di camicia
di jeans, corta, che si allacciava con un nodo poco sotto il petto.
Il viso non riuscì a vederlo, in
quanto era coperto dalla spalla del ragazzo.
- Aishh, è già
fidanzato! - sbottò Maria
- Era davvero bello – aggiunse
Sabrina dispiaciuta
- Laura, la prossima volta assicurati che non
sia fidanzato – disse la mora
- E come pensi che lo dovrei
sapere io, scusa? - chiesi immersa in una risata
- Dai, infondo,
non è la prima volta che ci capita – esclamò Sabrina divertita
In
effetti, si può dire, che ne avevamo una bella collezione alle
spalle, di seguire ragazzi carini per Seoul e poi scoprire che erano
impegnati.
- Yha! Siamo qui, da quasi un anno e tutti qui sono
fidanzati! - puntualizzò Maria, incrociando le braccia al petto e
mettendo un dolce broncio
Io e Sabrina le sorridemmo e ci
avvicinammo a lei.
- Ma cosa dici!? Ci saranno anche quelli
single...da qualche parte.. - disse Sabrina
- Magari stanno chiusi
in casa! - aggiunsi ridendo divertita
Maria e Sabrina mi
guardarono fissarono con un sopracciglio alzato.
Credo
che non era il caso di dirlo. Pensai.
- Ehehe,
scherzavo! - aggiunsi poco dopo
- Forza, ora pensiamo a tornare
a casa – disse Sabrina incoraggiandoci ad avanzare verso la strada
del ritorno.
- Ecco, un altro problema! - sbottò Maria
bloccandosi – Vi siete rese conto di dove siamo? - chiese alla
fine
Io e la rossa ci guardammo attorno, cercando di cogliere un
qualsiasi oggetto, particolare, che ci avrebbe fatto capire dove ci
trovavamo.
Maria ci precedette.
- Siamo dall'altra parte della
città – disse – dall'altra parte da casa nostra. Ora dobbiamo
fare un giro lunghissimo per tornare – disse con nella voce un tono
malinconico
- Però era per una causa giusta – aggiunsi
Maria,
si girò lentamente verso di me e mi fulminò con lo sguardo.
-
Ehehe, come non detto – esclamai – Vogliamo andare – conclusi
con un sorriso a trentadue denti ed avanzando davanti a
loro
Cominciammo a percorrere la strada del ritorno, che come
previsto, era diventata assai più lunga del solito, in quanto nel
seguire il ragazzo ci siamo allontanate parecchio da casa nostra. Già
di per sé, lontana. Ci mancava solo allungarla di più.
Le
strette stradine della periferia, stavano diventando abbastanza
inquietanti. Buie. Deserte. E fottutamente silenziose, accompagnate
ogni tanto da qualche verso di gatti o cani che litigavano.
Per
fortuna ci stavamo avvicinando sempre di più al centro della città,
dove la vita di certo non mancava.
Le strade divennero man mano
più grandi, lasciando spazio a enormi marciapiedi a entrambi i lati
della strada, i quali non smettevano di essere popolati dal “via e
vai” di persone.
E la luce.
Grazie a dio, al centro c'era
ogni tipo di illuminazione e quindi non vi era nessuno posto
all'oscurità.
Per fortuna casa nostra, era poco distante dal
centro. Di qualche stradina, per la precisione.
Il quartiere dove
ci trovavamo era tranquillo. L'appartamento era molto carino, e anche
gli inquilini del condominio erano tutti gentili e socievoli.
Una
volta lasciato il centro alle spalle ed attraversato qualche
stradina, finalmente, eravamo giunte davanti al nostro palazzo.
Il
quale era costituito da cinque piani, e su ogni piano vi erano tre
appartamenti.
Guardai il condominio marroncino, difronte a me, con
gli occhi lucidi e feci un bel sospiro. Non vedevo l'ora di togliere
le scarpe e camminare scalza per casa. E perché no, mangiare anche
un boccone. In fondo, né io né le mie amiche avevamo ancora toccato
cibo.
Come conferma, sentì la mia pancia brontolare.
Tempismo
perfetto. Pensai divertita, portando la mano alla
pancia.
Raggiunsi le mie amiche, le quali stavano già percorrendo
il vialetto verso l'ingresso dell'edificio.
Vidi Sabrina che mi
teneva aperta la porta di metallo. Accelerai il passo e varcai la
soglia del palazzo. Sentì chiudersi la porta alle mia spalle, mentre
mi stavo dirigendo verso le scale di granito.
- No. Le scale, no –
dissi stremata guardando Maria che saliva i gradini a fatica
-
Dai, ancora un piccolo sforzo – mi disse la rossa posandomi una
mano sulla spalla
Mi girai verso di lei e le sorrisi, poi
insieme salimmo quei faticosi gradini. Diventati improvvisamente più
alti è più numerosi del solito. Certo non eravamo all'ultimo piano,
ma un bel pezzo di scale c'era da fare lo stesso.
Salì, senza
fermarmi neanche una volta, le tre rampe di scale fino a giungere al
mio piano.
Vidi Maria, davanti la porta del nostro appartamento,
reggersi sulla ponente maniglia fredda.
Avanzai, strisciando i
piedi e giunsi accanto alla mora. Seguita da Sabrina.
- Mamma mia,
quella scale sono micidiali di sera! - esclamò chinandosi in avanti
e appoggiando le mani sulle sue cosce.
Io e Maria ci limitammo ad
annuire.
- Forza apri, questa porta, Laura. Ho necessità di fare
una doccia – disse la mora
Presi in mano la mia borsa di stoffa
e ci buttai dentro la mano, cercando le chiavi, fino a quando non
toccai con i polpastrelli qualcosa di freddo e liscio. Afferrai il
mazzo di chiavi e cercai la chiave dell'appartamento.
La infilai
nella toppa della porta, e cominciai a girarla.
Il rumore della
chiave di disperse nel palazzo, poi sentì un “clack”.
Sfilai
la chiave e diedi a Maria l'onore di aprire la porta di casa.
Al
primo impatto ci fu solo buio. Ma poco dopo, con una mossa veloce, la
mora schiacciò l'interruttore che vi era appena dentro, vicino lo
stipite della porta, e la casa si illuminò.
Feci passare prima
Sabrina e poi, per ultima entrai anche io.
Chiusi la porta di
nuovo a chiave e le diedi le spalle.
Vidi Maria attraversare il
salotto e sparire nel corridoio, mentre Sabrina si è lasciata andare
a mo' di sacco di patate sul divano.
L'appartamento non era
grande, ma a noi era sufficiente.
Appena dentro, vi era un piccolo
salotto. Con un divano disposto verticalmente con sopra un
copri-divano con tema fantasia, davanti c'era un tavolino basso di
legno scuro con sopra qualche rivista e bicchieri vuoti, e davanti al
tavolino vi era una piccola tv posizionata su un mobile nero.
Se
dall'entrata avanzavi avanti verso il salotto, infondo a sinistra, vi
era la cucina color giallo canarino e con un tavolo nero, e quattro
sedie dello stesso medesimo colore. Non c'erano porte che dividevano
le due stanze.
Sempre in fondo al salotto ma a destra, c'era un
piccolo corridoio, che portava alle camere, due a destra e una a
sinistra, e il bagno in fondo al corridoio.
Eravamo fortunate di
aver trovato un appartamento con tre stanze. Non erano grandi, certo.
Però c'era tutto l'occorrente; letto, comodino, armadio, e un mobile
con i cassetti.
Sfilai le scarpe dai piedi e le depositai nella
scarpiera a destra della porta d'ingresso.
Tolsi la borsa a tracolla, diventata
improvvisamente pesante, e la feci trascinare a terra mentre mi
dirigevo verso il divano.
L'appoggia ai piedi di quest'ultimo e mi
lasciai andare sui morbidi cuscini, emettendo un sospiro.
Sabrina,
era ancora in parte a me, immobile con gli occhi chiusi.
La imitai
e mi lascia coccolare dallo scorrere dell'acqua proveniente dalla
doccia del bagno.
- Onni – sentì pronunciare vicino al mio
orecchio sinistro
- Mhm? - risposi
- Puoi preparare
qualcosa da mangiare? - mi chiese dolcemente
Rimasi immobile per
qualche secondo, poi mi girai verso Sabrina e le sorrisi.
- Certo,
ora vado a preparare la cena – annunciai
- Cena? - disse Maria
spuntando dal corridoio con l'accappatoio sopra
- Esatto. Avete
preferenze o.. -
- Tranquilla, prepara quello che vuoi tu. Ho così
tanta fame che mangerei di tutto – disse Sabrina
- Se mai, fai
qualcosa di leggero. Visto che sono le 10.30 passate – aggiunse la
mora marcando di più la parte finale della frase
- Okei – dissi mentre mi alzavo dal
divano
- E tu Sabrina, forza, dobbiamo mettere ordine in casa –
disse seria Maria, alla rossa
Sentì dei lamenti, provenire dal
soggiorno mentre aprivo lo sportello per prendere la pentola.
- Ma
per forza? Non possiamo farlo domani? - sentì proporre Sabrina, come
tutti i giorni d'altronde, chiaramente non attratta dall'idea di
Maria,
- Alza.Quel.Culo – disse la mora scandendo bene ogni
parola
Così Sabrina si alzò di malavoglia e si diresse verso le
stanze da notte, seguita da Maria.
Sorrisi, mentre feci scendere l'acqua
nella pentola.
All'inizio, avere una casa sembrava così bello, ma
soprattutto così semplice.
Invece, dopo qualche settimana che
eravamo arrivate qui a Seoul e appena trasferite in questo
appartamento; abbiamo potuto sperimentare sulle nostre pelle, ché è
tutto tranne che semplice. Infatti le prime settimane era
inguardabile. La casa era tutta sottosopra, oggetti ovunque, mangiare
ovunque.
Insomma, ci siamo rese conto, che dobbiamo dedicare un
po' di tempo anche alla casa.
Così ci siamo divise i compiti,
dato che la mattina usciamo tutte e tre presto per andare al lavoro,
e la sera tornavamo tardi per il ballo o straordinari vari.
Io ero
quella che si occupava del mangiare, e di cucinare. In quanto le mie
amiche, non si sono rilevate molto brave ai fornelli.
Tranne
scongelare le cose o preparare i piatti semi-pronti.
Comunque davo
lo stesso una mano anche alle altre faccende di casa.
Sabrina
aveva il compito di riordinare le stanze, come fare i letti, piegare
i vestiti etc.
Maria, invece si occupava del bagno e del
soggiorno.
Presi un sacchetto di insalata e lo aprì. Dopo di che,
la versai nella pentola immergendola nell'acqua. La lavai per bene,
fino a quando non sentì Sabrina urlare.
- Ah, ma qui c'è un
ragno! - urlò
Mi girai di scatto, presi un asciugamano attaccato
alla sedia e andai dalla rossa.
Era all'inizio del corridoio,
quando Maria mi fermò con una mano.
- Tranquilla, Laura, era un
pezzo di lana nero – disse Maria uscendo dalla sua stanza e
mostrando il batuffolo nero e portandosi una mano sulla faccia
- E
cosa ci fa un pezzo di lana nera, in camera tua?! Era pelosa e nera
e mi era sembrato un ragno peloso! - sbottò Sabrina uscendo anche
lei dalla stessa stanza
-Yha! Muoviti o non finiamo più qui! –
disse Maria spingendo la rossa per le spalle dentro la stanza, mentre
quest'ultima continuava a borbottare
Sorrisi e ritornai alla mia
insalata.
La tirai fuori dalla pentola e la misi su un panno
asciutto e pulito, successivamente la coprì per bene e cominciai a
tamponarla per farla asciugare.
La misi in un grande bacinella
bianca di plastica e la condì
Mi diressi al frigorifero e
appoggiai sul piano di lavoro della cucina, i pomodori.
Diedi una
lavata ai pomodori e li tagliai accuratamente su un piccolo
tagliere.
Dopo di che li misi in un piatto e li zuccherai.
Questo
è un tipico piatto coreano, dato che lavoravo in una piccolo
ristorante tipico in città, ho imparato qualche loro piatto.
Ecco
una cena leggera.
Dopo di che comincia ad apparecchiare la tavola
e posizionare le pietanze.
- Qui è pronta! - annunciai una volta
esser pronto tutto
Poco dopo vidi spuntare la rossa, seguita dalla
mora, dal corridoio e prendere posto a tavola.
Prendemmo la nostra
porzione di insalata e i pomodori e cominciammo a mangiare.
Il
tutto in silenzio.
Eravamo al quanto affamate, dato che nessuno
parlava e divoravamo quello che avevamo nel piatto.
La cena si
concluse velocemente.
Restammo stravaccate sulle sedie, con un
mano sulla pancia, segno di essere sazie, per qualche minuto.
Fu
Maria, a rompere quell’atmosfera di relax.
- Forza, sistemiamo
qui. Abbiamo ancora da fare –
Io e Sabrina ci guardammo esauste, e
con malavoglia ci alzammo ed aiutammo la mora.
Io mi posizionai al lavandino, con una
spugna in mano e il detersivo a portata di mano. Mentre le altre mi
portavano, sul ripiano vicino al lavandino, le cose sporche.
Impiegai poco a lavare le cose quindi
dopo passai a sistemare gli oggetti già asciugati dalla mora e dalla
rossa.
In meno di mezzora avevamo finito e la cucina era in
ordine.
Sabrina si diresse al divano, io la seguì a ruota. Mentre
Maria era andata verso il corridoio.
Io e la rossa, ci lasciammo
andare sul divano, facendoci avvolgere dai morbidi cuscini.
Avevamo
appena chiuso gli occhi, quando Maria ci svegliò.
- Dai, ragazze.
Lo sapete che ora c’è la nostra lezione. Non potete fare così. –
ci rimproverò
- Perché spunti sempre al momento
sbagliato?! - Mugolai tristemente ancora con gli occhi chiusi
- Mhm – acconsentì Sabrina vicino a
me
Poco dopo mi sentì afferrare per il polso e una forza maggiore
mi tirò su.
Non opposi resistenza e mi lasciai trasportare. Ero
troppo stanca.
Fui presto in piedi e dovetti aprire gli occhi.
Mi trovai al centro del salotto.
Spostai lo sguardo e vidi la mora tirare su con la forza Sabrina dal
divano.
Dopo di ché, ci spinse entrambe per le spalle e ci
indirizzò verso il tavolo della cucina.
Ci sedemmo strattonate
sulle sedie, barcollando. Quando Maria ci posizionò davanti dei
quaderni, dei libri e un paio di penne.
Confusa assottigliai gli
occhi, per mettere a fuoco la scritta sulla copertina del libro, al
centro del tavolo.
Lessi a mente, mimando con le labbra le
parole.
Corso di lingua
coreana. Volume 4.
Cosa?!
-
Yha! Mari, ma dobbiamo proprio! – sbottai
- Oggi siamo stanche! – continuò
Sabrina
Evidentemente anche lei aveva letto il titolo del libro.
Maria mise le braccia incrociate,
all’altezza del petto, e ci guardò con uno sguardo di sfida.
-
Lo sapete che me lo dite tutte le sere, questo? – disse – E
volete anche sapere come va a finire? – ci chiese
Peccato che
sembrava più un’affermazione che una domanda.
Io e Sabrina
abbassammo il capo, sui nostri quaderni.
- Esattamente - concluse
Maria fiera – E ora cominciamo con la lezione -
E’ da qualche
mese prima di partire che Maria, ci ha imposto di seguire delle
lezioni di coreano.
“ Come pensate di andare a vivere in Corea,
se non sapete spiaccicare una parola in coreano! Morirete di fame!
”
Era questa la frase che ci diceva sempre, quando ci
rimproverava.
E adesso che ci penso, non aveva tutti i torti.
Se
non ci fosse stata Mari ad assumere il posto di insegnante, non so
cosa avremmo fatto, io e Sabrina. A differenza sua, che aveva già
iniziato a studiarlo, tempo prima.
Inoltre un insegnante privato
non ce lo potevamo permettere, quindi ci riducevamo a studiarlo la
sera con Maria da insegnante.
Un insegnante abbastanza severa e a
tutti gli effetti, direi.
Ci dava gli esercizi da fare e persino i
compiti!
Eppure è solamente merito suo, se ora potevamo
conversare con le altre persone, per esser in grado di andare a fare
shopping o la spesa e di esser riuscite a trovare tutte e quante un
lavoro. Con il quale pagavamo l’affitto.
Iniziammo la lezione di
coreano, prima di partire Maria si era procurata dei libri in
italiano che spiegavano in diverse unità e passo per passo il
coreano. Diversamente sarebbe stato difficile, nessuna era a quel
livello.
Cominciò a spiegarci la lezione di oggi a me e Sabrina,
era un approfondimento per quanto riguardava l'approcciarsi nel mondo
del lavoro.
Ci diede degli esercizi da fare dopo di che passò
alla sua lezione, di qualche unità più avanti rispetto a
noi.
Quella sera, però, non concludemmo molto.
Poco dopo tutte
e tre ci addormentammo sui libri aperti.
Quel giorno era stato
davvero impegnativo.
Il lavoro, la corsa, la scuola di ballo, la
“passeggiata” notturna, le faccende domestiche. Ero stravolta.
E
di certo lo erano anche le mie amiche. Anche loro avranno avuto di
sicuro, una giornata impegnativa.
Ero li con gli occhi semichiusi,
per via della scomoda posizione assunta, a contemplare il silenzio e
i miei dolenti muscoli.
Spostai lo sguardo verso le mie amiche,
senza alzarlo dalle pagine lisce del libro sotto la mia faccia.
Erano
piegate sui rispettivi libri con la penna ancora stretta in mano. Gli
occhi chiusi e il volto riposato.
Certo, potevo svegliarle e continuare
con la lezione, ma ero troppo stanca. E loro sembravano così
rilassate.
Ero indecisa ma il buio prese il
sopravvento.
Sentì le palpebre diventate pesanti,
scendere e chiudermi la visuale.
Sapevo che il giorno seguente,
Maria, mi avrebbe urlato dietro per averle lasciate dormire.
Ma
non doveva saperlo per forza, no?
Annyeong! ^_^
Eccomi
qui ad aggiornare questa ff.
E' passato già un mese? O.O
Eheh
guardiamo il lato positivo, ho aggiornato prima, rispetto l'ultima
volta. LOL
Dunque ecco, qui il terzo capitolo. Come avete potuto
notare è abbastanza tranquillo.
Ah, ho deciso una cosa.
*rullo
di tamburi*
Ho
deciso di aggiornare la storia una volta a settimana. *_*
O anche
prima, dipende. Comunque non oltre una settimana.
(lettori: era
ora! -.-)
Lovelovelovelovelove
Ringrazio tutti quelli che hanno
messo la storia nelle preferite/ seguite e ricordate. E ha chi la
segue soltanto. Grazie.
Ora vi lascio. Alla prossima!
Bye
Bye <3