POV
SHAN-PU
–E
anche per oggi abbiamo
finito! Ricordate, guys, che
mancano
solo tre giorni al Great Event!-
Il Grande Spettacolo o Great
Event, come ama definirlo il nostro direttore…
già, solo tre giorni e poi
potrò dire addio per un po’ a tutto questo: agli
esercizi, all’andare avanti e
indietro, alle assurde prove a cui ci sottopone quel folle direttore,
ai
pettegolezzi infondati di quelle oche giulive delle mie
“compagne”. Insomma, mi
aspettano tre mesi di assoluto riposo, chissà magari
tornerò in
Cina dalla mia famiglia, dalla bisnonna…è
così tanto che non li vedo!
Con
un sospiro mi lascio cadere stancamente all’indietro e
inclino la testa
all’insù: mi soffermo sulla luce bianca dei
riflettori, quegli stessi
riflettori che fra tre giorni saranno tutti puntati su di
me…al solo pensarci
mi sale l’ansia!
Mi stiracchio ancora un po’ e mi massaggio il collo e le
spalle: è
sempre più dura essere una contorsionista! Uno di questi
giorni pure mi verrà
il colpo della strega se non sto attenta a come mi muovo!
Esco
fuori in giardino per sgranchirmi le gambe e per prendere una boccata
d’aria
fresca. La mia attenzione viene improvvisamente catturata dalle voce
acuta e
decisa di Akane Tendo.
–Natsumi, Kanae: forza, saltate
nel cerchio, su!
Le
due tigri sembravano non volerle minimamente dare ascolto: una delle
due si era
piantata a terra spalancando le fauci e tirando fuori la lingua, come
annoiata
da quei pesanti esercizi; l’altra, invece, era intenta a
rotolarsi nell’erba,
stiracchiando le lunghe zampe striate.
A detta di tutti, Akane era
forse la miglior domatrice di belve feroci che si fosse mai vista,
eppure, ogni
tanto, mi sembrava che fosse sull’orlo
dell’esasperazione. Non la biasimo: con
quest’afa, chi volete che mantenga i nervi saldi? Scuoto la
testa nella
convinzione che quella sciocca non sarebbe mai riuscita a smuovere
quelle tigri
nemmeno di un centimetro, poi mi avvio nel mio camerino per una doccia
fresca,
la soluzione migliore per combattere il caldo torrido.
–Allora a domani,
Mousse. So che è oggi il tuo compleanno ma la mia sorpresa
sarà pronta solo per
domani… mi spiace, dovrai aspettare ancora un
po’!
Mi ritiro
indietro di qualche passo nello scorgere la snella figura di Xiwan
abbracciare
Mousse e allontanarsi allegramente dal suo camerino. Un moto di stizza
mi
coglie all’improvviso e d’un tratto
l’unico pensiero che mi attanaglia la testa
e andare da quella smorfiosa e dirle che deve piantarla di fare la
gatta morta
con Mousse.
–Perché
lui è solo un povero ingenuo- mi dico convinta, avendo
realizzato appieno quel
pensiero.
Vedo Mousse richiudere
lentamente la porta, abbattuto. Certo, lui non è mai stato
il tipo che sprizza
gioia da tutti i pori, anzi: a dirla tutta, è sempre apparso
come un eterno
sventurato preso continuamente a schiaffi dalla vita. Eppure, questa
volta, mi
è sembrato particolarmente abbattuto, quasi… deluso? Sia chiaro: non che mi importi
seriamente di quella talpa, la
mia è solo pura curiosità. Credo.
–Oh, al diavolo,
Mousse: mi stai facendo diventare matta!- sbotto prima di girare i
tacchi e
andare in cerca di qualcosa che gli levi quella maledetta espressione
da
depresso che si ritrova.
–Tu
sei Shan-Pu, vero?
La figura minuta di Xiwan mi
compare davanti, facendomi trasalire. I nostri sguardi si studiano per
qualche
minuto, poi decido di interrompere quel pesante silenzio:
–Sì, sono io. E tu
sei Xiwan, la ragazza nuova… dico bene?
Anzicchè
rispondere o asserire col capo, Xiwan sorride furbescamente.
–Guarda che mi
sono accorta che ci stavi spiando da un po’. Ho avvertito la
tua presenza.
*Questa
piccola mocciosa si è accorta della mi presenza, ma ha finto
ugualmente di non
essersi accorta di nulla* penso, senza staccare lo sguardo dalla
ragazzina.
–Ti
stai chiedendo perché ho finto di non accorgermi di te?- mi
legge nel pensiero.
–Semplice: volevo coglierti di sorpresa per fare quattro
chiacchiere con te.
Stringo
i pugni fino a impiantarmi le unghie nella pelle: questa ragazza
è pericolosa,
anche troppo.
–Non
ci girerò molto, quindi arriverò subito al sodo:
lascia in pace Mousse,
allontanati definitivamente da lui. Sei tu la causa della sua
sofferenza e non
posso in alcun modo vederlo struggersi per una vile gatta morta come
te.
–Come
prima cosa, in quanto fiera discendente della tribù delle
Amazzoni, io non
prendo ordini da nessuno, tantomeno da una ragazzina spuntata fuori dal
nulla.
In secondo luogo, puoi stare tranquilla: io non provo assolutamente
nulla nei
confronti di Mousse, anzi… se te lo prendessi, mi faresti
davvero un favore.
Lei sorride nuovamente. Odio il suo sorriso: è talmente
falso e ipocrita!
–Oh,
ti prego, risparmiami la solita scusa da “ragazza
indifferente”. Leggo la mente
e l’anima delle persone, so benissimo quello che provi per
Mousse…–Come
puoi sapere qualcosa di cui nemmeno io stessa sono a conoscenza?
Le
tre secche parole che seguirono furono sufficienti a mandarmi il sangue
al
cervello e a risvegliare il mio spirito di amazzone guerriera.
–Stupido
orgoglio amazzone.
D’impulso
l’afferro per un polso, stringendoglielo fino a farle
stringere gli occhi dal
dolore.
–Non osare
mai più insultarmi in questo modo. Non sono violenta, ma
posso diventare molto,
molto cattiva. Sono stata chiara?
Non
aspetto nemmeno una sua risposta, le molto il polso con uno scatto e mi
dirigo
al mio camerino per un’altra strada.
Quando
arrivo davanti all’ingresso
del camerino, qualcosa cattura la mia attenzione: sui gradini davanti
la porticina
se ne sta appollaiata una splendida colomba bianca dagli occhi rossi.
Grazie al
fazzoletto lilla attorno al collo, riconosco essere la stessa che mi
aveva condotto
da Mousse quel giorno in cui lui e Xiwan
si erano messi insieme. Mi avvicino lentamente al candido uccello, ma
anche
quando sono ormai ad un passo, il candido uccello non spicca il volo,
ma resta
a fissarmi emettendo di tanto in tanto un verso gutturale. Mi
inginocchio per
prenderlo tra le braccia ed è a quel punto che mi accorgo
che ha l’ala destra
ferita gravemente. Rientrata in camerino, poggio la colomba sul
tavolino all’ingresso
e mi dirigo in bagno; tiro fuori la cassetta per il pronto soccorso al
cui
interno ho lo stretto necessario per ogni evenienza: acqua ossigenata,
ovatta,
stecche, garze, cerotti. Non me ne intendo di animali, in fondo sono
un’artista
circense, non una veterinaria, tuttavia cerco di fasciare alla
bell’e meglio l’ala
della colomba. –Ecco fatto.- sospiro quando ho terminato il
lavoro. Dopo aver
rimesso a posto la cassetta, mi siedo accanto alla colomba.
–Tu devi essere una
delle colombe di Mousse, dico bene?
Ma
che faccio: adesso mi metto anche a parlare con gli uccelli? Devo
essere
davvero sotto stress se mi riduco a parlare con un essere che non
può né capirmi
né rispondermi. Prendo meccanicamente ad accarezza il dorso
del piccolo
volatile bianco, sentendo lo stress accumulato fluire via a poco a
poco.
–Quel
Mousse: dovrebbe stare più attento ai suoi animali! A
proposito… sarà meglio
che ti riporti da lui, va’. Nel momento stesso in cui mi
alzo, il mio sguardo
viene catturato da un piccolo oggetto abbandonato in un angolo del mio
letto:
una scatola quadrata raffigurante un drago cinese dalle varie
tonalità di
rosso, giallo e arancio. Cercando di fare mente locale su chi me
l’abbia data e
del perché sia lì, mi avvicino per darvi
un’ occhiata più approfondita,
rigirandola un paio di volte fra le mani, l’apro e con mia
grande sorpresa noto
che è vuota. La rigiro ancora tra le mani, finchè
non scorgo un’ incisione sul
fondo: “Xiāng
de huíyì”, “scatola dei
ricordi”.
Con
un profondo respiro mi faccio forza e busso due volte alla piccola
porta di
legno in alto alla quale è appesa una targhetta con scritto
“Musi”, il nome di
Mousse in lingua madre.
Con la mano
sinistra stringo il pacchetto, con la destra la colomba al petto.
Un’
inspiagabile ansia si dirama in tutto il mio corpo: io e Mousse non ci
siamo
più visti né parlati da quella volta alla
rimessa. Dopo qualche secondo mi
appaiono davanti un inconfondibile abito bianco e un paio di lenti
spesse come
fondi di bottiglia.
–Buon compleanno, Mousse.