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Autore: FranciUK    30/08/2012    4 recensioni
Mi sento la ragazza più fortunata del mondo, ma per riuscire a spiegarmi è meglio partire dall’inizio... l’inizio di che cosa? Semplice: della mia vita.
Ho cercato di rimanere nel verosimile ma a volte mil ascio andare alla mia fantasia, penso rispecchi un po' il sogno di noi tutte ragazze. Spero tanto che vi piaccia.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Imprevedibile

 

Mi sento la ragazza più fortunata del mondo, ma per riuscire a spiegarmi è meglio partire dall’inizio... l’inizio di che cosa?
Semplice: della mia vita.
Non c’è da spaventarsi, non la tirerò per le lunghe.
Aprile del 2001, avevo tre anni, un dente che ballava e una grandissima voglia di scorrazzare per il cortile dell’asilo in una
delle prime giornate di sole dopo un inverno gelido e insopportabile, ho odiato il gelo fin da piccola. Mi divertivo un mondo
con i miei sandaletti rosso lucido a correre sulle piccole mattonelle quadrate, volevo raggiungere in prato e saltare sull’altalena,
ma purtroppo la mia agilità non me lo permise, inciampai in una mattonella e caddi di faccia sul pavimento, subito mi misi a
sedere e scoppiai a piangere all’istante vedendo una chiazza rossa sul punto in cui avevo sbattuto, qualcosa spuntava da quella
macchietta, un pietruzza bianca che mi incuriosì parecchio, stavo per afferrarla quando... avevo il vizio di soffiare a denti stretti
per farmi ballare il dentino e sfiorarlo con la lingua e rimasi stupita a non sentirlo più, non c’era più, era scomparso, solo quando
mi focalizzai di nuovo sulla pietruzza capii cos’era successo. Ricominciai a piangere e a quanto pare attirai l’attenzione di un
bambino che avevo visto solo di sfuggita prima di allora, dato che solo un anno di asilo non mi aveva ancora permesso di fare
grandi conoscenze. Il bambino aveva degli occhi chiarissimi che quasi si confondevano con il bianco che circondava l’iride,
appunto azzurrissima, colpita dal sole, i capelli creavano contrasto perché di un nero pece, arruffati più che mai, ognuna delle
due cose faceva risaltare l’altra, l’occhio chiaro metteva in risalto il capello scuro e viceversa. Si avvicinò e mi chiese
«Perché piangi?» notai che nemmeno lui aveva più lo stesso dente che avevo appena perso io, gli indicai la pietruzza
nella macchia rossa sul pavimento «Oh no, anche a te è successo? Mi dispiace, sai, anche io ci sono rimasto troppo malissimo,
mi piaceva tanto farlo ballonzolare con la lingua...»
«Anche a me piaceva...» dissi singhiozzando con la stessa s che non mi riusciva più bene come al bimbo di fianco a me,
poi vidi che si piegò e prese in mano il mio dentino
«Apri la bocca» mi disse lui, lo feci «Io ci ho provato con il mio ma non ci sono riuscito, però magari con te riesco a riattaccarlo» ero curiosa di sapere se si poteva... ma niente da fare, anzi mi faceva anche male ogni volta che ci provava
«Uffa... scusami ma non riesco»
«Non importa... magari ne cresce un altro... chi la capisce questa bocca? Tu come ti chiami?» tese la mano
come facevano i grandi
«Io sono Zic, piacere» quel nome pronunciato da lui faceva un ridere pazzesco perché non riusciva a pronunciare
bene la z per colpa del dente mancante, mi scappò una risatina
«Piacere io sono Francesca, ma chiamami Fra, perché sennò è troppo lungo» gli strinsi la mano come fanno i grandi,
poi arrivò la maestra e iniziò a fare domande tutta preoccupata.
Questa fu la prima volta che incontrai Zic, all’età di 3 anni, all’asilo, perché si era offerto di riattaccarmi un dentino,
e chi l’avrebbe mai detto che saremmo diventati migliori amici? Dopo quell’episodio ci ritrovavamo sempre assieme a
giocare, nel cortile o nella sala dell’asilo, così anche alle elementari, poi alle medie studiavamo assieme, uscivamo,
andavamo dappertutto per il paesino sperduto in cui abitavamo, fuggire da lì era semplicissimo, lo facemmo parecchie
volte, ogni volta i nostri genitori si preoccupavano tantissimo ma poi vedendoci tornare sempre felici si calmavano,
così evitavamo le punizioni. Facevamo tutte cose del genere, noi due sempre assieme, è ovvio che avevamo altri amici,
ma non ci fidavamo di nessun altro come l’uno per l’altra. Continuammo a fare scappatelle simili fino a quando ci trasferimmo
entrambi ma in periodi poco distanti in una cittadina vicina, per la scuola, infatti finite le medie avevamo scelto una scuola un
po’ lontana, quindi ci eravamo dovuti trasferire, ma ala scuola era la stessa anche se con indirizzi diversi quindi saremmo potuti
rimanere assieme.
Ce la spassammo davvero alle superiori, fortunatamente riuscimmo a mantenere una bella pagella... decente pagella, anche
divertendoci, poi con l’età potevamo sperimentare sempre cose più nuove, avevamo sempre più libertà.
L’imprevedibile successe verso la fine del terzo anno, tra poco ci sarebbe stato il famoso ballo di fine anno che partiva dagli
alunni di terza, quell’anno ci eravamo dentro, sarebbe stato alla fine della settimana, sabato, sostituiva la normale festa di fine
anno del primo e del secondo anno. Eravamo a pranzo in una focacceria nella cittadina
«Nessuno mi ha invitata al ballo di fine anno... ormai ho perso tutte le speranze» mi accasciai con la testa sul tavolo, quasi
travolgendo la mia ficaccia farcita
«Che fine ha fatto Francesca? Che cosa ne hai fatto?» mi chiese Zic fingendosi spaventato, si riferiva alla mia insolita preoccupazione
per una cosa così futile
«Smettila, io ci tenevo, ma in effetti non le ho perse tutte le speranze... magari domani qualche ragazzo salta fuori con una roda
rossa e mi dice “Hei, vieni al ballo con me!”... uff» ripiombai con la testa sul tavolo
«Io devo smetterla? Tu devi smetterla! Di solito trovi il lato positivo e continui a vivere, adesso andiamo che sennò faremo un
flop totale al test di domani!»
«Anche tu hai il test?»
«Sì, è in comune tra i vari indirizzi... sbrigati» si alzò dal tavolo, così feci io e ci dirigemmo a casa sua, che ra la più vicina alla
focacceria, per studiare.
Il test non andò poi così male, tralasciai solo un paio di domande. Uscendo da scuola non c’erano buone notizie ad aspettarmi
«Ehi Cicca...» Giulia, la vipera battona che si aggirava per la scuola, mi aveva affibbiato questo soprannome che io odiavo,
e lei lo sapeva, solo perché il primo anno mi ero accidentalmente impiastricciata i capelli con una cicca che stavi masticando...
ma lasciamo perdere
«Hei G.» non sprecavo fiato a dire il suo nome per intero, con lei c’erano le sue viperette Ale e Sofia
«Ho visto che ti avvicini ancora a Zic, non ti è chiaro quello che abbiamo già provato a dirti?» piccolo particolare: Giulia aveva
una cotta per Zic, che in effetti crescendo era diventato proprio un bel ragazzo, e lei credeva che io gli stessi vicino sol per
farle un dispetto, ma non aveva capito che eravamo solo amici, perché purtroppo lei non conosce sentimenti a parte l’odio
«E a te non è chiaro che ti sei fatta un filmino tutto tuo?» dissi scocciata continuando a camminare, mi seguirono tutte e tre...
eravamo fuori dalla scuola
«Un filmino tutto mio eh? Beh vorrà dire che la conclusione spetta a me... e voglio un lieto fine, non certo per te» detto questo
mi tirò una ginocchiata sulla schiena che mi fece cadere a terra, poi una delle due altre sgualdrine mi sferrò un calcio sul fianco
«Stagli lontana Cicca!» disse alzando la voce per farsi sentire mentre si allontanava, io ero ansimante accasciata a terra, poi per
miracolo arrivò Zic
«Fra! Ma che cazz... cos’è successo?» riuscivo solo a tossire, quel calcio mi aveva perforato un fianco, Zic mi prese in braccio a
mi porto verso casa mia, poi riuscii a parlare
«Fermo... lasciami...» mi fece mettere in piedi
«Devo portarti a casa...»
«Non voglio...» tossii
«Avanti, a quest’ora i tuoi non ci sono nemmeno, andiamo cammina» mi teneva un braccio attorno alle spalle per
evitare che cadessi. Arrivati a casa mi misi sul divano
«Allora mi vuoi dire che è successo?» non sapevo che fare... ma ho sempre preferito dirgli la verità
«Giulia e le altre due sgualdrine...»
«Che cazzo Fra... cosa vogliono da te?»
«Loro vogliono... che io sparisca... loro vogliono te, beh più che altro Giulia ti vuole... e mi vede come un ostacolo...» scoppiai
a piangere, non so ancora perché, forse il dolore, magari la tensione, Zic mi strinse tra le braccia, avevo la testa affondata
nel suo petto. Poi decisi di andarmi a fare una doccia. Mangiammo da me.
«Senti ti ho già rotto abbastanza Zic, grazie mille di avermi salvata come fai sempre, adesso però ti lascio respirare» eravamo
ancora su quel divano, lui si girò verso di me guardandomi malissimo, da quello capii che non se ne sarebbe andato
“Ciao tesoro, siamo mamma e papà, per lavoro dobbiamo stare via un paio di giorni, affidiamo a te e a Ele la casa. Buona fortuna!”
era la segreteria telefonica che si avviò all’improvviso, Ele  è la mia sorella più piccola di un anno, infatti la considero come una
specie di gemella anche se da un po’ non c’è quasi mai in casa
«Ok... mettiamola così... vuoi restare da me stanotte? Ti prego dimmi di sì perché non voglio stare da sola, visto che
Ele non c’è...» dissi la verità implorandolo con gli occhi
«Sono domande da fare? Certo che si!» esultai
«allora in questo caso devi andare per forza... a prendere la roba per la notte» feci un sorriso a mille denti perché avevo
avuto ragione
«Moca hai qui della roba per le emergenze?» il mio sorriso si spense, aveva ragione, ma un po’ mi sollevava il fatto che
non se ne sarebbe andato
«Fila a farti la doccia che sto morendo di sonno... con amore» feci una risatina e lui si alzò per andare in doccia. Tornò
in pochi minuti.
«Stenditi sul divano» lo guardai malissimo
«Eh?»
«Hai capito bene Fra, voglio vedere se il tuo fianco è grave... avanti» mi distesi, alzai la canottiera e lui avvicinò la mano,
era a cavalcioni su di me
«Fa male se tocco qui?» sobbalzai
«SI!»
«Ok... ti metto un po’ di crema così domani mattina è già passato»
«Wow grazie! E’ in frigo... quella con la margheritina» mi mise la crema e poi salimmo in camera da letto
«Di solito quando i miei non ci sono dormo nel matrimoniale... a Ele non piace quindi sto da sola, a te andrebbe di farmi
compagnia?» annuì un po’ stranito, ci mettemmo a letto e mi addormentai in un istante, avevo davvero sonno.
Il mattino dopo il dolore al fianco era sparito, i svegliai sorridente per la prima volta al suono della sveglia, mi girai e vidi
Zic che pian piano apriva gli occhi, appena fu sveglio...
«BUONGIORNO! IL FIANCO È GUARITO!» sobbalzai sul letto e mi misi accovacciata su di lui «SVEGLIA CHE PURTROPPO
ANCHE OGGI C’È SCUOLA!»
«La tua sveglia è impareggiabile Fra...» disse lui tutto assonnato passandosi una mano sulla faccia.
Scendemmo a fare colazione una volta pronti, preparai dei pancake e ci misi la marmellata, una bontà
«Ti sto trattando di lusso caro mio, non si mangia così tutte le mattine... è una fortuna» feci la saccente
«Fortuna ripagata, devo farti una domanda: visto che nessuno ti ha invitato al ballo e tu ci tieni e io non ho niente da
fare quel giorno e mi piacerebbe andarci con te... a te piacerebbe venire con me?» rimasi di sasso
«SI! SI! SI! CERTO! Cavolo perché non ci ho pensato prima?» gli sorrisi e sorrise anche lui,  sarei andata al ballo, con la
persona migliore con cui sarei potuta andare!
La sera del ballo arrivò... o almeno arrivò l’ora dei preparativi, il giorno dopo dell’invito avevo comprato un vestitino
fucsia senza maniche fatto interamante da piccole balze che arrivava a mezza coscia, insomma corto come piace a me,
sandaletti bianchi con un tacco corto visto che non mi piacciono i tacconi modalità trampolo, una collanina con pietre
bianche e rosa, linea di eye-liner, mascara e rossetto rosso vistoso come piace a me. Ero pronta in un tempo record. Suonò
il campanello, i miei non c’erano, Ele era già uscita visto ch il suo cavaliere era già passato quindi ero sola, andai ad aprire,
eccolo Zic, con uno smoking nero quasi irriconoscibile
«Wow...» l’unica cosa che ero riuscita a dire dopo averlo visto, ma era già un passo avanti visto che lui era rimasto imbambolato
a fissarmi da quando gli avevo aperto la porta «Ok... non dormi che non mi hai mai vista con un vestitino simile perché non
è vero... ok è vero... SVEGLIA! Dobbiamo andare al ballo!» dissi ridendo, lui uscì dal coma e arrivammo a scuola.
Ci stavamo davvero divertendo, ma come non ci si poteva divertire con lui? Noi ci divertivamo sempre assieme.
«Bene ragazzi. vedo che vi state divertendo, ma purtroppo dobbiamo annunciare la fine della serata, vi diamo la buona notte
con questo lento, trovate la coppia e lasciatevi andare...» questo l’annuncio della professoressa Meldino, forse un tipo un
po’ troppo spirituale... del tipo “Aprite tutti i vostri chacra...” alquanto strana. Mi strinsi a Zic e iniziammo a ondeggiare
in modo strano, poi ci lasciammo andare come aveva detto la prof e ballammo il lento come si deve.
«I miei piedi non ce la fanno più, vieni a sederti» Zic mi prese per il braccio e mi portò su un divanetto
«Fra, questa è stata la serata più pazzesca che io abbia mai passato con te, è stato fighissimo...»
«Anche a me è piaciuto tanto»
«Ma devo dirti una cosa... mi sono accorto di non essere felice come ero prima... ormai è così dall’inizio del terzo
anno... io non ce la faccio a mentirti... è per questo che devi dirti che mi sento fortunatissimo ad aver potuto
godere della tua amicizia, della tua compagnia, ti ringrazio per ogni momento che abbiamo passato assieme, sei
la persona più fantastica a questo mondo , i tuoi innocui difetti ti rendono ancora più unica e speciale... io ti amo Fra,
non l’ho mai detto a nessuna infatti mai per nessuna ho provato quello che provo per te, tu per me sei l’unica.
L’esperienza più bella della mia vita» immaginatevi la mia reazione... come potevo restarci? Il ragazzo più perfetto
che ci fosse mai stato nella mia vita che mi dice tutte le cose che una ragazza vorrebbe sentirsi dire, gli avvicinai la
testa alla mia e lo travolsi con le mie labbra, l’avevo sempre desiderato ma non mi ero mai fermata a pensarci, grazie a
lui l’avevo capito. Entrambi avevamo trovato il nostro pezzo mancante per sentirci completi.
Imprevedibile eh? Dal tentativo invano di riattaccare un dentino a un amore che poi si è rivelato eterno. Questo è il
bello del non poter prevedere NULLA della nostra vita.

  
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