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Autore: Estel91    03/08/2012    5 recensioni
Salve a tutti!!! Il titolo non è ancora definitivo, ma non sono riuscita a trovarne uno migliore, per il momento. Questa storia parla della visione che ebbe Aragorn quando guardò nel palantìr.... Che potrà aver visto? Poteva andare in un altro modo?
Spero che la troviate interessante.... Grazie!!
Estel
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aragorn
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO XXIII

E così ha inizio – parte 2

…………..Ma potè subito constatare che la ferita era superficiale, sicuramente, con qualche cura si sarebbe salvato.  

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<< Seguitemi. >> Disse l’uomo prima di incamminarsi verso l’imponente palazzo sopra ad una collina che si poteva vedere anche da li.
Nessuno sapeva cosa aspettarsi, ne tantomeno cosa avrebbero detto… ma oramai, giunti fin li sarebbe stato impossibile tornare indietro. Legolas lo sapeva, sentiva quel peso sul cuore del quale doveva, voleva liberarsi, ma allo stesso temeva per la sorte del giovane capitano.

Con questi pensieri, senza nemmeno rendersene conto giunse al palazzo, nella grande sala. L’uomo fece loro cenno di aspettare di fronte alla grande porta. Lo osservarono entrare, affiancarsi all’uomo che doveva essere il sovrano e bisbigliare qualcosa al suo orecchio.
Il re teneva lo sguardo basso e la gamba accavallata, ma ad un certo punto alzò lo sguardo di colpo e sembrò fissare i due avventurieri oltre la porta. Si, l’uomo doveva aver detto il suo nome, pensò Narya.

<< Vieni avanti. >> Disse quindi, rivolto al ragazzo, come se non avesse nemmeno visto che non era giunto li da solo.
Così fecero.

Ma prima che arrivassero al suo cospetto, Narya mormorò all’Elfo al suo fianco << Non parlare. >> senza voltarsi, sicuro che egli avrebbe comunque udito.

<< Salute, mio Signore. Vengo da molto lontano, in cerca del vostro consiglio e del vostro aiuto. >> Disse spontaneo, come se fosse normale amministrazione per lui, trovarsi tra quella gente.

Il sovrano si alzò dallo scranno andando loro incontro e salutandolo amichevolmente.
<< Benvenuto, figlio di Nenya. Ti manda tuo padre, non è vero? >>

Segui un secondo di silenzio, poi rispose
<< Si, mi manda mio padre. Mi manda a chiedervi il vostro aiuto. >>

Legolas alzò gli occhi di colpo, guardando il ragazzo e cercando una muta spiegazione nelle sue false parole.
<< Gli ho mai negato qualcosa? >> chiese il re, facendo cenno al giovane di seguirlo.

<< No, mio Signore. Lui conosce la vostra lealtà, e anche io. >> Rispose.

Il sovrano li condusse in una piccola stanza in cui vi era un lungo tavolo gremito di carte e mappe. Legolas si chiuse la porta alle spalle con un forte rumore, e fu allora che il re portò la sua attenzione su di lui.

<< Chi ti accompagna, figlio di Nenya? >> chiese, avvicinandosi a lui leggermente.
L’Elfo abbassò lo sguardo, tentando di nascondere il volto alla vista dell’uomo, ma fu tutto inutile perché egli mise una mano sulla sua testa abbassando bruscamente il cappuccio che lo teneva celato al suo sguardo.

<< Un Elfo? Hai portato un Elfo nel mio palazzo? >> disse il sovrano con tono nervoso, sembrava disprezzo, quello che c’era nella sua voce.

<< Questo è Legolas del Reame Boscoso. Lo manda suo padre Thranduil, affinché gli concediate il vostro favore. >> Rispose prontamente.
Il re fece qualche passo veloce avanti e indietro davanti al tavolo poi si fermò davanti al ragazzo fissandolo freddamente.

<< E perché mai dovrei concedere il mio favore a questi esseri traditori del loro sangue? >> Legolas non capiva il motivo di tanta rabbia ne tantomeno di quelle affermazioni cattive, ma comprese che parlando avrebbe solo peggiorato la situazione.

<< Sono nostri alleati in questa guerra. Necessitiamo del vostro aiuto, scendete in battaglia assieme a noi! >> A quelle parole l’Elfo rimase sbalordito, avrebbe voluto chiedergli cosa stesse facendo, chiedere il perché di tutta quella rabbia e di quello scambio di frasi dal quale era completamente estraneo, non comprendendone la ragione.

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Pioggia.

La pioggia non aveva ancora cessato di cadere sopra le loro teste.
<< Trattienili! >> Urlò Faramir.

<< Quanto tempo ti occorre? >> Chiese il nipote del re, le mura non sarebbero mai cedute.

<< Il tempo che puoi darmi! >>
Gli Huruk erano troppi, nonostante l’esiguo esercito formato da uomini ed elfi si fosse dimostrato più che all’ altezza della situazione, erano un numero troppo superiore per essere sconfitti.

Il boato immenso creato dall’incessante sbattere degli orchi contro il portone rimbombava nelle loro orecchie, non vi era tempo per pensare, per riflettere.

<< Non c’è un’altra via per le donne e i bambini, per uscire dalle grotte?? >> La voce di Faramir, che manteneva salda la difesa delle mura. Non ottenne risposta.

<< Non c’è un’altra via? >> Chiese di nuovo, incalzando, e attirando l’attenzione del re che era stato ferito ad una spalla e se ne stava appoggiato contro il muro con lo sguardo basso.

<< C'è un passaggio. Conduce alle montagne. Ma non andranno lontano. Gli Uruk-hai sono troppi.>> rispose Eomer con voce preoccupara.

<< Che le donne e i bambini si dirigano al valico tra le montagne! E barricate l'entrata!>> Faramir si diresse nuovamente verso il portone ma la voce del re lo fece trasalire.

<< Quanta morte... cosa possono gli uomini contro un odio così scellerato? Dove sono il cavallo e il cavaliere? Dov'è il corno che suonavo? Sono passati come la pioggia sulle montagne. Come il vento nei prati. I giorni sono calati a Ovest... dietro le colline... nell'ombra. >> Nei suoi occhi la sconfitta.

Il sovrintendente di Gondor si affiancò a lui posandogli una mano sulla spalla.

<< Vieni fuori con me. Affrontiamoli a cavallo. >> Segui un secondo di di silenzio in cui si poteva udire il tumulto proveniente dall’esterno e le voci degli uomini che continuavano a contrastare l’avanzata imperturbabile delle bestie di Saruman.

<< Per la morte e la gloria.>> Disse poi, girandosi verso il giovane condottiero.

<< Per Rohan, per il tuo popolo. >> Aggiunse Faramir, mentre Eomer si avvicinava a loro.

<< Il sole sta sorgendo. >> Asserì quest’ultimo, e i 3 si voltarono verso la piccola finestrina in alto, dalla quale cominciavano ad entrare i primi raggi di Anor, dell’alba.

<< Sì. Sì. Il corno di Helm, Mandimartello, suonerà nel Fosso un'ultima volta.>>

<< Fa che questa sia l'ora... in cui sguainiamo le spade insieme. >>

<< Feroci atti, sveglia. Non per collera, non per rovina o la rossa aurora >> Con quelle parole di buon auspicio, il re e i due condottieri montarono a cavallo, le spade sguainate, a dirigersi verso la porta.

<< Feroci atti, sveglia. Non per collera, non per rovina o la rossa aurora! Forza, Eorlingas! Aaah!>>
   
 
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