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Autore: LeFleurDuMal    01/09/2012    1 recensioni
Idealmente ambientata dopo gli avvenimenti dei Thor, The Avengers e un lasso di tempo indeterminato. Loki ha subito la sua punizione per mano di Odino e si trova a scontarla a Midgard. Thor lo raggiunge per vedere di chiarire un paio di cose insieme a suo fratello.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Loki, Thor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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LO SPLENDORE DELL’ORO

LO SPLENDORE DELL’ORO

 

 

 

Titolo: Lo Splendore dell'Oro
Capitolo: 2. Asgard

Parte: 2/4
Personaggi: Thor e Loki, dalla Marvel con furore.
Cose: La storia in origine contenevano scene sessualmente esplicite che sono state eliminate per rispetto al sito ospite, ma la trovate  QUI. Per la straordinaria interpretazione di Loki si ringrazia Shinji.

 

 

2.  Asgard

 

Era una notte d’estate.

Il Bifrost si rifrangeva sull’acqua, mandando riflessi cangianti che illuminavano la torre di Asgard. La luce delicata vibrava sui pavimenti e le pareti dorate trasformando la corte in una laguna di sogni ricolma dello splendore dell’oro.

Dormivano tutti, nelle stanze silenziose, nei corridoi deserti, fatta eccezione per poche guardie al grande portale che tutelava l’ingresso. Regnava il silenzio.

Per questo, quando Thor sentì i passi risonare sullo scalone, cadenzati, capì subito che era qualcosa di nuovo, di strano, di mai accaduto prima. Qualcosa di eccitante.

Si mise a sedere sul letto, spingendo via le coperte, e rimase in ascolto. Di nuovo i passi, pesanti e sempre più vicini.

Thor balzò giù dal letto, agile come un gatto.

Non corse alla porta che dalla sua stanza dava sul corridoio, ma a quella sulla parete laterale che metteva in comunicazione la camera con quella di suo fratello Loki. Si lanciò in una corsa silenziosa nella penombra e balzò sul suo letto.

Loki si dimenò, nel risveglio brusco, ma il ragazzino lo appiattì tra sé e il materasso, chiudendolo tra le gambe e premendogli una mano sulla bocca perché non urlasse.

Il fratello si dimenò d’istinto, sotto di lui.

Poi parve riconoscerlo e si rilassò e aggrottò le sopracciglia, interrogativo.

“Ssssh!” gli sussurrò, liberandogli la bocca, ma rimanendogli acquattato addosso. “C’è qualcuno. In corridoio. E non è un Asgardiano.”

Loki strinse le labbra e corse alla porta con lo sguardo.

Rimasero in silenzio entrambi, trattenendo il respiro. Sentirono i passi, ben distinti. Di una creatura enorme e pesante, non certo un guerriero di Odino. Emetteva un sibilo sottile che raschiava di certo contro delle fauci senza labbra e trascinava qualcosa di pesante che strideva appena sui lucidi marmi bianchi.

“Chi può essere?”

Thor sorrise: “Andiamo a scoprirlo.”

“Sei folle, fratello? Non sappiamo neanche chi è. Dobbiamo avvertire le  guardie.”

Thor si piegò di più sopra Loki, appoggiando la fronte alla sua, per potergli parlare più a bassa voce che poteva.

“Perché mai dovremo mettere in pericolo la gente di Asgard, quando possiamo sbrigarcela noi due? Siamo i figli di Odino! Chiunque sia, lo metteremo a tappeto subito, salveremo il regno e verremo onorati come eroi! Dai, vieni.”

“Fratello, dici cose senza sens- ouf!”

Thor gli rotolò sopra, spegnendo la protesta, e scivolò giù dall’altra parte. A piccoli passi silenziosi aveva già raggiunto la porta principale della stanza.

“Ssssh, Loki! Non fare rumore, o sveglierai nostro padre.” Esitò un momento, imbronciandosi, vagliando un pericolo ben più terribile. “O peggio, nostra madre.”

“Thor, vai piano. Piano! Non sappiamo nemmeno chi sia, come puoi sapere se puoi batterlo?”

Loki lo aveva raggiunto e gli si era aggrappato al braccio. Thor dovette sostenere i suoi grandi occhi verdi pieni di saggia consapevolezza, prima di prendere una decisione.

Le guardie, dicevano quegli occhi, avvertiamo le guardie.

Thor vagliò la possibilità nel tempo che gli ci volle per sbattere le palpebre e produrre un sorriso fiducioso.

“Posso battere chiunque. E poi ci se tu, no? Insieme siamo invincibili.”

Non lasciò tempo al fratellino per replicare.

Aprì la porta il tanto che bastava e sbirciò fuori.

Dovette spostarsi un po’ e aprire di più, quando anche Loki pretese il suo spazio e si affacciò con lui. Il corridoio si stendeva sereno da entrambi i lati. Da una parte, tutto vibrante dei riflessi del Bifrost, scivolava verso lo scalone principale del piano regale, dall’altro, più denso di buio, affondava nell’ala della stanze di loro fratello Balder, di loro padre, Odino, e della sua consorte Frigg, che dormivano indifesi e ignari della minaccia.

La minaccia che era ancora sullo scalone, ma che già proiettava tra i riflessi dorati, la sua densa ombra immensa, mentre saliva verso le camere.

“Come ha fatto a entrare qui?” sussurrò Loki.

“Non ha incontrato le guardie al portone d’ingresso o avremo sentito il combattimento.” Azzardò Thor. “Deve essere salito dalle segrete o dal seminterrato. Ma è da solo, senti?”

“Sì.”

“Andiamo o ci scapperà!”

Thor scivolò fuori, in un guizzo, correndo scalzo e senza il minimo rumore. Sentì solo, alle spalle:

“Thor, dannazione! Ma perché mi faccio sempre trascinare?”

Sorrise, ascoltandolo, sapendo che lo seguiva dappresso.

“Ssssh!” lo sgridò, ridendo, facendo molto più rumore di lui. “Guarda che ti sbudella, se ti sente!”

Loki lo afferrò per la mano e lo trascinò nel corridoio laterale poco prima dello scalone, facendolo premere al muro. Thor sentì il marmo gelato sotto i piedi nudi, ma non ci fece caso, troppo emozionato all’idea della caccia.

Anche Loki non sembrava avere freddo, il capo piegato appena sulla spalla, in ascolto della creatura.

“Di qua, allora” mormorò, spingendosi dietro le orecchie i capelli scuri e roteando gli occhi al soffitto. “Possiamo prenderlo alle spalle.”

Thor si imbronciò.

Non gli piaceva l’idea di prendere alle spalle qualcuno, anche se si trattava di un brutto mostro armato salito fino alle stanze degli Asi, dèi di Asgard.

“Non fare l’imbecille” lo scosse Loki.

“Mh. Sì.”

Ci sgusciò per primo comunque, lungo il corridoio, per fare da scudo al fratellino se ci fosse stato bisogno. Piegati sulle ginocchia si mossero insieme, sgusciando tra i fregi delle pareti e gli stemmi nobiliari della famiglia degli Asi, alle statue in pietra lucida di Odino e di Bor, padre di Odino e loro nonno.

All’angolo, Loki emise un sibilo e gli afferrò di nuovo il braccio, tirandolo indietro.

“È un troll!”

Thor osservò la sagoma imponente e mostruosa che si muoveva lenta oltre lo scalone. Passava il piede da una gamba storta all’altra, raccogliendo la luce del Bifrost sulla propria pelle ruvida e dura, come la roccia, e divorandola. Mangiavano le luci, le creature dell’ombra, con la loro sola esistenza.

Il mostro trascinava una clava rozzamente ottenuta da un grosso ramo di quercia da cui aveva fatto spuntare chiodi arrugginiti che graffiavano il prezioso marmo di Asgard.

“Sì” sospirò Thor, deluso. “È solo un troll.”

“Come solo?” sibilò il fratello.

Thor sorrise, sornione. Poi gli sovvenne un particolare piuttosto importante.

“Tu sei armato, Loki?”

Loki spalancò gli occhi e glieli piantò in faccia. Enormi e pieni di rimprovero.

“Non hai neanche una daga, dietro?” fu la domanda, in risposta.

“Non mi è venuto in mente!” si giustificò Thor, acquattandosi di più contro la parete. “Avevo fretta, pensa se si fosse trattato di Laufey…”

“Mi stai prendendo in giro, vero? Ce l’hai nascosta, una daga. O qualcosa.”

“Oh, che importa?” sbotto Thor e spinse di lato il fratello, liberandosi la via. “È solo un troll. Basterà prenderlo a pugni!”

“Ha una pelle che è spessa quattro volte la tua, Thor. Ed è armato. Ha una clava!”

Thor non lo ascoltò, lasciandolo indietro.

Andò a piazzarsi proprio in mezzo al corridoio, tenendo l’ampio scalone alle spalle e si piantò le mani sui fianchi.

“Ehi, tu!” lanciò la sua sfida all’invasore. “Girati, per Asgard!”

 

Loki guardò suo fratello sfidare il troll e impallidì.

Non puoi, Thor. Non puoi averlo fatto davvero, pensò.

Adesso vedeva meglio il mostro, alto ben più di loro padre, sebbene tenesse la schiena curva sotto il peso della clava, mentre si voltava. Nero, come fatto di roccia e di fango, con i piccoli occhi acquosi avidi e affamati.

Guardava suo fratello come avrebbe potuto guardare della selvaggina appena arrostita.

E ghignò, scoprendo due file di denti storti e marcescenti.

“Imbecille” sussurrò Loki e non si riferiva di certo al troll.

“Come hai osato salire alla dimora degli Asi?” tuonava intanto l’imbecille, scalzo e mezzo nudo nella veste da notte.

“Pensa, Loki, pensa!” si tormentò lui, scorrendo la schiena al muro, mentre faceva rapidamente marcia indietro. Avrebbe potuto fare il giro e arrivargli alle spalle, adesso che il mostro era girato, dove prima gli sarebbero arrivati di fronte. “Pensa!”

Arrivò dall’altra parte col cuore che gli martellava in gola.

Spiò nel corridoio senza vedere Thor, perché la schiena del troll occupava quasi del tutto la visuale. Si dimenticò di respirare.

Poi lo sentì.

“Torna da dove sei venuto” imperava. “O ti faccio saltare i denti!”

Loki si portò una mano alla faccia.

Di certo il troll sarebbe stato sbalordito da tanta forza d’animo e sarebbe scappato. Come no. Imbecille di un fratello imbecille.

Lo immaginò, dal di là della schiena del mostro, mentre si ergeva con stupido orgoglio, senza indietreggiare di un passo. Lo immaginò resistere fino a quando il troll non fosse arrivato abbastanza vicino da fargli volare via la testa con un colpo bene assestato della clava chiodata o da affondargli nel fianco i denti, divorandolo con gusto.

L’immagine fin troppo vivida scosse la sua determinazione.

Fece due o tre passi in direzione del troll, avvicinandosi in silenzio, mentre la bestia trascinava la clava verso Thor, pregustando il pasto imminente.

“Razza di stupido!” declamò il fratello. “Allora non hai capito!”

Loki si concentrò con un brivido, chiamando a sé il potere che aveva scoperto di poter gestire negli ultimi anni, sebbene sapesse che non era ancora completamente sviluppato.

Sapeva lanciare le rune, come loro padre. Sapeva percepire le energie del mondo animale, vegetale e minerale con una precisione che gli faceva pensare che avrebbe potuto cambiare la propria forma e quella degli altri in qualunque cosa avesse desiderato, se si fosse applicato abbastanza, semplicemente seguendo un percorso di sensazioni e di colori che si susseguivano, come era la scala di sfumature del Bifrost.

In quel momento desiderò che nelle sue mani l’aria diventasse ghiaccio e che potesse essere un’arma.

Non si chiese perché proprio il ghiaccio. Gli sembrò naturale.

Appoggiò le mani a terra.

“Ti prego” mormorò, senza sapere chi stesse invocando. “Ti prego, fa che funzioni.”

E mentre lui pregava, Thor si lanciava all’attacco, di corsa.

Da dove si trovava, Loki lo vide appena, nello spazio lasciato tra il fianco del troll e la parete del corridoio. Strinse i denti e i ghiaccio si concretizzò davvero tra le sue mani e corse in una scia sul pavimento, verso il mostro. Voleva congelarlo sul posto, ma il suo potere ancora vacillava.

Congelò solo la mazza, a terra.

Continuando ad avanzare, il troll subì un contraccolpo e rimase piantato, rifiutando di lasciare l’arma. Loki lo sentì grugnire di collera, impuntandosi. Si girò, seguendo con gli occhi stupidi e feroci la traccia di ghiaccio che puntava verso Loki.

Il ragazzino rabbrividì, ma poi vide il mostro piegarsi sul lato, infastidito, quando Thor, come dardo biondo, lo colpì con tutto il suo corpo nella pancia. Suo fratello rimbalzò indietro, cadendo di sedere sul pavimento e il troll si dimenò, tornando a concentrarsi su di lui.

“E adesso?” si domandò Loki, febbrile.

Guardandosi intorno si trovò a fronteggiare lo sguardo severo di suo padre. Un Odino di pietra che lo fissava dalla parete, brandendo la lancia sacra Grugnir.

Ci si lanciò contro e afferrò l’asta, espandendo più che poteva il suo potere infantile. Ma la magia era volontà, non era forse così?

“Ti prego ti prego” scoprì di stare pregando Odino. “Ti prego, padre, ho bisogno di prenderla. Ti prego ti prego ti prego.”

“Dicoti in guardia!” dall’altra parte del mostro, suo fratello pregava a suon di piccoli pugni divini.

Intanto l’asta di pietra parve brillare, in uno sbalzo di potere luminoso.

Loki sbatté le palpebre credendo di sognare, ma poi la vide risplendere con tanta forza che era di certo impossibile sbagliarsi. Esclamò, quando se la ritrovò in mano. Una lancia autentica, non di roccia.

Indietreggiò, sbalordito.

Aveva fatto tutto senza pensarci e adesso non credeva di esserci riuscito davvero.

Si girò verso Thor, incredulo.

Davanti a lui, il troll uggiolò sconvolto quando il piccolo pazzo del tuono gli lasciò partire un pugno da sotto in su, alla mascella.

“Fratello, attento!” strillò Loki, poi scagliò la lancia verso i due in lotta.

Thor fu rapido a vedere quello che stava succedendo e ad abbassarsi, come Loki si era aspettato. Il troll no. Il mostro venne colpito alla spalla, ma il ragazzino capì subito che il suo colpo era stato troppo debole.

Non era abbastanza forte per perforare con un lancio quella pelle spessa.

Vide la lancia rotolare a terra, lontana da lui, e il mostro fare un balzo nella sua direzione, ciondolando dolorante per la serie di colpi ricevuti dai principi di Asgard.

Loki non aveva mai pensato a se stesso come a un grande guerriero e in quel momento si sentì tale ancor meno del solito. Di certo sapeva che un mostro ferito e non ucciso era ancora più pericoloso del solito: e infatti eccolo lì, furioso, mentre gli balzava davanti, graffiando il pavimento con gli artigli.

Fece un passo indietro e, stanco per lo sforzo fisico e magico, inciampò e batté la schiena contro al muro, stringendo gli occhi.

Sentì sul viso l’alito fetido della creatura e tornò a guardare in tempo per vedere i denti acuminati vicini al proprio viso, le braccia del troll che si allargavano per afferrarlo.

Non riuscì a gridare, sicuro di essere arrivato alla fine della propria esistenza.

Il troll emise un rantolo, stralunando gli occhietti avidi. E poi la punta di una lancia gli uscì dal petto.

Emettendo un gemito, Loki sgattaiolò di lato, mentre la bestiaccia scapicollava a terra, strusciando la faccia sul muro dove poco prima era appoggiato lui.

Thor gli era balzato sulla schiena, spingendogli i piedi scalzi sulle reni e sulla testa piatta. Il troll si dimenò ancora, con un gorgoglio, ma Thor estrasse la lancia e la affondò di nuovo, spingendo con tutto il suo peso.

Non si fermò fino a quando il pavimento sottostante non fu lordo di nero sangue appiccicoso.

Poi scese, ansimando.

Con i capelli biondi scomposti, gli occhi azzurri brillanti della gioia della guerra, il fratello lo affiancò e gli afferrò le mani.

“Loki! Siamo stati magnifici!”

“Mh.”

Loki lo guardò, immobile. Sapeva di essere bianco come un cencio, perché il sangue gli era come defluito dalle guance. Il cuore gli faceva male, tanto batteva forte, di paura e di rabbia, le labbra gli pulsavano.

Non sapeva se essere vicino a piangere o a prendere a pugni suo fratello.

“Sei stato grande con la clava!” cercò di aiutarlo a decidere, l’imbecille.

Loki lo afferrò per le spalle, scrollandolo con forza.

“Ma ti sei accorto o no che stavamo per morire?”

Thor gli si aggrappò alle spalle, sorpreso.

“Lui è morto.” Indicò il troll con un cenno del mento. “Ed è la fine che faranno tutte quelle sudice creature, se pensano di venire qui e di mangiarsi la nostra gente!”

Loki lo scosse ancora, da piantargli le unghie nelle spalle.

“Pazzo scriteriato che aggredisci i mostri senza neanche un’arma!”

“Fratello! Fratello, calmati! Abbiamo vinto, io e te da soli!”

Thor aveva riso, aveva premuto la guancia contro al proprio petto e lo aveva stretto in un abbraccio avvolgente.

Loki avrebbe voluto ucciderlo, in quel momento, per lo spavento che gli aveva fatto prendere. Ma era anche così grato che fosse in vita, che lo strinse ai fianchi con forza, pregando che quel momento non finisse mai.

“Imbecille” sibilò. “Mi hai fatto preoccupare.”

Thor rise ancora, mentre dallo scalone arrivavano le guardie, attratte finalmente dai rumori. E dal fondo del corridoio arrivava anche Odino, maestoso anche appena sveglio.

“Padre!” lo chiamò Thor, senza liberare Loki dall’abbraccio. “Padre, vieni a  vedere cosa hanno fatto i tuoi figli!”

 

   
 
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