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Autore: Kill Your Hopeless Heart    05/08/2012    1 recensioni
Valentina si sentiva terribilmente sbagliata.
E lo era, sbagliata.
Che brutta parola, essere "sbagliati".
Perchè, poi?
Perchè lei non poteva essere felice?
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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Vale, sei fottutamente perfetta per me. E sei bellissima. Non dimenticarlo mai. Ti amo.-
 
 
 
 
Quella che sto per raccontarvi, non è una storia semplice.
Ma è la storia di una ragazza, e di come l’amore le cambiò la vita.
E’ la storia di una ragazza di nome Valentina, che si sentiva sbagliata e invece era perfetta.
E’ la storia di uno dei suoi giorni più belli.
 
 
 
 
 
 
 Si fissò il polso tremante, come tutto il resto del braccio. Aveva ancora in mano, una mano rossa e sporca di sangue, quella dannata lametta.
Era di quelle che sua nonna usava per tagliare il tessuto, e, una volta, mentre era a casa sua, gliene aveva rubata una, le teneva in un contenitore dove, probabilmente anni prima, c’erano stati dei biscotti al burro, i suoi preferiti. Ne aveva talmente tante che probabilmente nemmeno si era accorta che una mancava all’appello.
Gli occhi le si appannarono.
Perché non riusciva a smettere di farlo, non riusciva a smettere di farsi del male.
Lei ci provava, con tutte le sue forze, eppure ricadeva sempre lì, in quel bagno, e si ritrovava sempre con il polso sinistro che pulsava, dolorante, e il sangue che non si risparmiava a scendere, caldo, lungo il suo braccio.
Voleva gettarsi a terra e piangere, chiudere gli occhi e vedere il buio, per non doverli riaprire mai più.
Voleva che qualcuno la salvasse.
Voleva riuscire ad estrarre la lametta dal suo contenitore, e spezzarla in due.
Ma era sola, e nessuno riusciva mai a colmare quel vuoto che si ritrovava buio, profondo, nel petto.
Si riprese e si pulì il sangue con della carta, troppo ruvida, che le fece anche male. Non c’era tempo di pensare e si inginocchiò, per asciugare le gocce scarlatte che macchiavano il pavimento del bagno.
Se qualcuno l’avesse scoperta..
Non voleva che la guardassero come pensando “Ho una figlia con dei problemi.”
Non voleva che la mandassero da uno psichiatra che le avrebbe fatto miliardi di domande completamente inutili.
Non voleva che le chiedessero se stava bene.
Non voleva sentirsi ancora più diversa di quello che già era.
No, non stava bene.
Ma questo non doveva saperlo nessuno.
Si affrettò ad asciugare il tutto, e spostò velocemente i suoi occhi nocciola al polso, già ormai pieno di cicatrici.
Si sentì uno schifo.
Volle, per l’ennesima volta, essere una persona migliore.
Perché si odiava, si faceva schifo, per sentirsi minimamente apposto doveva farsi del male, e questo non era bene.
Nascose la carta sporca in fondo al cestino e nessuno l’avrebbe mai notata.
Si abbassò la felpa, e sembrava quasi una persona normale.
Si guardò allo specchio.
“Sono una persona normale.” Sussurrò fissandosi dritta negli occhi.
-Vale, sei qui?!-
Un gran casino, quindi era arrivata sua madre.
Sospirò, si fissò in faccia il sorriso di circostanza e la raggiunse.
- Sì, mamma, eccomi.-
 
- Quattro settimane e due giorni dopo.
 
 
 
Aspettava quel momento da una settimana.
Era stupido aspettare una telefonata, ma così era.
Le mancava Bea, e le mancava la sua risata e la sua voce.
Quando sentì squillare il telefono, per poco il cuore non fece una capriola.
Sentì il battito accelerare pericolosamente, mentre prendeva quel dannato cordless in mano e rispondeva.
Odiava quella distanza.
Odiava il fatto di dover sentire la propria migliore amica così, una volta ogni tanto, senza mai poterla abbracciare, guardare.
- Vale?-  la sua voce la fece risvegliare dai suoi tristi e malinconici pensieri.
- Eh, sì. Dimmi!- cercò di sembrare “normale” ma ovviamente con pochissimi risultati. Stava guardando la lettera che presto avrebbe dovuto inviarle, in prossimità del suo compleanno.
- Volevo solo dirti che sei bellissima. Cioè..- sentiva nella sua voce l’imbarazzo, e tremava appena. Ma fu questo a farla arrossire. Se l’avesse detto qualcun altro, chiunque altro, non ci avrebbe mai creduto.
Ma lei non era qualcun altro.
-..ai miei occhi lo sei. E so che ti senti sbagliata, e vorresti solo cambiare. Ma, Valentina, per me sei perfetta. Adoro tutto di te. Mi capisci e..ci sei sempre quando ho bisogno. Non voglio perderti, e farò in modo che non accada mai. E senza di te non vedo via d’uscita, mi sento triste e vuota.
Sei la mia salvezza, tesoro. Ho fatto i miei errori, lo so, perché sono un’idiota, ma sappi che ti voglio bene, tanto.-
Ormai piangeva, le lacrime le rigavano le guance e le scioglievano la matita. Il suo cuore batteva e nonostante ciò il sangue non sembrava bastare mai.
Non riusciva nemmeno a parlare.
- Devo andare.- Era un sussurro che probabilmente nemmeno si era sentito. Riattaccò il telefono e lo buttò sul divano, correndo in camera.
Frugò nell’astuccio e prese la lametta.
La guardò, era ancora sporca di sangue incrostato che era diventato quasi nero.
Ormai le lacrime le appannavano la vista e si sentiva felice.
Prese la lametta e la spezzò in due.
Perché aveva trovato la persona che le colmava il vuoto, che la faceva sorridere, aveva trovato la persona che la faceva sentire giusta.
E adesso era libera da quella lametta, ed era libera di vivere come le piaceva.
  
  
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