Ad Emanuele e Tommaso, maestri di vita.
Divina (humanitas humana) comoedia.
-flashfic, 183 parole-
«Poi ch’ei posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta..»
Il pubblico, le luci, la musica.
I trucchi, le maschere, il gel e le forcine che tengono su tutti i capelli.
E poi la paura, l’agitazione.
Qualche lacrima, il cuore che batte forte.
Le gambe che tremano.
E tu, che ti avvicini.
Mi abbracci, mi sussurri che sarò bravissima.
Non so quanto sia passato, non lo so davvero.
Secondi, minuti, forse ore?
Ma perché d’improvviso tutto tace?
Dove sono gli altri, dov’è finita la musica?
Non c’è più il pubblico?
Non lo so, non sento più nulla dall’esterno.
Soltanto il tuo cuore, che batte vicino al mio.
Soltanto le tue labbra, leggere sulla mia fronte.
Soltanto le tue braccia, che mi stringono rassicuranti.
Forse questo è il Paradiso?
Poi mi scosti dolcemente, mi sussurri che ora devo andare.
Mi riscuoto, cerco di captare la mia battuta d’entrata:
«Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore..»
Eccola, ci siamo.
Un passo dopo l’altro, entro in scena, e le luci mi colpiscono con violenza.
Benvenuti all’Inferno.