Nickname autore (sul forum e su EFP in caso di
differenze): beba7
Titolo: When love dies
Pairing: Athenodora/ James Potter; James Potter/Lily Evans
Rating: Arancione
Retrizioni scelte: 1)
utilizzare questa frase: Smettere di amare per paura di soffrire è come
smettere di viver per paura di morire.
2) devi inserire questo oggetto: ciondolo
3) Devi ispirarti a questa canzone --->
Your fault di Plain White T's
Restrizione
obbligatoria: Usare il personaggio
di Athenodora
Genere: Generale; Malinconico
Avvertimenti: AU;
Cross-over;One Shot; OOC
NdA: Su Athenodora
ho fatto una piccola ricerca e non c’erano molte informazioni, anzi,
praticamente nessuna. Qui è descritta durante il periodo della trasformazione e
mi sono permessa di inventarmela di sana pianta rispettando un paio di cose che
ho trovato (capelli biondi, moglie di Caius… credo basta). Ah, il periodo è dal
1976 circa al 1983 (cioè gli anni della prima guerra magica contro Voldemort)
Le parti con le citazioni sono evidenziate in corsivo. Per la canzone mi sono
ispirata un po’ al senso generale e ho trascritto un paio di frasi.
La storia si è classificata prima nel concorso "Twilight vs Harry Potter - Contest" giudicato da Luna Ginny Jackson.
When
Love Dies
Fuoco. Sentiva solo il fuoco attorno a sé, tutto le bruciava
terribilmente e il dolore era insostenibile. Una vampata proveniente dal
braccio destro le spezzò il fiato.
Athenodora cercò di fare leva sul braccio per sollevarsi ma scivolò sul terreno
caldo e umido. Non aveva forze e si sentiva terribilmente debole, come se tutto
il sangue le fosse stato succhiato via.
Cercò nuovamente di sollevarsi ma una fredda mano la costrinse a terra.
Voltandosi spaventata verso quella nuova presenza riuscì a vedere come il
taglio, che si era inflitta al polso, aveva raggiunto le vene. Molto del suo
sangue ora stava fluendo lentamente dal braccio al pavimento sotto di lei.
Un’altra fitta di fiamme le fece chiudere gli occhi e in un impeto di dolore
cercò la pallida mano che l’aveva toccata. Appena la trovò, poco sotto la sua
spalla, le conficcò le dita nella carne giusto in tempo per sentire l’incendio
estendersi dalla parte superiore del
corpo al torace.
Il respiro le iniziava a mancare, come se non riuscisse a prendere aria in
quell’inferno di fuoco. Gettò la testa indietro, per allontanare il viso dal
petto incandescente e cercare di respirare ma sentiva di stare per perdere il
controllo dei polmoni, riusciva ad inspirare solo dalla bocca ma in maniera
sempre più veloce e incontrollata.
Provò a vedere la persona che l’aveva afferrata alle spalle ma la vista le si
stava annebbiando sempre di più rendendola ormai cieca a ciò che avveniva poco
distante da lei.
“Questa volta è davvero finita” pensò Athenodora cercando di rilassarsi contro
gli spasmi di dolore, troppo forti per poterla far muovere o gridare. Pensò a
James e quasi inconsciamente portò la mano alla collana che indossava al collo,
strinse il ciondolo tra le dita e, ignorando il dolore che questo le provocava,
chiuse lentamente gli occhi.
Sembravano passati pochi secondi quando percepì di nuovo i suoi
pensieri. Concentrandosi riuscì ad avvertire anche il suo corpo: poteva sentire
ogni muscolo, ogni fibra nervosa, ogni centimetro di pelle. Doveva essere morta
a quello che ricordava. Ma i morti potevano ricordare o pensare?
Mandò al suo cervello il messaggio di alzare l’indice della mano destra e poté
avvertire i muscoli tirare. Appena abbassò il dito si produsse un suono secco e
metallico. Aprì gli occhi sorprendendosi del fatto che riusciva a vedere.
Voltando la testa a sinistra, oltre all’oscurità della stanza, riuscì a vedere
una parete a piastrelle bianche coperta da armadietti di metallo ed una piccola
bacheca in sughero straripante di fogli. Poco più sotto si trovava un mobile
con tre confezioni di guanti monouso e un lavandino.
Athenodora si sollevò senza fatica ma sbatté la testa contro una grossa lampada
da ospedale. Non ci avrebbe fatto neanche caso se non fosse stato per il rumore
della plastica che si deformava e cadeva a terra. Si toccò la fronte
togliendosi un paio di schegge di vetro ma non trovò nessuna traccia di sangue
quando si guardò la mano. Scese da quello che sembrava una barella di metallo
evitando i vetri a terra e si avviò verso lo specchio in fondo alla stanza.
Constatò che era nuda e il terrore le attraversò la mente, cosa le era stato
fatto? E dove si trovava?
Dando una rapida occhiata alla stanza che si rifletteva sullo specchio vide
altre barelle come la sua. Quella un po’ più grande, da dove si era da poco
alzata, era al centro della stanza, un telo verde coperto da schegge di vetro
era per terra. Di fianco alla barella si trovava una piccola scrivania.
Athenodora si avvicinò prendendo una cartella clinica
Athenodora
Raven
16 anni
Nata il 28/07/1960
Deceduta il 14/10/1976
Cause del decesso: dissanguamento
Segni particolari: lacerazione da taglio al polso destro e piccole cicatrici
sul collo, segno di un morso poco recente. E’ stata ritrovata con il pugno sinistro
chiuso, all’interno del quale si trovava un ciondolo a forma di cuore con un
fiore nel mezzo
CASO ARCHIVIATO PER SUICIDIO
-Dottor Davis, ma è assolutamente sicuro della sua diagnosi sulla
ragazza?- una voce maschile fece saltare in aria Athenodora che riuscì a mettere
i fogli a posto e a nascondersi poco prima che due uomini entrarono nella
stanza.
-Ragazzo, sei ancora un giovane studente di medicina. Fidati di me, questo è il
solito caso di una giovane ragazzina borghese annoiata della vita. Non esiste
motivo per fare una autopsia. E’ evidente il motivo per cui è morta: un taglio
secco ai polsi e via-
-Ma Dottore… -
-Passami la cartella clinica di quella ragazza, Forrest-
-Dottore… credo che abbiamo un problema- disse il giovane porgendo al Dottor
Davis i fogli di Athenodora.
Il Dottor Davis si voltò verso il suo nuovo specializzando chiedendosi come mai
più passavano gli anni più gli studenti diventassero indisciplinati e
impertinenti. Purtroppo, almeno per questa volta doveva dargli ragione, avevano
davvero un problema: il corpo della ragazza non c’era più.
Subito ordinò al giovane Forrest di chiamare la sicurezza e di non toccare
nulla. Appena il ragazzo si voltò venne bloccato da altri due uomini che erano
rimasti nascosti per tutto il tempo.
Athenodora si coprì la bocca per non farsi sentire quando il più grosso dei due
sconosciuti prese per il collo Forrest e lo lanciò dall’altra parte del
laboratorio, vicino al suo nascondiglio. Il dottore era stato invece colpito al
ventre dall’altro sconosciuto con un vetro e ora stava agonizzando in un lago
di sangue.
La cosa spaventosa era che il tutto non era durato più di qualche secondo. I
due medici non avevano fatto in tempo neanche ad emettere delle urla da tanta
era stata la rapidità e violenza dei loro aggressori.
-Avresti fatto meglio ad ascoltare il tuo assistente, Dottor Davis- disse il
più giovane dei due aggressori chinandosi sul quell’uomo che lo guardava
pietrificato mentre si toglieva lentamente un guanto e intingeva la mano nel
sangue.
Athenodora era rimasta rannicchiata dietro un mobile per tutto il tempo e aveva
il terrore di muoversi ed essere scoperta.
Il ragazzo al suo fianco non si muoveva più e le sue gambe avevano
assunto una strana e macabra angolazione. Gli occhi del giovane erano
inespressivi e un piccolo rivolo di sangue gli colava piano fuori dalla bocca.
L’uomo che lo aveva lanciato si avvicinò al ragazzo allontanandolo con la punta
della scarpa da Athenodora che non riusciva a staccare gli occhi dal volto
squadrato e pallido di quello che sembrava una parete di roccia più che un
uomo. Il ghigno che aveva sul volto e i suoi occhi scarlatti fecero retrocedere
la ragazza fino al muro.
-Trovata!-
-Trovata!-
Athenodora allungò la mano afferrando un bisturi che era volato a terra durante
l’omicidio di Forrest e cercò di colpire il suo aggressore ma appena la pelle
dell’uomo toccò la lama, questo si sgretolò all’istante lasciando nelle mani
della ragazza solo il manico dello strumento.
Come un riflesso incondizionato Athenodora si toccò il fianco destro, dove
abitualmente teneva la bacchetta in tasca, ma si accorse con orrore di essere
nuda ed inerme.
-Cerchi questa?- le disse il ragazzo più giovane alzando la bacchetta della
ragazza in aria con la mano libera, ma sempre concentrato su quel fiume rosso che
si espandeva sempre di più.
Athenodora corse verso di lui cercando di graffiargli le braccia per
raggiungere la bacchetta ma venne fermata dall’altro individuo e, poco prima
che iniziasse a gridare, venne soffocata da quell’enorme mano che gli premeva
sulla bocca
-Ora starai calma e tranquilla e per un po’ farai quello che ti diciamo noi.
Passale dei vestiti, Felix, per favore- disse quel ragazzo nascondendo la
bacchetta sotto la giacca nera .Osservandolo più da vicino Athenodora constatò
che era anche fisicamente attraente con quel suo sguardo scuro che faceva da
contrasto alla carnagione diafana e ai capelli corti e biondi. Il tutto gli
conferiva un’aria di mistero e pericolo ma allo stesso tempo di cieca fiducia,
probabilmente da altri sarebbe stata definita come follia, che non le avrebbero
fatto nulla di male, lui e Felix.
Per la ragazza fu estremamente difficile concentrarsi sui vestiti
che le aveva consegnato Felix, mossa dall’imbarazzo di essere stata vista nuda
da due sconosciuti e da quella situazione da incubo.
Le venne alla mente come era iniziata quella situazione: la causa scatenante
era in quel lurido verme che non aveva nemmeno avuto il coraggio di scaricarla
lasciando l’ingrato compito al suo fedele cagnolino, Sirius Black. Era stata
una delle tante vittime del fascino di James Potter e questa era la cosa più
umiliante. Ancora adesso, anche se quei ricordi sembravano lontani secoli,
poteva avvertire la rabbia salirle al cervello quanto pensava a come tutto era
finito.
Provò la stessa vampata di smarrimento e angoscia che aveva avvertito quando
Sirius le si era avvicinato in Sala Grande dicendole che James intendeva
chiudere il loro rapporto. Al termine delle lezioni, il giorno dopo, si era
diretta dove era sicura di trovare sia Potter che Black. Come al solito stavano
perdendo tempo sotto l’albero nel Cortile di Trasfigurazione.
James, pavoneggiandosi da stupido con un boccino che si era nascosto alla fine
dell’ultimo allenamento, si scompigliava
i capelli come al solito.
Appena Athenodora arrivò davanti ai Malandrini, così amavano farsi chiamare
quella banda di spiantati, James lasciò andare il boccino per riprenderlo a
pochi centimetri dal naso della ragazza, balzando in piedi.
-Athy, ti voglio bene. Seriamente.- insistette lui ad uno sguardo incredulo
della ragazza –Ma non puoi capire. Io sono uno spirito libero e mi sento come
un cervo in gabbia quando in realtà dovrei solamente correre spensierato tra i
prati- rise lui prendendo la ragazza per le spalle e avviandosi verso l’interno
della scuola. Mentre si avviavano Athenodora poteva sentire le risatine nervose
di Peter Minus e i latrati sguaiati di Sirius Black a quella battuta che, a
quanto sembrava, doveva essere molto divertente.
Ecco, una cosa che la faceva infuriare erano le persone bugiarde e
poco chiare, sfortunatamente James lo era sempre stato. Aveva lasciato fare il
lavoro sporco al suo migliore amico e le aveva fatto fare per l’ennesima volta
la figura della cretina davanti agli altri ma ora la tratteneva sentendosi in dovere
di darle mille spiegazioni riguardo alle vere motivazioni della loro rottura,
quando era chiaro che il motivo era solo uno: Lily Evans.
Anche se era un bambinone pieno di sé e doveva sempre dare la parvenza di bello
e dannato, anche se ogni secondo sentiva un pezzo del suo cuore sbriciolarsi al
suolo, Athenodora non riusciva ad arrabbiarsi seriamente con James perché
capiva che il sentimento che provava per Evans era sincero e non ci sarebbero
state lacrime, liti o urla che gli avrebbero fatto cambiare idea. L’unica
soluzione razionale, da buona Corvonero, era quella di rassegnarsi
all’inevitabilità che, il sentimento che James provava per lei, neanche lui si
comprometteva chiamandolo amore, era terminato.
-Hey ragazzina, ti muovi là dietro?- ringhiò la voce di Felix
dietro una tendina chirurgica verde, l’unica cosa che aveva trovato per
coprirsi dagli sguardi di quei due ragazzi.
Da quello che sapeva era morta, o almeno, ci aveva tentato ma i
risultati non dovevano essere quelli sperati visto la sua condizione attuale a
meno che non si trovasse in una specie di limbo tra paradiso e inferno.
La cosa che la sorprendeva maggiormente non era trovarsi in un obitorio, aver
scoperto che sotto gli altri teli verdi si nascondevano dei cadaveri, l’arrivo
di quei due esseri spaventosi o il fatto di essere la testimone diretta di due
omicidi e non capire il come avesse fatto a trovarsi in questa situazione. La
cosa strana era che non avvertiva il benché minimo senso di terrore o ribrezzo
per tutto quello e per le sofferenze dell’ancora sanguinante Dottor Davis, ma
ne era attratta.
Dopo essersi vestita mosse alcuni passi verso il lago di sangue che si era
formato a terra. Poté vedere Demetri, aveva sentito Felix chiamare così l’altro
ragazzo, che iniziava a sorriderle e si alzava premurandosi di non sporcare il
suo completo nero con la mano sporca di sangue. Appena fu a pochi centimetri
dalla ragazza allungò l’indice e Athenodora si allontanò disgustata ma venne
trattenuta da Felix.
Appena avvertì sulle labbra il calore e l’odore del sangue di quello
sconosciuto trasalì e le leccò allo stesso tempo. Poteva percepire come, pur
facendole ribrezzo, ne desiderava ancora. Demetri scoppiò a ridere quando
Athenodora avvicinò il volto alla mano del
ragazzo leccandone il palmo
-Buono?- disse lui alzando un sopracciglio
-Disgustoso- rispose la ragazza con una smorfia. Si ricordò poi dell’essere
inerme sul pavimento e ci si avventò sopra con una furia che sorprese entrambi
i ragazzi.
Athenodora sentiva solo le urla del dottore mentre gli mordeva il collo e il
sangue che le scorreva sul volto creando una maschera orribile e inquietante.
-Manca del tutto di eleganza e grazia- commentò Demetri pulendosi la mano sul
muro e infilandosi il guanto di pelle.
-Perfetta per Caius- rise Felix.
Erano passati un paio di mesi da quando Athenodora si era
risvegliata morta in un obitorio. Ancora non le erano chiare alcune dinamiche e
il pensare a quella frase la divertiva parecchio, anche perché era una delle
poche cose certe. Dopo un viaggio interminabile e privo di fatiche giunsero a
Volterra dove venne accolta gioiosamente da Aro. Ecco, lì iniziava la parte
critica dei suoi ricordi.
Ricordava che Aro le aveva rivelato che era diventata un vampiro con una
leggerezza tale da non essersi accorta di stare sorridendo. Dopo un paio di
minuti aveva scoperto che Demetri si trovava a Hogsmeade quando l’aveva vista
tagliarsi i polsi e ne aveva approfittato trasformandola in quella che era
adesso. Sfortunatamente per lui, era stata trovata da delle persone per bene
che l’avevano portata in un lontano ospedale babbano dove, dopo giorni di
sofferenze, era morta. Demetri si era
dovuto mettere in viaggio con Felix per ritrovarla e portarla al cospetto dei
Volturi. Ed era quello che aveva fatto.
Durante il viaggio Athenodora aveva chiesto più volte a Demetri se poteva
restituirle la bacchetta ma non aveva mai ricevuto risposta e quella preziosa
arma era rimasta nascosta nella tasca interna della giacca del biondino.
Ora però la bacchetta si trovava in mano ad Aro che, vestito in abito da
cerimonia, la porgeva ad Athenodora invitandola a compiere una semplice magia.
Appena impugnò la propria bacchetta Athenodora si sentì invincibile, avvertiva
l’energia delle corde di cuore di drago percorrere il legno di noce fino alla
sua mano. Formulò solo mentalmente la formula “Wingardium Leviosa” e la
bacchetta, smaniosa di accontentare la proprietaria dopo un lungo periodo di
inattività, fece sollevare in aria il pesante trono alle spalle di Aro.
Da tutta la sala si levò un bisbiglio di stupore mentre il trono scuro fluttuava
tra le colonne di marmo.
-Eccellente, bravissima. Davvero strabiliante- commentava Aro in estasi mentre
la ragazza terminava l’incantesimo e ne eseguiva altri tra cui creare una lieve
brezza che smosse i pesanti tendaggi che oscuravano le grandi vetrate o
trasfigurare il guanto di Caius caduto a terra in una farfalla rossa e nera.
Da quel giorno Athenodora venne inserita nella stretta cerchia dei fedelissimi
servitori di Aro.
Passarono diverse settimane durante le quali Athenodora venne
addestrata a controllare il suo nuovo essere e a cacciare. Felix le spiegò come
attirare delle persone sole, condurle in luoghi poco visitati e lì attaccare
senza lasciare tracce.
Tra i Volturi però si avvertiva una certa frenesia non collegata alla sete.
Jane aveva espresso molte perplessità circa la decisione di Aro e Caius di
muoversi tutti da Volterra in Inghilterra. Non riusciva a capire cosa ci fosse
di attraente in una città uggiosa e grigia, dove la gente era troppo occupata a
correre da una parte all’altra presa da mille impegni. Inoltre, ogni volta che
si avventuravano nel mondo magico avvertivano una strana sensazione di tensione
dovuta all’ascesa dei Mangiamorte. Già quando frequentava Hogwarts aveva sentito
parlare di questi personaggi e delle loro idee sulla purezza di sangue, ma
allora non si trattava che di piccoli bulli di classe. Ora si bisbigliava il
loro nome per le strade di Diagon Alley e si temeva il loro arrivo come quello
di una catastrofe imminente.
Jane poteva dire ciò che voleva ma il sangue degli inglesi non era
così male, pensò Athenodora, e le battute di “caccia” con Demetri erano di una
semplicità disarmante. In solo una settimana erano riusciti a essere ammessi
all’Aberdeen University e ad entrare in una numerosa cerchia di giovani
matricole spacciandosi per cugini. Con quel bell’aspetto convincere il gruppo a
fare una festa nella loro tenuta estiva era stato anche fin troppo facile.
Erano arrivati in una ventina, carichi di birre e vivande.
Appena entrarono nell’ampio salone d’ingresso Alec corse giù dalla preziosa
scala in marmo che portava al piano superiore e si avvicinò preoccupato a
Demetri. Aveva gli occhi neri dalla sete e fissò per un attimo una ragazza mora
che aveva scoperto il collo mentre si svestiva dal giubbotto.
Demetri e Alec si appartarono in un angolo e parlottarono per pochi secondi
mentre Athenodora presentò il più piccolo come il fratello minore del biondo e
successivamente condusse gli ospiti nel salotto adiacente all’ingresso. Mentre tutti continuavano ad osservare le
scrivanie antiche, i drappi, le sedie in stile medievale e l’enorme lampadario
in cristallo che copriva quasi tutto il soffitto, Athenodora sgattaiolò fuori
chiedendo ai due vampiri cosa stesse accadendo.
-Ci sono degli ospiti- disse Alec indicando con lo sguardo le stanze al primo
piano. –Hanno voluto assolutamente vedere Aro. Non sappiamo come abbiano fatto
a trovarci. Marcus ha detto di iniziare, loro arriveranno tra poco-
Una ragazza già mezza ubriaca aprì la porta scorrevole di vetro che Athenodora
aveva chiuso quando era uscita e iniziò a tirare Demetri per il braccio
pregandolo di fare il gioco della bottiglia con lei. Il vampiro scambiò un
sorriso ironico e una alzata di spalle con Athenodora prima di dirigersi verso
la stanza seguito dagli altri due.
Alec si era seduto da poco sulla sua poltrona preferita, quella vicino al
camino, in cerca della vittima perfetta quando le porte vennero aperte da Felix
che urlò allegramente poco prima di dare inizio alla cena -E’ qui la festa?-
Dopo che anche Marcus e Caius si furono saziati decisero di convocare tutti
nello studio di Aro per conoscere i nuovi arrivati.
Poco prima di entrare Athenodora venne fermata da Caius che le pulì con un
fazzoletto l’angolo della bocca, leggermente sporco di sangue.
-Rispetto alle prime volte siete molto migliorata. Ho sentito Felix raccontare
delle storie particolarmente divertenti
sulle vostre battute di caccia. Siete diventata una esperta nel trovare
potenziali prede- sorrise lui guardandola negli occhi. Athenodora per quanto ci
provasse non riusciva a sostenerne lo sguardo, non sapeva se per il fatto che
lei era una sua sottoposta, per quegli occhi così penetranti o per quella
strana cortesia e tranquillità che sembrava riservare solo a lei. Tutto in
Caius la metteva in disagio ed era sicura che sarebbe vistosamente arrossita se
avesse avuto ancora delle gocce di sangue nelle vene.
-Faccio ancora fatica a controllarmi però- disse la ragazza portandosi una
ciocca di capelli dietro l’orecchio
-Oh, siete ingiusta. Dovete capire che non siete ancora abituata a questa
condizione. Io durante i primi anni dopo la trasformazione ho rischiato di
estinguere una intera popolazione, conoscete i Nara? No? Beh, la cosa non mi
sorprende, cosa posso dire? Ops, avevo fame!- ad uno sguardo sconcertato di
Athenodora si affrettò poi ad aggiungere –Se la cosa vi può essere di conforto
erano di scarso interesse, non è stato fatto un enorme danno! Forza, entriamo, stanno aspettando solo noi-
concluse lui aprendole galantemente la porta e accompagnandola dentro la stanza
posandole una mano sulla schiena.
Lo studio di Aro aveva un soffitto riccamente decorato e le pareti
possedevano dei piccoli dettagli più chiari visibili solo quando una intensa
luce illuminava la stanza. Allora si potevano notare dei fini arabeschi ad
intervalli regolari.
All’interno della stanza Aro, con il suo solito completo nero, stava parlando
con altre tre persone.
-...Credo che quindi potrebbe essere vantaggioso anche da parte vostra
partecipare.- disse un uomo dall’aspetto terrificante ad Aro. Aveva la pelle
stranamente diafana, ma non quasi eterea come quella dei vampiri, dava
l’impressione di essere stata usata molte volte e che fosse sul punto di
staccarsi dal quel corpo come le scaglie di un serpente. Gli occhi di colore
tendente al rosso, il viso scavato e una voce lenta e composta conferivano a
quel personaggio l’aspetto di un vampiro ma il suo odore, anche se quasi
impercettibile, era inequivocabile. Era
ancora vivente.
Appena Aro si accorse della presenza del resto del clan allungò la mano verso
il suo interlocutore e disse, come per concludere il discorso, che era contento
della sua visita ma ora doveva parlare con gli altri. L’uomo sbarrò gli occhi e
disse, mascherando a fatica l’irritazione per essere stato trattato
sgarbatamente -Quindi? Posso contare sul vostro aiuto?-
- Tom, dovresti sapere che queste vicende non ci interessano, e meno ancora ci
preoccupa il tempo. Non avere fretta. Se ci rivedremo di nuovo potrai stare
certo che comprenderai da quale parte abbiamo scelto di stare. A presto-
concluse Aro rimanendo immobile come una statua fissandolo negli occhi fino a
che Tom non si decise a stringere la mano del vampiro e chiamare le due persone
alle sue spalle
-Yaxley, Crouch... andiamo!-
Appena Tom si fu allontanato dalla tenuta, Aro prese per primo la parola
sedendosi alla sua scrivania
-Avete fatto un buon banchetto? Si sono sentite le urla fino a quassù. Ma
parlando di ciò che mi preme maggiormente: vi ho fatto convocare tutti qui
perchè credo sia giusto che presenziate al colloquio che faremo io, Marcus e
Caius. Ma partiamo dal principio. La persona che avete visto adesso andare via
si chiama Tom Orvoloson Riddle, non vi dice nulla?- ad un cenno di diniego del gruppo
proseguì –e se vi dicessi Lord Voldemort?-
Athenodora spalancò gli occhi –Certo che lo conosco, ovviamente non di persona.
Ha la fama di essere un potente Mago Oscuro. Che Merlino ci faceva qui?-
-Sta iniziando un guerra nel mondo magico...- disse Marcus
-...e a noi è stato chiesto di partecipare- concluse distrattamente Caius
osservando il quadro di un campo di battaglia.
Aro spostò lo sguardo sui suoi tesori, così amava definire nella
sua mente quei vampiri con abilità particolari, diversi dagli altri.
Essi erano il meglio del meglio in fatto di combattimenti e avrebbero potuto
decidere le sorti di una guerra. –Sarà bene partecipare?- disse rivolto più a sé
stesso che agli altri.
-Certo che si- rispose prontamente Caius distogliendo lo sguardo dal dipinto
–Sono anni che aspettiamo degli eventi del genere. Si tratta di una guerra tra
mortali e non dovrebbe essere difficile avere la meglio, anche se sono dotati
di particolari capacità - aggiunse in fretta rivolgendosi verso Athenodora
–Sarebbe stupido non partecipare dopo anni di inattività e ozio. Sono stanco di
osservare il mondo dalla finestra- si era avvicinato ad Aro e mentre parlava
assumeva sempre più un tono concitato, come se non ci fosse tempo da perdere e
come tutti quei dibattiti fossero inutili.
Marcus mise una mano sulla spalla di Caius calmandolo di poco e disse in tono
mite –Aro, Caius ti ha già dato la risposta alla tua domanda. Si tratta di una
guerra tra maghi mortali e noi non facciamo parte di nessuna delle due
categorie. Io proporrei di tornare a Volterra e aspettare il corso degli
eventi. Poi se la situazione dovesse richiedere il nostro intervento, allora
potremo riparlarne-
-Tornare a casa? Aspettare? Riparlarne? Ecco, proprio di questo parlavo. Siamo
stati troppo tempo chiusi nei nostri bei saloni che adesso prendiamo paura al
pensiero di intervenire attivamente in qualsiasi cosa. Ma insomma Aro, anche se
siamo vampiri, esistiamo. Non dovremmo nasconderci ma fare ciò per cui siamo
stati creati cioè uccidere- disse Caius alzando il tono di voce
-Caius!- disse Marcus in tono fermo –Stai abbassando la nostra condizione al
semplice cacciare e nulla più, come se fossimo uguali a degli stupidi animali
con processi cognitivi nulli. Siamo dotati di cervello e di ragione oltre che
di moralità, e la mia mi impone di non essere coinvolto in faccende del
genere.-
Dopo una lunga e accesa discussione, Aro riuscì a trovare una proposta che
potesse mette d’accordo sia Marcus che Caius. Rimanere in Inghilterra
monitorando la situazione e, dopo un anno, riconsiderare la proposta di Lord
Voldemort.
Dopo una decina di mesi da quella discussione Caius decise di
inviare Felix, Demetri e Athenodora a Lestrange Castle, il quartier generale
delle forze oscure. Rimasero lì per un paio di settimane durante le quali
assistettero alle brevi riunioni dei Mangiamorte e agli ordini impartiti da
Voldemort sulle nuove tattiche di guerra. Athenodora aveva preso l'abitudine di
aggirarsi per i corridoi del castello con il lungo cappuccio del mantello
calato sul volto dopo che era stata riconosciuta da un suo vecchio compagno di
scuola mentre assisteva a uno dei tanti interrogatori di Bellatrix Lestrange.
Si doveva chiamare Caradoc Dearborn e, se non ricordava male, era un
Grifondoro. Era stato catturato durante l’ultimo combattimento e Bellatrix aveva
cercato di carpire quante più informazioni possibili. Athenodora credeva di
aver sviluppato uno stomaco forte ma, dopo l’ennesimo urlo agghiacciante
durante una Maledizione Cruciatus, era stata costretta ad uscire dai
sotterranei per sentire il profumo dell’aria fresca.
Anche mentre si allontanava verso il giardino riusciva a sentire le risate di
Bellatrix mentre continuava ad infierire su quell’uomo. Athenodora era rimasta
stupita non tanto dalla violenza delle torture di quella donna, ma dalla
noncuranza e anzi, dal divertimento che questo sembrava procurarle.
La cosa ripugnante era che la sera successiva Bellatrix aveva lasciato la porta
della cella di Caradoc aperta consentendogli quella che lui credeva fosse una
via di fuga. Sfortunatamente Caradoc era riuscito a raggiungere il cancello
della tenuta prima di essere divorato da Felix, attirato dall’odore di sangue
delle tante ferite dell’uomo.
Il mattino dopo era stata proprio Athenodora a ritrovare ciò che rimaneva di
Caradoc Dearborn e lasciarne i resti sotto un grande salice all’interno del
parco del castello. Era poi salita in giardino giusto in tempo per sentire che Yaxley
la cercava per conto di Lord Voldemort in persona. Nel salone erano presenti
Malfoy, Bellatrix, Crouch Jr. e Severus Piton attorno al Signore Oscuro, seduto
su una alta poltrona. Ai suoi piedi Felix e Demetri costringevano in ginocchio
quattro ragazzi e una donna.
-Suvvia, che maniere sgarbate. Non è questo il modo di trattare degli ospiti.-
disse Voldemort a Demetri e Felix che si allontanarono di qualche passo dopo
averli lasciati. Felix spinse a terra, con particolare violenza, un ragazzo castano
dopo aver arricciato il naso. Anche Athenodora poteva sentirne l’odore, sapeva
di cane bagnato e doveva essere un lupo mannaro.
-Sirius Black, Peter Minus, Remus Lupin- continuò il Signore Oscuro, e ad ogni
nome il petto di Athenodora riceveva una scossa –James Potter- Il cuore di
Athenodora fece un tuffo nel vuoto, o così a lei parve, appena Voldemort
pronunciò quel nome -Lily Evans- disse appena passò davanti alla ragazza dai
capelli lunghi e rossi che alzò di scatto la testa guardandolo con sfida e
rivelando dei brillanti occhi verdi.
-Avete combattuto con coraggio la notte scorsa ma guardate dove siete adesso.
Silente vi ha abbandonati nel mezzo della battaglia lascando che i miei
Mangiamorte vi catturassero senza fatica. Potrei uccidervi in pochi secondi-
fece una pausa dove li guardò negli occhi uno ad uno aspettando uno sguardo di
terrore che però non avvenne –ma non lo ho fatto. Ancora. Ciò che vi chiedo è semplice:
unitevi a me! Unitevi ai vittoriosi e sarete ricompensati. Rifiutate, e non ci
sarà più clemenza per voi e per le persone che cercate di proteggere. Cosa
rispondete?- terminò fermandosi di fronte a Sirius Black che, con un ghigno,
sputò un grumo di sangue sui piedi nudi del Signore Oscuro. Athenodora dovette
trattenere Bellatrix che in un impeto di collera aveva sfoderato il suo pugnale
e si era lanciata contro il cugino. Mentre tratteneva quella pazza contro il
muro, il mantello le si slacciò cadendo a terra e rivelando i lunghi capelli
biondi e la pelle pallida.
-Portateli tutti nei sotterranei. Tranne lui- disse il Signore Oscuro indicando
Peter Minus che si schiacciò maggiormente contro il pavimento –Un qualcuno
dovrà pur far sapere a Silente che i suoi guerrieri hanno fallito- e uscì dal
salone sollevando la lunga tunica nera mentre si voltava.
Athenodora aveva lasciato Bellatrix con Minus ed era scesa subito nei
sotterranei seguendo Felix. Poteva vedere Lily che guardava con odio Severus e
gli urlava cose terribili, riusciva a stento a trattenere le lacrime mentre
veniva portata via da Demetri. James non era riuscito più a muovere un muscolo
dopo che aveva riconosciuto la ragazza e continuava ad annaspare come se stesse
annegando.
I prigionieri vennero sistemati in celle separate ed Athenodora entrò in
ciascuna di esse per insonorizzarle con l’incantesimo Muffliato. Appena entrò nella cella di Lily, questa smise di urlare
il nome di James e incrociò le braccia al petto. Nella cella buia i suoi occhi
risplendevano come gemme ma a parte questo non riusciva a capire perché avesse
scelto lei. Notando lo sguardo insistente della ragazza Lily si sentì a disagio
e iniziò a giocherellare nervosamente con la collanina che aveva attaccata al
collo. Athenodora la riconobbe subito e mostrò lentamente la stessa copia di
quella collana che gli aveva regalato James anni prima e dalla quale non si
separava mai. L’unica differenza tra le due collane era il colore del fiore nel
mezzo. Quello di Lily era rosso, mentre il fiore di Athenodora era nero. Alla
vista della collana Lily spalancò gli occhi e fece per parlare ma Athenodora si
era già chiusa la porta alle spalle dirigendosi verso la prossima cella.
-Muffliato- bisbigliò muovendo la
bacchetta. Lanciò una rapida occhiata a James, ancora seduto nell’angolo, lo
sguardo incredulo e spaventato, poi si diresse verso la porta. Non aveva ancora
afferrato la maniglia che la voce di James la trattenne.
-Hey… aspetta!-
Athenodora si girò scostando i capelli da un lato e vide che il ragazzo si era
alzato e aveva preso coraggio
-Credevo che fossi morta. Silente… Silente mi aveva detto che eri morta. Stai,
stai bene?- disse dopo una breve pausa e fece per prenderle le spalle ma lei si
scostò rapidamente -Capisco- disse lui allontanandosi con aria grave
–Preferisco comunque così. Si, preferisco vedere il tuo odio piuttosto che
saperti morta per causa mia.-
Appena Athenodora trovò la forza di voltarsi e non guardarlo più in faccia
James le prese il vestito
-E’ tutta colpa mia. Ti prego Athy, ti supplico. Tieni qui me ma libera gli
altri, libera Lily. Odiami, uccidimi se vorrai, ma libera mia moglie. Per
favore.- Athenodora guardando le mani del ragazzo notò subito una semplice
fedina all’anulare sinistro -Se ancora mi ami…- continuò lui cercando di
convincerla con qualsiasi mezzo.
-Io non amo più- terminò lei uscendo velocemente e sentendo James che le
ricordava un vecchio monito delle nonne babbane.
Allontanandosi il più possibile dal sotterraneo riuscì a vedere Yaxley che accompagnava un
tremante e pallido Peter Minus verso il portone d’ingresso e dargli una
incoraggiante pacca sulla spalla.
Dopo pochi giorni i prigionieri erano riusciti a scappare anche se era ancora
sconosciuto come avessero fatto ad aprire le celle e ottenere le vecchie
bacchette. Lord Voldemort aveva ucciso di persona i due Mangiamorte che erano
di guardia quella sera ed era rimasto intrattabile ed iroso per giorni. Felix
aveva dovuto minacciarlo di spezzargli la bacchetta se si fosse ancora rivolto
a lui come a un servo.
Un’altra notizia scoraggiò il Signore Oscuro nei giorni successivi: Severus
Piton era riuscito ad ascoltare una profezia che riguardava i Potter e il
Signore Oscuro. Un bambino sarebbe riuscito a sconfiggerlo. Il pensiero era
ridicolo ma il Signore Oscuro non si dava pace. Non aveva mai creduto nella
Divinazione ma se fosse vero? Avrebbe potuto sacrificare tutto il potere, la
gloria, la forza per una simile negligenza? In fondo, uccidere un bambino non
sembrava una impresa molto difficile. Nei mesi seguenti aveva provato ad
eliminare il problema alla radice cercando di colpire Lily Evans ma era sempre riuscita
a sfuggirgli. Prima Silente si era messo tra loro due e poi Severus Piton era
riuscito a convincerlo a non uccidere la ragazza ma attendere che il piccolo
fosse nato e risparmiarle la vita.
Riguardo ai tre vampiri essi avevano deciso, dopo aver scoperto della profezia,
di non intervenire più in quella guerra ritornando a Volterra dal resto del clan
nell’inverno 1980.
Athenodora era arrivata a Godric's Hollow poco prima che iniziasse a
nevicare. Aveva visto una famiglia di maghi che si allontanava silenziosa e
triste dal cimitero. I genitori stavano raccontando come lì fossero seppelliti
James e Lily Potter e che anche grazie al loro sacrificio era terminata la
guerra magica.
La ragazza si premette il cappuccio sulla fronte mentre una vecchia signora le
passava a fianco sussurrando una veloce preghiera ai due sposi che riposavano
in quel luogo ormai da due anni.
Aspettò che la vecchia fosse uscita dal cimitero per inginocchiarsi al fianco
della lapide di James Potter e posarvi dei fiori freschi. Rimase per molto
tempo immobile, la neve aveva iniziato a inspessirsi sul terreno ma lei non
sentiva freddo e non sapeva come iniziare ciò che aveva da dire. Nella sua
camera di Volterra le parole uscivano così fluide e chiare, qui invece era
tutto triste e reale. Chiuse gli occhi sfiorando il nome di James inciso sulla
pietra e immaginò di trovarselo di fronte, seduto a gambe accavallate sulla sua
stessa lapide, magari mentre si dondolava come era solito fare quando si
annoiava o pensava ed ad un tratto le parole le vennero.
-Ci ho provato, lo giuro. Ma alla fine non sono riuscita a partire prima. So
che sono passati due anni e che è stupido parlare ad un morto. Ma anche io sono
morta, eppure riesco a parlare. Allora perché tu non potresti sentirmi?
Non so neanche perché mi trovo qui, non dovrei allontanarmi spesso da Volterra
ora che sto per diventare la moglie di Caius. Alla fine ci sono riuscita sai?
Sono riuscita ad accalappiare il giovane rampollo con cui dicevi ti avrei
tradito un giorno o l’altro.
La sera che ci siamo rivisti hai detto che smettere
di amare per paura di soffrire era come smettere di vivere per paura di morire.
Come ti sei ricordato questa vecchia frase? Ma forse avevi ragione, non esiste
amore senza sofferenza. E’ per questo che volevo dirti che a Lestrange Castle
ti ho mentito. Non è vero che non amo più ma il convincermi di questo era di
gran lunga preferibile al vedere quanto tenessi a lei e come ne fossi
incondizionatamente innamorato.
Quella sera ho visto e capito tutto. Il gesto estremo che ho fatto cercando di
legarti a me, se non altro per senso di colpa era fallito miseramente e non ero
che un altra. Hai presente quando nelle domande dei questionari si inserisce,
in fondo, la parola “altro” che contiene tutto ciò che non era contemplato
nelle risposte e che quindi non è neanche degno di particolare attenzione ma
necessario per un minimo di pudore e rispetto verso chi compila il
questionario? Ecco, io sono quel punto.
Sono venuta qui per dirti che, anche se mi sono tolta la vita per te, ho deciso di andare avanti.
Non si può tornare indietro e le cose non potranno mai essere uguali a prima.
Ora che so no morta ho capito: pensavo
che tu fossi tutto ciò che avevo, James. Ma senza di te ho ottenuto tutto questo. Gloria, bellezza, potere,
ricchezza… Ed è tutta colpa tua.
Ah, anche se hai sempre avuto pessimi gusti in fatto di estetica, la mia
collana era molto più bella della sua!
Addio James-.