- HARRY POTTER -
RAGGI DI SPERANZA
Titolo: Raggi di Speranza (cap. XX, part
IV)
Autore: Mistress Lay
Categoria: Azione, Drammatico, Romantico
Sottocategoria: Slash, R
Personaggi: Harry Potter, Tom Riddle,
Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley, Pansy Parkinson, Millicent
Bulstrode, Blaise Zabini, Albus Silente, Voldemort, Nuovi Personaggi, un po'
tutti...
Pairing: ... ormai perfettamente
intuibili, o almeno, alcuni… ^^
Disclaimer: tutti i personaggi appartengono
a J.K. Rowling, tranne i personaggi nuovi, che escono fuori dalla mia
fantasia malata.. ^__^'''
Sto scrivendo questo capitolo con la febbre, quindi
sinceramente non saprei proprio come ne uscirà fuori… @.@
Pl: Bleah… non so che dire… -.- Le mie profonde scuse…
..°*°...
CAPITOLO QUARANTATREESIMO
AQUILA, OPHIUCUS ET SERPENS
(PART II)
..°*°..
Una
sera Cabria mi chiamò per indicarmi una stella, nella costellazione dell’Aquila,
che era stata appena visibile fino ad allora e che improvvisamente palpitava
come una gemma, batteva come un cuore. Ne feci la sua stella, il suo segno. Ogni
notte, mi esaurivo a seguirne il suo corso; ho scorto strane figure in quella
parte di cielo. Mi ritennero folle, ma non m’importava.
‘Memorie di Adriano’, Margherite
Yourcenar
..°*°..
Un attimo prima vagava nel buio più profondo, immerso in un
qualche incubo multiforme popolato da volti distorti di persone da lui amate,
sorrisi malefici di qualche mostro indicibile e un guazzabuglio senza capo né
coda di luci e ombre, un attimo dopo era avvolto nel buio, saldamente ancorato
nel letto soffice.
Grugnì, schiarendosi la voce e cercando di ricomporre il
mosaico di sé stesso abbastanza bene da poter capire dove fosse e che cosa ci
facesse in quel letto sdraiato e con il sudore che gli stava bagnando la
schiena. Dopo qualche secondo di ricordi confusi gli venne in mente il barlume
di una conversazione con quel maledetto Tom Riddle.
Si tirò a sedere sentendo le articolazioni gemere per il
dolore e con la mano cercò istantaneamente gli occhiali per cancellare quella
vista di fronte a lui dai contorni sfocati e ridarne una visuale più attenta ai
particolari.
Con gli occhi inforcati, Harry si guardò attorno, cercando
con lo sguardo Tom Riddle. Non si sentiva arrabbiato come avrebbe dovuto essere
con Tom Riddle ma si sentiva solo confuso e sommerso di domande senza risposta.
- Ben svegliato -
Harry voltò di scatto la testa verso destra e vide a chi
apparteneva quella voce.
Di spalle, con il viso rivolto verso l’esterno della
finestra, c’era una donna. Di primo acchito, Harry non seppe bene inquadrarla
perché non la vide in viso, ma sembrava presa ad osservare la tempesta che
imperversava all’esterno.
- Chi sei? – Harry stava vivendo una delle situazioni più
strane che mai si sarebbe mai immaginato. Cominciando dall’incontro con il
giovane Voldemort in quella taverna nello Yorkshire, poi Tom Riddle che lo
salva senza alcuna ragione in particolare, la sua presenza in una casa antica e
mai vista, e ora quella donna. Era della donna la casa nella quale ora Harry
‘alloggiava’? era un mangiamorte?
- Dove sono? – domandò ancora, con voce dura. Che bel
lavoro che avevano fatto, Riddle e la donna, era completamente in loro balia,
ferito in un letto, in un luogo sconosciuto. Voldemort non l’aveva ancora
ucciso… cos’è, aspettava che si fosse ripreso per poterlo torturare più
lentamente? Per quanto gli poteva riguardare, quella donna avrebbe potuto
essere anche quella squilibrata di Bellatrix Lestrange.
Improvvisamente, un sordo dolore al cuore si propagò per
tutto il petto e Harry strinse con i pugni le coperte, furioso con sé stesso e
con Sirius che lo aveva lasciato, che si era lasciato coinvolgere in quel
duello con la Lestrange, che aveva abbandonato la sicurezza di Grimmauld Place
per venirlo a salvare… Sirius… Sirius che lo aveva lasciato…
- Irlanda – rispose la donna alla sua seconda domanda ed
ignorando del tutto la prima – Siamo in Irlanda. Nel castello un tempo
appartenuto a Salazar Serpeverde in persona quando abbandonò Hogwarts per
compiere i suoi esperimenti -
- Irlanda? – ripetè stolidamente Harry, poi sorrise tristemente
– Allora, quando verrà? -
- Chi? Salazar? Non ti devi preoccupare, è morto. E
comunque non si offenderebbe se la sua illustra dimora venisse occupata da noi…
-
Harry la guardò confuso: - Intendevo Voldemort… - si rese
subito conto che non solo aveva parlato senza pensare ma pure aveva detto la
cosa più ridicola che avrebbe potuto dire.
- E chi l’ha invitato? – domandò con scherno la donna – Ah,
ma ti riferisci a Riddle? -
- E’ ancora qui? -
- E dove sennò? -
A questo punto Harry era veramente confuso, anzi, ‘confuso’
era un allegro eufemismo perché, detto chiaro e tondo, stava cominciando a
credere di aver perso la ragione ultimamente. – Non capisco… Voldemort, intendo
dire, il VERO Voldemort… dov’è? –
- Credi di essere un prigioniero qui? Oh, Potter, ti
concedo i tuoi dubbi ma ti racconterò che cosa ti è successo, se vuoi. Non sei
prigioniero quanto lo sono io -
- Uhm… sì… -
La donna si voltò finalmente, una mano era appoggiata sul
suo fianco, l’altro braccio era allungato come se fosse apparentemente
annoiato: l’oscurità non permetteva ad Harry di vederla bene in viso né di
carpire i suoi lineamenti ma certamente era molto giovane, alta e, particolare
molto importante, sconosciuta. Si avvicinò al suo letto e accese una candela,
prima di sedersi sul materasso, all’altezza delle ginocchia di Harry, e puntare
il suo sguardo penetrante sul ragazzo.
Guardandola bene in viso la prima volta, Harry non seppe
cosa pensare. Non pensò tra sé e sé ‘E’ bella’, non pensò ‘Mi è simpatica’,
tutti questi semplici pensieri impallidirono nell’istante stesso in cui si
potevano pensare. No, la prima sensazione che Harry provò nel vederla in volto
fu l’indescrivibile emozione di non aver mai conosciuto nessuno come lei.
Era una giovane donna e poteva avere solo qualche annetto
in più di lui, non di più, i capelli erano neri come l’ebano, sciolti sulle
spalle, scendevano come un’onda di mare scomposta, folti e leggeri allo stesso
tempo, il viso era un ovale perfetto, un piccolo sorrisino spiccava sulle sue
labbra sottili come un meriggio inaspettato. Ma la cosa più straordinaria erano
i suoi occhi: era l’oscura profondità del mare? Era l’onda che si
affrastagliava contro gli scogli? Che tonalità poteva descrivere il colore straordinario
delle sue iridi?
Il primo pensiero poteva essere il viola. Viola pervinca in
blu. Un colore che non esisteva.
Ma quando la ragazza voltò leggermente il capo, reclinando
il lungo collo come se lo stesse scannerizzando, Harry ebbe l’impressione che i
suoi occhi fossero di tutt’altro colore. Completamente diverso.
Indossava abiti babbani, una gonna corta nera, le lunghe
gambe erano accavallate e portava un paio di stivali a mezzagamba di pelle e,
seminascosto dalla mantellina portava semplice top scarlatto con una larga
scollatura e strani alamari color rubino.
- Chi sei? – ripetè per l’ennesima volta Harry, questa
volta la domanda fu pervasa da un’intensa curiosità e non più da freddezza o
sospetto. Non più protetta dal buio della stanza, la ragazza era diventata una
‘persona normale’ con un viso e Harry, anche se sapeva che era irragionevole,
non poteva fissarla con sospetto come prima. Maledetti geni Grifondoro che lo
portava sempre a pensare al bene che c’è in ogni persona.
- Chiamami come vuoi – rispose lei indifferente – Pensavo
volessi sapere che cosa ti fosse successo, non fare conoscenza. Per tua
informazione, potrei essere una mangiamorte… - lo sguardo di Harry corse
immediatamente al suo avambraccio ma no, il marchio nero non faceva capolino
minaccioso. Per niente.
- Non parlo con chi non mi fido – ribattè a quel punto
Harry – E comunque il tuo nome lo dovrei sapere ugualmente, no? -
Rimasero qualche secondo a fissarsi negli occhi, come a
studiare i limiti dell’altro e trovare qualche punto debole o qualche punto di
forza reso evidente dall’analisi attenta visiva. Infine, si arresero,
semplicemente, e invece di fissarsi con sospetto e curiosità, si sorrisero,
come se avessero trovato che l’altro avesse qualcosa di estremamente interessante
o valesse la candela.
- Chiamami Jennifer. O Jen, come fanno i babbani – rispose
allora la ragazza. Aveva una voce melodiosa eppure, in ogni sua parola,
sembrava esserci qualcosa dietro, come se un gelo freddasse ogni sua sillaba,
ricoprendola di una patina di dubbio sulla sua veridicità.
Harry accettò quel nome, nonostante avesse capito
perfettamente che era falso e dato solamente per farlo stare zitto. E solo
allora ascoltò quello che ‘Jen’ aveva da dire. Sul suo avvelenamento, sul suo
salvataggio, sull’arrivo a Moon Hill e sulle cure di cui era stato oggetto…
Man mano che Harry ascoltava quelle spiegazioni si faceva
largo in lui una confusione e uno sgomento senza pari: certo, questo era
proprio il colmo, salvato dal suo peggior nemico dalla morte, portato in un
castello in Irlanda da una sconosciuta senza nome e curato come se fosse stato
tra amici. Facendo qualche conto doveva essere passata una settimana da quando
aveva incontrato per la prima volta Riddle a Little Hangleton e da allora
nessuno di loro tre aveva lasciato quella tenuta.
Ripensando a quei momenti in seguito, Harry non capì mai
che cosa lo portò a fidarsi di ‘Jen’ e di continuare a vivere in quel castello
appartenuto ad uno dei fondatori della sua scuola: forse era stato perché Jen
stessa era andata a prendere le sue cose dall’albergo nel quale Harry aveva
alloggiato, disdicendo il suo ordine, forse era stato perché l’intero mondo
magico era venuto a conoscenza della sua scomparsa e tutti ormai scrutavano
ansiosamente alla sua ricerca ogni angolo della Gran Bretagna nella speranza di
vederlo e farlo ritornare a Hogwarts. Forse era perché lui stesso non voleva
tornare e si trovava meglio in quella magione tra persone scarsamente
conosciute, forse perché voleva non ricordare ogni istante della sua giornata
Sirius e sentire una lama che trafiggeva il suo cuore per la mancanza che aveva
del padrino, della sua risata simile ad un latrato, per la sua presenza
rassicurante, per la sua semplice esistenza.
Nel frattempo era guarito dall’avvelenamento e si era rimesso in piedi. I tre avventori
della casa si incontravano di rado, soprattutto Tom e Harry tendevano ad
evitarsi tutte le volte che potevano e ci riuscivano perfettamente,
dichiarandosi odio eterno l’uno all’altro con lo sguardo, visto che Jennifer
aveva proibito ad entrambi duelli e assassini. E loro erano stati portati a
seguire il suo ordine.
C’era odio per quelle cose che il tempo non poteva
cancellare: erano nemesi naturali da prima ancora che l’uno venisse a
conoscenza dell’altro, prima ancora che Harry nascesse Voldemort sapeva che
avrebbe dovuto ucciderlo. Non odiarlo, non si può odiare un bambino in fasce
che tra poco uccidi, cioè prima ancora che possa rovinarti il tuo tetro mondo
di terrore. Dal fallimento di quella semplice ed elementare missione l’odio era
diventato un nastro che li soffocava ogni anno sempre di più… ma la cosa più
strana di tutte era che quel Tom Riddle era… diverso.
Diverso dalla trionfante immagine sbiadita dello specchio,
diverso dal suo altro ‘io’ cresciuto e invecchiato… pareva quasi che non fosse lui.
Non che fosse diverso molto caratterialmente ma… Harry non sapeva, non
aveva conosciuto realmente Tom Riddle per fare un paragone, però aveva sempre
la sensazione che ci fosse una qualche nota stonata in lui.
Aveva chiesto a Jen se sapesse qualcosa e lei lo aveva
guardato con il suo solito sguardo mezzo misterioso e mezzo divertito, come se
fosse felice che Harry si sentisse così confuso, e non aveva risposto.
Certamente se lei sapeva qualcosa, non glielo avrebbe detto. Parlarne con
Riddle era fuori discussione e così Harry rimase all’oscuro della faccenda. Non
che sapesse molto nemmeno di Jen, anzi, se non fosse per il suo nome poteva
rimanere null’altro che un enorme punto interrogativo.
Jen lo aveva avvertito di stare attento al suo nome ma non
gli aveva detto altro su di lei. Né per rassicurarlo né per minacciarlo, quindi
si poteva dire che tutto sommato lei fosse come un vulcano quiescente, al
momento per lo meno.
Quei giorni Harry li sfruttò per pensare e per allenarsi.
Dopo qualche giorno di riguardo finalmente uscì dal castello per esplorare la
tenuta: attorno all’antica costruzione c’era un folto boschetto tetro e
incolto. Aveva il suo fascino e quando il tempo lo permetteva lui si trovava lì
ad allenarsi, nella quiete solitaria della natura boschiva. Aveva scelto quel
luogo come rifugio poiché sapeva che Riddle preferiva le segrete del castello o
la biblioteca per studiare incantesimi
oscuri e anche se Harry avesse provato più volte a vedere dove andasse per
tenerlo d’occhio, ogni volta lo perdeva di vista.
Ebbe la netta sensazione che fosse l’unico a non conoscere
la pianta del castello, o almeno, a non conoscere i mille passaggi segreti.
Comunque fu nel boschetto che, per la prima volta, la
sentì.
Inizialmente Harry non seppe con precisione descrivere cosa
fosse quella sensazione. Era molto simile ad una scarica elettrica di basso
voltaggio ma a contatto con la nuda pelle di tutto il corpo. Nello stesso
istante ogni cellula del suo corpo gridò, colpita, e poi tutto finì, era durato
un decimo di secondo, ma era bastato per lasciarlo vagamente stordito.
Quando accadde la seconda volta era nella sua stanza e
questa volta la sensazione durò di più e fu più potente. Inoltre non era da
solo, o almeno, mentre accadeva non si rese conto di essere osservato, ma
quando riacquistò un minimo di sé c’era Jen che lo guardava con una espressione
fredda.
- Che cosa mi è successo? – fu spontaneo chiederlo.
Jen continuò a fissarlo qualche istante senza dire niente e
poi lo raggiunse, camminando sinuosa verso di lui e sedendosi per terra al suo
fianco: - Hai il tocco – disse semplicemente, come se spiegasse tutto.
- Il… tocco? -
- E’ un termine antico con cui gli stregoni del medioevo
chiamavano gli individui che dimostravano di avere la magia innata. Li
chiamavano gli ‘Eletti dal Signore’ – lo pronunciò bilanciando ogni parola in
un tono estremamente morbido. Sembrava soddisfatta che Harry avesse questo
fantomatico ‘Tocco’, come se non si aspettasse da lui nient’altro.
- Perché io? -
- Evidentemente, nascondi dentro di te più di quanto tu
stesso immagini… - poi Jen si alzò in piedi, sorridendogli con dolcezza e
mistero assieme – Se vuoi, posso darti una mano a capire come sfruttare il tuo
dono… -
Un Dono innato… era forse derivato dalla sua stramaledetta
cicatrice? Harry portò due dita sulla fronte ma non sentì dolore, né una
sensazione appartenente a Voldemort se non la confusione e la sensazione
sciocca di essere in mezzo al nulla, senza punti fermi.
Era di Voldemort o sua quella sensazione?
Sirius…
se solo tu non mi avessi lasciato… se io non ti avessi ucciso…
- Lo prendo come un sì – e Jen, inghiottita dal buio, aveva
lasciato Harry solo, a pensare. Che cosa stava succedendo alla sua vita? Sembrava
essersi completamente rivoltata da capo a piedi.
Di nuovo sentì una scarica prenderlo per tutto il corpo.
Sì, forse aveva bisogno di aiuto.
Jen prese sul serio l’idea di addestrarlo.
Trascorrevano assieme la maggior parte della giornata,
Harry si allenava a usare la magia senza la bacchetta e ogni volta, a
malincuore, falliva. Il suo tocco era instabile e potente, una combinazione
pericolosa perché Harry non aveva abbastanza autocontrollo per governarlo come
si doveva: una delle sue caratteristiche era che poteva sentire il crepitare
della magia a breve distanza – spesso aveva sentito gli incantesimi oscuri di
Tom Riddle dai sotterranei – e in più poteva diventare un’arma micidiale, se
usata come avrebbe dovuto essere usata.
Ma non ci riusciva.
Vani, infruttuosi tentativi, tutti fallimenti, uno dopo
l’altro…
E allora Jen cambiò strategia e cominciò ad insegnargli
qualcosa di più accessibile, come l’occlumanzia ad esempio. E qualcosa cominciò
a funzionare. Man mano che stavano a contatto Harry e Jen diventarono amici.
Se ‘amici’ era il termine corretto per indicare due persone
molto diverse fra loro eppure con saldi punti in comune che si fidavano l’uno
dell’altra.
Forse era anche il tempo di conoscere meglio anche Tom
Riddle.
Non accadde perché entrambi lo volevano. Fu piuttosto un
‘caso’: tutti e due erano curiosi di studiare l’altro per scovarne punti deboli
e sfruttarli a proprio vantaggio, ma nessuno dei due voleva fare la prima
mossa.
Potevano studiarsi da lontano, senza farsi beccare
dall’altro, potevano incrociarsi nei corridoi e lanciarsi occhiate incenerenti,
potevano annegare nei propri interrogativi senza risposta. però mancava
qualcosa…
La svolta si vide in una tiepida serata estiva, era ormai
luglio e Harry era sdraiato sull’erba soffice, le braccia incrociate dietro la
sua nuca e, con gli occhi chiusi, ascoltava i fruscii del bosco attorno a lui,
rilassandosi.
Quel giorno Jen era stata lontana dalla tenuta per i suoi
oscuri motivi e Harry si era dato alla lettura di qualche libro dall’immensa
biblioteca di Salazar (qualcuno si è mai chiesto come mai in tutte le mie fic
c’è sempre una biblioteca immensa che spunta fuori? *.* ndMiss) (uhmmm…
conoscendomi è pressoché inutile chiederselo… -.-‘’ ndMiss), si era allenato
con qualche incantesimo e controincantesimo con risultati pressoché
inesistenti, e poi aveva rinunciato, preferendo riposarsi nel suo ‘piccolo
angolo’.
Mancava da casa da un mese ormai, un mese passato a
nascondersi in un altro stato con la complicità di una ragazza che apparentemente
non esisteva, con la compagnia pressoché inesistente di Riddle e nel maniero di
niente meno che Salazar Serpeverde in persona.
Non sapeva nulla dei suoi amici, solo qualche notizia dai
giornali che gli portava Jen e come sempre c’era una pagina intera con la sua
fotografia con scritto, in caratteri cubitali, ‘MISSING’: in genere articoli di
questo calibro erano arricchiti da una dovizia di particolari sulle sue imprese
impressionanti, che contrastavano fortemente con gli articoli pubblicati
durante l’estate del suo quarto anno, quando nessuno gli credeva, ora invece
era stato di nuovo riportato all’ambito status di ‘Eroe’, e invece di chiamarlo
‘Ragazzo-che-è-sopravvissuto’ le persone avevano cominciato a chiamarlo ‘Il
Prescelto’.
Come aveva fatto quella notizia a trapelare alla stampa?
Nessuno dei presenti all’Ufficio Misteri poteva aver detto
qualcosa… eppure… eppure avevano capito ugualmente quale fosse il vero scopo di
Voldemort al Ministero della Magia e che cosa il nobile e coraggioso Harry
Potter aveva fatto di eroico per il mondo intero.
Però intanto Sirius era morto…
Come poteva Harry dimenticare il dolore per la perdita di
una delle persone che più amava? Perché proprio Sirius? Perché non quel
voltagabbana di Piton? Perché non un qualche mangiamorte? Perché Sirius?
Ironia della sorte il nome del padrino era stato pulito da
tutte le accuse dal Ministro della Magia in persona – Harry credeva che
l’avesse fatto più che altro perché aveva scoperto che era il suo padrino e
cercasse di tenersi a caldo la sua tanto cara sedia traballante da ministro -…
Un dolore immenso che non si riusciva a cancellare nemmeno
con gli estenuanti allenamenti cui Jen lo sottoponeva – a suo proposito Harry aveva
perfettamente capito che non solo lo stava aiutando anche per proprio
tornaconto personale, ma voleva anche che lui e Riddle trovassero un ponte di
comunicazione… chissà per quale strano motivo poi… - e doveva anche ammettere
che sentiva nostalgia dei suoi amici di cui non aveva notizia e il pensiero di
non tornare a Hogwarts era doloroso…
Inutile, era veramente troppo debole: aveva avuto la forza
di scappare e nascondersi agli occhi di chiunque ma, nonostante tutto,
desiderava tornare in quei luoghi conosciuti con Ron, Hermione, per ritrovare
sé stesso in quella parte di mondo che, nonostante quello che era successo, si
mostrava ancora come suo.
Ma come fare a tornare indietro?
Non che qualcuno glielo impedisse: Jen gli aveva detto che
era libero di andare dove voleva, Riddle certamente sarebbe stato felice che
scomparisse dalla sua vista, non era un prigioniero, ma solamente un ospite.
Abusivo, certo, ma pur sempre un ospite. E, adesso che ci pensava, chissà come
aveva fatto Jen a portarli lì… dopotutto il luogo in cui Salazar aveva passato
gli ultimi anni della sua vita doveva essere nascosto a tutti e protetto da
incantesimi e invece…
Ma il problema rimaneva: Harry non poteva tornare indietro.
Come fare adesso che si era provato che Silente non si fidava
abbastanza del suo giudizio da rivelargli prima la presenza di una profezia che
forse avrebbe potuto salvare la vita di Sirius… Silente che non si fidava
abbastanza di Harry da poterlo addestrarlo lui nell’occlumanzia, Silente che
invece si fidava troppo di Piton da dargli in pasto Harry senza
preoccuparsi dei rispettivi risentimenti personali.
Proprio non riusciva a perdonarlo…
E poi se fosse tornato avrebbe di nuovo messo in pericolo
la vita di Ron, Hermione, Ginny, di tutte quelle persone che nonostante tutto
non lo avevano mai abbandonato mentre lui invece non solo li aveva portati
dritti dritti in mano ai mangiamorte. Non gli avevano rinfacciato niente.
Harry sapeva che avrebbe dovuto separarsi dalle persone a
cui teneva perché c’era sempre, in ogni angolo, Voldemort che lo inseguiva: ora
che anche Sirius se n’era andato non poteva più rimandare il momento
dell’addio.
Intanto, in quel periodo di tempo nel quale Harry era
rimasto lì, Tom Riddle non se n’era andato come aveva più volte assicurato, era
rimasto ad allenarsi per conto proprio con gli incantesimi oscuri di Salazar,
certamente Harry era più che felice che Riddle si tenesse alla larga da lui e
dal suo allenamento. Però avrebbe voluto capire che aveva quel maledetto in
mente.
Era necessario che Riddle rimanesse fuori dal suo
allenamento con il tocco, anche se non riusciva a governarla e plasmarla per il
suo volere, Jen gliel’aveva risvegliata da dentro e ormai non riusciva più a
tornare quiescente come prima, anzi, Jen gli aveva annunciato che, con
l’avvicinarsi del suo compleanno, si sarebbe rinvigorita sempre di più.
Lo aspettava un compleanno doloroso.
Guardando il cielo, lo sguardo di Harry si concentrò subito
sulla luminosa stella Sirio.
Sirius…
Se solo fosse lì…
- Fissi le stelle, Potter? -
Harry sobbalzò a quella domanda e scattò a sedere,
prendendo immediatamente in mano la bacchetta. Si voltò verso il luogo da dove
proveniva la voce di Riddle e lo vide appoggiato ad un albero, a guardarlo con
quegli occhi neri come la tenebra. Non sembrava avere intenti bellicosi ma
questo non voleva dire che non tenesse in mano la bacchetta, solo che le
braccia conserte non permettevano a Harry di controllare quell’importante
particolare.
- Cosa vuoi? – domandò seccamente Harry.
Tom scrollò le spalle, staccandosi dal tronco al quale era
appoggiato e non rispose. Guardò il cielo e disse: - Non ti risponderanno.
Dovresti rivolgere le tue domande a persone vive –
- Lasciami in pace! Che cosa ne sai di me? -
- Più di quanto tu pensi -
- Commuovente -
Tom scosse la testa: - No, solo seccante – rimase qualche
secondo in silenzio a guardare il cielo e poi tornò a fissare Harry negli occhi
– C’è una cosa che mi urta ogni volta che ci penso. Quella cosa sei tu –
Harry fece una smorfia: - Felice che per te sono una ‘cosa’
–
Tom ignorò quella replica: - Non capisco come mai mi irriti
così tanto. E soprattutto come mai ti ho salvato. Quale incantesimo mi hai
lanciato? –
Harry per un istante lo guardò sgomento poi, scoppiò a
ridere. Una risata che era da molto tempo che non faceva.
- Che diavolo c’è da ridere? – sbottò la voce contrariata
di Riddle. Si stava avvicinando a lui a rapidi passi e in un attimo era lì, a
tenerlo per il bavero della maglia di cotone, a guardarlo con rabbia e
incomprensione.
Quando la risata di Harry si smorzò, si sentì
improvvisamente rinato. Era da tanto tempo che non rideva così di gusto però la
domanda di Riddle era stata così… stupida e rivelatrice assieme.
Era evidente che Riddle non fosse ancora Voldemort ma fosse
portato solamente, per naturale inclinazione, ad amare le arti oscure, ed era
pure ovvio che in lui albergavano quelle qualità negative e malvagie che ben
presto si sarebbero moltiplicate all’inverosimile con la maturazione, ma
nell’esatto istante in cui Riddle aveva detto quelle cose Harry capì.
Capì che Riddle non era ancora Voldemort perché non aveva
ancora dannato la sua anima per l’eternità, perché era ancora un ragazzo
nonostante tutto, cresciuto molto in fretta, ma ancora un adolescente, un
adolescente che amava giocare con il fuoco e che non l’aveva ancora dominato
del tutto.
Era sì colui che aveva mandato ad Azkaban Hagrid con
l’accusa di aver liberato il basilisco, ma non aveva ancora ucciso nessuno
nella sua scalata al potere. O almeno, ancora nessuno di innocente.
Anche se su questo non ne era proprio sicuro.
Però una cosa era certa: un diciottenne non era un Signore
Oscuro.
La risata di Harry turbò anche Tom.
Non ne aveva sentita una del genere da molto, molto tempo.
L’esserne lo zimbello lo irritò maggiormente e strinse la sua presa sul bavero
del ragazzo: - Nessuno si prende gioco di me –
- Sei tu che stai ingannando te stesso – rispose senza
mezzi termini Harry puntandogli la bacchetta al petto.
E così Potter aveva notato che c’era qualcosa che si agitava
dentro il suo petto?
Durante il duello si era accorto che era ‘arrugginito’ e
ora si era accorto che si stava prendendo in giro da solo perché lui era,
fondamentalmente, solo un’altra anima sperduta.
Senza contare che nemmeno Potter sapeva che gli era
successo e come mai era di nuovo vivo e giovane.
- Il tuo amico Malfoy ha trovato il modo per utilizzare il
tuo diario? – indagò Harry.
- No – rispose Tom – Questa volta è stata colpa tua -
- Mia? Non dire idiozie, Riddle, non ti avrei mai
resuscitato! -
- Evidentemente devi riguardare le tue priorità – ribattè
Tom. Si beò dell’espressione confusa sul viso di Harry e rimase ancora chinato
su di lui, tenendogli il bavero della maglia, con la sua bacchetta puntata al
petto – Ora rispondi alla mia domanda… quale incantesimo mi ha gettato addosso?
-
- Nessuno. È così difficile per te capire che mi hai
salvato perché lo volevi e non perché eri costretto? – sbuffò Harry – Se
conoscessi un incantesimo del genere non lo userei anche su Voldemort? -
Tom sembrò ritrarsi alla menzione di quel nome, o forse era
semplicemente si stava scostando dalla verità che percepiva nelle parole di
Potter. Volerlo salvare?
Harry premette la sua bacchetta contro il suo petto con più
forza, respingendolo silenziosamente. Tom accennò a scostarsi da lui e
lasciargli il bavero quando, con un movimento repentino, gli tolse la bacchetta
dalle mani e gli andò addosso con il peso del suo corpo, puntandogli la sua
stessa bacchetta contro il viso e impedendogli di scansarsi per il braccio che aveva
avvolto attorno al suo collo.
- Ora va meglio -
Harry lo guardò con odio.
- Visto che abbiamo del tempo da perdere, perché certamente
non voglio che il piacere di averti sotto di me e in mia mano non si esaurisca
così facilmente, potremmo parlare civilmente -
- Fa piacere essere così comodi – ribattè animosamente
Harry arrossendo leggermente in zona gote.
Tom fece per sistemarsi più comodamente, solo per fargli
dispetto: - Non sai quanto. E ora… -
- Credo che sia il mio turno -
Tom arcuò un sopracciglio sorpreso: - Scusa? –
- L’ultima domanda l’hai fatta tu, ora tocca a me -
- Non funziona così, Potter -
- Non hai stabilito tu le regole del gioco – scimmiottò
Harry con lo stesso tono di Tom.
Come faceva ad essere così irritante quel piccolo idiota?
- Facciamo un fifty-fifty, no? -
- Cos’è? -
- Tu fai una domanda, io rispondo. Io faccio una domanda,
tu rispondi – sillabò lentamente Harry – Non è difficile da capire -
Tom mugolò un vago assenso. Non aveva mica specificato che dovesse
sempre dire il vero… e comunque non poteva mica controllarlo quando mentiva. I
Grifondoro erano così semplici da raggirare…
- Niente bugie -
I Grifondoro, a volte, imparano anche in fretta.
- Allora, visto che tocca a me… non potresti spostarti? Non
sei una piuma! – protestò Harry rosso in viso.
- No – rispose Tom con malcelata soddisfazione – Hai detto
risposte, non preclude uno spostamento. E ora tocca a me. perché sei fuggito
dalla tua adorabile casetta? -
- Oh, sì, proprio adorabile – Harry roteò gli occhi –
Perché ne avevo voglia. Ora tocca a me -
- Non è una risposta la tua -
- Sì che lo è, e pensa, è anche vera. Se volevi una
risposta più particolareggiata dovevi porre la domanda in maniera diversa -
- Mi stai dando lezioni, Potter? -
- Aspetta il tuo turno, Riddle – lo rimbeccò Harry. Cercò
di nascondere che si stava divertendo, strano ma vero – Come ci sei arrivato in
questo mondo vivo? -
Tom lo fissò con ostilità: - Non lo so. So solo che è colpa
tua –
- Perché deve essere sempre colpa mia? – la domanda di
Harry era retorica, così Tom non rispose. Anche perché non era nemmeno il suo
turno. E comunque, si lasciò sfuggire un ghignetto. Maledizione, si stava
cominciando a divertire.
- Perché sei fuggito? Dammi una risposta che mi soddisfi -
Harry sbuffò: - Perché non sopportavo più i miei parenti e
ho litigato con Silente. Da quanto tempo sei qui nel mondo? –
- Due anni. Perché hai litigato con Silente? -
- Non si fida di me. Che cosa diavolo hai fatto in due
anni? -
- Ho girovagato qua e là. Perché Silente non si fida di te?
-
- Sono troppo immaturo. Perché hai girovagato qua e là
senza unirti a Voldemort? -
- Non ne avevo voglia – Tom si precluse la possibilità di
ricambiare la risposta di Harry – Cosa credi di fare solo soletto? -
Harry lo guardò deciso: - Voglio cavarmela da solo.
Raccontami cosa sai della tua… resurrezione -
- Cavartela da solo? Oh, complimenti, sei andato dritto
dritto dentro un cespuglio di rovi velenosi e sei stato salvato da ben due
persone. Un risultato eccellente! -
- Rispondi alla mia domanda -
- Non hai messo il punto interrogativo. Non rispondo agli
ordini. E ora, come pensi di cavartela da solo? -
- Imparerò. Mi racconti qualcosa della tua resurrezione? -
- No. Vuoi imparare qualcosa da quella pazza? -
- Quanto ti deciderai a raccontarmi qualcosa di te? -
- Non è colpa mia se non sai porre le domande. Rispondi
alla mia -
- Sì, intendo imparare da Jen. Hai già ucciso qualcuno da
quando sei arrivato? -
- Hai cambiato domanda… -
- Era evidente che non mi avresti mai risposto -
- No, non ancora. Perché la chiami Jen? -
- E’ il suo nome. Perché mi hai salvato e curato? -
- Perché ti devo uccidere solo io -
-Questo riguarda anche Voldemort? –
- Faccio io le domande. Dove volevi andare? -
- Riddle Manor. Da dove sei tornato in vita? -
- Riddle Manor. Perché volevi andarci? -
- Perchè sapevo che non ti avrei trovato. Da dove, di
preciso, sei tornato? -
- Dal cimitero. Perché volevi andare a Riddle Manor se
sapevi che Voldemort non c’era? -
Harry lo guardò un attimo, pensieroso poi, a malincuore,
rispose: - Volevo conoscerti meglio. Qual è stata la prima cosa che hai visto
appena sei tornato in vita? –
Tom lo squadrò duramente. Maledizione, aveva capito che era
successo a grandi linee.
- Tombe. Volevi conoscermi meglio per poter trovare i miei
punti deboli, eh? Silente docet. E ora che cosa farai? -
Silenzio.
- Sei tornato in vita quando Voldemort… - sussurrò Harry –
Com’è possibile? -
- Rispondi prima alla mia domanda -
Harry scrollò le spalle: - Mi allenerò e ti ucciderò –
- Sembri sicuro di te – ribattè Tom – Ti avverto però che
uccidendo me non toglierai di mezzo anche Voldemort -
- Ma è meglio uccidere prima te, no? -
Tom scosse la testa, rimasero così a fissarsi finchè poi
Tom non si scostò da Harry, liberandolo dal suo peso, si alzò in piedi e se ne
andò, senza una parola, lasciando Harry ancora sdraiato sul prato, pensieroso.
Sembrò una via di uscita dal loro reciproco isolamento ma
in realtà le cose non cambiarono un granchè. C’era sempre il muro delle
differenze che li divideva e questi non era scavalcabile. Continuarono a
incontrarsi casualmente durante i giorni seguenti ma non ci fu altro, nemmeno
un saluto.
E venne il 30 luglio.
Quella notte Harry si svegliò di soprassalto, sentendo la
pelle crepitare come se fosse elettrica, i peli e i suoi capelli erano dritti.
Si accorse immediatamente che Jen era nella sua stanza, seduta sulla
poltroncina che aveva occupato Riddle durante il suo primo risveglio dalla
convalescenza, un palla di fuoco stava vibrando nella sua mano destra.
- Jen… -
A quel richiamo Jen fece sparire la sua palla infuocata,
gli sorrise e, con un tono leggero, disse: - Buon compleanno, Harry Potter –
Da quel giorno il tocco di Harry divenne ancora più
ingestibile ma non per questo fallì ogni tentativo di incanalarlo. Gli
insegnamenti di Jen cominciarono a dare qualche risultato.
Era ancora nel bosco ad allenarsi quando, una mattina, Tom
Riddle gli si affiancò: - Ti alleni contro il niente, Potter? –
- Lasciami in pace – ma il suo prossimo incantesimo fu
fermato da un altro di Tom Riddle.
Gli rivolse un mezzo sorrisino di superiorità: - Non sembra
così divertente -
Harry sorrise più apertamente: - Ora lo è –
Si potrebbe dire che fu in quell’occasione che i due si
lasciarono alle spalle le rispettive recriminazioni. Non parlarono molto ma
cominciarono a costruirsi una porticina nel muro delle differenze che li
separava fatta di tutto ciò che avevano in comune oppure di quelle cose che
potevano essere neutre.
Semplicemente.
- Sembra che sia cambiato qualcosa – annunciò Jen una sera
mentre raggiungeva Harry sdraiato per terra a guardare le stelle, si sedette
accanto a lui, raccogliendo le gambe da una parte, il venticello estivo stava
rinfrescandosi e le mosse i capelli neri come un manto.
- Ti riferisci a me e Riddle? – la guardò dal basso e la
trovò bellissima come non mai. Non provava per lei nient’altro che amicizia,
fiducia e complicità, ma ciò non toglieva che c’erano aspetti di lei che non
conosceva e che, molto probabilmente, non avrebbe mai conosciuto veramente.
- Non siete poi così diversi -
- No, hai ragione – il suo sguardo tornò a guardare Sirio
con una stretta al cuore.
- Guardi sempre la stessa stella. Quella del tuo padrino.
Perché non ne trovi una anche per te? -
Harry sorrise per scostarsi da quell’argomento triste: - La
tua qual è? -
Jen gli si fece vicina, il suo profumo dolce quasi lo
stordì, sembrava essere di mandorla, così puro, così strano: - Tu che mi dici?
–
Harry gliene indicò una, non molto lontana dalla
costellazione del Canis Maior, le strizzò l’occhio – Quella. Appartiene
alla costellazione dell’Aquila, se non mi sbaglio – era splendente come
non mai, poco lontana rispetto agli altri lucenti puntini stellati, solitaria
come Jen.
Jen gli sorrise leggermente, piacevolmente sorpresa: -
Davvero? Uhm. Hai poca fantasia, Harry. Si vede proprio che sei un Grifondoro -
- Altair? Non potevi trovare nulla di più
semplicistico – annunciò la voce di Tom e anche lui si sedette con loro senza
dire altro. Harry si sorprese per la sua venuta ma non sobbalzò come gli era
accaduto la prima volta, Jen, invece, si limitò a scoccargli un’occhiata di
traverso.
- Altair? – domandò
Harry.
- E’ la stella più luminosa della costellazione dell’aquila
– spiegò concisa Jen, guardò la sua stella e poi sorrise – Mi piace -
Tom sbuffò, appoggiandosi all’indietro sulle sue mani.
Harry guardò qualche istante Tom, così vicino da poterlo
toccare: era molto bello, come gli avevano detto tutti coloro che l’avevano conosciuto,
bello e tenebroso, con quello sguardo cupo e minaccioso, quell’espressione sul
viso che faceva allontanare tutti istintivamente. Per la prima volta, Harry non
provò odio nel guardarlo. Tom Riddle sembrava troppo un ragazzo normale,
innaturalmente bello, ma normale.
Riddle, sentendosi osservato, abbassò lo sguardo e incrociò
gli occhi smeraldo di Potter. Non c’era odio in quegli occhi, non c’era noia,
non c’era astio o rabbia. Era lo stesso sguardo che a volte rivolgeva alla
ragazza: uno sguardo normale.
Per la prima
volta da quando l’aveva conosciuto Riddle si ritrovò a far scorrere il suo
sguardo lungo il viso di Potter e poi per tutto il suo corpo, a fissarlo non
come se fosse un nemico, ma come se fosse un ragazzo qualsiasi dal quale non
bisognava guardarsi con sospetto.
Era carino, certo, non aveva più il viso scavato dai
patimenti o il corpo magro per il deperimento, non aveva le unghie spezzate e i
capelli aggrovigliati di quando lo aveva conosciuto in quella taverna. Nella
sua espressione seria e intenta c’era altro, c’era un universo sconosciuto di
tante altre cose nascoste.
Che strano pensare certe cose del suo peggior nemico… ma…
era davvero un nemico ora?
Poteva davvero odiarlo ora?
- Ti starebbe bene come nome – scherzò Harry tornando a guardare
la ragazza al suo fianco, aggiunse con affetto – Il nome di una stella… -
Chissà come mai ci stava particolarmente bene che ‘Jen’
avesse il nome di una stella. Lei che non era una persona ‘comune’… lei poteva
sembrare all’esterno come una stella che palpitava di energia nascosta,
luminosa nel suo interno come lo era all’esterno, anche se così misteriosa come
sembrava.
- Puoi chiamarmi così se preferisci. Sai che Jen non è il
mio vero nome, anche se ci va vicino – sentenziò con leggerezza Jen.
- Altair… sì, forse suona meglio di Jen. Jen è troppo
comune per te – rise Harry e Jen, anzi, Altair, gli accarezzò i capelli
dolcemente come ad un fratello - Sai qual è la tua, Harry? – domandò poi.
Tom ne indicò una: - Carina –
- Non fare
l’idiota, Tom – lo rimbeccò subito Altair – Io penso quella – e ne indicò
un’altra – Tutta la costellazione -
- Cos’è? -
- Ophiucus. Il Serpentario. Colui che è riuscito a
ammansire i serpenti – spiegò con voce impalpabile Altair. Lanciò una mezza
occhiata a Tom che finse di ignorare in favore di uno sbuffo di protesta – Che
cosa idiota… -
Altair si chinò sull’orecchio di Harry, sussurrandogli: -
Tom è Serpens, proprio sopra di te –
Il viso di Harry, se prima era pensieroso, ora si aprì in
un sorriso. Certo, detto da lei Ophiucus non poteva che essere un
complimento. Forse era anche più che un complimento.
Forse aveva visto anche oltre il passato…
Lanciò uno sguardo a Tom.
L’altro guardava il cielo, la fronte aggrottata.
Harry sorrise.
Formavano proprio una compagnia scombinata, loro tre. Erano
diversissimi con alle spalle le loro storie, i loro dissidi, il loro passato
sconosciuto. Un’assassina – perché era quello che in fondo era Altair -, un
giovane signore oscuro che odiava essere manipolato e un giovane eroe con una
profonda ferita al cuore.
Si poteva essere più diversi di così?
Giunse comunque il momento per separarsi. Lo annunciò una
volta a tavola Tom, disse che era tempo che ognuno prendesse la propria strada.
Per qualche strana ragione Harry accolse la notizia con una punta di delusione.
Sapeva che era giunto il giorno in cui si sarebbero dovuti guardare negli occhi
e vedersi nemici.
Altair accettò quella notizia senza battere ciglio ma
Harry, quando Tom uscì dal maniero, lo rincorse, gli si affiancò: - Dove andrai?
–
Tom lo guardò con sufficienza: - Non hai ancora capito che
non mi puoi uccidere? –
Harry per la prima volta nella vita gli sorrise: - Tentar
non nuoce –
- Sarò qui e lì. Non ho una meta precisa – riprese a
camminare ma Harry gli si affiancò ancora una volta – Tornerai ad Hangleton? -
Tom Riddle non rispose per non dargli una risposta
affermativa semplicemente sbottò: - Che cosa vuoi da me, Potter? Perché non te
ne torni da quel cigno spelacchiato e mi lasci in pace? –
Harry si fermò, lasciando che Tom lo superasse e se ne
andasse per la sua strada.
- Addio – sussurrò al vento prima di girarsi per tornarsene
al maniero ma si ritrovò di fronte Altair con le mani appoggiate ai fianchi –
Perché non vai con lui? -
- Come? Sei impazzita? -
Altair sbuffò: - Io mi sono stancata di starti dietro. Tom
avrebbe molto da insegnarti, sai? –
- Che… - Harry la guardò come se fosse pazza – Altair, ma
l’hai visto? Ci odiamo, non posso andare con lui! E che cosa farei? Pensi che
mi accolga a braccia aperte, mi prenda a braccetto e mi porti con sé,
dispensandomi dei suoi insegnamenti? Lui non mi sopporta e comunque… non posso
andare con lui! Che ti viene in mente? -
- Smettila con questa tiritera sull’odio. Ormai non ci
credi nemmeno più tu. Non vi odiate, si sopportate vicendevolmente e poi… non
credo che sia tanto contrario all’idea di averti tra i piedi – rispose
tranquilla Altair – Non se glielo chiedi -
- Avanti! – Harry sbuffò esasperato – Non crederai davvero
che… -
- Provaci, avanti. Vedremo -
- Non voglio provarci! Io per primo non ci voglio andare a
scorazzare con lui e portare terrore nel mondo! -
- Non fare il bambino! – lo rimproverò Altair, gli mise una
mano sulla spalla, avvicinandosi al suo viso e sussurrando, con quel tono di
voce che non ammetteva repliche – Vai, o glielo chiedo io per te -
Harry la guardò stralunato ma ricorse Riddle, lo faceva
solo per non farci andare Altair, solo per questo.
- Riddle! -
Tom si voltò verso di lui: - Che cosa vuoi ancora? –
- Posso venire con te? – domandò tutto d’un fiato Harry.
- C… COME? –
Harry pensò seriamente che valesse la pena di chiederglielo
per vedere la sua faccia sconvolta. Uno spettacolo raro.
- E’ un no? – lo incalzò Harry – Perché se è un no, non mi
offendo, sai! -
- Certo che è un no,
Potter! Ma come… come ti vengono in mente certe idee? – ribattè con
veemenza Tom – Come hai potuto anche solo pensare che possa dire di sì? -
- No, era tanto per sapere… - si difese Harry, poi,
voltandosi gridò – TE L’AVEVO DETTO! -
- Che sta succedendo, Potter? – domandò Tom stringendo gli
occhi con sospetto.
- Altair aveva detto che… -
Tom fissò con odio
la ragazza alle spalle di Harry, Altair gli fece ciao-ciao con la manina, tutta
soddisfatta. Tom non ebbe bisogno di capire che, come al solito, gliela stava
dando vinta, si girò, dicendo con durezza a Harry: - Non ho tempo da perdere
con te. Datti una mossa –
Harry stava già tornando da Altair quando, sentendo la
replica di Tom, si gelò sul posto: - Eh? –
- Sbrigati! -
Sentì un sibilo dietro di sé e si voltò, proprio in tempo
per beccare al volo il suo zaino con le sue cose e uno strano foglio di
pergamena che sporgeva da una tasca, Altair lo salutò da lontano.
- POTTER! – lo chiamò ancora Riddle.
Mentre guardava Altair voltarsi e dirigersi verso
l’ingresso del maniero, camminando elegante come sempre, disinteressandosi
della cosa, Harry capì alcune cose che poi gli furono confermate leggendo la
lettera che la ragazza gli aveva lasciato nello zaino che gli aveva fatto a sua
insaputa: punto primo, Altair sapeva o aveva sempre saputo che le cose
sarebbero andate così, punto secondo, se voleva una cosa l’otteneva, punto
terzo, aveva fregato Tom Riddle appellandosi al suo orgoglio personale, punto
quarto, aveva fregato Harry giocando sulla sua ingenuità.
Insomma, li aveva incastrati.
Ma perché vedeva oltre i loro odi personali. E sapeva che
cosa sarebbe successo.
FINE FLASHBACK
FINE QUARANTATREESIMO CAPITOLO
CONTINUA…
Mistress Lay
*
Notes: Rileggendolo ho i miei seri dubbi… ma considerato che
l’ho riletto sempre la febbre, sono un po’ confusa… @.@ Questa dovrebbe essere
la storia di come si sono conosciuti questi tre, ma è a grandi linee, il resto
lo troverete nei vari flashback e pensieri che ho sparso qua e là all’interno
della storia.
Bè, ora me ne torno a letto, la mia testa sta decisamente
scoppiando. Chissà quando riuscirò a postare questo capitolo… temo proprio che
dovrete tenervelo così… -.- Perdono per il ritardo ma ho avuto un sacco di
problemi ultimamente… per questo ne ho anticipato la pubblicazione.
Domani OTH e FA! XD Ah… aggiornato anche SLIB!
Grazie a tutti coloro che leggono e che recensiscono! *Miss
blushing* Ma come fate ad essere sempre così gentili con me? siete fantastici!
^//^
Mimi88, Moony* (ora ma non credo che sia
tanto... decente.. >.<), mistica (mogliettina mia! Ci sarà il
bacio, molto ma molto presto e in quanto alla fine... ti sorprende se ti
confesso che io stessa non ne ho la minima idea di quanto sia? >.< Che
disastro!), haley, MORFEa (sì sì, prima Harry sembrava uno sfigato ma la
presenza di Tom non è da sottovalutare! *.*), Kira (sis, HBDT è tutta
tua, lo sai! XD Scritta appositamente per te e ben presto anche di dominio
pubblico se la sottoscritta sarà ancora viva! x.x Un po' del profetico credo
che l'abbia, ma solo un pochettino! XD), Chase (sì sì, ma di segreti ne
avrò ancora per un po'! XD), James_Prongs (ma che citazione è??? *////*
Grazie! W Jackson! ^^), millie, ysal pax (eh sì, viva Altair! XD), Stè_Wormy,
ragazza interrotta (meno male! ^.O), Wichita Kid, Elanor (devo
stringere paurosamente per rispondere alla tua recens, scusa, cercherò di
essere più precisa nella mail! XD AVVERTIMENTO: IL PROX CAP TORNANO I TITOLI
BOTANICI! XD Allora, ti ho stupita? Ormai ho usato piante e affini fin troppo
ma che ci vuoi fare, Emilia spinge per avere un po' di comprensione! XD E sì,
un po' bastarda la sono, Altair è stato un colpo basso! *.* Ma è meraviglioso
vedere come reagisce la gente quando si rivela uno dei misteri della scienza...
o della fic.. XD Tom sarà anche un mito e tutto ma... la diplomazia non è il
suo forte! XD), zafirya (eh sì... una morte idiota, per fortuna c'era
Tom nei paraggi! *.* Altair sarà ancora un punto interrogativo ma sono aperte
le scommesse! XD), nox, _darklily_ (*.* graziee!), Metis (nono,
niente sentimenti, non ancora verso 'quella parte'. ^^ Non ha cambiato idea
così presto... diciamo solo che è rimasto 'sorpreso' lui per primo... Phil è
molto contento! XD E' un po' egocentrico, poverino... XD), alicesimone
(che bello trovarti anche qui! ^^), Saphira (Tom non ha cambiato la sua
'visione del mondo' così repentinamente da passare dall'odio all'amore! XD La
frase è principalmente simbolica... su Altair... uhm.. sono aperte le scommesse! XD), baby ( SI'! BACIO!), Gaar, HP Mary
(*.* ti ringrazio!), empire, Lunatica86 (anche io non mi faccio vedere
molto... ç.ç grazie! ^^).
Commentate,
ML