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Autore: xlairef    15/08/2012    2 recensioni
“Lascialo andare! Ha pagato a sufficienza!”
“Secondo i termini della nostra scommessa, la sua anima mi appartiene.” Replicò il dio della morte in tono cattedratico.
“Meg! Salvami!”
“Ti supplico… Farò qualunque cosa, qualsiasi cosa…” Sussurrò Meg, piangendo.
Ade alzò la mano, e l’avvoltoio si fermò.
“Qualunque? Specifica.” Chiese.
La ragazza trattenne il respiro, poi disse, con voce ferma: “Prendi me al suo posto.”
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                             Narrami, o Musa…
 
Sia Meg che Cerbero non avevano la minima idea del luogo dove stavano vagando da ore. La piana, una distesa di erba alta e mossa dal vento, era cosparsa di asfodeli, delicati come seta. Una nebbia sottile e impalpabile permeava l’atmosfera, rendendo difficile vedere al di là del proprio naso (o muso).
Meg non osava scendere dalla groppa di  Cerbero: da parte sua il cagnone si era adeguato al suo nuovo ruolo di cavalcatura, e sembrava godersi la vacanza inaspettata, mugolando e saltellando per tutto il campo.
“Fermo! Fermo!” Lo rimproverò Meg. Il cane si immobilizzò e abbassò le orecchie.
La ragazza lo guardò stringendo gli occhi, con attenzione. “Immagino che se solo provassi a scendere tu te ne andresti subito.”
Cerbero guaì.
“Non ti credo.”
Una sagoma trasparente fluttuò davanti a loro, interrompendo la discussione.
“Tu ne sai qualcosa?” Domandò Meg alle tre teste, che si scossero positivamente. “Un’anima? Forse è qui da abbastanza tempo per sapere dove possiamo trovare Hyperion.”
Meg spronò Cerbero, e i due si misero all’inseguimento dell’anima, ma invano.
“L’abbiamo persa.” Sbuffò Meg. “Non puoi correre più veloce, bestione?”
Un ringhio fu la risposta.
“Va bene, non sei un bestione, ma un bravo cagnolino. Ora, puoi per favore raggiungere quello spettro?”
“Nemmeno lui è in grado di farlo.”
“Già: a lui non è consentito avvicinarsi alle anime già giudicate.”
Meg sobbalzò. “Chi siete? Fatevi vedere!” Dalla nebbia comparvero due figure rattrappite, avvolte in laceri manti neri.
“Siamo gli oracoli dell’aldilà…” Declamò uno di loro con tono teatrale. “Siamo qui per vaticinare il tuo futuro.”
“Un futuro alquanto breve, se posso permettermi.” Aggiunse l’altro.
Con aria di sfida, la ragazza strinse di più la sua presa su Cerbero. “Questo è da vedere, nonnetti.” Senza preavviso, spronò Cerbero. Il cane ringhiò di nuovo e si catapultò sui due nuovi arrivati, i quali furono pronti a farsi da parte, sghignazzando. “Addio, ragazza!”
Alle loro spalle all’improvviso apparvero due enormi esseri semi-umani: dal loro torace spuntavano decine e decine di braccia e di mani dalle unghie appuntite.
“Centimani…” Dopo il primo iniziale attimo di sgomento, Meg si riprese. “Coraggio, Fido, facciamogli vedere cosa sappiamo fare!” Cerbero abbaiò e si lanciò sui mostri.
“Sarà una cosa veloce.” Gongolò uno dei due oracoli.
“Io scommetto sui centimani!” Dichiarò l’altro.
Un istante più tardi erano entrambi a terra, e le tre teste di Cerbero sopra di loro li fissavano con aria feroce.
Immediatamente Pena e Panico riacquistarono le loro solite sembianze.
“Ci risparmi, signora!”
“Non intendevamo… Non sapevamo…”
“Ditemi un solo motivo per cui io non dovrei… Ehi, un momento.” Fissandoli con espressione meditabonda, Meg continuò. “Noi ci conosciamo, forse?”
Panico scosse la testa. “Noi non conosciamo nessuno. Facciamo una vita talmente appartata…”
“Aspetta, Panico, guardala… Non sarà mica…”
I due mostriciattoli squadrarono Meg. “Potrebbe esserlo…”
“ No, guarda, la forma del mento è tutta diversa…”
“Eppure a me sembra…”
“Lo è o non lo è?”
“Quasi…Affatto.”
“Insomma!” Sbottò l’interessata. “Avete deciso?”
Cerbero ruggì. Pena e Panico urlarono: “Pietà!” Cercando di liberarsi, Panico chiese: “Tu somigli molto alla ragazza di Corinto, la fidanzata di quel perdente, come si chiamava?”
“Qualcosa come Hurrah, mi sembra…”
“Il suo nome è Hyperion!” Scandì Meg, furiosa. “Adesso mi ricordo di voi… I due finti mocciosi. Dunque siete al servizio di Ade: avrei dovuto immaginarlo.” Ad un suo cenno, Cerbero afferrò con i denti le collottole dei due demonietti. “Capitate al momento giusto: mi porterete da Hyperion. Adesso.”
“Ma noi…” Provò a protestare Pena, ma Panico lo interruppe.
“Shhh. Pensa: lei non sa dove andare… La porteremo direttamente da Ade, e ci penserà lui a farla fuori!” Sussurrò al collega.
“Niente chiacchere, laggiù.” Ordinò Meg, e la compagnia si incamminò nella nebbia.
 
“Allora? Quanto manca ancora?” Chiese esasperata la ragazza dopo ore e ore di marcia solitaria.
“Non siamo in un parco turistico, pupa: benvenuta nell’Ade!”
“Non sono la tua pupa, verme.”
Si erano lasciati alle spalle il Campo degli Asfodeli, ed ora camminavano lungo la riva di un largo fiume dalle acque dorate. Interrogando Panico, Meg era venuta a sapere che si trattava del Lete.
“Vi avverto.” Disse la ragazza con un cipiglio truce. “Se state cercando di giocarmi un brutto tiro, finirete nel suo stomaco senza aver il tempo di dire Pane alle olive.” Indicò Cerbero, il quale mugolò di soddisfazione, pregustando il pasto.
Pena e Panico deglutirono.
Il corso del Lete si allargò progressivamente, sfociando in un largo bacino: in lontananza si intravedevano alcune isole, alle quali il fulgore delle acque conferiva un’aura dorata.
“Che cosa sono?” Domandò Meg, ammaliata.
“Che cosa?” Chiese Pena.
“Quelle isole.”
Pena fissò Panico allarmato.
“Quelle? Niente.”
“Non sono niente. Niente di degno della tua attenzione, mia signora.”
Anche Cerbero guaì lamentoso, e cambiò direzione, dirigendosi verso un ponte sul fiume, che dava su di un pianoro in discesa, spoglio e arido.
“Aspetta, voglio vedere che cosa c’è laggiù.” Meg tentò di far cambiare rotta a Cerbero, ma inutilmente. Sulla riva del bacino scorse una piccola barca dorata. Con un salto scese dalla groppa dell’animale, e si precipitò a bordo, prima che gli altri potessero fare alcunché. Non appena fu a bordo, la barchetta si allontanò dalla riva, prendendo il largo.
“Hai visto? Hai visto?” Strillò Pena, agitandosi freneticamente. “E’ andata . E chi lo sente ora Ade?”
“Calmati.” Panico infilò a tradimento un dito in uno degli occhi di Cerbero. Il cane mugolò di dolore e mollò la presa sui due demonietti. Pena e Panico furono svelti a scappare oltre il ponte, nascondendosi tra le rocce spoglie. Cerbero si riprese, fece per inseguirli, poi gettò uno sguardo alla barchetta, quasi sparita tra le onde: si accucciò sulla riva e restò ad aspettare.
non troverà quel che sta cercando. Dovrà tornare indietro, e allora sarà nostra.”
 
La traversata fu veloce, o almeno così sembrò a Meg. L’imbarcazione si arenò da sola sulla spiaggia di un’isola, permettendo alla ragazza di scendere.
Attorno a lei c’erano alberi d’ulivo, ruscelli di acqua limpida, radure amene e, sullo sfondo, alcune semplici abitazioni. L’alone luminoso che aveva attratto Meg permeava l’aria, rendendo ogni cosa illuminata di luce soprannaturale.
“Hyperion… Ti trovi forse qui?” Mormorò Meg, muovendo alcuni passi.
Venne bloccata da una voce dai toni gradevoli. “Fermati, ragazza. Questo non è un posto per i vivi.” Un uomo comparve dal bosco. Era vestito con una semplice tunica di lana filata a mano, e sulla testa portava un cappellaccio da contadino. Con gentilezza, allargò una mano verso la sponda da cui Meg era venuta. “Temo tu debba andartene.”
“Sto cercando una persona. Non tornerò indietro senza di lui.”
L’uomo la fissò con sguardo penetrante. “ Nessuno può riportare in vita i morti, a meno che Ade non acconsenta.”
“Non mi interessa.”
“Parole coraggiose. Su, parla, chi stai cercando? Se è un’anima che risiede nelle Isole dei Beati ti condurrò da lui.”
“Hyperion, figlio di Menelao, eroe di Corinto. Ade lo ha portato con l’inganno nel suo regno.”
L’uomo annuì. “Hyperion. Avrei dovuto sospettarlo. Mi dispiace, ragazza, ma non lo troverai qui: Ade lo trattiene nel Tartaro, il luogo più oscuro del suo reame.” La guardò con pietà. “Ascolta il mio consiglio: torna indietro, nel mondo dei vivi. Nessun mortale può entrare nel Tartaro e rimanere in vita.”
Meg scosse rabbiosamente la testa. “No! Non posso arrendermi! Non mi interessa se morirò nel tentativo, io devo salvare Hyperion!”
“Perché?”
“Perché…Perché senza di lui io non posso vivere.”
Con un sospiro, lo sconosciuto chinò il capo. “Se davvero è questo quel che desideri, non ti tratterrò oltre.  Il Tartaro si trova sull’altra sponda del Lete: attraversa il ponte e la Valle del Pianto, e arriverai alla dimora di Ade.”
“Ti ringrazio.”
“Non farlo.” L’uomo non concluse la frase e voltò la testa verso le abitazioni in lontananza. Meg lo osservò: non aveva l’aria di un nobile, e il suo aspetto era insignificante, eppure c’era qualcosa nel suo modo di parlare che avrebbe spinto chiunque ad ascoltarlo per ore. Prese tra le mani l’amuleto datole da Medamos e lo esaminò alla luce. Una civetta d’argento.
Il suo interlocutore si rivolse a lei. “Devo lasciarti, ragazza, per tornare alla mia casa. Mia moglie aspetta con impazienza il mio ritorno: nonostante la morte, questo in lei non è cambiato.” Sorrise. “Non posso far altro che invocare su di te la protezione degli dei…”
Con un’improvvisa intuizione, Meg lo interruppe.
“Aspetta.” Raccolse le parole nella sua mente. “Tu… Sei qui da molto tempo, non è così?”
L’uomo sorrise. “Più di quel che potresti immaginare.”
“Oh, allora è impossibile che tu conosca…”
Incuriosito, lo sconosciuto la esortò a proseguire. “Chi dovrei conoscere?”
Meg scrollò le spalle, fingendo indifferenza. “Non è nulla, in realtà. E’ solo che, prima di entrare in questo posto, ho incontrato una persona…”
“Una persona? Un po’ vaga come descrizione…”
“Un uomo.” Meg lo guardò negli occhi, ma non vi lesse nulla. “Diceva di voler conoscere la sorte di un tale la cui descrizione corrisponde alla tua…Ma deve essersi confuso, non credi?”
“Quest’uomo… Descrivimelo.”
Meg chiuse gli occhi, riportando alla mente Medamos. “Alto, ma non tanto da attirare l’attenzione. E’ quasi del tutto coperto da un mantello scuro. Ricordo bene solo i suoi occhi: azzurri, talmente chiari da incutere timore.” L’uomo trattenne il fiato, e Meg proseguì. “Si diletta di retorica, a quanto diceva. Non deve essere molto sveglio, in realtà: pensa, nel caso avessi trovato il suo amico, voleva avere sue notizie, sapere se, dovunque si trovasse, avesse raggiunto la felicità.”
“Aveva un nome, questo misterioso individuo?” Domandò l’uomo, incurvando l’angolo delle labbra in un sorriso trattenuto a stento.
“Si faceva chiamare Medamos.” A quel punto lo sconosciuto, senza più porsi un freno, scoppio a ridere di cuore.
“Medamos?” Rise di nuovo. “Per il sommo Zeus, non lo avrei mai creduto possibile.” Si ricompose, e parlò di nuovo. “Immagino che questa conversazione non fosse prevista nei suoi piani, dico bene?”
“Esatto. Tuttavia mi sembrava  giusto fartelo sapere, nel caso incontrassi il suo amico…” Meg si guardò le unghie con interesse.
“Allora, nel caso ti capiti di rivederlo – e, francamente, inizio a pensare tu abbia qualche possibilità di riuscita – puoi dirgli che il suo amico sta bene, e ha trovato la felicità che cercava, soltanto…” Si fermò un momento, riflettendo. “Digli che sente la sua mancanza, e che spera, contro ogni razionalità, di poterlo incontrare di nuovo, un giorno.”
Meg sorrise. “Nient’altro?”
“Il resto credo lo sappia già.” L’uomo sorrise a sua volta. Dalle abitazioni giunse un richiamo. “E’ tempo di andare. Sii prudente, ragazza… Qual è il tuo nome?”
“Meg.”
“Che gli dei siano con te, Meg.”
“Non credo a loro interessi la mia sorte, ma grazie lo stesso.”
“Al contrario: so per certo che almeno uno di loro ti onora con la sua protezione.” L’uomo la guardò con aria complice. “Basta aver fiducia, e cervello: allora vedrai, sarai in grado di far tremare le stelle.”
Il richiamo risuonò di nuovo.
“Addio Meg.” L’uomo si avviò, e ben presto fu solo una figura in lontananza.
“E’ stato un onore… Odisseo.” Mormorò Meg. Poi risalì sulla barchetta, e prese il largo.
 
Note al capitolo: Centimani: mostri della mitologia greca, dotati di cento braccia e mani
                                  Isole dei Beati: luogo dell’Ade in cui risiedono gli spiriti dei nobili d’animo
                                  Lete: secondo fiume dell’Ade, bevendo le sue acque si dimentica la vita precedente e si è
                                              pronti a reincarnarsi
                                    Odisseo: nome greco di Ulisse 

  
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