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Autore: elyxyz    16/03/2007    11 recensioni
A grande richiesta, ecco il seguito di ‘Sì, lo voglio!’ (Con la speranza che sia di vostro gradimento...)
“Ho detto di sì. Però si fa come dico io, cioè alla vecchia maniera...” decretò spiccio il dottor House.
Genere: Commedia, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, Lisa Cuddy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sì, lo voglio

Stagioni

 

–Make a baby-

 

 

By elyxyz

 

 

Capitolo II – The First Impact.

 

 

 

 

Di fuori no un suono non c'è più,
le stagioni stan dormendo intorno a noi,
scorre acqua nuova dentro agl'occhi tuoi,
come è strano essere amanti io e te
eravamo solo amici io e te.

(Nomadi, Stagioni)

 

 

Greg si era appoggiato allo stipite della porta, mentre lei era entrata e aveva tirato le tende con un movimento nervoso. Si diede della sciocca, aveva le mani che tremavano. Sospirando, si girò verso di lui.

“Senti… non potremmo…?”

 

“Spegnere la luce?!” ipotizzò, anticipando il suo disagio.

 

Lei annuì.

 

“Ma allora il mio esibizionismo va a farsi benedire!” protestò, polemico; tuttavia allungò l’indice a schiacciare l’interruttore.

 

La camera divenne d’un tratto buia e silenziosa. Solamente l’eco irregolare dei loro respiri faceva intendere che non fosse anche vuota.

Poi, il familiare fruscio della seta che scivolava via, il rumore di una zip aperta, il tonfo di una scarpa contro il legno del parquet, e il frinire parossistico delle cicale fuori, che cantavano la loro devozione alla notte.

 

La rete scricchiolò appena, sotto il peso di lei, che con infantile ansia si era nascosta tra le lenzuola.

Di lì a poco, non sarebbero servite. Non l’avrebbero protetta. Perché avrebbero dovuto…?

Non era quello che voleva?

 

Un colpo sordo la distolse dai suoi pensieri.

“Ouch! Ma porca…” Gregory espresse il suo disappunto con una serie di coloriti epiteti. “Chi diamine ha messo la sponda di un letto qui?!” e s’accovacciò di malagrazia sul materasso, massaggiandosi il ginocchio della gamba sana e mugugnando la sua contrarietà.

 

La Cuddy rise di cuore: “E’ una camera da letto, questa.” Puntualizzò, stranamente più serena.

Grazie a quel piccolo ‘incidente’ la tensione era sparita d’incanto.

 

“Guarda che mi sono fatto male, non c’è niente da ridere…” borbottò, risentito.

 

Lisa s’impose un po’ di finto contegno. “Vuoi che ti visiti? O devo chiamare il 911?”

 

“Gno. Mi basta un bacino, così passa la bua…” Piagnucolò, come un bambino viziato.

 

“Te lo puoi scordare.” Replicò, lapidaria.

 

“Dottoressa dal cuore di pietra.”

 

“Sì, e dall’alcova pericolosa.” Asserì. “Soddisfatto?”

 

“Dovresti avvisare, prima che gli uomini ci salgano sopra: potrebbero restare gambizzati.”

 

“E’ Selezione Naturale anche questa…” disse lei, da sembrare quasi seria.

 

“Pensi che dovremmo fare conversazione ancora per molto? Non ho programmato il videoregistratore e non vorrei perdermi L Word, stasera…” la solita grazia elefantina di Gregory House.

 

Il corpo di lei vibrò d’autentico sdegno, per il repentino cambio di registro subìto come una secchiata d’acqua fredda.

Per cinque secondi, la dottoressa Cuddy pensò di cacciarlo via. Una spinta ben assestata, e sarebbe uscito dal suo letto. Dalla sua casa. E poi non se ne sarebbe parlato mai più.

Cinque secondi lunghi una vita.

E una vita per pentirsene.

 

“Non voglio fare conversazione, voglio fare un figlio.” Sibilò, livida.

 

“Così mi piaci!” nella voce il sorriso strafottente, che aleggiava nell’oscurità.

 

“Non ti devo piacere… devi fare il tuo dovere.” Lo ammonì, severa.

 

“Ti facevo molto stile: ‘due coccole e una sigaretta, dopo’.”

 

“Salta i preliminari e il riassunto, e arriva al sodo, per la miseria! O è da così tanto tempo che non vai con una donna, da non ricordare nemmeno da che parte si comincia?!” un affondo ben piazzato al suo amor proprio.

 

“Le tue insinuazioni non mi tangono, dolcezza. E, per amor di cronaca, non sai cosa ti perdi…”

 

“Oh, sì. Come no?! Lo Stallone del Princeton Plainsboro Hospital!”

 

“Ho la mia fama, tra le infermiere…”

“Sì. Dicono che sei insopportabile.”

 

“…e…?”

 

“Un autentico cafone. Francamente, dubito che si farebbero una sveltina con te, in astanteria.”

 

“Tzé! Fanno le ritrose solo perché sei il capo.” Le fece notare, con aria saputa.

 

“Non credo sia solo per quello, Stallone…” lo contraddisse, senza darsi pena di nascondere una punta di malignità.

 

Greg, affianco a lei, sbuffò insofferente. “Basta convenevoli.”

 

Il suo fiato le sfiorò il collo, facendola rabbrividire.

“Ehi! Hai i piedi gelati!” si lamentò.

 

“Nh…”

 

“Io li odio, spostali… ahhh…”

 

“Shhh…”

 

“Non… ahhhhh…”

 

 

****

 

 

“E’ stato…”

 

“'Stupendamente meraviglioso' è un eufemismo che mi farò bastare.” Concluse Greg, cercando di riprendere fiato.

 

“Pensavo a qualcosa di un po’ più terreno, ma te lo concedo.” Accondiscese lei.

 

“Tu invece sei stata discreta, ma riuscirai a migliorare col tempo.”

 

“Sembrerei ingenua, se sperassi in un tuo ‘centro al primo colpo’?”

 

“Sai che esistono i dottori? Se parli con uno di loro, ti saprà dire le statistiche…” la beffeggiò, “però potremmo continuare per puro scopo filantropico…” propose, sorridendo tra sé.

 

“Ok. Ne riparleremo… senti, non voglio metterti fretta, ma te ne potresti andare? Ho da fare…”

 

Lui si volse a guardarla, sorpreso, anche se in realtà poteva solo indovinarne il profilo, proiettato nell’oscurità.

 

Lei arrossì ugualmente. E se ne vergognò, perché non avrebbe dovuto.

 

“A mezzanotte arriva il prossimo pretendente?” s’interessò, caustico.

 

La Cuddy rimase sinceramente stupita per quest’attacco inaspettato. Non tanto per le sue parole, - razionalmente, riconosceva che non avessero nulla d’offensivo – quanto più per il tono, vagamente recriminatorio, da amante ferito.

 

Ma si era certamente sbagliata. Sicuro.

Magari la stanchezza e l’agitazione le avevano fatto cogliere sfumature inesistenti…

 

“Hai visto la fila fuori dalla porta, per caso?” replicò, a sua volta risentita. Poi si acquietò. “Voglio solo riposare con calma…” e s’allungò oltre il bordo del letto, cercando a tentoni uno dei cuscini che erano caduti.

 

“Puoi accendere la luce, non mi dà fastidio.” Le fece notare Greg, divertito.

 

“Ma…” dà fastidio a me. Pensò lei, maledicendo quel cuscino che non si faceva trovare.

 

Un ‘click’ e l’abat-jour sul comodino alla sua sinistra s’accese, rischiarando timidamente la stanza.

 

Lisa borbottò un “Grazie” e raccattò il guanciale, che s’infilò sotto il bacino, cercando di evitare d’incrociare gli occhi dell’altro. Perché sapeva che – in quel momento - non avrebbe retto ad una sua provocazione, o ad un suo sguardo – uno qualsiasi - di quelli che valevano più di mille parole.

 

Troppo intenta ad ignorarlo, non s’era quasi accorta del movimento accanto a lei.

 

Gregory si alzò lentamente, incurante della propria nudità. Puntellandosi sulla gamba sana, si chinò a raccogliere i boxer dimenticati sul tappeto. Poi fu la volta dei jeans, che s’infilò sedendosi sulla sponda che per poco non gli aveva sfasciato il ginocchio. Illuminata, faceva meno paura, in effetti.

Si diede dell’idiota anche lui, per non aver calcolato bene le distanze.

E cercò la camicia che era finita chissà dove, imponendosi di non fissare Lisa, perché capiva – e forse, in parte, lo condivideva – quell’atavico senso di pudore e vergogna, che coglieva due persone estranee, che ripensavano a momenti di intimità condivisi, quando ormai erano irrimediabilmente finiti.

Ed era buffo, a ben pensarlo, perché l’aria sapeva ancora di sesso.

 

Era trascorsa appena una manciata di minuti dal loro ultimo amplesso, e già sembrava un’altra vita.

 

E la camicia era appallottolata a terra, vicino ad un reggiseno bianco di pizzo: un accostamento bizzarro che gli strappò un sorriso, per una curiosa ragione nota solo a lui.

 

La lasciò lì, accartocciata, rivolgendosi invece alla padrona del reggiseno, che tanto faticosamente si era sforzato di ignorare.

Lei rimaneva immobile, stesa sul letto sfatto, le palpebre serrate, un po’ troppo forte per sembrare - anche solo lontanamente - rilassata.

Pareva semplicemente in attesa di qualcosa di spiacevole, come quando sai che riceverai uno schiaffo e l’unica cosa che puoi fare è chiudere gli occhi e prepararti all’impatto.

 

Greg rimase fermo a contemplarla, uno strano rimescolio appena sotto al cardias.

Fu per quello che si decise ad agire. Afferrò con decisione un lembo del lenzuolo che le copriva le gambe, le prese le caviglie e fece ruotare il corpo di lei verso la parete su cui poggiava la testiera del letto.

 

“Ma che diavolo fai?!” s’allarmò aggrappandosi alla stoffa, spaventata dalla brusca manovra.

 

“Aiuto i miei salmoni a risalire la corrente.” Chiarì spiccio, posandole i piedi in verticale sul muro, di modo che la zona pelvica si sollevasse verso l’alto.

 

Lei si tranquillizzò, comprendendo la sua idea.

“Non serve a niente fare la contorsionista. L’ha detto anche il mio ginecologo.” Disse, la rassegnazione malcelata.

 

“Ci sono teorie controverse, al riguardo. E tentare non costa niente.” S’intestardì lui.

 

Lisa provò a contestarlo: “La Legge di Gravità non è determinante.”

 

“Stai tentando di annacquare la mia obiettività scientifica?” recriminò, fintamente oltraggiato.

 

Lei sorrise.

Del suo tono bonario. Della situazione assurda. Della posa scomoda.

“Non mi permetterei mai di plagiare il miglior diagnosta del mio staff!” si difese, allargando le braccia in segno di resa.

 

“Ecco. Brava! Così cominciamo a ragionare…

Altri 20 minuti, e potrai scendere dall’albero, Chita.” Disse, terminando di abbottonarsi la camicia.

 

“Non sono una scimmia!” replicò, scandalizzata.

 

Chita era uno scimpanzé,” la corresse “ma comunque hai ragione… le scimmie sono meno pelose di te!”

 

La donna arrossì di botto, ma non replicò, per non dargli soddisfazione.

House la fissò, aspettandosi una contestazione piccata, ma ottenne solo di incrociare gli occhi con quelli di lei, e un’espressione che prometteva una rappresaglia.

Stiracchiò le labbra in un sorriso stentato, quello che gli procurava la fossetta sexy al lato della bocca, e che usava per farsi perdonare ogni marachella... anche i guai peggiori.

Agguantò il suo fedele bastone e, puntandosi su di esso, raccolse il cuscino che era caduto dalla sua parte, s’avvicinò al letto e, con modi sbrigativi, la sollecitò ad alzare la testa per infilarglielo sotto.

 

Lisa, troppo sorpresa dall’inaspettata gentilezza, non protestò per quelle maniere un po’ rudi. Non s’accorse nemmeno della mano che s’era fermata un po’ più del dovuto tra i suoi riccioli, in quella che, ai più, sarebbe parsa come una maldestra carezza.

 

Ma Gregory House non era tipo da cose così. Stupide frivolezze senza senso.

 

La salutò con un sarcastico: “Ci vediamo domani, nei campi di cotone. E si congedò con passo strascicato, senza attendere una risposta.

 

 

 

Continua…

 

 

 

Disclaimers: I personaggi e la canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note: Il cardias è la valvola che separa l’esofago dallo stomaco. Esso svolge una funzione importantissima: quella di impedire il ritorno del contenuto dello stomaco nell’esofago, che altrimenti creerebbe un reflusso.

 

Ringraziamenti: Ad Amarantab, Desy, Erika, Mistral, Siyah, Pendragon, Sari ed Earine.

Un grazie di cuore per i commenti ricevuti al primo capitolo.
Sono davvero contenta che vi sia piaciuto, un vostro feed-back è molto importante per me! ^_____^

   
 
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