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Autore: IamShe    28/08/2012    11 recensioni
Cosa succederà nel momento in cui Ran si ritroverà da sola, dopo la morte di Shinichi, ad affrontare la più grande paura della sua vita, e a salvare quella delle persone a lei care?
Cercherà di reagire o subirà impotente, aspettando che il destino si compi?
*
"Perché Shinichi non mi aveva detto niente quel giorno? Aveva inventato la scusa del caso semplice, di un cliente che lo aveva chiamato. Aveva detto che sarebbe tornato la sera, che avrei dovuto cucinargli il suo piatto preferito, che non avrebbe tardato.
Invece aveva deciso di andare ad uccidersi, senza preoccuparsi di nulla e di nessuno. Non vidi più il suo sorriso, e non ascoltai più la sua voce da quel giorno. Ritrovammo solo un corpo senza vita, senza più ricordi e senza più speranza."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Nuovo personaggio, Ran Mori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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Dodicesimo capitolo
La mia arma meravigliosa

 
 
 
 
“S-scelgo i-io?”
La situazione rimane la stessa. Conan ha davanti a sé l’opportunità di salvarsi o di perdere la vita, a seconda di una scelta. Dettata dal caso, dall’intuito, dalla fortuna o dall’istinto, rimane pur sempre una scelta. Un’opportunità che gli ha regalato il nemico giurato di suo padre, come se infondo, volesse dimostrare di averlo anche lui, un cuore.
Ma se dovesse sbagliare?
In quel caso, lancerò via la maschera e mi rivelerei. Abbatterei ogni piano architettato, ogni speranza riposta in una missione troppo difficile da seguire e completare. Ci avrei provato, ed avrei fallito.
E perderei. Ma infondo, perderei tutto quando non avrei più da perdere nulla.
“Scegli bene eh. Non ti far ingannare dalle apparenze.” Lo avverte Kemerl, con un tono ironico.
Conan, intanto, sembra indeciso, e gira più volte il capo verso noi, afflitto. Sembra non sapere di chi fidarsi e di chi no, ma ha la sensazione di non poter sbagliare.  
“Alcuni sono molto comprensivi... altri a stento ti daranno del cibo.” Continua ad avvisargli Kemerl, ridacchiando.
Il comportamento ambiguo del nostro capo mi è fin troppo lontano al momento, e non posso fare altro che ignorarlo, tentando, come se potesse servire a qualcosa, di concentrarmi sul volto turbato del mio bambino, nella vana speranza di incitarlo a venire verso me.
Scegli me tesoro... scegli me...
“Dai, ti do una mano.” Gli dice poi, appoggiandosi sulla sua spalla minuta. Conan lo guarda sconcertato, dagli occhi perplessi. Sussulto, incredula. Cosa vuole fare?
“Abbiamo...” comincia, puntando l’indice contro Gin. “Un maschione forte e sicuro di sé, convinto di essere il più bello di tutta l’organizzazione.”
L’interessato assottiglia gli occhi, seccato. Ma, Conan, fortunatamente, dimostra appieno l’odio di cui mi aveva avvertito all’inizio della nostra conoscenza.
Mai il giudizio di un bambino fu più azzeccato.
“No, lui lo odio. A prescindere.”
Kemerl ridacchia, mentre io tiro un sospiro di sollievo. Uno è andato.
“Oppure lui... è rude, grande e grosso, ma anche padre, e quindi potrebbe trattarti come un figlio.” Dice, rivolgendosi all’uomo alle nostre spalle. Un tipo forzuto, da duecentoventi chili, che non fa altro che mangiare e fumare tutta la giornata. Disgustata, spero che Conan abbia un briciolo d’intuito anche in questo caso.
“Ehm...  è lui quello che a stento mi darà il cibo?”
Alla domanda, ridiamo tutti, mentre l’interessato arrossisce, in imbarazzo. Kemerl gli poggia addirittura una mano in testa, scompigliandogli i capelli.
“Lasciami” sbotta Conan, scansandosi dalla sua presa.
“Da dove l’hai presa tutta ‘sta simpatia? Tuo padre non di certo.”
E mentre lo dice, mi manda un’occhiata divertita e strana, come se sapesse io chi sono.
A me, sembra che sia impazzito. E non da adesso, ma già da un po’ di giorni. Si dimostra subdolo, ambiguo, ma allo stesso tempo, gentile e scherzoso, come non l’avevo mai visto prima d’ora.
“Toichi?” lo chiama la moglie, avvicinandosi a lui. “Ma cosa ti sei fumato?”
“Taci tu. Mi sto divertendo.”
Cikage sobbalza, destandosi per l’atteggiamento di suo marito. “T-ti stai... divertendo?”
Kemerl, ignorando nuovamente la moglie, prende per mano mio figlio, spostandosi di qualche metro, posizionandolo di fronte ad Heiji. Sarebbe una vera fortuna che Conan scegliesse mio cognato, saprei di tenerlo vicino, sicuro e protetto.
“Allora... lui è un tipo che sta sempre in mezzo a qualsiasi cosa. Non lo vuoi vedere? Succede. Lo blocchi su un’autostrada con un falso incidente, impedendo che venga? Magicamente te lo ritrovi davanti. Quindi, se vuoi avere un po’ di privacy, io non te lo consiglierei.”
In questo caso, credo che se la maschera di Heiji potesse sbiancare lo farebbe, e so anche il perché.
Quel riferimento alla strada non era casuale, ma faceva stretto legame all’incidente che Kemerl causò sette anni fa, tentando di frenare l’intervento del mio amico a favore di Shinichi.* E il fatto che l’abbia detto, dimostra pienamente che è a conoscenza della sua identità.
Il puzzle sembra complicarsi sempre di più. I tasselli sembrano sparire, oppure semplicemente, si confondono con altri. Spetta a me scovarli e metterli al posto giusto?
Cerco di far ordine nella mia mente, concentrandomi sugli avvenimenti degli ultimi tempi.
Shinichi muore ustionato in un magazzino abbandonato, dopo aver parlato con Kemerl che, secondo Toisuke, gli aveva promesso di lasciar stare me e Conan. Nel frattempo un uomo somigliante a mio marito, Kaito Kuroba, controlla i nostri spostamenti, facendosi notare da mio figlio, donandogli il braccialetto del padre. Facciamo la conoscenza di Gin ed Arthur, che hanno il compito di avvicinarci, ma i nostri animi vengono turbati dall’incontro con Kemerl, in quel vico buio di Tokyo. Lì, l’uomo, tentò di ucciderci, ma solo grazie all’intervento della polizia potemmo salvarci.
Una chiamata anonima, una chiamata. Ricordo che Heiji mi disse che qualcuno l’aveva avvisato della presenza dell’assassino da quelle parti. Una chiamata anonima... e Kemerl che appare.
E’ mai possibile che...
“Un po’ come mio zio Heiji!”
La voce di Conan mi riporta alla realtà, facendomi sobbalzare. Data la sua perspicacia, i miei occhi sono così aperti che potrebbero uscirmi fuori dalle orbite. E la stessa espressione ce l’ha Kemerl, ed anche mio cognato. Wunderwaffe, invece, ha il viso turbato e preoccupato, tant’è che più volte lo strofina con la mano, con gesti repentini e agitati.
“Esattamente!” Esclama il mio ex fidanzato, entusiasta. “Questo ragazzino è un genio.”
“Hai conosciuto mio zio?” domanda Conan, col tono ingenuo.
“Sì, ho avuto il dispiacere di conoscerlo, molti anni fa.”
Tossicchio, turbata dalla situazione. Kemerl mi manda un’occhiataccia, tra il cupo e il divertito.
“Allora? Lui va bene?” gli domanda ancora, sorridente. “Assomiglia a tuo zio...”
Conan si strofina il mento, pensieroso. “No, uno zio mi basta e avanza.”
“Ok” continua, come se davvero la cosa lo stesse divertendo. Poi, puntando me, fa avvicinare Conan al mio corpo, abbassandosi alla sua altezza.
“Lei... lei è una donna meravigliosa. Si chiama Vanille Haine, è francese. E’ una di quelle che, guardandola, ha il potere di farti cambiare idea, su tutto. Su ogni tua convinzione, su ogni tuo pensiero.” Mi dice, abbondando il tono melodrammatico.
“Toichi!” sbotta la moglie, visibilmente ingelosita.
La domanda che mi strugge è capire se si stia riferendo a Ran o a Vanille, perché quei suoi occhi sognanti non sembrano star fingendo.
“Però, attento, è subdola. E può nasconderti di tutto.” Dice poi, ignorando completamente le lamentele della donna. Io sussulto, rendendomi conto che sa per certo anche di me. Ha scoperto la mia identità, e si sta divertendo.
Ma a che gioco stai giocando, Richard?
“Oh...” Conan si lascia andare ad un verso stupefatto, mentre fissa i suoi occhi blu sui miei. “Ne sembri innamorato!” dice poi, senza pensarci.
Kemerl arrossisce d’un tratto, colorandosi di un rosso fuoco. Tossicchia, in evidente imbarazzo.
“Macché! Su, su... adesso scegli! Muoviti!” lo rimbecca, con un tono molto più brusco di quello utilizzato fino ad adesso. Io, avendo ignorato completamente gli eventi, troppo presa dalla situazione, ho il viso fisso sul mio piccolo.
Scegli me tesoro...
Continuo e provo a chiamarlo mentalmente, nella speranza che mio figlio recepisca le mie paure, e si fidi del suo intuito. Ma, prima che possa esprimere qualsiasi opinione, Conan si allontana di qualche passo, sistemandosi dinanzi a Wunderwaffe.
“E voi? Che guardate?” chiede con stizza Kemerl, riferendosi ai suoi scagnozzi. “A lavoro su! Non vi pago per spassarvela!”
Nel giro di qualche minuto, i vari uomini si defilano, lasciando l’appartamento, e portando con loro le varie attrezzature o armi. Nella stanza restiamo in pochi, tre paia circa. Tutti ad assistere alla scelta di mio figlio, anche lui, insolitamente, sereno.
“E lui?” domanda poi mio figlio, indicando Arthur. Quest’ultimo osserva Kemerl avvicinarsi, e sfoderare un ghigno ancora più beffardo del precedente.
“Lui si chiama Wunderwaffe.” Lo informa, affiancandolo. “A proposito... lo conosci il tedesco, Conan?”
“No.” Gli annuncia mio figlio, facendogli segno col capo. Io sobbalzo, incredula.
Centra qualcosa il suo nome?
“Aspetta, fammi pensare a come descrivere il nostro hacker allora.” Si passa una mano sotto il mento, sorridente. Arthur, intanto, la mano la passa tra i capelli, un po’ sconvolto.
“Ah! Ci sono!” esclama, gioioso. Porta i palmi sulle spalle di mio figlio, abbassandosi alla sua altezza.
“L’hai studiata la Seconda guerra mondiale?”
La Seconda guerra mondiale?
Aggrotto le sopracciglia, stupefatta. Magari si è realmente fumato qualcosa, non so.
E’ diverso da quello che conoscevo, ne sono sicura. L’uomo che provò ad uccidere me e mio marito, in quel lontano magazzino, non può essere lui. E’ impossibile.
“Non ancora, ma ho visto alcuni documentari.” Gli dice Conan, con estrema sincerità.
“Ok, e ti ricordi come si chiamava la forza aerea tedesca?” gli chiede, quasi speranzoso. Wunderwaffe, intanto, si lascia andare ad uno sbuffo e ad un sussurro seccato.
“Dai, è ridicolo.” Gli dice, ma il mio ex fidanzato non pare sentirlo.
Conan ci pensa un attimo su, ma il suo ragionamento non è tanto rapido quanto quello di Heiji, al mio fianco, che sovrasta i nostri pensieri con la sua voce marcata e sicura.
“Luftwaffe.*” Afferma, convinto. “Si chiamava e si chiama Luftwaffe.”
Poi, abbassando le palpebre, azzarda un sorrisetto e sussurra qualcosa. “Ecco dove l’avevo sentito.”
Seguo il suo ragionamento, ricercando nella mia mente ricordi remoti e sepolti sotto cumoli di anni. Con gioia, ricordo anch’io di quell’armata, ma non so come essa possa essere ricondotta all’hacker.
Kemerl intanto, esulta, sempre col riso stampato sulla bocca. “Esattamente!”
Gironzola un po’ per la stanza, soffermandosi sul volto turbato del mio amico che, dopo quello che ha detto, sembra ansimare. Abbassa e rialza lo sterno con una notevole rapidità, tanto da farmi preoccupare.
“Tutto bene?” gli chiedo, perplessa.
Colui che un tempo chiamavo Richard, fa lo stesso, e gli poggia una mano sulla spalla, con un ghigno stampato sul viso.
“E’ vero? Tutto bene, Nishi?” accentua poi la voce sul suo nome, beffeggiandolo.
Heiji annuisce, togliendo con forza la presa di Kemerl dal suo corpo.
“Mai stato meglio.”
Indietreggiando, il mio ex fidanzato si riavvicina a mio figlio, sistemandosi quasi al centro della sala. Alla mia destra, Heiji appare ancora turbato, con gli spalancati e col respiro affannoso. Lo vedo passarsi una mano sul viso, come stesse cercando di svegliarsi da qualche incubo. Poi, all’improvviso, sorride.
“Ehi?” lo chiamo, sussurrando, facendolo voltare. “Che è successo?”
Ma non risponde, e l’unica cosa che fa è donarmi un altro sorriso. Diverso da tutti quelli di quest’ultimo periodo. E’ sincero, è sereno, è felice.
“Qualcuno sa anche cosa significa?” chiede all’improvviso Kemerl, riportando l’attenzione su di lui.
Intanto, Wunderwaffe e mio cognato si stanno scambiando lunghe occhiate, attraversando la stanza coi loro occhi, in completo silenzio. Mentre io, col volto imbronciato, sto tentando di scogliere questa matassa di enigmi, dalla quale sembra essere emerso anche Heiji.
“Nessuno lo sa?” Continua a domandare, sorridente.
Mio figlio alza la mano, facendo notare il suo piccolo indice. “Io! Io!”
Mi verrebbe da ridere nell’osservare con quanta spensieratezza Conan riesca a stare tra noi. E, con quel suo dito alzato, sembra stia ad un’interrogazione. Non so se abbia capito la gravità della situazione, infondo è pur sempre un bambino, cresciuto nell’amore e nell’affetto, lontano dall’odio e dalla morte.
Come potrebbe capire certe cose se non sa nemmeno che possono esistere?
Kemerl si volta verso di lui, sfoderando sempre un ghigno compiaciuto. “Dimmi.”
“Se non sbaglio, significava arma dell’aria! Era stata ripristinata e potenziata da Hitler, che faceva completo affidamento su di essa, essendo molto più aggiornata tecnologicamente rispetto alle concorrenti europee!”
Il nostro capo applaude, soddisfatto. “Il suo significato è proprio quello di arma dell’aria. Pensa un po’, era qualcosa che poteva annientare interi paesi, ed era ciò con cui avanzarono maggiormente i tedeschi, a quel tempo. Era il loro punto forte, dove sapevano di poter vincere senza troppi problemi.”
“Toichi, non sapevo amassi la storia in questo modo!” lo prende in giro la moglie, seduta alle nostre spalle, ridente.
Il marito l’osserva in malo modo, assottigliando gli occhi. “Idiota, sono in parte tedesco. Saprò qualcosa su di loro, o no?”
“Va beh...” risponde seccata la moglie, con uno sbuffo. “E tutta questa pacchianata cosa centra con Wunderwaffe?”
Ecco, lo vorrei sapere anche io. Sembro essere l’unica, a parte la donna, a non averlo capito.
Kemerl ridacchia, abbassando il capo.
“Waffe in tedesco, per l’appunto, significa arma” comincia a spiegare, riavvicinandosi all’hacker e a Conan che, col suo viso puro e dolce, si sta interessando sempre più alla conversazione.
Arthur lo osserva torvo, mentre Heiji li raggiunge da dietro, lasciandomi da sola a pensare.
“Wunder significa meraviglia.” Continua poi, sorridendo all’hacker, affiancato da mio cognato.
Kemerl, intanto, ha di nuovo fatto leva sulle ginocchia, abbassandosi all’altezza di Conan. Parla a lui, come se nella sala non ci fosse nessun altro. Mi avvicino anche io di qualche passo, sebbene le gambe mi tremano dall’angoscia.
“Vedi, Conan. Letteralmente sarebbe un’arma meravigliosa. Ne conosci qualcuna?”
Mio figlio sembra pensarci su, grattandosi il mento, pensieroso. Poi, l’uomo si rialza, girandosi verso di noi.
“E voi, non conoscete alcuna arma che faccia miracoli? Un’arma che, proprio come un hacker, sappia infiltrarsi in qualsiasi sistema e distruggerlo?”
Le mie palpebre si allargano, incredule.
La sua frase, le sue parole, il suo tono... tutto mi suona in un altro senso.
Le labbra si aprono, mentre i piedi continuano a voler camminare, senza fermarsi.
I presenti sembrano pensarci, mettendo in moto quel cervello che per troppo tempo hanno tenuto fermo.
Io, sento di dover rispondere e non poterlo fare.
Sento nascere dentro di me una gioia incontenibile, che a stento riesco a trattenere.
Sento le lacrime bagnarmi il mio viso, quello vero, e scorrere sulla mia pelle, inumidendola.
Sento le mani in continuo fremito, ansiose di toccarlo, di muoversi, non potendo più stare ferme.
Il cuore è in fibrillazione, il suo battito si scontra contro il mio petto, donandomi un tremolio generale e continuo.
Da quanto tempo non mi sentivo così?
Non ho nemmeno il coraggio di alzare gli occhi e guardarlo. La paura mi frena e mi porta a cullarmi in questa meravigliosa sensazione paradisiaca, e mi sballa, come se avessi assunto la peggiore delle droghe.
E se tutto questo fosse un sogno? Allora che nessuno mi svegli, voglio morire dormendo.
“Sì. Io la conosco” sussurro, ma col tono di voce abbastanza alto da poterlo fare ascoltare. Kemerl si gira verso di me, invitandomi a proseguire, con un sorriso amaro stampato sul volto.
Ma io, mi sono già persa ad osservare colui che ha da sempre l’abilità di sorprendermi e di tubarmi.
Colui che rappresenta tutto ciò che c’è di importante a questo mondo.
Colui che, adesso, è lì, appoggiato ad un pilastro, con le mani incrociate al petto.
Colui che adesso mi sta donando uno di quei sorrisi a cui, io, non sono mai riuscita a resistere.
Inimitabile, indelebile ed indimenticabile.
Lui.
“Il proiettile d’argento.”
 
*
 
“Scelgo lui. Somiglia tanto al mio papà.”
“Ci avrei scommesso.” Sospira Kemerl, adornando il viso con un sorriso amaro.
Così fa per andarsene, rimettendosi in posizione eretta. Ma prima di dileguarsi, mi passa accanto e si ferma un istante a contemplare il mio volto, traboccante di gioia.
“Se vuoi, puoi accompagnarlo.”
 
 
*
 
“Eccoci qui, Conan. Questa è casa mia.”
Credo di amarla già, questa voce. E’ finta, falsa e nasconde dietro sé misteri irrisolvibili. Ma è Sua. Ed ogni qualvolta la ascolto, sento il mio cuore battere sempre di più, senza smettere.
Come suggeritomi dal mio ex fidanzato, che continua a mostrarsi più ambiguo che mai, ho accompagnato mio marito e mio figlio in questa nuova casa, che già profuma un po’ di noi. Mio marito e mio figlio.
Sospiro, serena. Come non mi sentivo da tempo ormai.
Mio marito e mio figlio, insieme.
Lui non le può vedere, come non ha potuto o dovuto fare in quest’ultimo periodo, ma le mie lacrime desiderano accarezzare il suo viso, e poggiarsi sulla sua spalla. Ardo dalla voglia di abbracciarlo, e stringerlo forte a me, alla ricerca della prova che tutto questo non è uno stupido sogno o frutto della mia immaginazione.
Ma che alla fine, è stato sul serio solo un brutto incubo.
“Quanti computer!” esclama sorridente il nostro bambino, avvicinandosi ad essi. Chiudo la porta alle mie spalle, con le mani leggermente tremanti dall’emozione. Cammino verso di lui, con passi lenti ed incerti, e mi fermo ad osservare le sue spalle muscolose, coperte da una maglia a maniche lunghe, abbastanza stretta da non lasciare spazio all’immaginazione. Come ho fatto a non notare particolari così importanti in questi giorni? Io che lo ricercavo ovunque, in ogni oggetto, in ogni espressione ed in ogni luogo, ero così accecata dal dolore da non accorgermi d’averlo accanto, proprio vicino me.
E poi, perché mi sento così debole al pensiero di dovergli parlare?
“Cosa vuoi per pranzo piccolo?” gli chiede, poggiandogli una mano in testa, scompigliandogli i capelli.
Stavolta mio figlio si lascia cullare in quel gesto, che non sembra donargli il minimo fastidio.
Conan non è a conoscenza del fatto che i due malviventi che lo sorveglieranno, e che gli staranno vicino in questi giorni, sono proprio i suoi genitori. E non sa nemmeno che dietro alla figura dell’hacker impacciato e timido, si nasconde il suo adorato papà. Però, sembra sereno, e questo lo fa essere anche me.
Infondo, per rivelargli una cosa così importante bisogna farlo con calma, cercando di spiegargli per bene la situazione. Spiegazioni che vorrei tanto avere anch’io, e che otterrò nel giro di poco tempo.
Shinichi non mi guarda, non si volta neppure a sorridermi. E’ così impegnato a parlare con Conan che sembra essersi completamente scordato della mia presenza. Tossicchio, facendomi notare.
“Posso prepararti quello che vuoi!” gli dico sorridendo, e lanciando un’occhiata a mio marito. “Sempre che il nostro hacker abbia qualcosa da mangiare.”
Lui ridacchia, issandosi all’in piedi ed avanzando verso la cucina.
“Dovrei, dovrei.”
Lo raggiungiamo nel giro di qualche secondo, sebbene mio figlio incominci a mostrarsi un po’ schivo nei nostri confronti. Mi sta dietro, con gli occhi puntati su di noi, e col corpo teso e in allerta.
Se solo potesse sapere che non potrei fargli mai del male, e che potrebbe rilassarsi e godersi questi attimi, potrei risparmiargli il nervosismo e la paura che, indubbiamente, staranno crescendo in lui.
“Allora... ehm...” apre il frigo Shinichi, mettendosi a meditarlo. “Abbiamo pomodori, salsa al tonno, insalata non troppo fresca, e...” continua poi, avvicinandosi ai vari mobili affiancanti la cucina. “Un po’ di pane.”
Sussulto, girandomi verso di lui.
“Oh! Conan... ci facciamo un bel panino al tonno, ti piace?” domando, ben conscia della risposta. Lui annuisce, come prevedevo, e prende posto a tavola, spostando una sedia. Poi, poggiando i gomiti sul piano, lo vedo mantenere il viso nelle mani.
“Mi ucciderete vero?”
Io e Shinichi sussultiamo, spalancando gli occhi. Ci giriamo verso nostro figlio, un po’ sorpresi sul cosa dire, ma è il padre il primo ad avvicinarsi a lui, e a parlare.
“No, puoi stare più che sicuro che non potremmo mai farlo.”
“Se non lo farete voi lo farà qualcun altro allora” ci rivela, col tono intriso di punte tristi. Li raggiungo, e gli poggio una mano sulla spalla, ma ancora una volta è Shinichi a rassicurarlo, con un dolce sorriso stampato sul viso di plastica.
“Non succederà. Almeno non prima di aver fatto i conti con me.”
Conan pare colpito dalle sue parole, così tanto che riesce ad alzare lo sguardo e mostrarci i suoi occhi cristallini bagnati dalle lacrime. Mi strugge il cuore a vederlo così sofferente, ma a quanto sembra per mio marito è meglio tenergli tutto all’oscuro per il momento, cosicché non possa finire in nessun altro guaio.
“Io... io non vi credo!” sbotta, mentre una goccia va a solcargli il viso pallido. “V-voi avete ucciso mio padre! Siete cattivi, cattivi!”
Sospiro, scostando la sedia alla sua destra. Mi siedo, e gli poggio una mano sul braccio minuto che, con la sua forza, sta agitando inconsapevolmente contro il padre. Shinichi lo osserva intenerito, con occhi lucidi.
“E se ti dicessimo che tuo padre è vivo?”
Conan si ferma di scatto, girandosi con estrema lentezza verso di me. Ha le pupille dilatate dalla notizia, la bocca aperta e i muscoli tirati. Tenta a dire qualcosa, ma non ci riesce, bloccandosi in balbettii.
“C-Cos-sa? P-papà è-è v-vivo?” chiede, con la voce rotta dai singhiozzi.
Do un’occhiata a Shinichi che, intanto, mi sta osservando con preoccupazione. Deglutisco, tentando di fargli percepire la mia angoscia, e cercando di captare ciò che vorrebbe dirmi. Lo vedo sospirare, e portarsi le mani sul viso, stropicciandolo. Sebbene ancora non riesca a scrutare il suo volto, è più che evidente che sia stanco e ansante, pronto a crollare da un momento all’altro. Vorrei avvicinarmi, stargli accanto e stringerlo tra le mie braccia, ma non riesco ancora a trovare il coraggio.
Lo shock di averlo avuto sempre accanto, e la scoperta di non averlo perso, hanno minato le mie forze fisiche, recandomi un grave malessere alla testa e allo stomaco. Tutta colpa delle emozioni che da sempre accompagnano le mie giornate, e perdono il controllo a contatto con Shinichi.
“E-ehi!” mi chiama Conan, distraendomi dai miei pensieri. “Rispondi! E’ vero quello che h-hai detto?”
Strattona con la sua mano piccola e tenera la mia maglia, avvicinandomi di qualche centimetro a lui.
“Facciamo così” dice all’improvviso Shinichi, nelle sembianze dell’hacker. “Se fai il bravo, te lo diremo.”
Nostro figlio sbatte più volte le palpebre, incredulo. “Ma io lo voglio sapere adesso!”
“Mi dispiace piccolino, dovrai pazientare.”
“Un indizio?” chiede, azzardando un tono fin troppo ingenuo.
Shinichi ridacchia, ed io lo imito, sorridente. “Nessun indizio.”
“Diamine.” Sbotta, sbuffando.
Mi alzo di nuovo, e raggiungo la cucina, preparando il necessario per il panino. Lo mangia molto frettolosamente, dimostrando che nelle ultime ore è rimasto sostanzialmente a digiuno. Lo imitiamo, e ci mettiamo a scherzare un po’, nel tentativo di farlo sentire a suo agio. Nel frattempo, Conan ci chiede il permesso per alzarsi e mettersi sul divano, cosicché da poter accendere la tv. Lo accompagniamo, e ci stendiamo con lui su quel salotto che, sebbene mi sia estraneo e nuovo, ha un’aria invitante e molto comoda. Shinichi ha gli occhi luccicanti e puntati sul figlio, una mano protesa sotto la sua nuca, che va ad accarezzargli la spalla, con un tocco leggero.
Perdiamo qualche ora così, in silenzio, col solo suono dei programmi a disturbarci.
Solo io, Conan e Shinichi. Nessun altro, nessun problema e nessuna paura. Solo noi.
Qualcosa che, fino a qualche giorno fa, avrei pagato per vivere e vedere.
Che miracolo...
Con il passare del pomeriggio, Conan comincia a rannicchiarsi su se stesso, infreddolito. Attento ad ogni sua mossa, Shinichi si alza e si toglie la maglia che poco prima indossava, rimanendo in canottiera. Mi fermo ad osservarlo, estasiata da una visione troppo bella per essere vera.
Copre nostro figlio che, rilassandosi nel calore di quell’indumento, si scoglie tra le braccia di Morfeo, socchiudendo man mano le palpebre stanche.
“Si è addormentato?” sussurro al mio uomo che, alla domanda, annuisce abbozzando un sorriso.
“Lo porto di là.” Mi dice, raccogliendolo tra le braccia e stando cauto a non fare mosse brusche che possano svegliarlo. Li seguo silenziosamente, ed entrando nella stanza col letto matrimoniale, rimbocco le coperte in modo da coprire Conan e lasciarlo dormire serenamente. Fuori è buio, e sebbene siano solo le cinque del pomeriggio, i lampioni della strada illuminano fievolmente l’ambiente, allontanando l’oscurità che potrebbe circondarlo. Usciamo, e socchiudiamo la porta alle nostre spalle, dirigendoci in soggiorno.
Ecco che, di nuovo, il mio cuore torna ad accelerare, accompagnato dal solito tremolio che mi prende le mani e le gambe, facendomi faticare a stare all’in piedi.
Perché ho così paura di parlargli?
Ripenso a tutto quello che è accaduto ieri notte, arrossendo al pensiero della sua reazione e di tutto ciò che ha seguito la violenza di Gin.
“Non dici nulla?” mi chiama, abbandonandosi al divano, e mantenendo le mani unite, appoggiate alle ginocchia.
“Sì.” Gli rispondo, deglutendo, ed abbassando le palpebre. “Voglio vederti.”
Mi avvicino a lui, lasciando che le sue mani si sciolgano e faccino posto alle mie cosce, che si insinuano tra le sue gambe. Facendo leva sui piedi, mi accovaccio su di lui, poggiando le ginocchia sul divano, e portando il mio peso verso il suo petto. Le mie mani corrono lungo la sua pelle, finché non vado a scorticarla, alla base della gola. Da lì parte la maschera che man mano viene via, e con l’aiuto delle mie unghie, libera la sua vera identità, rivelandomela. Un collo pallido lascia spazio ad uno molto più lucido, mentre un viso pullulante di foruncoli si trasforma in un volto meraviglioso e scevro d’imperfezioni, dalla pelle perfetta. Tornano anche le sue labbra e, per finire, i suoi occhi. Ancora più azzurri e profondi di quanto potessi ricordare. Ancora più belli e marcati da quei suoi tratti così mascolini, che vanno a coesistere con un insieme così unico ed eccezionale. Una volta liberati anche i suoi capelli, lancio la maschera dall’altra parte del salotto, con poca cura.
Rimango per un po’ ad osservarlo, completamente rapita dalla sua bellezza.
Lo noto avvicinarsi, e fare la stessa cosa col mio viso. Lo libera man mano da un alter ego che mi stava fin troppo stretto, e che non vedevo l’ora d’abbandonare.
“Ciao moglie...” mi dice, ma con un tono completamente diverso. Le sue labbra hanno rilasciato la sua vera voce, quella di Shinichi Kudo.  E’ un tuffo al cuore che mi provoca una stretta allo sterno, e mi porta ad avvinghiarmi al suo petto caldo e muscoloso. Non riesco nemmeno a frenare le lacrime, che cominciano a scorrere sul mio viso, rigandolo.
“Ciao marito...” Dico, bloccata dai singhiozzi.
Lo sento passarmi una mano dietro la schiena, mentre l’altra va ad alzarmi il viso, costringendomi a guardarlo. Mi sorride, un po’ incerto per il mio atteggiamento.
“Perché piangi?” mi chiede, donandomi un bacio sulla guancia, che si infiamma al suo tocco. Credo di non essere nemmeno più abituata alle sue attenzioni. Negli ultimi tempi, esse, avrebbero potuto essere soltanto un misero ricordo. Un bellissimo ricordo che tentava di riscaldare le mie giornate, mentre fuori era pieno inverno. E adesso, sentirlo lasciarmi una scia di baci lungo il mio viso, per poi scendere verso il mio collo, è un martirio così penetrante, da non poterlo sopportare. Le mie lacrime vanno a infrangersi anche sul suo volto, attaccato al mio, e vengono repentinamente bloccate a superficie dalle sue dita, che cercano di asciugarmi le palpebre. “Ehi, smettila di piangere...”
Mi stringo sempre più forte al suo petto, incavando le unghie nella sua pelle.
“Mi sei mancato... Non puoi neanche immaginare quanto...”
“Sono qui adesso. Sono con te Ran.”
Ritorna ad alzarmi il viso, ma stavolta fa di più. Avvicina le mie labbra alle sue, che tornano a toccarsi dopo tanto, troppo, tempo. Mi lascio trascinare in quella meravigliosa sensazione, che mi dona la forza di alzarmi un po’, e passargli una mano tra i capelli. Ci scambiamo prima un bacio casto e pulito, inumidito dalle mie lacrime che si scagliano violente sui nostri profili, per poi trasformarlo in qualcosa di molto più sensuale e caldo. La sua lingua viene a giocare con la mia, e a muoversi dolcemente nella mia bocca, rilasciandomi il sapore del suo corpo e la fragranza della sua anima. Il bacio continua, alimentato dai nostri respiri che vanno ad insidiarsi sulle nostri pelli, facendole rabbrividire. Sento le braccia di Shinichi stringermi a sé, e trattenermi con la sua forza lungo i lati del suo corpo. La mia mano cade dalle ciocche dei suoi capelli corvini al suo viso, andandolo ad accarezzare, fino alle sue spalle, per poi giungere dietro la schiena. Lo abbraccio anch’io forte a me, come se non volessi mai più lasciarlo andare, dopo tutto il dolore sofferto dell’ultimo mese. Completamente in estasi, avverto il bisogno di staccare le nostre bocche, in modo da rilasciare un gemito.
“Era un modo per farmi smettere di piangere?” Gli domando ridacchiando, sebbene un po’ arrossita. “Perché ci sei riuscito.”
“No. Era un modo per farti capire che non è un sogno” mi dice, incurvando le labbra in un bellissimo sorriso.
“Giusto... Bentornato, amore.”

 

 
 
 
 
*Luftwaffe* Link diretto a wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Luftwaffe_(Wehrmacht)
 
 

Angolino autrice:
Siete ancora vive? Tutto bene? Nessuna di voi è svenuta, vero?
Lo so! Lo so! Ho detto una BUGIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIA! Anzi, ne ho dette parecchie XD
Però, davvero, se non avessi mentito per tutti questi capitoli, la gioia di rincontrarlo sarebbe stata la stessa? Ragazze, sappiate che avete davanti la fan numero uno di Shinichi e della coppia, ed ovviamente, io, non potevo assolutamente farlo morire! Soprattutto dopo aver scritto “Vivere d’emozioni” ed avergliene fatte passare di cotte e di crude a sti due XD
Ve lo aspettavate che comparisse adesso?
Ehi, ehi... cosa state facendo? State smanettando davanti al monitor tentando di capire se è realtà quello che avete letto?! Lo è, lo è!
Shinichi è Wunderwaffe, Wunderwaffe è Shinichi. E lo è stato per tutti questi capitoli... infatti, se andreste a rileggerli, capirete un tantino di cose in più, adesso :P Ad esempio, nel quinto capitolo, capirete perché cade accidentalmente della coca cola addosso a Ran :D *Non dice altro XD*
Oddio, non sapete quanto ero in difficoltà quando lo sospettavate! Non sapevo come confondervi, anche se, l’atteggiamento strano e fin troppo benevolo di Kemerl, vi ha portate su un’altra strada.
Però... come avrete capito, i misteri, e la storia XD, non sono finiti qui... anzi, ne vedremo delle belle!
Però, volevo fare luce sul nome di Shinichi!
Sappiate, come avrete intuito dalla spiegazione dettagliata di Kemerl XD, che non è scelto a caso!
Anzi, quando stavo per scegliere un nome per lui, la cosa divenne tragica. Non sapevo cosa e come fare... tutto mi sembrava scontato e brutto. Per lui serviva qualcosa di incisivo, diretto, e così... non ditemi perché xD, sono andata su google traduttore ed ho cominciato a tradurre nelle varie lingue “proiettile d’argento”. Guardate, non saprei spiegarvi come, ma nel farlo dall’italiano al tedesco, uscì Wunderwaffe, ed io me ne innamorai al momento! *_*
E poi, il fatto che fosse in tedesco, mi aiutava con una cosa... ehm ehm :D
(N.B. Se lo andate a fare, non esce più, non so perché .-. Adesso esce semplicemente “silver bullet” come se fosse inglese XD Ma credetemi che l’ho scoperto così, perché io dell’altra storia non sapevo nulla XD)
Quindi, colpita dal nome, e soprattutto dalla particella “waffe” che mi ricordava tanto la Luftwaffe tedesca ed anche il suo significato “arma dell’aria” (stavo studiando per l’esame di Stato, ed io ho portato per l’appunto la Seconda Guerra Mondiale), sono andata a ricercare il termine su google, imbattendomi nella pagina di wikipedia -------> QUI: http://it.wikipedia.org/wiki/Wunderwaffe , dove ho capito che, a parte lo scazzo di google traduttore (che mi aveva abbandonata, ma mi aveva dato la santa ispirazione XD), quello era il nome adatto a Shinichi!
Praticamente perfetto! *___* E a voi? E’ piaciuto, piace? ;P
Mentre... per il resto (tutto ciò che non ancora sapete) dovrete aspettare i prossimi capitoli!
Avete notato la reazione di Heiji alla scoperta del segreto che celava il nome di Shin? :)
E Kemerl che fa il dolce?! E poi... cosa potevano mangiarsi i Kudo, se non il tonno? Ammetto che quello era un chiaro riferimento alla sua natura :P
Comunque, adesso godetevi l’atmosfera che si respira in casa Wunderwaffe/Kudo, con Conan dolcemente addormentato
e mamma e papà che si riscaldano a vicenda in dolci e succulenti baci :P
Appena è ritornato Shinichi, subito si sono alzate le temperature per Ran :D E per noi :DDDD
Ah, un’altra cosa... mi serve un vostro consiglio XD
Pensate che debba mettere Shinichi tra i personaggi della fic? E poi... credete debba inserire il genere sentimentale,
ad introspettivo e mistero? Fatemi sapere... di questo e di tutto il resto!
Spero, e credo, che il capitolo vi sia piaciuto!
Recensioni, voglio tante recensioni! XDDD
Voglio vedere i vostri sfoghi dopo questa scoperta...
*Sono ben accetti sfoghi insensati e pazzi* XD
 
Va beh, adesso vado. Ringrazio aoko_90, CupiSBow, Delia23, LunaRebirth_, Martins, 1sere1 e Black_Princy per aver commentato l’undicesimo capitolo.
Grazie anche a chi legge soltanto.
 
Un bacione!
 
Tonia
   
 
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