Nel bene e nel male, a testa alta.
Sono andata avanti a piangere per più di dieci minuti. Quando poi Jake mi disse che doveva andarsene mi vennero ancora le lacrime agli occhi, non volevo restare da sola quella notte.
Ero sicura che stando lì da sola gli incubi si sarebbero fatti vivi.
Dopo aver fatto i capricci come una bambina di cinque anni mi staccai da Jake e lo lasciai andare.
Erano quasi le undici e mezza di sera quando mi addormentai.
***
“ dove
sono? Non sono
più a casa della nonna….”
Mi trovavo
in un luogo
buio, silenzioso.
Il suono di
una
campana e la luce improvvisa che invase quel luogo. Ero a Barcellona,
nella
Sagrada Familia. L’avrei riconosciuta fra mille.
Altre
campane e poi
una luce abbagliante, tanto da dover chiudere gli occhi.
Quando li
riaprii ero
in un villaggio. Ero nel villaggio. Sì, dove lavorava mio
fratello.
Vidi una
bambina
correre di circa se anni inseguita da un bambino di circa tredici anni.
I due erano
fratello e
sorella e mi sembravano familiari.
Ero io con
mio
fratello. Me ne accorsi quando rividi i miei genitori che ci chiamavano.
Poi altre
campane. Poi
la luce.
Ero in un
parco, con
un fiumiciattolo.
I ciliegi in
fiore
tipici giapponesi e….. eccomi là, seduta per
terra a gambe incrociate con in
braccio Violeta ancora neonata. Poi sono arrivate la mamma e nonna Ami
in
kimono, doveva essere un giorno di festa….
Ancora le
campane e la
luce.
Ero ancora
in una
chiesa ma questa volta la luce era lieve.
Poi la voce della mamma e
quella del papà.
Papà
urlava contro la
mamma dicendo che era una bugiarda e poi le diceva che io ero come lei,
un
mostro.
Poi la luce
li
illuminò. Non erano lì. C’era solamente
una foto di mio padre per terra,una di
mia madre sospesa e
un quadro con su un
corpo femminile snello con un arco in mano e una faretra piena di
frecce sulla
spalla. Osservando meglio il quadro si vedeva che lo sfondo non era
bianco ma
era fatto di piume, piume appartenenti a due ali gigantesche che
partivano dalle
scapole di quel corpo senza volto. Sulle punte erano rosse di sangue.
Il quadro
poi si mosse e quella figura uscì dalla cornice.
Incoccò
una freccia
sull’arco e la lanciò. La freccia colpì
entrambe le foto che cominciarono a
perdere sangue.
Un’altra
freccia che
questa volta mi colpì in pieno petto. Mi accasciai a terra.
La figura venne
verso di me.
I nostri
nasi si
toccavano ma io non vedevo il suo volto.
La figura
poi aprì gli
occhi. Due occhi gialli contornati di nero mi osservavano. Erano i miei
occhi.
La ragazza
ero io. Il
quadro con le ali.
La mia copia
mi tirò
su in piedi ed entrò in me come se fosse un fantasma.
Le mie mani
erano
sporche di sangue, il mio sangue e quello dei miei genitori.
Urlai.
***
Mi svegliai urlando.
Le mie mani erano sporche di sangue, che mi scendeva dal naso.
Piansi al ricordo dell’incubo fatto poco prima.
Alle foto dei miei grondanti di sangue, le cercai nel cassetto del comodino.
Ebbi paura, non erano più lì.