“Dannazione! No! Non
ora!” imprecò, prendendo a calci la
plancia. Il TARDIS non diede segni di vita: si stava autoriparando e ci
sarebbe
voluto parecchio tempo perché potesse ripartire. Decise di
farsi un giro fuori.
Aprì la pesante porta in
legno che lo separava dall’esterno.
Era notte; annusò l’aria, si trovava ancora sulla
Terra, ma c’era qualcosa di
strano. Una strana sensazione lo invase, qualcosa che aveva
già sentito quando
era arrivato alla base militare di Jacksonville, prima non ci aveva
fatto caso,
ma era come se la vibrazione non fosse quella giusta.
Si guardò intorno; prima
di pensare ad altro doveva capire
dove si trovava. Non era più a Jacksonville, ma era ancora
negli Stati Uniti,
ne era abbastanza certo.
Chiuse a chiave il TARDIS e si
incamminò lungo il vicolo,
tenendo le mani nelle tasche dell’impermeabile.
Sentì tra le dita il suo
cacciavite sonico; non era un’arma,
lui non ne portava mai, ma gli sarebbe comunque tornato utile.
Era quasi arrivato allo sbocco del
vicolo quando dalla
strada principale si sentirono degli spari.
Si bloccò sul posto,
afferrò il cacciavite sonico e lo
puntò.
Qualcuno comparve dalla strada, si
fermò e guardò verso di
lui. teneva un fucile tra le mani; fissò ancora il vicolo e,
finalmente, corse,
andando incontro al Dottore. Quando fu abbastanza vicino lo
afferrò per la
cravatta e lo trascinò dietro un cassonetto dei rifiuti.
“Cosa…”
chiese il Dottore, tenendo ben saldo il cacciavite
sonico.
“Stai
giù!” esclamò una voce famigliare. Il
Dottore lo
guardò meglio: capelli castani, occhi chiari, fisico
scolpito; lui aveva già
visto quell’uomo.
“Capitano
Harkness?!”
“Ci conosciamo?”
chiese l’altro, rispondendo al fuoco. Non
avevano ancora smesso di sparare.
“Certo che sì!
Sono il Dottore!”
Il Capitano smise di sparare e lo
fissò sorridente. Stava
per dire qualcosa, quando una pallottola vagante lo colpì
alla testa. Harkness
cadde a terra con un buco in mezzo alla fronte e gli spari cessarono.
Il Dottore si affacciò con
cautela, sbirciando verso la
strada; non c’era più nessuno, quindi si
girò verso il Capitano, ancora steso a
terra. Il foro di proiettile era scomparso; Harkness annaspò
e fece un colpo di
tosse, poi si tirò su.
“Cosa…”
chiese ancora il Dottore.
“Lealisti. Diventano ogni
giorno più precisi. È la quinta
volta che mi accoppano oggi.”
“C…
cosa?” ripetè ancora l’altro
“Che cosa diavolo succede,
Jack?”
L’altro sospirò
e si alzò, si guardò intorno e tornò a
rivolgersi al Dottore.
“Sei proprio
l’aiuto che ci serve. Vieni con me, ti spiego
tutto dopo.”
Il Dottore annuì e
seguì il Capitano lungo strade strette e
poco frequentate, fino a una vecchia entrata di servizio della
metropolitana.
“La metropolitana di Boston
non viene più usata da circa 20
anni. I ribelli la usano come nascondiglio sicuro.”
spiegò, passando il cancello
e scendendo la stretta scala.
Si ritrovarono in un ambiente colmo
di gente intenta a
preparativi di ogni genere, ma nonostante l’affollamento
c’era un gran
silenzio.
I due si fecero largo tra la folla,
quindi svoltarono in un
tunnel laterale meno affollato, su cui si aprirono alcune porte.
Jack si fermò davanti
all’ultima porta e tornò a rivolgersi
al Dottore.
“Dietro questa porta
c’è una delle nostre collaboratrici e
informatrici. Una brava ragazza.”
L’altro annuì e
il Capitano aprì la porta. Appena entrarono
una giovane donna bionda corse loro incontro e saltò al
collo di Jack.
“Ehi! Piano,
piccola!” esclamò l’uomo “Che
succede?”
“Li ho trovati!”
disse la ragazza, indicando un altro uomo,
nella stanza con loro.
Il Dottore li osservò; i
due nuovi avevano lo stesso sguardo
e una postura molto simile. Probabilmente erano parenti tra loro.
“Stai dicendo che quel gran
bel fusto è…” domandò Jack,
mangiandoselo con gli occhi. La giovane annuì e
guardò il Dottore, incuriosita.
“Dottore, ti presento
Etta.” li presentò il Capitano.
“Dottore?” chiese
l’altro uomo “Dottore chi?”
“Solo Il Dottore. E lei
sarebbe?”
“Peter. Peter
Bishop.” si presentò l’altro.