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Autore: Lovely_Sky    12/08/2012    2 recensioni
Questa non è proprio una storia... è la mia visione del futuro terrestre. Spero vi piacerà... mi auguro che commenterete in tanti perchè ne ho davvero bisogno dato che è una specie di esperimento XD Grazie a tutti, davvero...
Genere: Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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La Terra nel futuro

 
Data: 18 giugno 3016 del calendario del pianeta d’acqua
Luogo: Navicella spaziale n. 2031
 
Diario di bordo,
Io medesimo, Io qui presente,
Sono le ore 22:00 abbiamo appena passato il primo strato dell’atmosfera del pianeta. Sto dando il comando di fare un giro di ricognizione, ci dovremmo mettere all’incirca 5 secondi. I documenti mi informano della scarsità di forme di vita vegetale, non superiori al 15% , quelle animali sono di poco migliori, circa il 20%, mentre degli esseri chiamati terrestri, non c’è quasi più traccia, nonostante i loro scarti occupano quasi tutto il terreno disponibile.
Ore 22:05. Stiamo abbassando la quota a circa 400 metri d’altezza ma ancora da qui, nonostante sia notte, non c’è traccia di alcun genere di illuminazione.
 
“Capitano?”
“Mi dica Tenente”
“Do l’ordine di atterrare? Abbiamo trovato un luogo abbastanza sicuro e non abitato”
“D’accordo, dia pure l’ordine”
 
Ore 22:07. La Navicella spaziale n 2013 in missione speciale si accinge a sbarcare in una landa apparentemente disabitata sul pianeta d’acqua. Fin’ora crediamo di non aver attirato troppo l’attenzione.
Ore 22:08 finisco di scrivere il diario di bordo.
Capitano in carica Zwairon
 
L’essere posa la penna sul tavolo e chiude il diario. Poi si volta verso il Tenente “Andiamo. Abbiamo una missione da svolgere.”
L’entrata della navicella si apre con uno sbuffo di fumo e appena il capitano e la sua squadra scendono, sotto i loro piedi coperti da strani stivali, si alza una nuvola di polvere e terra. “Se non avessimo avuto questi caschi e questi stivali – dice un soldato – saremmo sicuramente stati intossicati!” “Già. Hai notato il tasso d’ossigeno e il livello di inquinamento del terreno? Non mi stupisce che abbiamo trovato una percentuale simile di piante!”
Mentre parlano, proseguono con cautela la loro esplorazione. In tutto sono in tre: due soldati e lo stesso capitano, che aveva voluto dirigere l’operazione in prima persona.
Iniziano a scalare una piccola collinetta e ad ogni passo sentono uno strano rumore, quasi stridulo, che infastidisce le loro orecchie sensibili ma, appena arrivati in cima, capiscono. Ciò che hanno appena scalato non è affatto una normale collina. E’ una collina di case costruite alla meno peggio da lastre d’acciaio pericolante, dalla forma di fiammiferi e dalla grandezza non molto differente! La visione che si presenta ai loro occhi è quanto mai agghiacciante!
Questa è una terra che è stata strappata, masticata e poi risputata da una tecnologia che l’aveva corrotta con belle invenzioni e il sogno di una vita più facile. Per un attimo il capitano pensa che quello sarebbe stato anche il loro futuro. Poi si riscuote. Non poteva perdersi in idee assurde in quel momento. Quindi intima ai suoi uomini di seguirlo.
Prima di tutto devono trovare una via per scendere da quella collina di case-fiammifero e cartelli pubblicitari, i quali, capiscono in fretta, spesso fungono sia da porte, che direttamente da muro.
Mano mano che avanzano, osservano ciò che li circonda, imprimendo quelle immagini nella loro testa, come tante fotografie di quello che pare sia un album degli orrori. Osservano, atterriti, frammenti di quella che una volta doveva esser stata una civiltà florida. Antico e moderno mischiati in un groviglio di spazio e tempo senza nessuna logica. Scavalcano lo scheletro di una metropolitana, quasi sepolto da cumoli di immondizia putrefatta. L’aria intorno è pressoché irrespirabile dato l’odore rivoltante ed è circondata da ronzanti mosche che l’assaltano come drogate. In seguito attraversano quello che suppongono essere un arco di trionfo e affiancano alcuni condomini costruiti in mattoni. Rimangono spiazzati dal contrasto con le vicine case-fiammifero. Cercano di calcolare con lo sguardo la loro altezza ma, a metà strada, qualcosa blocca i loro occhi come pietrificati. Un essere umano. O, almeno, l’ombra di quello che doveva essere. La sagoma è in piedi sul balcone, con gli occhi persi nel vuoto. Non sembra accorgersi del continuo movimento della sua mano destra, quasi a voler togliere, con un semplice e stanco gesto, le macchie nere che dilagano sulla sua tuta rosso scuro. Poi sembra ridestarsi, ma si gira a guardare la città, persa in nuovi pensieri, forse ancora più profondi, dato che non si accorge di essere fissata. Così, i soldati, prima di essere scoperti, incitano il capitano a tornare in dietro. – Abbiamo visto abbastanza -. E mentre si girano e Zwairon chiama il generale della flotta spaziale per l’assistenza a pianeti in difficoltà, la figura rimane lì, ignara di cinquemila astronavi che le passano sopra la testa e del movimento involontario della mano che cerca di allentare la felpa per far passare un po’ d’aria.
 
   
 
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