Justin’s.
La
vidi imprecare contro la macchinetta, che probabilmente le aveva
mangiato i
soldi per l’ennesima volta. Era così
buffa… Ma allo stesso tempo estremamente
sensuale.
Era decisamente eccitante avere quella visuale del suo fondoschiena ma
il fatto
di non poterlo toccare era davvero frustrante.
“Credo che tu ti sia appena
aggiudicata
il titolo di novellina, Cooper.” Le sussurrai a
pochi centimetri
dall’orecchio.
Credo non si fosse accorta della mia presenza alle sue spalle, non se
lo aspettava,
fece infatti cadere a terra
un paio di
monetine, probabilmente dallo spavento, poi si voltò
all’improvviso tentando di
ricomporsi imbarazzata.
“Chi sei tu per dire che sono io la
novellina? Perché non torni in Canada, pft, odio
quel posto.” Incrociò le
braccia sul
petto, poi mi diede le spalle, senza rivolgermi più parola.
Continuava a premere a caso i tasti della macchinetta, ma invano,
perché quell’ammasso
di ferraglia sembrava deciso a non cedere.
“Ti sei svegliata male o hai le
mestruazioni?” Azzardai.
“Oh cazzo, perché per voi maschi, se una ragazza
è nervosa deve per forza avere
il ciclo?” Mestruazioni.
Ora è sicuro.
“Non c’è un perché,
è così è basta.”
Madison’s.
“Non
è colpa mia, ci sono due fidanzatini davanti alle
macchinette e non sono ancora
riuscito a prendere niente, te la porto fra qualche minuto la
merenda.”
Agghiacciai all’istante. Justin se ne accorse e
cercò di trattenere le risate.
Idiota.
“Non ho più
fame.”
“Aspetta Cooper, ti sei dimenticata
i
soldi a terra!” Sentii i suoi passi dietro di me,
con tutta probabilità mi
stava inseguendo con quella sua camminata da pinguino. L’idea
mi fece scappare
un sorrisino idiota che decisi abolire all’istante. Quel tipo
non lo conoscevo
neppure e tentava in tutti i modi di prendersi gioco di me…
Beh, non bastava
questo?
“Credi me ne possa fottere qualcosa di quei due
spiccioli?” Gli risposi
acida.
“Ehi si può sapere che ti
prende?” Inarcò
il sopracciglio sinistro provocando così delle piccole
fossette sulla fronte.
Sembra quasi sia fatto di ceramica,
come può essere così… Oddio no, che diavolo di pensieri, mi sento
il cervello esplodere, e non riesco a capire perché ho
questo strano
presentimento che le mie guance siano color porpora in questo istante.
Dannazione, mi odio, è ufficiale.
“Niente, non mi
prende niente.” Sbottai
nervosa.
Continuavo a camminare svelta per i corridoi con il biondino a fianco.
Nessuno dei
due scuciva una parola e stavo quasi per invitarlo a lasciarmi sola
quando
interruppe i miei pensieri.
“Sei un cubo di rubik, io non
riesco
a…” Lo interruppi
all’istante, alzando il tono della voce in modo da
sovrastare la sua: “Senti, se non ti
vado bene lasciami perdere, non ho bisogno di te, novellino.”
Non so perché
reagii in quel modo. Ero nervosa quella mattina… Solite
discussioni con papà.
All’improvviso scoppiò in una leggera
risata, poi disse: “Io amo i cubi
di rubik.”
Quell’espressione seria e risoluta sul mio volto
scomparve, per dare spazio
ad un dolce sorriso. Era sincero, almeno questo lo avevo capito.
Continuava a guardarmi, come se si aspettasse una risposta, o meglio,
la
pretendesse.
“Ora è meglio se vada a lezione, fra poco finisce
l’intervallo e inglese
avanzato mi aspetta… A dopo Justin.”
Dissi
prima di regalargli uno dei miei migliori sorrisi, uno di quelli
sinceri,
d’altronde era stato carino nei miei confronti.
“Aspetta!” Sentii afferrarmi il polso e
fui costretta a girarmi.
“Che
c’è?” Lo guardai stranita.
“Anche io ho inglese avanzato,
adesso.”
“Ah, perfetto.” Roteai gli occhi e lo
afferrai per l’indice della mano,
trascinandomelo per i corridoi sotto lo sguardo attonito di molti.
Mi voltai verso Justin scorgendo il suo sorriso malizioso stampato in
viso,
così mi decisi a mollare la presa.
“Chi
è
il ragazzo che sta con la Cooper?”
“Però, mica male il biondino, ma chi
è?”
“Tette, culo, tette, culo, tette, Cooper.” Patetico.
Scossi energicamente il capo già chino prima di entrare
finalmente in aula.
Presi posto e
Justin mi affiancò in quel banco vuoto, come se
fossi stata io a chiedergli esplicitamente di farlo.
“Vedo che sei molto
apprezzata… Dai
ragazzi di questa scuola intendo.”
“Beh, non mi interessa di ciò che pensano gli
altri sul mio conto.” Feci
spallucce e cominciai a scarabocchiare sulle pagine ancora candide del
mio nuovo
quaderno degli appunti. Avrei fatto di tutto pur di non incontrare il
suo
sguardo, perché ogni volta che succedeva, accadevano cose
strane in me…
“Non ti fa piacere… piacere?” Mi
chiese stupito.
“Non piacere a certi ragazzi. Mi guardano come se…
Non lo so, mi sento sotto
pressione e le mie insicurezze vengono a galla, e io odio quando
accade. È così
strana come cosa?” Oddio
cosa ho
detto. A chi l’ho detto e soprattutto perché
l’ho fatto?
“Suppongo di no.” Rispose sicuro.
In quel momento ebbi paura che andasse a spifferare quello
che gli avevo
confidato al resto della scuola, poi trovai il modo di scacciare via
quel pensiero.
“Cosa c’è che non va allora?” Gli
chiesi curiosa. Lui mi dava del “cubo di
rubik”, ma forse non si rendeva conto di quanto misterioso e
difficile da
comprendere poteva essere.
“Beh… Troppi ragazzi che ti ronzano intorno,
dovrò trovare un modo per far
capire agli altri che sei una mia preda.”
Calcò bene sulla penultima parola e poi si
voltò verso la finestra a
fissare qualcosa a me impercettibile.
Io? Una sua preda? Avvampai
all’istante. Solitamente io ero la ragazza stronza, mi
piaceva anche fare la
parte della dura, però quel fottuto biondino mi stava
facendo andare in merda.
Svuotai la mente da tutti quegl’inutili pensieri e risposi: “Ehi, frena novellino, io non sono la
preda
di nessuno, tantomeno tua.”
“Pensavo fossimo arrivati alla fase
Justin, novellino mi sa tanto da pivello…” Sbuffò
prima di passarsi una
mano fra le ciocche color del grano.
“Beh non è quello che sei?” Lo
provocai.
Si concesse un breve ghigno, poi si voltò verso di me con
sguardo serio, e molto
lentamente si avvicinò sempre di più.
Dio, il mio cuore. È come se abbia
appena
afferrato le valige gridando “Io parto per i Caraibi,
gente!”.
Mi sta per baciare per la seconda volta, ok, ora ne sono certa. E non
sono
l’unica ad essersene accorta, Cher, (mia acerrima nemica,
nonché capo
cheerleader) è appena entrata in classe, e a quanto pare
è più sorpresa di me dal
gesto del biondo a pochi centimetri da me.
Justin, già… I
nostri nasi si
sfiorano, voglio dire, per quale motivo un ragazzo si avvicina in quel
modo ad
una ragazza? Per canticchiarle la Macarena?
E perché diavolo non dico niente? Da una parte vorrei
stampargli una cinquina
in viso, a costo di farmi male ad una mano, mentre dall’altra
mi ripeto “Ancora
due secondi e lo faccio”. Peccato che quei due secondi stiano
durando fin
troppo...
“Suppongo di non esserlo
per te.” Tenne
lo sguardo fisso sul mio viso per
tre secondi buoni (si, conto i secondi,
problem?) fino a quando il professor Brown irruppe in classe
come di sua
abitudine. Justin si ricompose con calma, come se avesse previsto tutto
nei
minimi dettagli, mentre il mio cuore aveva appena deciso di andarci di
corsa ai
Caraibi, annientando la mia povera cassa toracica.
Non riuscivo a capire se il mio battito fosse così
accelerato a causa del
professor Brown che era entrato all’improvviso, o del
biondino che mi ritrovavo
a fianco. Mi sarei odiata in entrambi i casi, quindi cercai
di smetterla di pensarci e concentrarmi sulla lezione appena
iniziata.
Esatto, cercai, perché
mi fu davvero
impossibile non sentire lo sguardo di Justin pesarmi addosso come un
enorme
macigno. E la cosa peggiore poi, fu che non gli dissi nulla, feci come se non
l’avessi notato, mentre dentro di me desideravo ardentemente risultare il
più bella e interessante possibile ai suoi occhi. Patetica.
L’ora trascorse lentamente, la lezione noiosa del
professor Brown non rese
il tutto più semplice, anzi…
Era strano, non conoscevo quasi nulla di lui, eppure mi
sentivo
dannatamente attratta da quel ragazzo, e nonostante i tentativi che
feci per
allontanarmici, mi ritrovai sempre in quello stesso banco ad inglese
avanzato,
o alle macchinette, con la sola speranza di ritrovarmelo dietro.
Perché? Non ne
idea, e intendiamoci, non ci tengo a saperlo.
Lunedì,
Martedì,
Mercoledì,
Giovedì…
Una
settimana dopo.
“Ieri
le cheerleader stavano già mettendo gli artigli addosso a
Justin, quanto odio
quelle arpie...” Sbottai
infilandomi anche la seconda scarpa.
La mia migliore amica mi guardò subito con aria stranita,
poi alzò un
sopracciglio in segno interrogativo.
“Cioè, non pensare che mi
piaccia, ti
sbagli Becky, è solo che mi da fastidio questa loro
possessività nei confronto
di tutti i ragazzi carini della scuola.” Mi
giustificai.
Ok ho detto davvero “ragazzi
carini”
riferendomi anche a Justin? Voglio evaporare.
“Pensare che ti piaccia? Io non
l’ho mai
fatto, tu invece?” Chiese lei maliziosa.
“Stai scherzando, spero.”
“Non è affatto male il
ragazzo, se non
ci pensi tu potrei anche…” La interruppi.
“Becky!”
Esclamai con gli occhi
sgranati dallo stupore.
“Ok, scherzavo! È tutto
tuo,
tranquilla.”
“Non è che è tutto mio, è
che…”
“È tutto chiaro, non aggiungere altro
Madison.” Mi interruppe lei prima
di farmi l’occhiolino.
Era per questo che l’amavo, dannazione mi conosceva meglio di
quanto io
conoscessi me stessa!
Raccolsi
lo zaino da terra e insieme a Becky mi diressi a
scuola, non a conoscenza di quanto sarebbe stato sconvolgente
ciò che mi
aspettava…
***
hi
ladiesss.
prima di ogni cosa vorrei ringraziare tutte le faighe che hanno letto,
recensito o aggiunto ai preferiti questa ff, per me significa il mondo.
fdvnjhvnf. c: grazie mille davvero.
non voglio farvi perdere troppo tempo, sappiate però che presto succederà una cosa un
po’… scioccante. (?) fra justin e madison
ovviamente.
non anticipo altro, alla prossima belle, recensite e fatemi
sapere cosa ne
pensate, se no non continuo. uù
-valeria.
ah,
questa è una foto di come mi immagino la bellissima Madison Cooper. c:
ovviamente
questo è Justin.
uù