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Autore: jeffer3    04/09/2012    7 recensioni
AU
Brittany, ragazza tranquilla del McKinley, vuole finire il liceo senza problemi. Cosa accadrà quando una Santana Lopez, completamente cambiata dagli anni precedenti, finirà per entrare nella sua vita?
Dal capitolo I:
"Fu allora che per la prima volta si girò, guardandomi fissa negli occhi.
Dio, avevo sbagliato, non erano marroni.
Erano neri. Come la pece. Un colore che in quel momento sembrava essere un tutt’uno con la sua anima.
Sembrava si stesse scatenando un tornado in quegli occhi, un terremoto, capace di scuotere qualunque cosa, qualsiasi persona.
Anche me.
Un fuoco. Erano occhi come il fuoco."
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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“Mamma, perché Britt è impazzita?”
“Non ne ho proprio idea Mary G., a quanto ho capito deve venire un’amica a casa a fare una ricerca”
“E’ per questo che sta dando di matto, cambiando di posto a tutti i cuscini nel soggiorno?”
“Credo di sì, amore”
“VI SENTO!” urlai, mentre continuavo, imperterrita, a rendere presentabile la casa.
“Britt, ma hai invitato il presidente?” chiese, incuriosita mia madre, notando quanto mi stessi dando da fare.
“No, è un’amic- beh, una compagna di classe! Ci tengo a fare bella figura, IO!” sbottai, osservando mia madre e mia sorella, continuare ad osservarmi senza aiutarmi per niente, sgranocchiando qualche biscotto. “E smettetela di fare le briciole a terra!”
“Tanto ci sei tu che pulisci” disse, malefica, mia sorella, guadagnandosi il cinque di mia madre.
“Ma’! Le dai anche corda?!” chiesi, indignata.
“Che ho fatto? Non ha tutti i torti, no?” fece, sollevando le spalle e guadagnandosi un’occhiataccia fulminante, prima di riprendere la mia operazione.
“Che succede allo scricciolino?” chiese, interessato, mio padre, appena entrato in cucina, osservando la scena.
“Vuole fare colpo su una ragazza”
“MARY G!” la richiamai, completamente rossa in viso “Ma che diavolo vai dicendo?!”
“Oooh, ora è tutto chiaro” commentò mio padre, lasciandosi andare ad una risata divertita. “E’ una brava ragazza, almeno?”
“Papà, ti prego” iniziai, frustrata “Non starla a sentire! Voglio solo rendere presentabile quest- papà, però, maledizione, almeno tu evita di sbriciolare a terra come queste altre due megere” feci, sconsolata.
“E sappiamo come si chiama?” chiese, poi, ignorando completamente la mia richiesta.
“Samara..Sancara… San-“
“MARY G!”
“Ok, non lo ricordo precisamente, ma una cosa del genere” commentò rivolta ai nostri genitori.
“E’ Santana. E come diavolo fai a sapere il nome?!”
“Dovresti parlare a più bassa voce, sorellina, quando sei a telefono” mi avvertì, con un sorrisetto divertito.
“Grazie per il prezioso consigl-

*Ding Dlog*

Merda. Era arrivata.

“Ok, io vado ad aprire” iniziai rivolta a tutti i membri della mia famiglia “Provate a mettermi in imbarazzo e..”
“Tranquilla, scricciolo, terrò tutto sotto controllo io!” fece mio padre, assumendo una posizione da soldato.
“Lo spero…” borbottai  andando ad aprire la porta.


Ed eccola lì.
Dio, non avrei mai pensato di trovarmela, un giorno, davanti la porta di casa mia.
Era semplicemente assurdo.
Portava una delle sue solite felpe larghissime nere, con le maniche leggermente sollevate, facendo vedere il colore ambrato delle braccia, mentre una delle mani era nascosta in una tasca dei jeans. Questa volta chiari, seppur sempre di qualche taglia più grande e rigorosamente strappati, sopra le solite converse nere.
Immancabili i guanti di pezza.

Solita espressione cupa.
Solito sguardo di fuoco.


“Non mi fai entrare?” chiese, divertita, notando che non avevo accennato a spostarmi di mezzo millimetro.
“O-oh, sì, hai ragione!” feci, lasciandole spazio e chiudendo la porta alle nostre spalle.
La vidi guardarsi in giro incuriosita, osservando qualche foto di famiglia sulle mensolette del soggiorno.

Spostò ancora lo sguardo, notando, ora, la mia famiglia, squadrarla da capo a piede, con uno sguardo compiaciuto, mentre ancora tutti sgranocchiavano biscotti.
“Buonasera” disse, quindi, cortese l’ispanica, un po’ confusa. “Io sono…”
“Santana” concluse per lei mia sorella, mentre la latina era rimasta ancora con la bocca aperta.
Tempo mezzo secondo che, però, aveva sostituito la sua espressione stupita con un sorrisetto divertito.
“Esatto.” Disse, quindi, tranquilla, lanciandomi una breve occhiata, che io non ricambiai intenta a desiderare di sprofondare qualche metro sotto terra.
“Biscotto?” chiese, allegro, mio padre, allungandogliene uno.
“Oh, no, grazie, sono a posto” rispose, sempre cordiale.
“Un po’ di aranciata?” fece mia madre con un sorriso a trentadue denti.
“No, davvero, grazie”
“Un-“
“Ok, basta, dopo se vogliamo qualcosa la veniamo a prendere” decisi di interrompere quel momento imbarazzante, sperando che la memoria di Santana resettasse l’ultima decina di minuti. “Noi andiamo di sopra, ok?”
“Va bene, tesoro!” rispose subito contenta mia madre. “Divertitevi!”
“Dobbiamo fare una ricerca sulla bomba atomica, ma’…” commentai, mentre salivo le scale, seguita dall’ispanica.
“Beh, almeno la farete assieme, no? Vi divert-“
“Ciao ma’!” esclamai, chiudendomi la porta della camera alle spalle, impedendole di continuare a sparare chissà quali altre perle.

“Scusali, sono…” iniziai, rivolta alla latina che mi dava le spalle, intenta ad osservare la camera.
“Oh, no, figurati. Sembrano simpatici” commentò, voltandosi e mostrandomi un mezzo sorriso, che ricambiai all’istante.
“Allora…” iniziò, avvicinandosi alla scrivania.
“Allora…” le feci eco io, aspettandomi un qualche inizio di conversazione.
“Iniziamo la ricerca?”





 
“Non so credo che forse il pezzo sulla fusione nucleare vada all’inizio, sai, per spiegare il meccanismo… “ commentai osservando il pc acceso “Tu che dici?”
“Credo tu abbia ragione, meglio mettere prima tutta la roba tecnica e poi il rest-“ si interruppe, a causa dello squillare del mio cellulare.
“Scusa un attimo…” feci, subito.
“Tranquilla.” Disse, prendendo ad osservarsi ancora una volta intorno.

“Pronto?”
“Britt!”
“Rach, cosa c’è?”
Perché diavolo aveva deciso di chiamarmi proprio ora, quando sapeva che Santana era con me?!
Oh, aspetta, ecco perché mi aveva chiamato.
“Allora? Come procedono le cose?” chiese, abbassando, il tono di voce, come fosse in una missione segreta.
“Tutto ok, Rachel. Statti tranquilla, ci sentiamo domani, eh?”
“Aspetta! Ma avete intrallazzato almeno un p-“
*bip* *bip* *bip*


Ops, era caduta la linea.
Sbuffai infastidita, mentre l’ispanica mi guardava ridacchiando leggermente.
“Era Rachel”
“L’avevo capito” commentò, senza che quel sorrisetto divertito le lasciasse il volto.
“Non è una persona molto normale” feci , sconsolata, scuotendo la testa.
“E chi lo è?” chiese, di rimando.
“Che intendi?” feci, quindi, interessata.
“Credo che le cosiddette ‘persone normali’ siano solo leggende metropolitane, creature mitologiche” spiegò, semplicemente.
Dovette capire la mia leggera confusione che si apprestò a spiegarsi meglio.
“Dimmi il nome di una persona che tu conosci e che può essere definita normale” mi esortò, avvicinandosi leggermente, fissando lo sguardo nel mio, con un piccolo sorriso a solcare quelle labbra perfette.
“I-io…”
“Pensaci e dimmi se te ne viene in mente una” continuò, avvicinandosi ancora, stregandomi con quegli occhi di quel nero così intenso.
Così profondo.

Provai a concentrarmi. E ci pensai sul serio.
Passai in rassegna tutta la mia famiglia, le mie amicizie, anche quelle un po’ meno strette.
“Cosa significa ‘normale’? mi chiese, allora, osservando la mia espressione corrucciata.
“Nella norma?” provai, volendo seguire il suo ragionamento.
“Come si fa ad essere in tutto e per tutto nella norma?”
Ripensai a molte persone.
Tutte avevano almeno una cosa, un interesse, un comportamento che di certo non poteva essere definito ‘nella norma’.
“Non…non credo sia possibile” commentai, interessata “Ma come la mettiamo con i pazzi o i criminali… insomma c’è differenza con le persone che vivono senza nuocere il prossimo o-”
“Credo si tratti di equilibrio… ognuno di noi ha qualche follia, il punto sta nel decidere se farle avere la meglio o meno. Chiaramente non mi riferisco a persone con serie malattie mentali, ma a quelle che hanno raziocinio e facoltà di intendere e di volere.” Mise in chiaro, avvicinandosi ancora un altro po’, arrivando a trovarsi a qualche centimetro dal mio volto, mentre il mio respiro veniva meno, ogni secondo che passava.
“La follia è come la gravità… basta solo una piccola spinta” commentai, fiera della frase con cui me ne ero uscita.
“Deve piacerti molto Batman, eh?” mi chiese, divertita, allontanandosi di un po’.

Merda. Beccata.

“Già…” commentai imbarazzata, grattandomi la nuca “Io-“ questa volta fu il mio turno di essere interrotta dal suono di un cellulare.
La vidi afferrarlo, per leggere il messaggio che era appena arrivato e, subito dopo, alzarsi velocemente dalla sedia.
“Devo andare” disse, iniziando a prendere velocemente le sue cose.
“Ma…” provai a dire qualcosa, ma mi anticipò.
“Ci vediamo domani.”




 
Così andò avanti anche per i giorni successivi.
Ci vedevamo il pomeriggio, sempre e rigorosamente a casa mia, fino a quando il suo cellulare suonava e, in men che non si dica, era già fuori dalla porta.

Chi diavolo poteva essere?
Forse la Fabray.
Forse dovevano vedersi la sera.
E forse stavano assieme.

Maledizione, quel pensiero mi dava fastidio anche se solo mi sfiorava, sebbene non avessi il minimo diritto di provare…
oh, merda, era gelosia.
Non potevo essere gelosa, non io!
Anche se Santana si era dimostrata tutt’altro che il mostro sputafuoco che dipingevano a scuola.

Era intelligente, brillante e anche divertente quando voleva.
Percepivo chiaramente che non era sé stessa in tutto e per tutto con me, ma – ehi – cosa pretendevo? C’eravamo appena conosciute, praticamente.
Nonostante tutto, credo mi avesse preso in simpatia o, almeno, pareva interessata.

In quei primi giorni parlammo un po’ di tutto.
Beh, non proprio tutto.
Di lei, almeno, quasi mai. Anzi, diciamo pure per niente.

Niente sulla sua famiglia.
Niente sui suoi hobby.
Niente sulle sue relazioni.
Niente di niente.
Quel pomeriggio avevo intenzione di rimediare.
 
Arrivata in camera mia, come faceva da ormai qualche giorno a questa parte, si sistemò comodamente sul puffo, a poltroncina, che avevo in camera, chiudendo tranquillamente gli occhi, prima di iniziare e darci da fare come al solito per la ricerca.
Le suonò improvvisamente il cellulare e mi ritrovai a sperare che non fuggisse, già appena arrivata.
A dispetto delle previsioni, però, diede una rapida occhiata e poi lo rimise in tasca, con un sorrisetto divertito.

“Era…” iniziai schiarendomi la gola “Era Quinn?” le chiesi, quindi, decisa a scoprire se le due stessero assieme.
Aprì solo uno dei due occhi, scrutandomi incuriosita.
“Già” mi rispose, tranquillamente, lasciando cadere la discussione.
“Siete amiche da tanto?” continuai, decisa a raggiungere il mio intento.
“Siamo molto più che amiche…” mi disse, chiudendo gli occhi, placidamente.
Ecco qua. Lo sapevo io.
“Siamo sorelle praticamente” si spiegò, poi, facendomi tirare un sospiro di sollievo “Anche se abbiamo avuto qualche trascorso… definiamolo così” commentò ridacchiando.
“Nel senso che…”
“Abbiamo avuto una sorta di… relazione.”
“Vi dovete volere molto bene per essere rimaste così amiche” feci, quindi, interessata.
“Beh, diciamo che ci vogliamo bene a modo nostro.” Precisò, pensierosa.
“Credo di aver capito…qualche giorno fa la vidi urlarti contro sugli spalti” dissi, sbilanciandomi decisamente più di quando avessi mai fatto.

Non a caso la vidi, questa volta, aprire completamente entrambi gli occhi, puntando lo sguardo scuro sul mio.
“Avevate litigato?”
Quella sì che era la volta buona che mi mandava a fanculo.
“Più o meno.” Mi disse, continuando a scavarmi l’anima.
La vidi prendere un sospiro un po’ più profondo, come se fosse stata indecisa se proseguire o meno.
“Si preoccupa. Cerca di proteggermi” Concluse, sollevando le spalle.
“Da chi?” chiesi, in un sussurro, mentre ecco di nuovo che lo vedevo.

Ancora quello sguardo duro e glaciale che vidi nel bagno quel giorno.
Erano fiamme e gelo allo stesso tempo.
 
Credetti che ancora una volta ignorasse la mia domanda.
Ma questa volta rispose.


“Da me stessa.”







Tetraedro dell'Autrice

zanzàn! Ecco qui anche il terzo... niente, è abbastanza chiaro che la storia mi abbia intrippato di brutto.

Ma, MA! avverto che d'ora in poi spegnerò il pc, nonostante le idee per questa fanfic mi escano dalle orecchie. Sul serio, sto impazzendo. Ho tipo le idee chiarissime per i contenuti di almeno altri 3-4 capitoli!
E' un trip.

cooomunque, abbiamo visto alcuni comportamenti sospetti di Santana (che aumenteranno tra l'altro col passare dei capitoli), ci sono piccoooolissimi indizi, anche se il più importante è...
No, non posso dirvelo, se no che gusto c'è?!

Come sempre ringrazio tutti, siete davvero fantastici! *-*
Oh, e questo è il mio account di twitter 
https://twitter.com/_jeffer3
A presto, bella gente! :D


 
  
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