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Autore: Rosebud_secret    19/08/2012    6 recensioni
Spoiler: ambientata tre anni dopo la 2x03
Sono passati tre anni dalla morte di Sherlock.
Ora probabilmente vi aspettereste un John che sta tanto male, che soffre, che ha sempre stampata negli occhi l'immagine dell'amico che si schianta al suolo.
Beh, vi state sbagliando.
John sta bene, ha una compagna, una vita, persino una figlia, non pensa al passato, l'ha lasciato dietro di sé.
Lui non ha più un passato.
Sherlock lo osserva da lontano e lo osserva da vicino, ma John non sembra proprio accorgersi di lui, lo ha dimenticato.
È passato oltre e Sherlock ne soffre.
Mai avrebbe pensato che il suo amico, la persona più importante per lui potesse dimenticarlo, lasciandolo da solo a vagare nel nulla. Non pensa nemmeno di poter uscire dal loop in cui è caduto, nemmeno gli importa, fino a che una frase di Mycroft non lo risbatte nel passato:
«Hanno arrestato Gregory.»
Ma vorrà tornarci, senza John?
Nota: nessuna Mary Sue, i personaggi originali saranno secondari, odio le Mary Sue.
Buona lettura!
Ros.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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«Allora, che cosa vuole? Se è qui per farsi riammettere in servizio, la risposta è no.»

 

Il mio... capo, credo si possa dire così, ha un'aria annoiata e, vagamente scocciata.

Ci metto qualche istante a razionalizzare la sua frase.

 

«Tornare..» Mi interrompo perché non so cosa dire, ma, per fortuna, o sfortuna lui ha qualcosa da dire.

 

Lancia un'occhiata al mio “amico/collega” e quello se ne va, seguendo un ordine implicito.

 

«Si sieda, agente O'Neill.»

 

Ubbidisco e respiro profondamente per placare la tachicardia. Sono spaventato, mi sudano le mani, ma, almeno un poco, riesco ancora a ragionare, quindi aspetto che sia il mio capo a parlare.

 

Devo raccogliere elementi per poter costruire non dico un discorso, ma almeno per smettere di boccheggiare come un pesce nel secchio di un pescatore.

Lui mi scruta, poi fa ruotare la sedia (comoda, da ufficio, classica) e apre uno schedario. Scorre le etichette con calma e naturalezza, come se non fosse mai stato in altro posto che qui.

Certo, solo che, a quel che ricordo, questo era l'ufficio di Mycroft!

Tira fuori un fascicolo e lo posa sul piano, tornando a guardarmi.

Non lo apre.

Perché non lo apre?

Sulla cartellina non c'è nulla che possa aiutarmi a intuire cosa vi sia all'interno, è una comune cartellina da ufficio, ma non è nuova.

Mi correggo: non è nuovissima. Gli angoli sono leggermente piegati e la filigrana del cartoncino ha qualche macchietta.

È ben tenuta, ma è lì almeno da qualche anno.

Ora, in teoria, io sono James O'Neill solo da pochi giorni, com'è possibile che esista un fascicolo che contenga, a livello d'ipotesi, del materiale su di me vecchio di anni?

 

«Ho, di recente, parlato con il suo terapista, agente. Può spiegarmi perché ha ritenuto opportuno smettere le sedute senza informarmi?»

 

La domanda mi coglie del tutto impreparato.

Se mi aspettavo di avere qualche elemento su cui basare un'argomentazione, beh, devo scordarmelo.

Sento una goccia di sudore colare giù dalla tempia sinistra.

Provo ad esaminare il mio interlocutore e... mi sento come di fronte ad Irene: non vedo niente, ma il motivo è ben lontano dall'essere lo stesso...

Non è che gli elementi manchino, è la mia concentrazione che è inesistente.

 

Mi schiarisco la voce e mi agito, questa sedia sta diventando sempre più scomoda.

 

«Vorrei parlare con Mycroft Holmes...» E' l'unica cosa che riesco a dire.

 

Che sia come mio fratello o come mio superiore, a questo punto non fa alcuna differenza.

È l'unica persona in grado di fare chiarezza.

L'uomo di fronte a me stringe le labbra in segno di evidente fastidio.

Ho la certezza di aver fatto la domanda sbagliata, ma non capisco il perché.

 

«Il signor Holmes non ha altro tempo da perdere con lei!»

 

Mi sbatte in faccia questa, a quanto pare, ineluttabile verità e fa male.

Lo afferro per un polso, con forza.

So perfettamente di apparire come un folle, in questo momento.

 

«Lei non capisce! Io ho bisogno di vederlo!»

 

Lui si divincola e mi guarda con ancor più severità.

 

«Non ho alcuna intenzione di affrontare, ancora, questo discorso con lei, O'Neill. Se, come immagino, è qui per farsi riammettere in servizio, la mia risposta è sempre no, non finché non avrò ricevuto un parere positivo dal suo terapista. Ora si levi dai piedi.»

 

Rimango immobile per qualche secondo, incerto se insistere in questa lotta contro i mulini a vento, oppure valutare l'ipotesi di un'indecorosa ritirata strategica.

Decido per la seconda, quanto meno per prendere il tempo di leccarmi le ferite per poi cercare di avere chiarimenti.

Sino ad ora non ho avuto alcun successo.

 

Mi alzo ed esco dalla stanza senza nemmeno salutare.

Non ho alcuna intenzione di essere gentile o rispettoso.

Svicolo fuori prima che qualche altro amico/collega possa tentare un approccio e mi rifugio in macchina.

La testa mi esplode e, se non fossi più che convinto che non servirebbe proprio a nulla, mi metterei persino a piangere.

No.

No.

Non è il momento.

Devo restare lucido.

Apro il cruscotto e guardo la cocaina e le siringhe.

È pieno giorno e sono in un parcheggio pubblico, la gente va e viene.

Non è decisamente il caso di usare la siringa.

Afferro la bustina con circospezione e ne verso un po' sul primo fogliaccio che mi capita a tiro.

Questa macchina è un vero porcile, pur di distrarmi potrei persino decidermi a pulirla.

Arrotolo una banconota e mi prendo la mia dose.

 

7%?

 

No, non direi... Ne prendo un altro po', brucia, ma dura poco, giusto il tempo che faccia effetto.

Rimetto tutto nel cruscotto e reclino la testa sul sedile. Cerco di richiamare alla memoria qualsiasi dettaglio possa essermi utile, ma ho solo una gran carrellata d'immagini caotiche e psichedeliche.

Quella di John si stabilizza, diventa nitida al di qua delle mie palpebre chiuse.

 

Perché?

Perché proprio John?

Cosa stai cercando di dirmi?

 

Oh, non essere idiota, James!

È la tua mente che sta cercando di dirti qualcosa, non John!

Ma cosa?

Abbigliamento, devo focalizzarmi sul suo abbigliamento e sul luogo.

Quello è il portone di casa Lestrade...

Ma certo!

Come ho potuto essere così dannatamente stupido?!

 

Spalanco gli occhi e metto in moto.

Devo andare da John.

Immediatamente.

Afferro il cellulare e lo chiamo.

 

Non invidio l'ipotetico vigile che potrebbe fermarmi, in questo momento, avrebbe solo l'imbarazzo della scelta: senza cintura, al cellulare senza auricolare e, cosa ben più rilevante, strafatto di cocaina e con una bella scorta formato famiglia della suddetta nel cruscotto.

Il cellulare è occupato, quindi faccio diversi tentativi, prima che tu mi risponda con un prevedibile:

 

«Pronto?»

 

C'è qualcosa che non va nella tua voce, è roca, come se stessi piangendo, o fossi sul punto di farlo.

Metto da parte i miei problemi e mi concentro su di te.

Anche perché, lo ammetto, sono curioso di sapere che cosa, nella tua vita perfetta da sitcom tedesca di serie z, possa averti addolorato tanto.

 

«Che cos'hai? È successo qualcosa?» Mi sforzo di non parlare troppo velocemente e di articolare i suoni in modo comprensibile.

 

Mi fermo al semaforo rosso e riparto con il verde, facendo uno sforzo di concentrazione titanico.

Tu non rispondi, ma posso sentire il tuo respiro pesante dall'altra parte del ricevitore.

Sei ancora lì.

 

«John?» Cerco di incentivarti, in qualche modo.

 

Prevedo chiaramente che, comunque saranno, saranno brutte notizie.

 

«Sto bene...» Borbotti.

 

Mi fa piacere, ma non è quel che ti ho chiesto.

Non solo.

Quindi ripeto la seconda domanda, quella che tu hai cercato maldestramente di evitare.

 

«Che è successo?»

 

Ancora respiri pesanti e qualche singhiozzo soffocato.

 

«Dove sei? Vuoi che ti raggiunga?» Continuo a fare domande come un cretino e, davvero, gradirei una risposta.

 

Una morsa di panico mi attorciglia le viscere.

Forse John sta facendo così perché ha scoperto che io non sono James O'Neill.

Certo, questo risolverebbe in un soffio la voragine in cui mi ha gettato questa crisi d'identità, ponendo delle solide basi da cui partire.

Ma le cose non sarebbero dovute andare in questo modo...

Cristo, Cristo, Cristo!

Non so nemmeno cosa dirgli...

 

«J-John?» Ora anche la mia voce trema.

 

«Sto bene...» Ripeti. «E' solo morta una persona che conosco, tutto qui...»

 

Il sollievo fa quasi più male del terrore cieco.

Se, poi, di sollievo si può parlare, nelle mie condizioni...

Dio mio, John, ma cosa mi sta succedendo..?

Aspetta un attimo!

Che hai detto?

 

E' solo morta una persona che conosco”.

 

Una persona che conosci, quindi che, con tutta probabilità conosco anche io.

Escludo a priori che possa trattarsi della tua compagna o della bambina, saresti molto più distrutto di così.

Non credo nemmeno che si tratti di qualche amico nato dalla tua nuova vita.

Non ti sei mai legato a nessuno di loro, quindi non piangeresti.

 

No, no, deve appartenere alla tua vecchia vita, alla tua vita con Sherlock.

Meglio non dire “con me”, non fino a quando non avrò chiarito chi sono in realtà.

 

Perché conosco tanti particolari, se non sono Sherlock?

 

Quante domande...

Troppe...

Troppe persino per il mio grottesco piacere nel risolvere enigmi.

 

«Sei ancora lì?»

 

Sono rimasto in silenzio per troppo tempo, ti sei insospettito.

 

«Sì. Sono qui.» Mi affretto a chiarire.

 

Dunque, se fosse Lestrade me lo avresti detto, quindi escludo anche che sia lui.

Poi è in carcere...

Sì, certo, ma come ex-detective.

Quanti altri detenuti li ha spediti lui, lì dentro?

O forse dovrei dire: quanti li ha spediti lui grazie a Sherlock?

 

Ininfluente, ho già scartato l'ipotesi che possa trattarsi di Lestrade.

Ma, allora, chi?

 

La mia mente focalizza il nome di Mycroft e il panico si fa di nuovo strada dentro di me. Gli occhi lacrimano al di là della mia volontà.

Mi trincero dietro alla convinzione che le sensazioni che sto provando siano dovute alla cocaina, o anche al disagio che la mi condizione mi provoca.

Senza Mycroft non sarò mai in grado di capire quel che mi sta accadendo e che ne sarà della mia vita...

Ma, forse, non è solo questo...

 

Tutte le vite finiscono...

 

Mi tappo la bocca per soffocare un conato di vomito e cerco di tornare in me.

 

«Mi dispiace...» Ti dico.

 

In fin dei conti è questo quel che si dice in certe circostanze.

Tuttavia devo sapere a chi ti stai riferendo.

Ho BISOGNO di sapere, perché il terrore che sia Mycroft mi paralizza, impedendomi di poter fare altre ipotesi.

 

«Era una persona che conoscevi bene?» Chiedo, sperando di strapparti qualsiasi tipo d'informazione.

 

Prendi un respiro profondo e io cerco di guidare dritto e di non superare i limiti di velocità, ma mi rendo drammaticamente conto che non riesco a seguire tutto contemporaneamente.

 

«Sì... la conoscevo bene...»

 

John!

Per la miseria, dimmi chi è!

 

«Era la mia ex padrona di casa...»

 

Resto imbambolato e tutto, intorno a me, si fa distaccato.

Mi sento come se fossi finito sott'acqua.

 

Mrs. Hudson..?

 

CRASH

 

Il suono del parafango che si schianta contro l'auto di fronte a settanta chilometri all'ora mi riporta alla realtà.

La spinta mi sbalza in avanti. L'impatto del petto con il volante è violento, ma appena lo avverto.

Il cellulare mi vola via dalla mano e finisce chissà dove tra i sedili.

Non m'importa.

Tutto quello che riesco a sentire è la mancanza d'ossigeno dovuta al colpo. Dura solo qualche secondo, poi sopraggiunge il dolore.

Spalanco la portiera e scendo su gambe malferme.

Tutto vortica attorno a me.

Altri conati, mi piego e riverso succhi gastrici sull'asfalto.

La signorina della macchina che ho urtato già avanza verso di me con il libretto dell'assicurazione, ma la sua espressione muta, quando mi vede e accorre rapidamente.

 

«Signore si sente bene?»

 

 

 

 

N.d.A.: Capitolo un pochino più breve, ma, nonostante vari arrovellamenti, mi sono resa conto che non poteva proprio essere più lungo di così.

Spero che vi sia piaciuto! Ah, se avete trovato qualche strafalcione, chiedo perdono, ma ho postato alle tre del mattino.

Un bacione,

Ros.

   
 
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