Angolo
dell’autrice:
Heilà ragazzi! E’ Deirbhile che
vi parla. Prima di lasciarvi alla lettura del prologo, volevo darvi giusto un
paio di informazioni sulla storia. Innanzi tutto ci tengo a precisare che, essendo una storia a molti capitoli,
mi impegno a pubblicare minimo una volta ogni due settimane (purtroppo lo
studio prende molto tempo!) e mi farebbe molto piacere se voi lasciaste una
recensione :) Detto questo, spero che apprezziate i personaggi, in quanto sono del tutto originali.
Un bacio!
L'alba di un nuovo
giorno si infranse sulle vetrine scintillanti della
libreria del Corso, mentre i primi rumori mattutini si diffondevano per la
strada. Chiara sorseggiò ciò che rimaneva del suo caffé latte e controllò
l'orologio, gettando un'occhiata anche alla pila di libri appena arrivati che
avrebbe dovuto sistemare prima dell'arrivo di qualche cliente. Sei e trenta, chi poteva andare in cerca
di un libro a quell'ora? Probabilmente
solo Chiara, se quello non fosse stato il suo posto di lavoro. Ma lei era come un discorso a parte, un tassello irregolare
nel mosaico grigio di quella città. Scosse la testa, decidendosi sul da farsi.
Si portò una ciocca rossiccia dietro l'orecchio e osservò il primo pacco, c'era
un'etichetta con su scritto "
Le persone se ne vanno sempre quando
qualcosa non va, pensò.
Non
molti anni prima anche lei aveva cercato avidamente
quei libri, correndo ogni volta fuori dalla biblioteca di paese con un cipiglio
infastidito, sussurrando qualcosa a suo padre riguardo l'arretratezza in cui vivevano.
Aveva cominciato a lavorare lì non perché avesse un effettivo bisogno
economico, con il lavoro dei suoi poteva permettersi di tutto anche senza
quel piccolo stipendio. Ad appena sedici anni Chiara, con una media perfetta al
suo liceo classico di provincia, aveva scelto quel piccolo negozio come
lavoretto estivo, ma poi i mesi erano passati e aveva insistito con il suo capo
per andare lì ogni mattina prima di scuola. Lei non lo considerava un lavoro,
stare a contatto con i libri la rilassava e la faceva
sentire a casa ovunque lei fosse. Anche il signor Lovati, titolare della libreria, la considerava oramai più
che una dipendente. Chiara trattava bene i clienti, anche quando pativa il
caldo d'agosto e non c'era l'aria condizionata, gli consigliava libri che
l'avevano affascinata e non si limitava a porgere loro lo scontrino. Poteva
dire di averne letti molti, lei, nonostante non avesse vissuto nemmeno la metà
della sua vita. Ogni tanto, quando i compiti a casa glielo permettevano,
correva lì con la sua bicicletta per prendersi un nuovo romanzo o una raccolta
di poesie da leggere. La sua migliore amica, Carmen, si lamentava spesso del
fatto che preferisse i libri a lei. Ma poi Chiara le
sorrideva in modo enigmatico e le dava una pacca sulla spalla, come a smentire quell'affermazione. Quando non
indossava la piccola targhetta col suo nome (Chiara Torri, scritto ben chiaro
sul metallo) o non leggeva, ascoltava la musica nella sua piccola cameretta e
il sabato sera usciva con gli amici. Come una normale
adolescente, cosa che non era considerata. Prese delicatamente una copia
dallo scatolone e vi attaccò sopra un post-it verde,
con scritto "Alla piccola Rossella". Poi
l'appoggiò soddisfatta sul bancone e finì di sistemare il resto della merce.
Accartocciò il bicchiere del suo caffé latte e uscì con lo zaino in spalla,
farfugliando alla collega più anziana che quella mattina avrebbe avuto
un'interrogazione di greco.
"Su,
Chiara. Hai studiato, no? Ma tanto anche se non studi in greco prendi sempre
voti alti." gridò
Giovanna da dietro uno scaffale. L'altra annuì e poi si avviò nella nebbiolina
mattutina, con lo sguardo stanco e buio di chi viaggia
senza meta.