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Autore: cola23    18/08/2012    12 recensioni
Rufy era sempre stato un bambino sciocco. Faceva sempre le cose più stupide nei momenti meno opportuni e poneva sempre le domande più stupide. Quella, però, era forse la domanda più sciocca, più stupida, più inopportuna di tutti i tempi.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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la storia non è mia ma del autrice Poseida lunar e non è scritta a scopo di lucro,  tradotta da Hon yaku e ricoretta da me  con il permesso del autrice : http://www.fanfiction.net/u/1091165/Poseida_Lunar
Link all’originale: http://www.fanfiction.net/s/5463233/1/One_Question_One_Last_Time
Note: ho messo degli spazi nei momenti in cui Ace ricorda
 
 One Question, One Last Time
Rufy era sempre stato un bambino sciocco.
Il mondo ruotava intorno a lui in un'unica, grande immagine indistinta, o forse erano soltanto le lacrime.
Rufy faceva sempre le cose più stupide nei momenti meno opportuni.
Sì, erano solo le sue lacrime. Anche se aveva promesso molto tempo prima che non poteva e non avrebbe versato lacrime per cose ridicole, specialmente in pubblico, Portgas D. Ace non poteva certo incolpare se stesso al momento.
Rufy faceva sempre le domande più stupide.
«NII-CHAN!».
Ace sorrise tra le lacrime a suo fratello, che si stava avvicinando e che stava ancora gridando. Il suo cuore batteva come un tamburo contro il suo petto; sapeva cosa sarebbe successo e sapeva come doveva rispondere. Quella era l'ultima volta che Rufy gli avrebbe posto quella domanda e, anche se in pubblico e vicino alla propria morte, avrebbe dato a Rufy la risposta che voleva.
Quella era forse la domanda più sciocca, più stupida, più inopportuna di tutti i tempi.
Non aveva alcuno scopo - totalmente impossibile, impensabile. Ma per una volta e una soltanto, non era qualcosa di casuale. Ace non riusciva a ricordare quante volte suo fratello gli avesse posto quella domanda.
C'era una storia. Risaliva a molto tempo prima.
 
Lui aveva tredici anni. Rufy 10...
 
«Ehi, Ace».
«Cosa?».
«Ho visto una cosa molto strana oggi».
«Cos'hai visto?», domandò Ace, chiedendosi cosa fosse successo. Vivevano in un piccolo villaggio su una piccola isola nell'East Blue - l'oceano più calmo tra i quattro giganti blu del mondo. Cosa poteva mai essere successo su una bella isola soleggiata come quella?
«C'erano un ragazzo e una ragazza che camminavano insieme».
Gli uccellini cinguettarono mentre Ace aggrottava le sopracciglia, confuso.
«Si tenevano per mano».
«E allora?».
«Poi il ragazzo si è inginocchiato...».
 
«...PORTGAS D. ACE...».
Rufy correva, agitando le braccia allungate e sferrando pugni mentre sfrecciava verso la piattaforma. Il mondo stava guardando, ascoltando il suo grido.
La domanda veniva posta periodicamente negli anni, ed Ace rispondeva sempre "no" e rideva. Poi, quel giorno arrivò...
 
«Aaaace!».
 
Ace combatté la tentazione di fermarsi e lasciare che il suo fratellino lo afferrasse. Invece mantenne lo sguardo e la concentrazione fissi  davanti a se sulla piccola barca che avrebbe dovuto essere la sua grande nave pirata, e confidò in Makino e il Sindaco perchè trattenessero Rufy. Aveva atteso quel giorno per troppo tempo. Se fosse tornato indietro da Rufy in quel momento, avrebbe potuto non salpare più e non realizzare mai i suoi sogni.
Lacrime e moccio scorrevano sul suo volto come cascate mentre saltava sulla piccola bagnarola e velocemente srotolava la vela - il suo Jolly Roger con l'Asso di Picche sventolò fieramente al vento.
«Ace! Guarda! Ho comprato l'anello! Ti prego, portami con te, nii-chan! Hai detto che avresti accettato se ti avessi preso un anello vero! Ace! ACE!».
«Rufy, smettila», lo implorò Makino in lontananza.
«ACE!!!».
Il fratello maggiore si tappò le orecchie, rifiutandosi di ascoltare il resto mentre estraeva due pagaie e remava al largo. Se avesse continuato ad ascoltare, non aveva dubbi che sarebbe tornado indietro e gli avrebbe detto "sì". Non poteva tornare indietro, non poteva dire "sì".
«...MI VUOI...».
Ogni secondo gli sembrava un'eternità. Il mondo era ancora un'immagine sfocata, tranne per le grida di Rufy.
Ancora una parola...
 
Alabasta.
 
«Che bello! non ci vediamo da coooosì tanto tempo!».
L'abbraccio di Rufy era come una fresca brezza in un caldo giorno d'estate.«Guardati! Non sei cambiato per niente! Guarda me! Io invece sono cambiato tantissimo. Sono diventato più alto e tu non invece sei cresciuto per niente, Ace! Un giorno ti raggiungerò, vedrai! Hahaha!».
«Baka, come no!».
Rufy ridacchiò e lo strinse più forte, il familiare sorriso stampato sul viso. Ace sorrise; in fondo no era cambiato molto, era sempre il suo fratellino,lo stesso piccolo Rufy.
«Ehi, Ace», esclamò Rufy all'improvviso. Una sensazione di terrore si formò nel fratello maggiore.
«Cosa?».
«Non ho un anello al momento, ma-».
«Rufy, pensavo ne avessimo già parlato milioni di volte!».
Rufy lo spinse via e gli lanciò uno sguardo truce. «Ma non siamo fratelli di sangue, quindi significa che va perfettamente bene!».
«Non è solo quello! Non c'è modo di-».
«Cosa importa? Siamo entrambi pirati! Possiamo fare tutto ciò che vogliamo!».
Ace inarcò le sopracciglia. «Non ci arrivi proprio, vero, idiota? Non puoi chiedermelo. Siamo fratelli, sangue o no, e siamo entrambi maschi. Per di più, apparteniamo a 2 ciurme differenti. Cosa direbbero i tuoi nakama? So che Barbabianca non ne sarrebbe contento».
«Questo non ha nessuna importanza! Tu non capisci, nii-chan! Se ci amiamo, allora abbiamo tutto il diritto di-».
«Rufy! Io non-».
L'espressione sul suo volto impedì ad Ace di continuare.
«Mi vuoi-».
«No».
Per dieci minuti, mentre camminavano fianco a fianco, nessuno parlò.
Chiacchierarono del più e del meno, Ace incontrò la ciurma di Rufy e ripartì con un cuore martellante e una sensazione preoccupante allo stomaco.
Più tardi, quella notte, continuava a pensare a tutte le volte e a tutti i modi in cui Rufy aveva fatto la sua domanda ; scrivendolo su una torta, venendo trascinato attraverso le strade, piangendo fino a che Ace non gli prometteva un qualche regalo, cercando di scriverlo in cielo liberando grandi quantità di palloncini...
Non aveva idea, non aveva idea del perchè o del come una cosa del genere fosse venuta in mente a Rufy. Cosa l'aveva convinto che si amassero in quel modo?
 
Poi pensò a quella mattina e a quel sorriso dolcissimo.
E si chiese se avrebbe dovuto dire "sì".
 
 
Sarebbe potuto morire quel giorno, oppure no. Dipendeva.
Vedere Rufy lì, quel giorno, serviva solamente a riportare a galla i suoi sentimenti repressi con rinnovata energia. Rufy si stava avvicinando, coperto di sangue e piangente. Ma trovò comunque il tempo di affondare la mano in una tasca.
 
Solo dieci metri.
 
Correva.
 
Sei.
 
Un anello splendette alla luce del sole.
 
Tre.
 
Ace sorrise, conosceva la risposta perfetta.
 
«...SPOSARE?!».
 
Calò un silenzio di tomba mentre Rufy si fermava bruscamente, ansimando, inginocchiandosi. Con entrambi coperti di sporco e sangue e Dio sa cosa, quella era davvero una proposta molto informale ed inopportuna. Ace poteva avvertire su di loro gli occhi di tutti, che probabilmente si chiedevano se quello fosse un qualche scherzo che quello stravagante novellino di Cappello di Paglia aveva organizzato. Più tardi, quelle facce sarebbero state piene di disgusto.
 
Il mondo osservava, Barbabianca osservava.
 
Rufy sorrise speranzosamente.
 
«Solo se indossi tu il vestito da sposa».
  
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