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Autore: Blue_moon    23/08/2012    1 recensioni
Primo libro della trilogia Similitudini.
Dal prologo:
"Nonostante fosse nato nell'oscurità di Jotunheim, Loki bramava la luce.
Il suo calore, la sua purezza e, soprattutto, la sua capacità intrinseca di creare ombre profonde e insondabili. Le stesse che sentiva di avere dentro, le stesse che l'accecante luce di Odino e Thor aveva creato nella sua vita.
Essere lasciato al freddo e al buio era una punizione peggiore di quanto lui stesso pensasse.
Ma c'era una cosa che, in parte, lo consolava.
Fino a che fosse stato sotto la protezione del Padre degli Dei e di Thor, non avrebbe potuto essere bersaglio dell'ira di Thanos, l'oscuro signore con cui si era alleato e di cui aveva disatteso le aspettative.
Loki era scaltro e realista, teneva alla propria vita.
Senza di essa non avrebbe potuto raggiungere i suoi obiettivi, né dimostrarsi degno dell'onore che sapeva di meritare.
Per ora, anche se impotente, si trovava in uno dei posti più sicuri all'interno dei nove regni, protetto dall'amore cieco e stupido di chi si credeva migliore di lui.
Almeno, così aveva sempre creduto."
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Ringrazio chi sta leggendo e chi recensisce.
Scusate il ritardo e buona lettura!




Le notti successive all'esilio di Loki sulla Terra, l'agente Barton non riuscì a dormire.
Sapeva che il dispositivo ideato da Selvig e Banner doveva bloccare i poteri mentali dell'alieno, eppure era sempre in tensione. Spesso riviveva la sensazione familiare di qualcuno che frugava nei suoi pensieri e li manipolava a proprio piacimento. Incubi familiari era tornati a visitare i pochi momenti in cui si assopiva e la stanchezza era divenuta una costante, insita negli occhi pesanti e nei muscoli tesi.
L'unico modo per scacciare l'ansia e l'inquietudine era incamminarsi lungo i corridoi fiocamente illuminati e raggiungere la sala di controllo, dove cinque schermi proiettavano in tempo reale le immagini della gabbia di Loki.
Solo rassicurandosi che il nemico si trovava ancora lì, chiuso dentro il metallo, incapace di fare alcunché tranne che camminare, riusciva a togliersi i dubbi e a schiarirsi i pensieri.
Facendo così, scoprì che lui e Loki avevano una cosa in comune: l'insonnia.
Notte dopo notte, lo guardava muoversi avanti e indietro, con passo misurato e calmo.
Si chiedeva quanto potesse resistere senza dormire.
Quella sera, si prese un attimo per scrutare il volto impassibile dell'agente Sabil, che sembrava impegnata in una prova di resistenza con il proprio prigioniero. Nemmeno lei dormiva da giorni.
Quando aveva chiesto spiegazioni a Fury sul ruolo di quella donna, lui aveva risposto semplicemente che avrebbe condotto l'interrogatorio di Loki.
Onestamente, Clint iniziava a dubitare che fosse la verità.
Ormai erano passati cinque giorni e l'agente Sabil non aveva ancora aperto bocca.
Se ne stava ferma immobile, in piedi davanti alla gabbia, osservando Loki, studiandolo, come se fosse un'interessante opera d'arte o una strana cavia.
«È strano», iniziò la voce di Natasha dietro di lui.
Non era la prima volta che tutti e due si ritrovavano insonni e inquieti in quella stanza.
«Cosa?», domandò, senza voltarsi.
Lei lo affiancò, seguendo i suoi occhi. «Sono già riuscita con successo a far parlare Loki. Non capisco perché Fury non l'abbia affidato di nuovo a me». Il volto perfetto della donna si arricciò lievemente, come se avesse percepito un odore sgradevole. Clint conosceva bene l'orgoglio di Natasha e anche il suo desiderio di essere utile. Era ovvio che si sentisse quantomeno ferita dalla decisione di Fury.
«Loki la conosce, agente Romanoff», intervenne Fury, comparso dal nulla nella stanza.
Natasha fissò l'uomo come a chiedere spiegazioni.
La spia accennò un sorriso. «Ha avuto del tempo per studiarla e non cadrà nuovamente in trappola, non con lei», espose, poi guardò brevemente Clint. «In più, conosce parte delle tue debolezze».
L'agente Romanoff irrigidì i muscoli delle spalle e della schiena, ma non controbatté. Aveva imparato da molto tempo a fidarsi delle decisioni di Fury, anche se non le condivideva.
«Chi è quella donna?», domandò Occhio di Falco, intervenendo nella conversazione.
Il sorriso di Nick si allargò. «Lo scoprirete domani mattina. Vi conviene andare a dormire», annunciò, poi si voltò, sparendo al di là delle pareti di vetro della sala controllo.
Il cicalino appeso alle cinture di Clint e Natasha trillò. Era un regalo di Stark, una specie di cercapersone ipertecnologico che segnalava sempre con quell'irritante suono una nuova riunione per i Vendicatori al completo.
I due agenti S.H.I.E.L.D osservarono la sottile riga di testo sullo schermo.
Sala controllo, domani, ore 6.00.
Clint sorrise alla collega. «Che ne dici, seguiamo il consiglio?».
Natasha non lo ascoltò nemmeno, troppo concentrata sugli schermi.
L'aveva capito subito, perfino dal modo in cui l'agente Sabil aveva dischiuso le labbra per respirare.
L'interrogatorio stava cominciando.

Anche se faceva di tutto per dare a vedere il contrario, Loki iniziava ad annoiarsi.
Si aspettava che i terresti l'avrebbero torchiato notte e giorno con domande stupide e inutili volte a salvare le loro patetiche vite o infiacchito con torture mirate, prima di estorcergli ciò che sapeva. Invece c'era solo quel silenzio che trovava più logorante di una lenta agonia.
Iniziava ad avvertire i primi sintomi della stanchezza. Non si nutriva da giorni, anche ad Asgard non aveva mangiato quasi nulla di quello che aveva avuto a disposizione, e gli umani non si erano degnati di concedergli nulla per sfamarsi. Probabilmente volevano indebolirlo, ma forse non erano a conoscenza di quanto potesse resistere senza mangiare, né bere, né riposare.
Loki sorrise lievemente, mentre osservava le pareti intorno a sé, prive di qualsiasi ombra.
Era divertente vedere come gli schemi tra la Terra ed Asgard si riflettessero specularmente.
Odino lo aveva relegato nelle tenebre, gli umani sotto luci accecanti e assolute.
Non aveva ancora capito lo scopo né dell'una, né dell'altra prigione, come ancora non comprendeva cosa diavolo ci facesse lì.
Detestava non capire.
Di una cosa, però, era ormai certo.
Gli umani erano riusciti davvero a bloccare, in qualche misterioso modo, i suoi poteri.
Per ore aveva provato a materializzare accanto a quell'irritante donna, che non faceva altro che fissarlo, le peggiori illusioni che la sua mente riuscisse a partorire, ma lei non aveva avuto nessuna reazione evidente.
Solo quando si era ormai convinto, l'agente Sabil aveva accennato un minuscolo sorriso, come se fosse a conoscenza degli sforzi che aveva profuso per spezzare la sua maschera impassibile.
Loki ormai aveva già ideato centinaia di scenari in cui riusciva ad ucciderla, strappandole quell'aria di superiorità che ostentava perfino nei suoi confronti.
Lo fissava con la stessa condiscendenza che si riserva alla vittima di un qualche strano esperimento.
Lo guardava come lui aveva sempre guardato tutti gli esseri umani, dall'alto di un intelligenza superiore.
E non poteva sopportare di vedersi continuamente in un dannato specchio.
Quando sarebbe uscito di lì, lei sarebbe stata l'ultima che avrebbe ucciso, nel modo più lento e doloroso che riusciva ad escogitare.

Khalida non si divertiva così tanto da anni e, nonostante “grazie” non facesse parte del suo vocabolario, aveva deciso che ne avrebbe detto uno sentito a Fury, non appena fosse andata a fare rapporto.
Non che ci fosse molto da dire, lo aveva avvertito che le ci sarebbe voluto del tempo per iniziare. Per adesso si era limitata solamente ad analizzare, studiando con attenzione il soggetto che aveva davanti, ma era arrivato il momento di chiudere l'analisi.
Ne sapeva a sufficienza, ed era cosciente che Loki era irritato dalla sua presenza e sarebbe caduto nelle sue trappole con più facilità. Dopo un attento studio dell'interrogatorio condotto dall'agente Romanoff e aveva compreso che la chiave per superare le barriere dell'asgardiano era farlo arrabbiare, e quindi fargli credere che lo stava sottovalutando.
Un angolo della bocca le si sollevò impercettibilmente, mentre faceva scivolare le dita sull'auricolare. Premette lievemente un tasto e respirò.
Loki la guardò, voltandosi di scatto. Di sicuro le sue orecchie, più sensibili di quelle umane, avevano colto la sottile vibrazione che annunciava l'accensione degli altoparlanti all'interno della gabbia.
«Chi è Thanos?», domandò l'agente Sabil, andando dritta al punto.
Con certi prigionieri c'era bisogno di nascondersi dietro una facciata di amicizia, di bontà, ma con Loki non avrebbe funzionato. Doveva mettersi al suo stesso livello.
L'asgardiano piegò lievemente la testa di lato, facendo qualche passo in avanti.
Ridacchiò sottovoce. Dopotutto, la prima domanda non era poi così inutile, anche se lui non aveva nessuna intenzione di rispondere.
Khalida si avvicinò alla gabbia, permettendo a sé stessa di scrutare lo sguardo indagatore dell'alieno. «Non sei nella posizione di non collaborare», gli ricordò, con tono vagamente minaccioso.
«E voi in quella di pretendere risposte», reagì finalmente Loki, dieci passi indietro rispetto alla parete, per mantenere il controllo.
Khalida accennò un sorriso più evidente. Aveva parlato, era già qualcosa.
Il tono di Loki era misurato con quella lieve inflessione canzonatoria che la donna aveva imparato a conoscere, dopo tutte le registrazioni che aveva ascoltato, ma lo stesso si stupì di come una voce così vellutata potesse nascondere un animo tanto contorto.
L'agente Sabil fece un lieve cenno a uno dei suoi sottoposti, e il giovane uomo si avvicinò, scambiando sottovoce qualche parola con lei, poi Khalida colmò gli ultimi passi verso la gabbia, poggiando il pugno chiuso alla parete di metallo gelido. «Parlerai, è l'unico modo che hai per restare vivo», disse, con calma, per poi sciogliersi in un sorriso sornione, che scatenò un fremito innervosito nelle mani di Loki.
«Nel frattempo, ti consiglio di dormire», concluse, voltando le spalle al prigioniero e scomparendo dalla sua visuale.

La sala controllo era abbastanza ampia per contenere almeno quindici persone, ma lo stesso sembrava ridicolmente inadeguata per arginare la tensione che correva tra gli sguardi di Nick Fury e Tony Stark. Era evidente che il miliardario ancora non aveva perdonato alla spia il non aver preso in considerazione la sua opinione o,  in alternativa, i soldi che stava spendendo per finanziare molti dei progetti dello S.H.I.E.L.D. Se c'era una cosa che Tony Stark detestava era essere ignorato, e aveva deciso di pretendere che qualcuno si ricordasse della sua esistenza.
«Cosa ci facciamo qui, Stark?», domandò, Steve accomodandosi accanto a Banner.
Tony sorrise, poi fece un cenno verso gli schermi accesi, uno dei quali mostrava l'agente Sabil, nella sua postazione, ancora muta e immobile. Guardò Fury dritto nell'unico occhio. «Voglio sapere chi è quella donna, e perché da giorni se ne sta ferma a fissare il nostro turista spaziale senza aver ottenuto ancora una sola informazione».
Nick Fury non fece una piega, aveva già preventivato quella conversazione ed era minuziosamente preparato ad affrontarla. Fece per parlare, ma Tony lo anticipò.
«Voglio la verità, Fury. E ognuno di noi se la merita», ricordò, e Steve, Bruce e Natasha annuirono lievemente.
Thor era silenzioso, appoggiato con le spalle larghe alle parete di vetro. Aveva deciso di restare per qualche tempo sulla Terra, per assicurarsi che tutto andasse per il verso giusto. Anche lui era inquieto per il modo in cui Fury stava gestendo la situazione. Stark aveva agito, per una volta, in sintonia con le sue idee.
Clint si fidava del direttore, ma era comunque curioso di capire la strategia dell'uomo.
Fury osservò con attenzione la squadra che aveva davanti. Loro non si rendevano conto di quanto fosse dura per lui gestire tutto quanto, da supereroi eccentrici e scostanti ad alieni dalle forze smisurate che tentavano ogni settimana di invadere la Terra. Ma quello era il suo compito, e non avrebbe permesso a nessuno di criticare come lo stava svolgendo.
Senza manifestare sentimenti particolari, l'uomo respirò ed iniziò a parlare.
«Khalida Sabil è un ex agente dell'intelligence israeliana, è stata addestrata per condurre interrogatori di ogni tipo, da quelli psicologici a quelli fisici. Nel suo campo è una delle più richieste al mondo da quando si è messa in proprio, cinque anni fa. Ha tradito il proprio paese ed è diventata una delle mercenarie più pagate dello spionaggio illegale».
Natasha trasalì lievemente riconoscendo alcune similitudini tra lei e quella donna. L'unica differenza era che lei non aveva ricevuto nessun addestramento, il suo era un talento tutto naturale.
«Quindi non è un agente dello S.H.I.E.L.D», osservò il Dottor Banner.
Fury scosse la testa. «Lo è, ma da poco. L'avevamo già contattata quando non aveva ancora tradito, ma aveva rifiutato. È stata lei a trovarci e ad offrire la sua collaborazione, tre mesi fa, in cambio della nostra protezione».
«Protezione?», intervenne Rogers, trovando strano quel termine.
«L'agente Sabil ha pestato i piedi alle persone sbagliate, là fuori. Sulle sue tracce ci sono i cacciatori di teste più abili del mondo. Probabilmente per lei non c'è nessun posto sicuro, al di fuori di questa base», spiegò Fury.
«Per questo l'ha rinchiusa in quella stanza con un pazzo sociopatico?», chiese Tony, con il consueto tono sarcastico. Era ovvio che la vita della donna non fosse particolarmente al sicuro dato che, se Loki fosse riuscito a fuggire, sarebbe stata con molta probabilità la prima a venire uccisa, considerando il fatto che non sembrava granché robusta.
Una lieve risata risuonò per la stanza, diffusa dai piccoli altoparlanti ai quattro angoli del soffitto.
«Oh le assicuro che non è per la mia sicurezza che sono qui, signor Stark», lo freddò la voce sommessa dell'agente Sabil. Tutti la riconobbero, benché l'avessero udita parlare solo una volta. Era innaturalmente bassa e controllata, con un inflessione particolare sui suoni acuti. Forse era dovuto alla sua lingua madre, oppure all'addestramento che aveva ricevuto. Qualunque cosa fosse, a Bruce faceva accapponare la pelle, come un vento gelido.
I presenti si voltarono di scatto verso gli schermi, trovando il volto spigoloso di Khalida a fissarli con le sopracciglia leggermente sollevate e un'espressione divertita negli occhi neri. Nessuno aveva preventivato che la donna avrebbe assistito e partecipato alla riunione.
Stark non si scoraggiò. «Allora ci illumini, agente Sabil».
Lei sorrise, e Natasha trovò quel movimento facciale inquietante tanto quanto il sibilo di un serpente. Nemmeno Clint si fidava di lei, e considerava irritante la sicurezza che la donna ostentava con orgoglio, quasi si considerasse migliore di tutti loro messi insieme.
«Fury mi ha rinchiusa qui dentro per la vostra sicurezza. Anche nel malaugurato caso che la sua fiducia sia mal riposta e Loki riesca in qualche modo a manipolarmi, o io stessa decida che alla fine obbedire agli ordini dello S.H.I.E.L.D non è la mia priorità, sarò sempre intrappolata qui dentro, e quindi controllabile, facile da eliminare», espose Khalida, ferma e sicura.
Tony sollevò un sopracciglio. «Senza offesa, dolcezza, ma non sembri tanto pericolosa», la punzecchiò.
«Lo dice perché non ha visto come ho ridotto l'ultimo che mi ha chiamata dolcezza», replicò la donna calcando con disprezzo sull'epiteto, per nulla intimorita.
Stark scoppiò a ridere. «Ho deciso, mi piace», sentenziò poi, rivolgendosi a Fury.
L'uomo alzò gli occhi al cielo.
All'improvviso, gli sembrava di essere diventato un maestro d'asilo in mezzo ad una classe di bambini indisciplinati.
Non era per questo che aveva accettato quel lavoro.
Forse avrebbe dovuto chiedere un aumento.

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Ok, iniziamo ad addentrarci nella storia.
Secondo voi Fury ha detto la verità? Cosa ne pensate di Khalida?

Ci vediamo la settimana prossima con il prossimo capitolo.
Ciao ^-*
  
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