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Autore: Blue_moon    04/09/2012    2 recensioni
Primo libro della trilogia Similitudini.
Dal prologo:
"Nonostante fosse nato nell'oscurità di Jotunheim, Loki bramava la luce.
Il suo calore, la sua purezza e, soprattutto, la sua capacità intrinseca di creare ombre profonde e insondabili. Le stesse che sentiva di avere dentro, le stesse che l'accecante luce di Odino e Thor aveva creato nella sua vita.
Essere lasciato al freddo e al buio era una punizione peggiore di quanto lui stesso pensasse.
Ma c'era una cosa che, in parte, lo consolava.
Fino a che fosse stato sotto la protezione del Padre degli Dei e di Thor, non avrebbe potuto essere bersaglio dell'ira di Thanos, l'oscuro signore con cui si era alleato e di cui aveva disatteso le aspettative.
Loki era scaltro e realista, teneva alla propria vita.
Senza di essa non avrebbe potuto raggiungere i suoi obiettivi, né dimostrarsi degno dell'onore che sapeva di meritare.
Per ora, anche se impotente, si trovava in uno dei posti più sicuri all'interno dei nove regni, protetto dall'amore cieco e stupido di chi si credeva migliore di lui.
Almeno, così aveva sempre creduto."
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Ok, entriamo nel vivo della storia, d'ora in poi i capitoli iniziano ad allungarsi e ad essere più corposi.
Spero che vi piacciano i dialoghi e che li troviate credibili.
A presto



Ogni mattina, alla stessa ora, Khalida Sabil si alzava dalla modesta branda del suo alloggio, legava i capelli in una stretta crocchia sulla nuca, sciacquava il viso con dell'acqua gelida e leggeva qualche passo del Corano.
Non era particolarmente credente, ma quella era un'abitudine che aveva da quando era bambina e la rilassava. In più, dai vecchi libri c'era sempre qualcosa da imparare.
La stanza che le era stata assegnata all'interno della Gabbia era solamente una cella di pochi metri di lunghezza con nient'altro che un armadio, un letto e un cubicolo adibito a bagno. Spartana, non rendeva nemmeno l'idea ed essenziale non si avvicinava nemmeno, ma lei non faceva molto caso ai particolari. Era una donna pratica e, anche se apprezzava il lusso, comprendeva che nella sua situazione respirare era già una gran cosa.
Mentre consumava una colazione frugale ma nutriente, si ritrovava spesso a pensare a quanto fosse ironica la sua situazione.
Per tutta la sua esistenza non si era mai mostrata particolarmente attaccata alla vita, finché qualcuno non era quasi riuscito ad ucciderla.
Nell'istante in cui aveva sentito il calore del proprio sangue tra le dita, non quello di un qualche estraneo che stava interrogando, si era resa conto di non essere immortale, di essere esattamente come tutte le persone che aveva ucciso durante la sua carriera.
Era umana, mortale, fragile come una foglia in balia del vento.
Aveva provato la forte sensazione che tutta la sua vita fosse stata un semplice miraggio, ma forse questo valeva per tutti gli esseri umani. Ci si rendeva conto di avere solo una vita a disposizione, quando ormai la si era sprecata quasi tutta.
Khalida aveva riprogrammato in fretta la sua scala di valori in base a quella nuova consapevolezza, era sempre stata una persona adattabile. Per adesso, la sua più grande priorità era fare in modo che la sua vita durasse ancora a lungo, e non aveva esitato un attimo a rifugiarsi dove prima non avrebbe mai pensato di andare.
Lo S.H.I.E.L.D., per molti del suo mestiere, era una meta ultima, una sorta di paese dei balocchi, il più grande reparto di spionaggio internazionale, anzi, ormai universale, della Terra.
Eppure a lei non era mai piaciuta l'idea di entrare in quel grande meccanismo che ingoiava spie e ne sputava fuori burocrati che dovevano rendere conto a troppe persone poste troppo in alto per prendere decisioni celeri. Ammirava Fury e molte altre spie di cui conosceva la fama, questo sì, ma per il resto non nutriva molto rispetto per lo S.H.I.E.L.D. in generale.
Ma a quanto pareva, il destino per lei aveva deciso altrimenti.
Mentre scendeva con calma le scale che l'avrebbero portata nuovamente faccia a faccia con il suo prigioniero, Khalida si concesse un breve sorriso. L'interrogatorio di Loki era la sfida più ardua della sua vita, ma anche la più stimolante.
Sapeva di avere dei punti in comune con l'alieno, e credeva che Fury l'avesse scelta anche per quello, oltre che per la sua bravura.
Come lei, Loki era rinchiuso dove non desiderava essere per mero spirito di sopravvivenza.
Per quanto più resistente fisicamente rispetto a lei, l'asgardiano non era un Dio e non era immortale.
Se non fosse stato per la camera di guarigione, la ferita infertagli dal sicario spedito da Thanos l'avrebbe ucciso.
Forse anche lui si era reso conto troppo tardi di quanto fosse vulnerabile e, come lei, stava semplicemente raccogliendo i pezzi delle proprie convinzioni in attesa di formare un nuovo piano d'azione. Se era così, non aveva molto tempo per estrapolargli le informazioni che Fury desiderava. Era arrivato il momento di cambiare strategia, e di passare dall'aspetto tecnico a quello personale.
Non appena entrò nella sua visuale, Loki la accolse con un sorriso obliquo.
Era seduto nell'angolo opposto rispetto al punto d'osservazione di Khalida e, ora che aveva iniziato a dormire e a mangiare, aveva un aspetto più sano, un colorito migliore e una luce viva negli occhi chiari. Da qualche giorno si mostrava più reattivo. Non rispondeva alle sue domande, non in modo diretto, ma la denigrava e parlava con lei a lungo, a volte.
A suo modo, stava stabilendo con lei un rapporto, in cui lui si poneva costantemente al di sopra, e Khalida glielo lasciava credere.
Aveva compreso subito che non poteva abbattere il suo orgoglio, per cui aveva deciso di alimentarlo, cedendogli in mano le redini della conversazione il più delle volte.
Lo fece anche quella mattina, aspettando con pazienza che fosse Loki il primo a parlare.
Incrociò lentamente le braccia, fissandolo negli occhi chiari, sorridendo nello stesso identico modo dell'alieno di fronte a lei.

Loki si alzò lentamente, osservando l'umana con la testa lievemente inclinata.
Aveva studiato a lungo i Midgardiani, e aveva potuto constatare che molti di loro erano privi di intelligenza e attrattive di sorta. Lo stesso poteva dirsi della maggioranza degli asgardiani.
In entrambi i casi esistevano, però, delle eccezioni.
Probabilmente l'uomo bendato era riuscito a scovare l'unica umana che potesse interessarlo per più dei pochi secondi necessari a meditare come eliminarla dalla sua strada nel modo più celere possibile.
«Con quale domanda vuoi iniziare, oggi?», le disse, facendo qualche passo avanti.
Khalida sollevò un sopracciglio. «Dipende da quello di cui vuoi parlare», concesse.
Loki strofinò lentamente i palmi delle mani l'uno sull'altro. Aveva pianificato quel momento.
Quando era arrivato per la prima volta sulla Terra, aveva scelto con cura le persone da assoggettare alla sua volontà. Selvig gli avrebbe permesso di utilizzare al meglio la tecnologia degli umani per costruire il portale, Barton gli avrebbe fornito tutte le informazioni di cui necessitava sul nemico.
Ora si trovava in una posizione di netto svantaggio rispetto alla sua interlocutrice. Lei era certamente ben informata nei suoi confronti, mentre Loki di quella donna non sapeva nulla, se non il titolo con cui gli altri le si rivolgevano.
«Parliamo di lei, agente Sabil», iniziò, muovendo qualche passo in orizzontale, senza perdere il contatto visivo con la propria avversaria. «Cosa ha fatto per essere spedita qui sotto?», aggiunse, incalzandola.
Lei irrigidì la schiena. Loki era arrivato alla sua stessa conclusione, e stava mettendo in atto la medesima strategia che aveva elaborato. Doveva stare attenta, perché riconosceva l'abilità dell'alieno, e sarebbe bastata una sola virgola sbagliata a dargli troppo potere su di lei.
«Non ho fatto nulla», rispose.
Loki rise di gola. «Oh, di sicuro hai fatto molto, nella tua vita. Non sei innocente».
Khalida respirò profondamente. «Non ho detto questo. Solo non ho fatto nulla di paragonabile alle tue azioni», disse, lasciando trasparire una lieve nota adulatoria.
L'asgardiano sembrò rigirarsi a lungo le parole della donna nella mente, quasi ripassandole sulla lingua per comprenderne meglio il sapore. No, c'era qualcosa che decisamente non gli tornava. Non riusciva ad arrivare in fondo alle motivazioni di quella donna.
«Anche tu hai una nota sul registro da cancellare?», domandò di nuovo, stavolta solo in parte fingendo la curiosità.
Khalida sogghignò. «Un solo registro non basterebbe a contenere tutte le mie note», replicò, con una fermezza che Loki scambiò per orgoglio.
L'agente Sabil colse l'esitazione dell'alieno per riprendere in mano la conversazione. «Diciamo che sono come te. Qualcuno mi cerca, e io ho bisogno di nascondermi dove non mi possa trovare», disse, colmando gli ultimi centimetri di distanza che la separavano dalla parete della gabbia.
Anche Loki, dalla sua parte, si era avvicinato sempre di più ed ora i due si guardavano dritto negli occhi, a dividerli solo uno strato di sessanta centimetri di metallo.
Loki, come un segugio ben addestrato, sapeva fiutare le bugie immediatamente e fu sorpreso nel cogliere una sincerità inaspettata nella confessione della donna.
«Io non mi sto nascondendo», la contraddisse, lentamente. Potevano appioppargli tutti gli epiteti che volevano, ma non avrebbe permesso a nessuno di dargli del codardo.
Khalida annuì. «Certo, sei prigioniero. Ma non è quello che faresti, se fossi libero? Mi sembri troppo intelligente per voler morire come un topo».
Le sopracciglia sottili di Loki si alzarono lievemente. «Credimi, non vorresti sapere cosa farei, se fossi libero».
L'agente Sabil non sembrò particolarmente colpita dalla velata minaccia. «Perché Thanos vuole ucciderti?».
Loki serrò le labbra in una fessura sottile, e non accennò a voler rispondere.
Khalida finse di sospirare pesantemente, poi addolcì l'espressione degli occhi neri. «Parliamoci chiaro, Loki», iniziò e l'alieno non riuscì a nascondere un lieve tremito delle mani al suono del suo nome proprio. «Se non inizi a dargli qualche risposta, non avranno più molti motivi per mantenerti in vita. Potrebbero decidere in fretta di eliminarti, oppure di permettere a Thanos di trovarti», Khalida usava volutamente il “loro”, come se lei non avesse voce in capitolo nelle decisioni, oppure non le condividesse.
«È meglio per voi che Thanos non sappia dove mi trovo. Non sareste preparati ad affrontarlo», reagì Loki, sempre con tono minaccioso.
L'agente Sabil sorrise. «Ma se tu ci aiutassi, potremmo esserlo. E magari ti libereresti in fretta da uno dei tuoi nemici».
Loki rise forte. «Siete degli illusi. Le vostre ridicole forze non potranno nulla contro la furia che vomiterà su di voi...».
Qualcosa scattò negli occhi di carbone della Khalida. «Fossi in te», lo interruppe, freddandolo con uno sguardo gelido. «Non sarei tanto trionfante. Ora come ora, quello che accade a noi, accade anche a te», sentenziò, prima di voltarsi e dirigersi di gran carriera verso le scale che portavano al suo alloggio.
«Chiamatemi Fury», ordinò all'auricolare.
Loki seguì i suoi passi, incolore nell'espressione.
L'agente Sabil, mentre aspettava che il capo dello S.H.I.E.L.D. la contattasse, lo guardò di nuovo negli occhi. Sorrise, in un modo che a Loki non piacque per niente.
«Comunque, il mio nome è Khalida», disse, prima di scomparire dalla sua visuale.
Solo in quel momento Loki capì di essere caduto in tutte le trappole che la donna gli aveva teso, mentre lui era troppo occupato ad intesserne per lei.
Un lento sorriso diabolico animò il viso di Loki.
Adesso iniziava a divertirsi sul serio.
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Temo il vostro giudizio XD
Ciao ^-*
  
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