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Autore: Antony_    07/09/2012    2 recensioni
La mia storia inizia da una sfida.
Sfida che, stupidamente, ho accettato una noiosa mattinata di scuola.
Con la mia compagna di banco.
Ora che ci penso, quasi tornerei indietro. Quasi.
Avevo promesso qualcosa di pericoloso, estremamente pericoloso e avevo giurato che avrei combattuto per ciò in cui credevo, quello che propriamente, la maggior parte delle persone chiama il proprio ideale, comunque, avrei combattuto e, se fosse stato necessario, sarei morta.
Promessa da coglioni, vero? Me ne accorgo ora, ma ora è troppo tardi.
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 6

Stetti abbracciata a Diego tutto il tempo. Il calore del suo corpo dietro di me. Lui che mi toccava i capelli per farmi le trecce.

Ma ben presto, al tramonto circa, le acque si agitarono.

Allora, bella figura hai fatto oggi con il Don– sogghignò Cloe.

Ho detto solo quello che pensavo–

Hai detto cose sciocche–

Ho espresso i miei pensieri–

Lo fai anche troppo–

Rimasi zitta, non volevo problemi, volevo dimenticarmi di quella stupida scommessa.

Quante persone hai trovato dalla tua parte? Io ho trovato tutti i Don– sì, e il Papa magari –ma tu, sei stata in giro a scopare, no?–

Io sono vergine, tu invece non lo sei. Ti sei scopata tutti i Don– ironizzai brutalmente.

Vergognati per...–

No! Non mi vergogno, ma ancora non l'avete capito?!–

Corsi attraverso la piazzetta e scalai una statua altissima, da lassù si sentivano leggeri spruzzi d'acqua.

Chi è ateo alzi la mano e non abbia paura!–

All'inizio tutti rimasero lì a fissarmi allibiti. Alcune anziane signore mi ritenevano una pul­zella svergognata in abiti succinti. Poi un gruppo di giovani gridò: “NOI” e restarono com­patti. Poi un signore anziano e in seguito una ragazza.

Una bambina mi guardava stranita. Allora dissi:

Chi è stanco che la Chiesa non ci faccia amare? Chi non vede i gay e le lesbiche diversi dagli altri? Chi ha dovuto rinunciare ad un amore per la stupida castità che il Papa impo­ne e che la sua famiglia segue? Chi si annoia ad andare a catechismo e non capisce il senso delle parole che gli fanno recitare?–

La bambina alzò il braccino, aveva fegato.

Si alzarono un coro di mani.

Chi non vuole vedere il Papa vestito d'oro e di seta insegnare i valori della semplicità a bambini dell'Africa che non hanno niente? Chi non pensa che il Papa non gli offra nemme­no la speranza, perché quella ce l'hanno già?–

La ricchezza della Chiesa mi disgusta! Il loro dire: “Siate forti” a persone che muoiono di fame o si suicidano perché hanno perso il lavoro mi fa schifo! Loro non sanno cos'è la po­vertà, loro non seguono i veri insegnamenti, con i loro soldi ci costruiscono chiese per otte­nerne altri! Io amo la libertà e io non sono libera perché sono atea, io sono atea perché sono libera!–.

Gli scrosci di applausi, le urla d'ammirazione mi facevano sentire vera, vera come non ero mai stata. Ora sapevo che il vero motivo per cui dovevo portare avanti questa battaglia erano tutti loro. Era una bambina di 7 anni che si era opposta alla madre per quello in cui credeva! Era la libertà. You are free!

Le lacrime stavano affiorando ai bordi dei miei occhi. Ero davvero qualcuno! Potevo dav­vero fare qualcosa!

Quanto siamo belli! Siamo belli perché siamo liberi e non ci faremo trascinare a fondo. Combatteremo per noi stessi, siamo qualcuno. Anche una piccola goccia può fare la diffe­renza! Se volete raccontarmi delle storie su di voi, siate liberi di farlo, IO ascolterò tutto quello che avete bisogno di dire. Non abbiamo bisogno di preti per parlare con Dio, abbia­mo bisogno del rispetto per noi stessi. La religione è una gruccia per coloro che non sono abbastanza forti da affrontare l'ignoto senza aiuto! La religione è l'oppio dei popoli!– mi brillavano gli occhi. Il lago e io eravamo uniti, presto cominciarono ad alzarsi onde e a spruzzare la vita. La vita che scorreva dentro di me.

Avrei vinto. Povera ingenua ragazza.

Siete dei barbari, il Papa porta la bontà e l'amore, porta i soldi ai bambini poveri. Pregare Dio ci garantirà un posto al sicuro in Paradiso, non importa un accidente come il Papa o i vescovi si vestano, l'importante è quello che fanno. Non te l'hanno mai detto che un libro non si giudica dalla copertina? La religione è la purezza dell'anima!–

Cloe stava ribattendo. La guerra stava iniziando.

Non lo voglio un posto in Paradiso se si tratta di sopprimere i miei pensieri! Non te l'ha mai raccontato nessuno che chi si mostra grande è solo un povero scemo?–

Tu ti stai mostrando grande, ragazzina?– aveva chiesto una signora anziana tutta perfet­tamente agghindata.

No, io sto dicendo che posso fare qualcosa di grande, ma indosso vestiti a caso. Io mostro agli altri i miei pensieri, non la mia ricchezza–.

Siete in minoranza, non vincerete mai!– Cloe: cinica e bigotta.

Non è questione di vincere, è questione di libertà di opinione. Di libertà di non essere ad­ditato per ciò in cui credi o non credi–

Siete in minoranza, comunque!–

Lo conosci Alessandro Magno? Ricordi che con pochi soldati ha sconfitto battaglioni di nemici?–

Chi è con me e non con questa eretica!?–.

Eretica, mi chiamò così perché ai suoi occhi io ero tale. Non ci feci caso. Osservai più che altro il suo modo disperato di arrampicarsi sugli specchi. Potevo vedere nella mia testa le sue unghie, conficcate nella superficie lucida dello specchio, che emettevano stridori.

Tanti alzarono le mani, ma erano anziani o donne e uomini di mezza età, c'erano anche gio­vani, però.

Scivolai giù dalla statua.

Raggiunsi Cloe. Ci squadrammo come, immagino, avrebbero fatto due capi di truppe ne­miche nelle guerre d'antichità.

Due eterne rivali si confrontavano in quell'arena. Due donne rivali che avrebbero sorpas­sato ogni dittatore e sarebbero entrate nella storia.

 

'Che giornata' pensavo mentre tornavo a “casa”.

Avevo preso il tram e stavo guardando il paesaggio della notte fuori dal finestrino.

Silvestri?– mi sentii chiamare e vagai con lo sguardo fino ad arrivare ad un uomo alto con l'impermeabile grigio. Era anziano, m'ispirava fiducia, ma non ne ero sicura. Come diavolo sapeva il mio nome? E chi era? Infilai una mano nella borsa e toccai il coltello che portavo con me da sempre. La lama mi dava sicurezza, feci scorrere le dita sulla superficie tagliente senza paura. Questo mi diede coraggio.

Chi è lei?–

Mi chiamo Mr. Cloud, sono uno scopritore di talenti– un che? Che talento dovrei avere io? Lo squadrai: pelle abbronzata, un reticolo fitto di rughe sulla faccia sottolineava che doveva aver riso molto da giovane, gli occhi erano verde acqua, quel verde spento che si trova ogni tanto, non mi era mai piaciuto, ma su di lui stava bene. Quell'uomo doveva esse­re molto affascinante alla mia età. Aveva un accento strano, non doveva essere di qui.

Di dov'è?–

Vengo dal Canada, ma vivo qui ormai da vent'anni– sul viso gli si accese un sorriso, avevo ragione. Quel sorriso mi trasmise subito simpatia e una certa dolcezza senile. Avevo sem­pre creduto che tra i giovani scapestrati e gli anziani ci doveva essere un rapporto unico. Gli anziani hanno bisogno di un giovane che ricordi loro che non devono solo essere tratta­ti come reperti e serviti di tutto punto.

Che talento dovrebbe aver trovato in me?– chiesi subito pentendomene. Magari ero la Sil­vestri sbagliata... non riuscivo a decifrare le sue espressioni, mi rendevo conto di guar­darlo come se fossi stata alla ricerca del codice di apertura di una scatola contenente il più ricco dei tesori. Che aurea misteriosa. Ricordai che, nei libri, i giovani trovano sempre un amico anziano fantasticamente intelligente e sapiente. I libri rispecchiano quasi sempre la realtà.

Signorina Ronny, devo ancora scoprirlo, altrimenti che scopritore sarei?– restai allibita.

Credevo che... aspetti, ma allora perché ha... come mi conosce?– balbettai.

Ti ho vista una volta ad una conferenza al liceo e ho voluto subito sapere chi eri. Poi oggi sono venuto a sapere da questo idolo chiamato Facebook che ti eri arrampicata su una sta­tua imponendo a tutti di ascoltarti– tacqui –come può una così non essere un talento?–.

Sei anche intelligente, tutta la compagnia ti voleva, ma io ho insistito per occuparmi per­sonalmente di te–. Ora non ci stavo capendo più niente.

Capirai tutto a tempo debito, comunque, sono felice che tu non proferisca parola, è segno di acutezza. Domani mattina alle sette all'antico Campari–.

Se ne andò lasciandomi sola nel buio intervallato dalla luminescenza dei lampioni. Una persona normale avrebbe creduto che fosse completamente pazzo e si sarebbe tenuta lonta­no dal Gran Bar Zucca. Io, però, credevo in quell'uomo, mi fidavo di lui ed ero pronta a presentarmi all'appuntamento.

Davvero una che sta in silenzio è intelligente? Avvolta nelle mie riflessioni non mi accorsi delle fermate che passavano, così chiamai subito la prossima che era quella immediatamen­te dopo la mia.

Mi feci un po' di strada a piedi e ne fui grata, potei riflettere sulle parole di Mr. Cloud e stamparmi in faccia la classica espressione “niente pensieri” che piaceva tanto a mio padre.

Entrai in un bar e comprai una bottiglia di birra per far finta di tornare ubriaca e non do­vermela vedere con le sue domande. Ne bevvi due sorsi e il resto lo buttai in una fontana.

Arrivai a casa. Aliviero non c'era. Mi preoccupai immediatamente e i pensieri svanirono come per magia. Corsi dentro con la furia di uno tsunami. Non poteva essere successo di nuovo.

Lo vidi steso sul divano bianco immacolato con la bottiglia di vodka stretta in mano. Mi guardava con aria stordita.

Ronny, come va?...– biascicò.

Mi salirono le lacrime. Digrignai i denti per cacciarle. Guardai la mia mano, la bottiglia marrone stretta fino allo spasimo. Le nocche sbiancate. Gettai la bottiglia a pochi centime­tri dalla testa di mio padre. Le schegge lo colpirono. Il mio petto si alzava e si abbassava troppo velocemente. Stavo piangendo. Furiosa mi avvicinai a lui, presi la cravatta, senza temere la sua reazione, tirai il nodo fino a strozzarlo, braccai il coltello e gliela tagliai. Ora sembrava un collare per cani. La sua faccia era blu e gridava rabbioso il mio nome. Scap­pai in camera prima che potesse anche sfiorarmi e piansi fino allo sfinimento.

Il mio problema in quella lotta con Cloe era che lei era sicura dell'esistenza di Dio e lo di­ceva, io dicevo di essere atea, ma in momenti come quello sapevo che Dio esisteva, solo lo ritenevo un essere atroce.

   
 
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