E’ inutile, se c’è una costante fissa nella mia vita, è la sensazione di fastidio profondo e viscerale che mi prende allo stomaco ogni volta che devo andare in giro a far spese. Per carità, non che siano le spese in sé e per sé, che mi danno fastidio; anzi le adoro. Il problema è quello che fa da contorno allo shopping, e non mi riferisco solo alle commesse maleducate e alle code alle casse… ci sono anche altri motivi, che sono cambiati nel corso del tempo. Quand’ero piccolo era la scarsa disponibilità di fondi, da adolescente è stato il dover essere accompagnato a vista da non meno di due bestioni a farmi da balia fuori dai camerini di prova, e adesso, da “ anagraficamente adulto” come dice la mia dolce metà che scende tutta allegra dall’auto sbattendo come al solito la portiera… il fatto che suddetti bestioni non ci siano più. Perché essere interrotti nel bel mezzo di un siparietto hot condito da lancio di biancheria intima da un’arcigna e inamidata commessa che mi ha quasi fatto provare nostalgia per Martine, dover uscire dal camerino stringendomi addosso il cappotto – questo invece mi ha fatto rimpiangere non essere più nel corpo di Ele - e rischiare una denuncia per atti osceni in luogo pubblico quando non stavamo facendo assolutamente nulla di male – non ancora, perlomeno- è quanto di peggio possa capitare durante un “tranquillo” giro di compere. Va bene, qualcuno potrebbe dire: “ma tu hai già il precedente con i camerini, quindi è inutile che ti lamenti”; e avrebbe anche ragione, ma come la mettiamo col pastrocchio in sala d’incisione? Listing e Schäfer, ormai soci e affiliati dell’associazione “Sfottiamo Bill Kaulitz ad perpetuam”, come se solo a me capitasse di tutto e di più, sono venuti in possesso di una registrazione alquanto “particolare”, per dirla diplomaticamente, e ora minacciano di mettere tutto su Youtube ogni volta che sclero perché non fanno come dico io. Non posso nemmeno contare sull’appoggio di mio fratello perché… lui è il capo dell’associazione. E il fornitore ufficiale di aneddoti disastrosi che vanno ad ampliare la già scoraggiante collezione di casini più o meno innocui, non ultimo quella volta che siamo stati beccati a giocare a nascondino nella clinica dov’era stata ricoverata per accertamenti in seguito ad un malore sospetto… Quell’infame. Vatti a fidare dei parenti. La triste realtà è che con Kessi si può stare tranquilli solo di non poter stare mai tranquilli. Triste perché in un modo o nell’altro va sempre a finire male… e prima di aver portato a termine qualcosa, dannazione. A che serve essere fantasiosi, se poi puntualmente t’interrompono sul più bello? L’istante che precede la resa… quando gli sguardi s’incrociano, ugualmente accesi d’eccitazione e desiderio, l’uomo si offre e la donna valuta se accogliere o meno quell’offerta, il dono di sé e di tutto il piacere ch’essa può arrecarti… Misericordia. Okay, devo riprendere fiato. E non solo perché, contrariamente al mio solito, mi sono fatto carico di tutto quello che c’era nel portabagagli. << Shhh… lascia quella roba dietro la porta, dai! Così penseranno che siamo rientrati da un pezzo! >>. << Ma che… >>. Tremenda. Tom ha trovato una degna rivale, in tema di scherzi; sa essere perfino peggio di lui, per non dire di me. << Sei diabolica >>. << Lo so >>, mi sussurra, allacciandomi le braccia al collo per un breve bacio… breve, per forza di cose. Perché altrimenti sappiamo entrambi che finiremo a rotolare sul parquet che neanche due animali selvaggi e sinceramente non mi pare molto opportuno… Mi stacco leggermente e socchiudo gli occhi per guardarla, ma così è anche peggio perché adesso è perfino più bella di quanto non sia mai stata. Stando con Kessi mi ci è voluto pochissimo per imparare che la bellezza è poter guardare la tua donna appena sveglia, senza trucco e sentirsi spaccare il cuore da quant’è radiosa. Ma okay, devo confessarlo. Il fatto che lei pensi la stessa cosa di me, be’… mi fa sentire ancora più innamorato, e grato nei suoi confronti. E una parte del merito l’hanno anche tutti i suoi discorsi scellerati che non ha mai smesso di fare, dietro mia specifica richiesta… ma soltanto quando siamo soli, e preferibilmente in camera. Allora può dire tutto quello che vuole… e spesso sono indeciso se sia più eccitante starla a sentire, o più piacevole chiuderle la bocca con un bacio… che ci mette un nanosecondo ad evolversi ad una presa e placcata contro il muro. Come adesso. Ci stiamo ancora baciando, quando mi rendo conto che siamo finiti nell’altro angolo dell’ingresso e che le mie mani sono scivolate dai suoi fianchi, alla sua pancia… è un miracolo, vederla crescere giorno per giorno. Slaccio un bottone del suo cappotto e le infilo dentro, sotto la lana del maglione, contro la pelle. << Amore, basta… altrimenti va a finire che lo scherzo lo fanno loro a noi >>, mi rimbrotta scherzosamente Kessi, chiudendo le dita attorno ai miei polsi. Ma li lascia lì dove sono. << Hai ragione. Perdonami >>. << Ti ho già perdonato. A vita >>, mormora, salendo sulle punte dei piedi per baciarmi ancora una volta, un attimo soltanto. E’ vero. Ripenso automaticamente a quel risveglio, quattro mesi fa… quello che credevo fosse la meta, e invece si è rivelato essere solo una tappa, nel mio viaggio accanto a lei. Aprire gli occhi e scoprire che la tempesta era passata, ma non era riuscita a dividerci… anzi, era servita soltanto a renderci più vicini, più uniti, più forti… Risento la sua voce come un’eco, risuonare dal fondo di queste 18 settimane e riempirmi la mente di ricordi. A quando, sfinita, distrutta, senza più un filo di fiato, nonostante tutto mi aveva tenuto sul suo petto e stretto a sé, senza smettere di accarezzarmi i capelli. << Okay, ora ho capito perché mi hai chiesto di perdonarmi… >>, aveva commentato, a stento. E sempre a stento io avevo rialzato la testa dal suo seno per guardarla e domandarle: << Perché? >>. << Perché ho quasi rischiato di morire in diverse occasioni… Dimmi un po’, ma non è che ho pestato i piedi a qualche pezzo grosso e hanno mandato te in qualità d’insospettabile a farmi fuori? No, sai, perché se così fosse almeno si spiega il motivo per cui tu sei qui… >>. Non avevo potuto fare a meno di sorridere. << No, tranquilla Kess, non sono qui per ucciderti… >>. << Okay, allora dammi carta e penna che lo mettiamo per iscritto… così invece di darti l’ergastolo per omicidio volontario, vediamo se riesco a farti condannare “solo” per lesioni colpose… >>. Tutto ad un tratto avevo smesso di scherzare. << Kess, ti ho fatto male? >>. << Ma no! Cioè, sì… qui >>. Si era indicata il seno sinistro, all’altezza del cuore. << Credevo stesse per esplodere in mille pezzi. Ma tu fai sempre sesso così, con tutte le ragazze? >>. << Ti preoccupi casomai ne abbia uccisa qualcuna? Non credo. Sono sempre andate via con le loro gambe >>. << Beate loro. Io neanche me le sento più… e non soltanto loro. Santo cielo, mi sa che mi conviene darmi per malata domattina… >>. << Allora siamo in due. Credo che mio fratello, Georg e Gus dovranno arrangiarsi da soli >>. Mi ero voltato su un fianco, per non gravarle addosso più di quanto già non avessi fatto nelle ore precedenti; le ombre violacee della sera cominciavano ad allungarsi tra noi, sul bianco delle lenzuola reduci da una battaglia di proporzioni epiche e su quello del suo volto, pallido ma bello come sempre, se non di più. La lieve, delicata danza delle sue dita contro il palmo della mia mano sollevata a cercare la sua era stato l’attimo fatale in cui il mio dubbio aveva finalmente trovato risposta. Sì. L’amavo. Provavo per lei un sentimento talmente intenso che n’ero rimasto abbagliato, e frastornato, la prima volta in cui l’avevo vista. Potrebbe sembrare un facile ripiego, ma non lo è; è solo la verità. Le cose, le persone, le sensazioni ci rivelano il loro reale valore soltanto quando si rischia di perderle; ed è allora, nell’esatto momento in cui sono appese ad un fragile filo sottile come una tela di ragno sospesa sull’abisso, che splendono mandando un messaggio disperato a coloro che, al sicuro sul confine, le guardano dondolare nel vento. Non lasciarmi cadere. Afferrami, stringimi, toccami. Dammi un’altra possibilità. << Credi di potermi spiegare, adesso, perché sei qui? >>. << Sei sicura di volerlo sapere? >>. << Ah ah. Certo. Ora più di prima… perché ho bisogno di sapere che non si è trattato di un sogno, quando te ne sarai andato >>. << Perché credi che me ne andrò? >>. << Non penso tu abbia qualche motivo per restare >>. << Ne sei sicura? Se ne ho avuto uno per venire qui da te, potrei anche averne uno molto, molto più valido, per rimanere… >>. << E quale potrebbe essere, scusa? >>. << Non c’arrivi? >>. << No. Non so neanche perché sei qui. Come faccio a sapere cosa potrebbe convincerti a restare? >>. Aveva taciuto, forse ingoiando le lacrime che le accendevano nelle iridi come tante piccole schegge di sole verde. Mi ero tirato su a sedere, recuperato i jeans e tratto le sigarette dalla tasca. Poi, ne avevo infilato in bocca una, fissando Kessi con intenzione. E una luce nuova, diversa, si era accesa improvvisamente nei suoi occhi come se avesse cominciato a capire… ma si rifiutasse di ritenerlo reale. << Non… >>. << Sì, Kessi. Ero io. Non sappiamo come sia successo, o meglio, Elettra sospetta sia stato uno di quegli strani fenomeni legati al passaggio della cometa di Arwion, anche se a me francamente pare… anzi, pareva, impossibile. Fatto resta che lei mi ha urtato per strada e… dopo, ero lei. E lei era me. E’ stato così fin quando non mi sono dileguato a pranzo >>. << Mio Dio >>. << Sì, vero? Sembra assurdo. Ma te lo giuro… è andata proprio così. Non potrei mai mentirti, non dopo quello che ho passato durante questi ultimi giorni… Ho temuto di perdere il senno. E di ciò tu non sei del tutto incolpevole >>. Era ammutolita di colpo, mentre io scoppiavo a ridere. << Dai, non potevi saperlo, non ti preoccupare >>, avevo aggiunto, vedendola impallidire ancora di più. << Santo cielo, io… sono esterrefatta. Mi dispiace >>. << No, perché? Era divertente… stare a sentire tutto quello che avresti voluto farmi, benché in quel momento non la pensassi così >>. << Davvero, mi spiace… hai ragione, avevi davvero un ottimo motivo per venire qui a vendicarti… >>. << Vendicarmi?! E’ per questo che pensi sia venuto, Kessi? >>. Avevo spento la sigaretta nel posacenere, prima di tornare da lei. << Sono tornato perché volevo realizzare ognuno di quei tuoi desideri, Cassandra. E capire se quella morsa allo stomaco che mi prendeva nello starti accanto era soltanto una mera cosa fisica, o c’era di più. E, Kess… c’è >>. << Già. Me ne sono accorta anch’io… che c’è di più di quello che si vedeva nel dvd… >>, aveva ansimato lei, lasciandosi cadere di nuovo sul letto. Una sirena tra i flutti non avrebbe potuto essere più bella. Mi ero sdraiato ancora accanto a lei. << Quale dvd? >>. << Come, non ve ne siete mai accorti? In “Caught on camera”… dove uscite dal campo di paint ball… e mostri il livido sul fondoschiena… non è l’unica cosa che fai vedere, tesoro… >>. << Davvero?! >>. << Ah ah… >>. Si era avvicinata al mio orecchio, scaldandolo col suo respiro… avevo sentito il metallo dei piercing dilatarsi attraverso la pelle. E non solo quello… accidenti. << Devo confessarti una cosa… con le mie amiche ho finto che fosse stata una delusione, ma in realtà… >>. << In realtà? >>. << Non sono riuscita a levarmi quel fotogramma dalla testa per mesi… non riuscivo a farlo uscire da me >>. Ah, Kessi! << Lo stai facendo apposta, vero? >>. Lei aveva sorriso, sorniona. << Sì… >>. E mi aveva attirato ancora a sé… come adesso. << Che splendore che sei… >>, dice, accarezzandomi le ciglia con la punta delle dita. Adora farlo… e io adoro quando lo fa. << Ti amo >>. << Anch’io. Tanto >>. Mi scocca un brevissimo bacio a fior di labbra, prima di dare inizio alla caccia… gira e fruga ovunque alla ricerca di biscotti come la bimba che presto darà alla luce e mi ripeto, per l’ennesima volta, che n’è valsa la pena. Ogni singolo giorno di quell’inferno in terra, è valsa la pena. << Kess, dai! Hai sentito che ha detto il medico, no? >>, le ricordo, tenendo a bada il volume della voce per non mandare all’aria lo scherzo. << Non devi esagerare con questa roba >>. Le sbuffa, si produce nella sua solita smorfia sorniona. << Pfff… sai cosa c’è di peggio che essere rimproverata da un ragazzino? >>, chiede, continuando a pescare nella scatola di latta. Io incrocio le braccia. << No, cosa? >>. << Essere rimproverata da un ragazzino in pantaloni di pelle e piercing al naso che per esercitarsi a fare il padre ha deciso di cominciare dalla povera malcapitata di turno… E’ frustrante, credimi >>. Rido piano, e tendo il braccio a toglierle la scatola di mano. << D’accordo, allora da oggi in poi invece di fare affidamento sul tuo buon senso ti nasconderò direttamente le cose… >>, dichiaro, rimettendo a posto il coperchio. Lei mi guarda di sottecchi. << Vedi? Questa è già un’idea migliore… sai, avrei un paio di suggerimenti su dove potresti imboscare qualcuno di quei biscotti… >>, mi sussurra poi, in tono eloquente. << Cercarli potrebbe diventare così divertente, che potrei perfino scordarmi di mangiarli anche se li trovassi… >>. << Kessi! >>. << Che c’è? Scherzavo! >>, si giustifica ridacchiando sotto i baffi. Io scuoto la testa. << Poi sarei io il ragazzino… >>. << E’ ovvio! Ehi, shhh, sento rumore di sopra >>. Mi guarda. La guardo. Tratteniamo a stento una risata. Ci ammazzeranno, lo so. Ma non fa niente. M’importa solo che sia accanto a me… che lo siano, lei e la nostra piccola. Per sempre.
Quando riemergiamo, abbiamo praticamente fatto la muta, per tutto il tempo trascorso sotto l’acqua. Oltre al sudore, alla patina oleosa di burro e alla schiuma è andata via anche la pelle, quasi. << Santo cielo, ho come l’impressione che adesso per colmare in qualche modo la mancanza delle Twincest, tu stia sfogando tutta la perversione che c’è in te… >>, sbotta Tom, avvolgendosi nel caro accappatoio azzurro. Ormai mi ci sono affezionata, è diventato quasi una reliquia, per me. Io mi stringo addosso il mio, recupero le sigarette della mensola dello specchio e ne accendo una. << Dici? >>. << Dico, dico. Sai, è la prima volta che mi lascio fare una cosa del genere… >>. << E ti è piaciuto? >>. Si schiarisce leggermente la voce, guarda altrove, i fasci di luce bianca che filtrano attraverso la persiana della finestra. << Be’… sì >>. << Non mi dirai che te ne vergogni! Mica c’è niente di male, se è una ragazza a fartelo… sai che è il modo più pratico ed efficace per raggiungere il famoso “punto L”? >>. << Punto che? >>. << Il punto L, che sarebbe una specie di “punto G” maschile… la mitica leggenda del punto G, la conosci? >>. << Be’, sì, quella la sapevo, ma ‘sta storia del punto L proprio non l’avevo mai sentita… anche questa viene dal tuo torbido “passato” da twincester? >>. << No, questa me l’ha spiegata Kessi… >>. << Ahaaa! Mi pareva strano, che non ci fosse il suo zampino… ti ha attaccato la sua malattia e adesso è finito il periodo d’incubazione! E meno male che lei quelle storie le detesta, altrimenti non oso immaginare come sarebbe andata a finire… per me! >>. << Sarebbe finita che per Natale ti avrei regalato un bel vibratore… >>. << Elettra! >>. Scoppio a ridere, battendo le mani come una bimba. Quando godo nello scandalizzarlo… ora so perché Kessi insiste ancora a tormentare il povero Bill. E’ una sensazione indicibile vedere le guance rosse e l’aria sconvolta sul volto di un Kaulitz… << Non avrei mai pensato di poter dire una cosa del genere, ma… >>, si avvicina, mi posa un bacio lieve sulla fronte. << tesoro, penso sia meglio tu vada a preparare la colazione! >>. << Sì, penso anch’io! >>. Ci rivestiamo in fretta e scendiamo di sotto, rincorrendoci per le scale come due idioti di jackass… e non immaginavamo certo di trovarci una bella sorpresa. Devo ricordarmi di togliere le chiavi a Kessi. Che sorride con intenzione, fissando la nostra tenuta non molto ortodossa, un comodo vestitino blu scuro per me e jeans stracciati e torso nudo per Tom. Se non le fossi tanto debitrice, sarei gelosa perfino di lei. << Allora, amore, che ne dici?Io a Ele darei un sette meno meno, ma giusto perché le voglio bene e spero le serva da incentivo ad impegnarsi di più la prossima volta… >>. << Ah no, io a mio fratello non gli do più di cinque e mezzo, e forse è uno dei voti più alti mai presi in tutta la sua vita… >>, osserva Bill, guardando Tom di sottecchi. Ammutoliamo in sincrono, scambiandoci un’occhiata sgranata. << Ci… avete sentito? >>. << Puoi giurarci! E sono molto deluso. Mi aspettavo un po’ di più dal “dio del sesso”… Ma forse la monogamia sta spegnendo tutti i suoi ardori e allora tra poco la sua fama non sarà che un vago ricordo… >>. << Ma ti prego! Probabilmente siete arrivati tardi, perché se ci aveste sentito dall’inizio, non avresti il coraggio di darmi cinque e mezzo, mi meriterei come minimo un otto pieno! >>. << Seee, allora se tu meriti un otto, a me spetta almeno un nove, come minimo! Per non dire nove e mezzo! >>. << Be’, adesso non esageriamo… >>, interviene Bill, voltandosi a guardare me. Io serro i pugni sui fianchi. << Ah no? Allora di sicuro non avete sentito niente, perché non credo accada tutti i giorni che una come me faccia urlare il famoso “dio del sesso”… o sbaglio? >>. Bill e Kessi scambiano un’occhiata, poi si voltano entrambi a fissare Tom, ch’è già bell’e avvampato. Kessi sa trattenersi meglio, stira le labbra e se le mordicchia, ma Bill proprio non ci riesce e scoppia a ridere. << Davvero? >>. << E che domandi a fare? Guarda come sta… Comunque te lo devo dire >>, fa Kess, girando sulla sedia in modo da abbracciare lo schienale. << E’ uno scherzo… noi non abbiamo sentito niente, ma se è vero che l’hai fatto gridare allora il nove e mezzo te lo do io! >>. << Kessi? >>. Si mette a ridere anche lei, scuote la testa. << Ma secondo te, fosse vero saremmo rimasti in casa? Ci hai preso per depravati? >>. << Be’, lui non so, tu lo sei di sicuro! >>. << Ma smettila >>. Si alza, va al frigo e prende uno yogurt. << Se davvero fossi tanto depravata come dici, adesso non sarei qui a conversare tranquillamente con voi, ma in giro a far danni… >>. << Perché, non ti è bastato quello di oggi? >>, sbotta d’ un tratto Bill, e Kessi alza gli occhi al cielo leccando il cucchiaio. << E vabbé, dai, sono cose che succedono! >>. << Sempre. E sempre a noi >>. << Uff! >>. << Perché, ch’è successo? >>,domanda Tom, riavutosi dalla vergogna d’esser stato sputtanato… per niente poi. << Ah, niente di nuovo. Ci hanno sistematicamente fatto passare per dei maniaci, quasi denunciato e invitato gentilmente a non tornare più in quel negozio… poco male, tanto non c’era niente di carino >>. << Kessi! Lo sai che non devi raccontargli niente, che sennò poi va a dirlo a quegli altri due disgraziati e mettono i manifesti! >>. << E dai, se l’è meritato, e poi adesso anche noi conosciamo il suo piccolo, sporco segreto… quindi direi che siamo pari! >>. << Ecco. Grazie, Elettra >>, fa Tom, sarcastico. Io gli lancio un’occhiataccia. << E’ inutile che te la prendi con me, sei stato tu a voler fare il solito spaccone… >>. << Sì, ma a te spetta un voto più basso per via della condotta! Sai che non si è ancora levato il vizio delle Twincest? >>. << Ma no, Ele! E poi sarei io la depravata! >>, sbotta Kess. << Guarda che volevo solo vedere se avevano postato l’ultimo capitolo di una storia che ho letto fin dall’inizio e mi è piaciuta un casino, a prescindere dal fatto che fosse una Twincest…Mancava soltanto il finale e logicamente volevo sapere come andava a finire, dopo che l’ho seguita tutta! >>. << Ah ah. E com’è che s’intitolava ‘sta storia? >>. << ”Drops of shadows”, perché? >>. Cassandra mi lancia uno sguardo furbo. << Te lo dico io come finisce. Dahin, alias Bill, e Alen, alias Tom, sconfiggeranno il malvagio Signore delle tenebre e decideranno di rimanere ad Aurea, dove potranno amarsi per sempre senza che nessuno li possa mai dividere… >>. Tre paia d’occhi sconvolti si puntano su Kessi, che continua indisturbata a leccare il suo yogurt. I più sgranati sono senza dubbio i miei. << E tu come fai a saperlo?! Non dirmi che l’hai letta! >>. << Ma no, certo che no >>. Sospirone di sollievo generale. << Ahaaaa! >>. << L’ho scritta >>, fa lei, serafica. Bill quasi si strozza con il biscotto che stava masticando, e Tom si artiglia al tavolo come stesse per svenire. Io ho appena il tempo di voltarmi e sputare nel lavandino il sorso d’acqua che stavo bevendo, prima che mi vada di traverso. << Ma stai scherzando?! Tu saresti Camille?! >>. << Camille a chi? Guarda che il mio nick è C.M. L., cioè Cassandra Maria Liverti. Facile, no? >>. << Cioè mi stai dicendo che hai scritto una Twincest su di noi? Ma sei impazzita? >>. << Be’, sai com’è… a furia di sentire Ele dire sempre: “Ma che bella questa storia, ma che bella quell’altra…”… il mio ego si è ribellato! >>. << Ora ti faccio vedere come si ribella il mio invece! >>. Kessi scappa e Bill corre ad acchiapparla; ci riesce quasi subito, lei si dimena e scalcia, tenta di morderlo ma si vede che ormai lui è abituato e si scansa con abilità. << Scusate, signori, ma vado ad insegnare le buone maniere a questa selvaggia… >>, sbotta ridendo, mentre Kessi prova ad azzannargli una mano. << E non vi conviene aspettarmi per darmi il voto, penso ci vorrà un bel po’… è indietro di parecchie lezioni, la signorina! >>.E si dirige verso le scale, con Kessi in braccio che si divincola come una tigre presa al laccio. Non so come faccia ad essere così pazza anche adesso ch’è incinta, anzi, forse gli sbalzi ormonali della gravidanza le hanno picchiato in testa più del solito. Tom mi guarda, scoppia a ridere. Sta pensando la stessa cosa, è evidente. << Kessi è proprio da ricovero… povero fratellino mio! >>. << Già. Però ha scelto bene. Con lei potrà star certo di non annoiarsi mai >>. << Be’, non è il solo >>, mormora scoccandomi un’occhiata di sottecchi, morbida e sensuale come solo lui sa essere. Si avvicina, si china a baciarmi teneramente e mi guarda, dritto in fondo agli occhi. Sono così sconvolta che mi tremano le gambe perfino da seduta. << Che ne dici? >>. << Eh? Di cosa? >>. << Che ho scelto bene anch’io >>. << Be’… di te non lo so, ma io ho scelto bene sicuro >>. Incrocia le braccia sul tavolo, senza smettere di fissarmi.<< Elettra, mi sposi? >>. << Che? Ma sei impazzito??! >>. << No, perché? Semplicemente, ti amo e vorrei sposarti. Che c’è di così strano? >>. << Niente, se non fosse che si tratta di te! Cos’è, uno dei tuoi soliti scherzi? O non è che per caso, visto che Bill ha messo incinta Kessi la prima volta che hanno fatto sesso, ora vuoi sapere batterlo sul tempo almeno per il matrimonio… >>. << A parte il fatto che i casini di Bill non mi riguardano e di questo non è che possa andare in giro a vantarsene, perché è stata una cosa assolutamente accidentale e imprevista, almeno stando a quello che mi ha confidato lui… la cosa che mi dà più fastidio è dovergli dare ragione. >>. << E su cosa, di grazia? >>. << Sul fatto che peggio del tradimento da parte di una donna che ami c’è soltanto la mancanza di fiducia. Ora capisco cosa voleva dire. E’ una lama che ti si conficca nel cuore e te lo scava lentamente ma inesorabilmente… >>. << Tom, mi spiace, ma vedi, il fatto è che io non mi sento pronta a sposarmi… >>. << Con me >>. Alzo lo sguardo al cielo. << Benedetto ragazzo, vuoi stare ad ascoltarmi? Un legame così per me non è un cellulare, un computer, un auto, che quando te ne stanchi puoi cambiarlo o metterlo via. Che ti piaccia o no, dura per sempre, anche se poi si divorzia >>. << Allora è peggio. Non è che tu non ti fidi di me, è che mi consideri proprio un cretino! Pensi che non lo sappia? >>. << Aspetta! Il punto è che…stiamo insieme solo da quattro mesi scarsi, non ci conosciamo ancora bene, anche se viviamo insieme non è detto che durerà… non so quale assurdo sentimento masochista ti abbia portato a dirmi che mi ami, e a chiedermi questo… ma io non… >>. << Basta, ho capito. Tu non mi credi. Forse è un po’ anche colpa mia,visto che finché non ti conosciuta non sono stato persona degna di fiducia >>. << La pianti da fare la vittima? Vuoi sapere la verità? E’ così. Non me la sento di sposarti. Diventeresti il centro del mio mondo, del mio universo, più di quanto già non lo sia adesso. Smetterei di esistere per dedicarmi esclusivamente a te >>. << E allora dov’è il problema? A me sembra perfetto >>. << Non lo è, perché mi annullerei in un modo pazzesco, e se poi finisse… di me non rimarrebbe nulla >>. << Ma… >>. << Niente “ma”. Potrei cambiare, fisicamente ed emotivamente, e tu potresti stancarti e cercarti un’altra e probabilmente alla fine io ti darei pure ragione >>. << Allora è questo il punto… è di te che non sei sicura, non di me >>. << Sì. Perché non so cosa ho fatto per meritarmi te. Già starti accanto così è un miracolo, per me. E io… non posso fare a meno di essere spaventata. Per quanto tu possa dire o fare, io non mi sentirò mai alla tua altezza >>. << Mhmm… forse potrei chiedere a Bill se ti può prestare un paio di stivali dei suoi…….. >>. << Piantala, dico sul serio >>. Lui sembra rifletterci. Un secondo, non di più. Già è troppo per i suoi standard. << E va bene. E se ti dicessi che… prevedendo la tua reazione mi sono preparato, e pur consapevole di rischiare la pelle ho, come dire, fatto un piccolo scambio? >>. << Di che diavolo stai parlando, Tom? >>. << Perché non vai a dare un’occhiata alle tue pillole? Quelle che prendi tutti i giorni, tanto diligentemente, sempre alla stessa ora >>. Raggelo. Un’idea mi ballonzola nella mente, come una di quelle palline magiche che una volta lanciate, non si fermano più. << Tom, è uno scherzo, vero? >>. << Ti conviene andare a controllare di persona… >>. Non me lo faccio ripetere due volte. Corro al cassetto, lo apro, tiro fuori lo scatolo delle pillole e ne assaggio una… Mi passo una mano sulla faccia, mi accorgo solo adesso di sudare freddo. No, porca miseria, semplicemente non posso crederci. Mi rifiuto di credere che mi voglia a tal punto da...<< Caramelle? Hai scambiato le mie pillole con delle caramelle? Ma sei impazzito? >>. Lui alza le spalle, storce le labbra. << Te l’ho detto, mi sono preparato. Supponevo che questo sarebbe stato un tasto dolente, e così… >>. Vorrei saltargli addosso e allacciargli le braccia al collo. Per strangolarlo, chiaro. << Ma come accidenti ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?! Ti rendi conto che potrei essere incinta?! >>. << Davvero? Strano, mi pareva di averlo fatto appunto per questo… >>. Mi arrendo. D’altronde, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire… e Tom quando ci si mette sa essere davvero duro d’orecchi. –ho detto d’orecchi, mi raccomando Elettra non metterti a incasinare tutto come al tuo solito-. Ma da incasinare non c’è più niente. Sono… annientata. Tanto che a stento riesco ancora a battere le palpebre e contare meccanicamente le righe nere del pavimento. Mi viene accanto, mi accarezza teneramente il volto, la gola. << Che c’è? Perché non dici niente, Ele? >>. E’ inquieto, teme di averla fatta grossa. In effetti è vero, ma non è per questo che me ne sto in silenzio come una bella statuina. << Non so cosa dire >>. << Semplice. Dimmi che lo vuoi. Che mi, vuoi >>. Rialzo lo sguardo. Sorrido piano, ancora sconvolta. << Certo, certo che vi voglio, cavolo. Mi sembra di non aver voluto altro da quando sono nata. Soltanto che me ne sono resa conto quando ti ho conosciuto >>. Finalmente sorride… ed è come vedere il sole affacciarsi tra le nubi. I suoi occhi sono pura luce bruna, mentre fissano i miei. << Lo sapevo che ti avrei convinta… D’altronde, è impossibile resistere al mio fascino… >>. << Ma smettila! Vedi di non usarlo troppo piuttosto, il tuo fascino, se non vuoi ritrovarti impalato alla porta >>, borbotto, incrociando le braccia. Mi ha fregata, e la cosa peggiore è che ne sono felice da morire. Sono proprio una cretina… e la colpa è tutta di Kessi, quella disgraziata. << Be’, se m’impalassi tu, mia stupenda dea del sesso, non mi dispiacerebbe affatto, anzi… non è che hai davvero voglia di dare il voto a quei due, vero? >>. << Non proprio, perché? >>. << Avevo in mente di fare un giro… >>. Mi prende il volto tra le mani, mi bacia… santo cielo. E’ sempre come la prima volta. Il primo bacio. Il mio primo amore, l’ultimo, l’unico. << Un paio di giorni, solo tu, io e… >>. Mi sfiora appena la pancia, con dolcezza. << Così se ancora non c’è nulla, vediamo di rimediare… >>. << Sembra fantastico… >>. << Ma tu lo sei di più… >>. E mi bacia ancora, e ancora… non so se quella cometa sia stata un bene o un male, benché quand’è passata fossi fermamente convinta che fosse il peggio. So soltanto che spero che quando ripassi, tra cinquant’anni, possa trovarci ancora così. Vivi, ovviamente. Ma soprattutto, felici.