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Autore: Carmilla Lilith    01/08/2012    4 recensioni
Helena, giovane ragazza ungherese, perde la vita dopo una lunga malattia e si risveglia tramutata in una vampira. La neonata vampira decide di vegliare sul suo promesso sposo, Norbert, che appare disperato per la morte dell'amata e per molto tempo si abbandona ad una profonda tristezza.
Storia partecipante al contest "Il morso del Vampiro" su Efp e classificatasi ultima.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Bad blood'
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Helena
Helena aprì gli occhi lentamente, ritrovandosi completamente al buio. Strano.
La giovane tentò di alzarsi ma scoprì con orrore che non poteva, era in uno spazio angusto ed oscuro, dove aleggiava un nauseabondo olezzo di umidità, chiuso e muffa.
“Oh mio Dio, no!” Esclamò la fanciulla, comprendendo l’accaduto: probabilmente la febbre che l’assillava da giorni l’aveva indebolita al punto che il medico del paese l’aveva ritenuta morta. L’avevano sepolta viva!
Helena cominciò a urlare, disperata, nella vana speranza di richiamare qualcuno. Tentò di spostare il coperchio della bara e, fortunatamente, vi riuscì. Non appena uscì dal suo macabro giaciglio e si abituò alla fioca luce dell’unica torcia che illuminava l’ambiente, capì che si trovava nella cripta della chiesa del suo paese.
Helena rabbrividì, rendendosi conto di quanto fosse stata fortunata nella sua sventura dato che, se la sua tomba fosse stata inserita nel loculo, le sarebbe stato impossibile fuggire. Solo dopo qualche istante la fanciulla comprese che la sua situazione non era comunque delle più felici: sarebbe rimasta intrappolata insieme a numerose bare fino all’alba, se non fosse riuscita ad attirare l’attenzione del custode notturno.
Come se non bastasse la giovane era assetata come non lo era mai stata in vita sua, la sua gola bruciava così tanto che pareva aver preso fuoco. La giovane continuò a invocare aiuto, tempestando di pugni la porta della piccola cripta e sperando con tutto il cuore che il sagrestano potesse udirla.
 
Cristian, l’anziano sagrestano, stava controllando un’ultima volta la chiesa prima di godersi il suo meritato riposo. Era ormai mezzanotte e l’uomo non desiderava altro che coricarsi accanto alla sua anziana consorte, desiderio prontamente deluso da un imprevisto: dalla cripta provenivano dei cupi e potenti rimbombi, come se un essere gigantesco stesse picchiando i suoi pugni possenti contro la porta del sotterraneo.
Preoccupato, il sagrestano rimase in ascolto per qualche istante, udendo anche la voce di una fanciulla che invocava disperatamente soccorso. Che stava accadendo?
Resistendo all’impulso di fuggire, Cristian si diresse verso i sotterranei, deciso a scoprire la fonte di quel trambusto infernale.
 
Helena si accasciò contro il portone della cripta, disperata. Non c’era modo di uscire dalla cripta, la chiesa era deserta e nessuno sarebbe venuto in suo soccorso: sarebbe morta, ne era certa. La sete non le dava tregua e avvertiva le forze venirle meno.
Improvvisamente avvertì un rumore di passi che scendevano le scale che conducevano alla cripta. I passi si fermarono dinanzi al portone ed Helena udì chiaramente il tintinnio di un pesante mazzo di chiavi.
“Aiuto! Vi prego, aiutatemi!” Urlò Helena, alzandosi rapidamente.  
“Non preoccuparti, ti libero subito!” Rispose Cristian, poco prima di aprire il portone. Helena sospirò sollevata, abbracciando il suo salvatore.
“Povera creatura, che ti è successo? Cosa ci fai quaggiù?” Domandò il sagrestano, tentando di tranquillizzare la fanciulla.
Helena rispose, tentando d’ignorare il dolore alla gola, acuito dallo sforzo che aveva fatto per urlare: “Mi hanno creduta morta, mi avevano già rinchiusa nella bara…”.
Cristian annuì, notando il pallore della giovane: doveva aver sofferto molto, la cosa migliore da fare era riaccompagnarla a casa per permetterle di riprendersi. Stava per proporre la sua idea ad Helena, quando si accorse che la giovane lo guardava in modo strano.
“Ho tanta sete.” Mormorò Helena, avvicinandosi al sagrestano. All’uomo parve che il color cielo degli occhi della giovane avesse lasciato posto a una tonalità sanguigna, ma subito si diede del folle.
“Ora ti riaccompagno a casa, così potrai bere qualcosa e riprenderti da questa brutta avventura.” Disse Cristian porgendo la mano ad Helena. La ragazza si avventò contro il braccio del sagrestano, conficcando i suoi lunghi canini nelle arterie dell’uomo.
Cristian urlò terrorizzato e tentò di fuggire, ma non riuscì a liberarsi dalla stretta potentissima della giovane. Sentiva il suo sangue che veniva risucchiato dalla fauci fameliche di quella che, fino a qualche istante prima, sembrava un angelo del paradiso.
L’ultima frase che il sagrestano riuscì a mormorare, prima di morire dissanguato, fu:”Padre, nelle tue mani affido la mia anima!”.
 
Helena si sedette, sconvolta. Ancora non riusciva a credere a quanto l’era accaduto: era diventata una vampira, una creatura delle tenebre. Perché proprio lei?
Ricordò con orrore quegli incubi che aveva avuto prima di morire e che aveva attribuito ai deliri della febbre: quel gigantesco pipistrello nero che entrava in camera sua, quella strana nebbia che aleggiava nella sua stanza e un uomo misterioso dagli occhi di brace…
La vampira urlò, in preda alla rabbia e al disgusto: aveva ucciso un povero innocente che voleva soltanto aiutarla, non avrebbe mai conosciuto la pace dell’anima e aveva perso per sempre Norbert, il suo promesso sposo. Non era né viva, né morta, tutto ciò che l’attendeva era una lunghissima agonia solitaria, lontana dalla grazia del Signore.
Helena sospirò: no, non poteva sopportarlo. Se le leggende che si narravano sui vampiri erano vere avrebbe dovuto soltanto attendere l’alba, la luce del sole l’avrebbe incenerita, ponendo fine alla sua infame esistenza di non-morta. Prima di morire, però, Helena voleva vedere per un’ultima volta il suo amato.
 
La neonata vampira riuscì ad introdursi con facilità nella dimora di Norbert: si trasformò in una sottile foschia e raggiunse facilmente la stanza del suo amato.
Helena credeva che il suo promesso sposo fosse profondamente addormentato, invece stava piangendo “Helena, amore mio.” Mormorò l’uomo, tra le lacrime.
Helena si commosse: Norbert, per quanto innamorato, non era solito esternare i proprio sentimenti e vederlo distrutto dal dolore per la sua dipartita l’addolorava infinitamente.
Sempre nelle sembianze di nebbia, la vampira raggiunse il suo amato, accoccolandosi accanto a lui. Norbert rabbrividì e si voltò nella sua direzione ma, non vedendo nulla, si sdraiò nuovamente. La presenza di Helena, tuttavia, parve giovargli, dopo qualche minuto l’uomo scivolò in un sonno profondo e la sua espressione parve rilassarsi. Helena riprese le sue sembianze umane ed accarezzò delicatamente la guancia di Norbert, sorridendo.
Non si sarebbe uccisa, non poteva abbandonare un uomo che continuava ad amarla nonostante la credesse morta. Sarebbe rimasta per vegliare su di lui per l’eternità.
 
Helena fece ritornò alla cripta quando mancava circa un’ora all’alba. Spostò il cadavere del sagrestano al limitare della foresta, sperando che il morso sul braccio venisse confuso con quello di un lupo o di un’altra fiera, dopodiché si sdraiò pacificamente nella sua bara. Con un po’ di fortuna nessuno si sarebbe accorto della sua fuga notturna.
 
***
 
Trascorse quasi un anno prima che Norbert riuscisse a superare la scomparsa della sua giovane promessa sposa. Helena vegliava sul suo amato ogni singola notte, accarezzando i suoi capelli corvini e ammirando in silenzio il suo volto. Aveva notato con gioia che Norbert dormiva sempre più a lungo e che appariva molto più sereno.
Talvolta Helena si doveva privare del piacere di trascorrere tutta la notte con il suo amato perché trascorreva alcune ore a caccia. Generalmente preferiva attaccare giovani uomini di poco conto, come contadini o cacciatori, quale uomo avrebbe mai pensato che una giovane dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri potesse essere una spietata vampira assetata di sangue?
Uccidere quei poveri stolti richiedeva un impegno minimo e così Helena, dopo essersi nutrita e aver occultato i loro corpi dissanguati, poteva correre a vegliare sul suo caro Norbert.
 
Una notte, trascorsi circa due anni dalla dipartita di Helena, la vampira percepì qualcosa di strano mentre entrava nella casa di Norbert, come se ci fosse qualcosa di nuovo e decisamente sgradevole, un corpo estraneo.
La giovane scivolò rapida verso la camera del suo amato e, quando vi giunse, rimase impietrita. Lui era con un’altra donna.
Stava amando con vigore una sciocca e patetica villanella bruna, una donna qualsiasi. Una creatura insignificante.
Fuori di sé dalla rabbia, Helena riprese le sue fattezze umane e urlò: “Perché?!”.
La giovane bruna scattò a sedere, urlando spaventata, mentre Norbert, dopo essersi voltato verso Helena, rimase immobile.
“Come puoi farmi questo Norbert? Come puoi tradirmi con una simile nullità?” Domandò, furibonda, Helena.
“Tu… sei morta!” Disse, a fatica, l’uomo. Helena incontrò i suoi occhi color pece e vi lesse soltanto un’estrema meraviglia: nessun dolore, nessuna vergogna. Nessuna gioia nel rivederla.
La vampira si accorse che la giovane bruna, recuperati i vestiti, stava tentando di darsi alla fuga. “Io non proverei a fuggire, se fossi in te.” disse Helena, con tono calmo. La giovane rimase immobile, mentre Helena le si avvicinava con esasperante lentezza.
“Come ti chiami?” Domandò Helena, fissandola con disprezzo. “C-c- Cristiana”. Rispose la giovane, abbassando lo sguardo.
“Helena, come fai ad essere qui?” Domandò Norbert, riavendosi in parte dallo stupore.
“Taci, miserabile!” Tuonò Helena, mentre afferrava il polso sinistro di Cristiana.
“Questa notte, Cristiana, hai commesso il più grave errore della tua patetica esistenza mortale.” Disse poi, con tono solenne, la vampira.
In un attimo piegò con forza il braccio di Cristiana, spezzandolo. La giovane urlò dal dolore, tentando di sottrarsi alla presa di Helena, inutilmente.
Norbert tentò di scagliarsi contro la vampira ma venne prontamente respinto. Helena spezzò con facilità anche il braccio destro della povera Cristiana, che continuava ad urlare e piangere, disperata.
“Taci, le tue urla sono uno strazio!” Ordinò la vampira, premendo con forza una mano sulla bocca della povera giovane. Norbert tentò di fuggire per chiamare aiuto, ma venne prontamente colpito da un calcio di Helena.
La vampira fissò Cristiana e, per la prima volta, notò il terrore folle che compariva negli occhi delle sue vittime. Aveva sempre ucciso per necessità ma, quella notte, scoprì che poteva essere anche un divertimento. Un divertimento sublime.
“Hai paura?” Domandò Helena, con tono falsamente gentile. Cristiana annuì, mentre abbondanti lacrime cadevano dai suoi occhi castani.
“Mi dispiace tanto, poniamo fine a tutto questo terrore.” Si scusò la vampira, mantenendo il suo tono zuccheroso. Lasciò la bocca di Cristiana, che sospirò sollevata. Fu l’ultima cosa che fece prima che Helena, con una movimento delle mani, le torcesse il collo, uccidendola.
 
Norbert urlò e corse incontro alla sua amante, mentre Helena lo fissava con disprezzo: era solo un uomo, uno come tanti. Debole, traditore, bugiardo, mortale. Come aveva potuto amarlo?
Come aveva anche solo potuto credere all’amore?
Si avvicinò a Norbert, ora chino sul cadavere di Cristiana, e s’inginocchiò accanto a lui.
“Sai, da quando sono morta ho vegliato su di te ogni singola notte. Mi mancavi, mi mancavi terribilmente ma non ti ho reso un vampiro perché non volevo condannarti ad un’esistenza tanto oscura. Ora sono soltanto felice di non averti reso il mio compagno immortale.” Disse Helena, con freddezza.
Norbert si girò verso di lei: “Non potevo vivere amando soltanto il tuo ricordo, ho soltanto tentato di andare avanti con la mia vita”.
Helena lo abbracciò, sorridendo. “Ti ho amato e ti giuro che non soffrirai quanto lei.” Disse la vampira, prima di affondare con forza i suoi canini nella giugulare dell’uomo.
Norbert tentò di urlare, ma l’elegante mano di Helena si posò con forza sulle sue labbra, impedendoglielo. Helena succhiò ogni singola goccia di sangue di Norbert, non c’era null’altro che poteva avere da lui, era tutto ciò che quell’inetto poteva offrirle.
 
Una volta compiuta la sua vendetta, Helena prese una delle torce che illuminava la sala da pranzo e la utilizzò per dare fuoco alla casa di Norbert.
Sperava che il fuoco avrebbe cancellato ogni traccia di quell’utopia che era stato il suo amore. Rimpiangeva soltanto una cosa: doveva lasciare la cripta dove aveva iniziato la sua nuova vita, dove si era nutrita la prima volta e dove aveva dormito serenamente durante il giorno. L’olezzo della cripta, che tanto l’aveva disgustata non appena si era trasformata, le sarebbe mancato quanto l’aria di casa.
Ma doveva andarsene, era l’unico modo per dimenticare definitivamente il suo passato da umana.
Quel giorno, per Helena, era un nuovo inizio.
 
 
L’angolo dell’autrice
 
Finalmente anche la sottoscritta si è decisa a riemergere dalla sua personalissima cripta e tornare a disseminare un po’ di fantasie malate qua e là.
Questo racconto, Missing Moment della mia serie “Sanguis meus tibi non iam perbibendus est”, più precisamente del racconto “Angel Face”, ha partecipato al contest “Il morso del vampiro” indetto sul forum di Efp e si è classificato terzo (su tre XD). Ringrazio Nihila per aver indetto il contest e Lady Eloise per averla sostituita in qualità di giudice.
Detto ciò, torno a far finta di studiare.
A presto,
Carmilla Lilith.
   
 
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