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Autore: Alkimia    07/09/2012    7 recensioni
[CONCLUSA]
«Stanotte ho sacrificato la verità e la mia anima per il tuo futuro, Loki. E ti giuro che farò tutto quanto è in mio potere perché questo futuro sia il più radioso che un individuo possa ottenere».
Il bambino fece uno sbadiglio e chiuse più volte gli occhi, come se volesse dormire. Lei gli posò un bacio sulla fronte liscia e pallida poi se ne andò.

Ogni storia ha un “prima”. Prima del male, prima della caduta, prima della sconfitta c'erano i due figli di Odino e la loro precettrice.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2° Episodio

"Si accontenta di cause leggere
la guerra del cuore,
il lamento di un cane abbattuto
da un'ombra di passo,
si soddisfa di brevi agonie
sulla strada di casa
uno scoppio di sangue,
un'assenza apparecchiata per cena..."


L'alba arrivò all'improvviso, un rigagnolo dorato all'orizzonte che si faceva largo nel cielo, spingendo da parte le nuvole che avevano tenuto sotto assedio Asgard durante la notte.
Snotra aveva passato molte ore davanti alla porta chiusa di un balcone, ad ascoltare la pioggia abbattersi sulla città. La sola idea di restare chiusa tra le mura del palazzo le faceva girare la testa, c'era troppo silenzio lì dentro e il silenzio portava troppi pensieri. E nel silenzio viaggiavano le voci e le malignità e le insinuazioni.
Al riposo non vi era più abituata da tempo e anche se così non fosse stato, in nessun modo sarebbe riuscita a dormire, non quella notte, non dopo quello che aveva visto.
Nella sua mente risuonava il tintinnio tetro delle catene ai polsi di Loki, una nenia di pena e sconfitta che solo il suono della pioggia riusciva a toglierle dalla testa.
Ma adesso era quasi giorno e la pioggia era cessata.
Passi felpati giunsero alle sue spalle e Snotra ebbe quasi paura di voltarsi, ma non c'era niente che potesse fare per evitare di affrontare i fantasmi che l'avevano perseguitata per tutta la vita, i fantasmi generati da quella menzogna che le sussurravano all'orecchio gelide parole di scherno e che lei era riuscita a zittire per un arco di tempo abbastanza vasto da concedersi l'illusione che fossero andati via.
Maledizione, quanto era stata cieca!
I passi appartenevano a una giovane ancella che attendeva composta che lei si voltasse e la degnasse della sua attenzione.
«Il Padre degli dei vi informa che avete piena libertà di far visita al prigioniero» disse l'ancella.
Prigioniero...
Era stato Odino a usare quel termine o si era trattato dell'interpretazione della messaggera? Non aveva importanza, qualsiasi termine o titolo non avrebbe cambiato lo stato delle cose.
Se Snotra fosse stata faccia a faccia con il suo re, avrebbe ammesso che non era affatto certa di aver voglia di far visita a Loki.
L'ancella fece una rapida riverenza, si voltò e fece per allontanarsi, ma esitò e tornò a rivolgersi a Snotra come se le fosse tornata in mente una parte del messaggio che aveva dimenticato di riferire.
«Il Padre degli dei ha detto che tale concessione è accordata solo a voi» aggiunse, prima di lasciare la stanza.
La donna si passò una mano sul viso e sorrise nervosamente al proprio riflesso sbiadito sul vetro del balcone. Con il tempo Odino aveva sviluppato uno strano senso del pudore nel darle ordini, ma non mancava di esercitare il suo diritto di sovrano per quanto spesso lo facesse parafrasando e non dandole mai comandi diretti.
Era comunque abbastanza ovvio che la concessione fosse accordata solo a lei. Chi altri avrebbe voluto un simile privilegio? Chi altri avrebbe avuto qualcosa da dire a Loki?
«Come se io avessi davvero qualcosa da dirgli, poi...» mormorò la donna tra sé e sé.
Ad ogni modo, ormai la notizia del suo ritorno a palazzo doveva aver cominciato a circolare. Quella notte stessa forse l'evento era giunto alle orecchie di qualcuno e aveva finito per tenere sveglio tutto il palazzo, impegnandolo in un atroce passaparola.
Snotra si chiese se adesso la corte di Asgard non fosse persino un po' spaventata da lui, dal principe che era stato a un passo dall'assassinare il proprio fratello, dal dio che aveva cospirato e ingannato e ucciso riuscendo quasi a piegare Midgard per impossessarsene. Ma i giusti, o coloro che si credono tali, provano comunque un senso di benessere nel guardare un criminale attraverso la grata della sua cella, si sentono fieri delle proprie sicurezze pensando che quelle sbarre bastino a tracciare il confine netto tra il bene e il male.
Era questo ciò che Loki era diventato, un criminale?
Snotra tornò nella sua camera e si lavò il viso in un catino di acqua fredda. Non volle ancelle a pettinarle i capelli o ad aiutarla a vestirsi, non avrebbe voluto nessuno per tutto il giorno e forse anche per l'indomani, e per il giorno dopo ancora. Avrebbe voluto semplicemente venire dimenticata, per una volta. In gioventù aveva temuto così tanto di essere lasciata in disparte, di venire ignorata, e adesso non desiderava altro.
Odiò i suoi stessi pensieri, ma non poteva rinnegarli né zittirli.
Si sedette davanti allo specchio e si spazzolò lentamente i capelli rossi. Li intrecciò e li sciolse più volte fino a quando non fu soddisfatta del risultato, fino a quando la treccia non ricadde diritta dalla nuca lungo la schiena.
Odino le aveva ordinato alla sua velata maniera di andare da Loki, ma non aveva detto di farlo subito e, in un primo momento, rimandare le sembrò persino una buona idea, prendersi tempo per riordinare i pensieri. Ma non c'era alcun pensiero che riuscisse a sollevarsi e a prendere forma nella sua mente, ogni riflessione volteggiava impalpabile e sottile come una bolla di sapone per poi dissolversi, inghiottita dalle mille cose che Snotra non sapeva o non comprendeva.
Una pessima posizione per la dea della saggezza.
No, non si trattava di ciò che non conosceva o che non capiva; si trattava di ciò che provava, delle emozioni e dei sentimenti che la legavano a quel principe caduto in disgrazia, che si era trascinato verso il fondo con le sue stesse mani, illudendosi di star scalando le vette per la gloria.
Con un gesto stizzito, la donna stese il braccio sul piano del mobile da toeletta che aveva davanti a sé, gettando all'aria spazzole e fermagli e piccole ampolle di profumo o unguenti. Si prese la testa tra le mani e si rese conto che l'angoscia che le faceva martellare le tempie era ben al di là delle lacrime.
Perché mai Odino voleva che lei andasse da Loki? Lei si era occupata della sua istruzione e di quella di Thor, e se il risultato del suo lavoro era stata la rovina e la corruzione dell'anima di quel giovane principe allora sarebbe stato assai meglio tenerla lontana da lui.
Il sole filtrava tra le tende, gettando lame di luce dorata nella stanza. Troppa luce, troppo dorato, troppo splendore...
Snotra pensò che se fosse riuscita a piangere forse si sarebbe sentita meglio, ma evidentemente tutti quegli anni di studio, il lungo tempo trascorso ad affinare le sue abilità intellettive come se fossero armi, l'avevano inaridita.
Il sole ormai era alto in cielo e sembrava volerle dire che aveva già rimandato abbastanza.
Uscì dalla camera per trovarsi di fronte una guardia che l'avrebbe scortata dovunque avessero rinchiuso Loki.
La guardia le porse una piccola chiave argentata,
«Nell'eventualità in cui lo riterreste opportuno, Lady Snotra» le mormorò.
Lei fissò il piccolo oggetto poggiato sul palmo della mano. Dunque non gli avevano tolto quella specie di museruola, perché era certa che fosse a quello che serviva la chiave.
Quando Snotra se la lasciò scivolare nella tasca dell'abito si accorse di avere con sé anche una piccola scatola metallica che neanche ricordava di aver preso. Ne tastò i contorni e riconobbe che si trattava di un unguento lenitivo che si usava per le screpolature della pelle o per le piccole ferite.
La voglia di piangere si condensò in un groppo ad altezza della gola, ma le lacrime non giunsero mai ai suoi sottili occhi verdi. Per questo Odino aveva voluto che fosse lei la sola ad andare da Loki, perché lo amava quanto la sua famiglia, ma lui riteneva che la sua famiglia lo avesse tradito e derubato di ciò che gli spettava; contro di lei invece non aveva accuse tanto gravi da muovere.
La legge avrebbe certamente trovato una punizione tremenda ed esemplare per il tradimento di Loki, ma il re non era crudele e meno che mai lo sarebbe stato con colui che ai suoi occhi era ancora suo figlio, per questo gli aveva concesso una cella al primo livello dei sotterranei, dove le prigioni beneficiavano ancora di una fila di piccole finestre triangolari. Per questo gli aveva concesso la visita di colei che era stata sua maestra e sua amica. Per tutto questo ora Snotra non avrebbe dovuto sentirsi così, con quel malessere che aumentava man mano che si avvicinava alle prigioni, eppure non poté fare a meno di ricordarsi ciò che aveva pensato la notte in cui aveva condotto Loki ad Asgard, alla consapevolezza che era affiorata prepotente in lei dopo aver lasciato il palazzo in cui la regina si era trasferita durante la guerra su Jotunheim: lui sarebbe stato sempre la sua spina nel fianco.
E nonostante tutto, lo aveva amato. Cercò di ricordarsene mentre il suo sguardo si abituava alla penombra di quel luogo immobile.
La cella aveva grate quadrate con gli angoli ornati da spunzoni di metallo, uguali a quelle in fondo alla sala delle armi che celavano il Distruttore. E al pari di quelle, le sbarre si sarebbero dissolte al passaggio dell'unica persona che poteva avere accesso a quella cella.
Snotra si tenne a distanza per qualche istante, fissando la scena davanti a sé. Per un attimo le sembrò di essere in un sogno, di vedere quelle cose da lontano, come se non fosse davvero presente.
La cella era quadrata e spoglia, con un letto e una superficie pensile che poteva essere usata come tavolo. Dalla finestra triangolare filtrava la smagliante luce del sole che lei aveva visto nella sua stanza e che proiettava una strana forma concava sul pavimento ai piedi del letto, in mezzo alle ombre di quell'angusto spazio.
Loki era seduto sul margine del materasso, la schiena rigidamente appoggiata alla testata di metallo e le gambe ripiegate come se cercasse di non farsi sfiorare dalla luce. Il suo sguardo era cupo e assente, tanto che in un primo momento nemmeno si accorse della donna che lo stava fissando  qualche metro più in là.
Facendo appello a tutto il suo sangue freddo, Snotra colmò la distanza che la separava e attraversò le sbarre che scomparirono attorno al suo profilo per permetterle il passaggio, per poi richiudersi immediatamente con un sottile suono metallico.
Loki alzò lentamente la testa e posò lo sguardo su di lei. La osservò pensieroso solo per un istante e  Snotra capì: si aspettava o lei o il boia; o l'ultimo scampolo di grazia da parte di Odino o la definitiva inflessibilità della legge. Lei era la mano che suo padre gli stava tendendo, e se Loki ne fu contento non lo diede a vedere.
Snotra infilò una mano nella tasca, cercando la chiave per togliergli il bavaglio, ma quando le sue dita ne sfiorarono il profilo piatto cambiò idea. Non aveva alcuna voglia di starlo a sentire, qualsiasi cosa le avesse detto, il solo suono della sua voce avrebbe potuto farla a pezzi e lei lo sapeva. Quello che aveva davanti agli occhi era già abbastanza per farla sentire spezzata, incrinata come uno specchio che rifletteva un'immagine distorta di quelle che erano state le sue aspettative e le sue speranze. Quei piccoli tagli arrossati sul viso di Loki, quei lividi lasciati dai ceppi sui suoi polsi erano più di quanto potesse sopportare.
Pensò che estraniarsi, riuscire a trasformare l'angoscia in lucida freddezza l'avrebbe aiutata a gestire quella situazione, ma cosa c'era esattamente da gestire se non era nemmeno in grado di trovare la forza di ascoltare la sua voce? Se non riusciva nemmeno a parlargli?
Estrasse dalla tasca il vasetto con l'unguento e vi intinse la punta del dito. Loki ritrasse quando lei allungò la mano per toccarlo, ma Snotra sbuffò e gli afferrò bruscamente la nuca con l'altra mano, stringendo i capelli per costringerlo a tenere ferma la testa. Le dita tremarono quando toccò la pelle tumefatta sulla fronte, alla radice del naso e sulle guance, avrebbe voluto premere su quei lividi e far sanguinare di nuovo quei tagli, come se sentisse la necessità di fargli provare una minima parte del dolore che lui aveva causato a tutti loro.
Eri un bambino così dolce...
Le sembrò una cosa infinitamente sciocca da dire e preferì tenerla per sé. Si chiese se fosse altrettanto sciocco sperare che ci fosse ancora qualcosa di quel bambino dentro il giovane uomo teso sotto le sue dita, che la fissava come un cane rabbioso.
Istintivamente il pugno nel quale gli stringeva i capelli si aprì e le sue dita scorsero sulla nuca in una carezza. Ritrasse la mano dopo qualche secondo, trattenendo un sospiro e solo in quel momento si rese conto di non aver aperto bocca. Non solo non riusciva a sentirlo parlare, ma non riusciva nemmeno a rivolgergli la parola eppure doveva sforzarsi, sapeva che se non lo avesse fatto in quel momento non ne sarebbe mai più stata in grado; aveva davanti a sé il ragazzo che aveva cresciuto eppure le sembrava un estraneo. Parlarsi in quel momento sarebbe stato come parlarsi per la prima volta e Snotra cercò di ricordare quando era successo, come, perché...
«Era il giorno di un funerale». Le parole le sfuggirono dalle labbra mentre si voltava per richiudere il vasetto dell'unguento. Non sapeva perché lo aveva detto, ma Loki doveva aver compreso, infatti quando tornò a guardare verso di lui lo vide annuire con un'espressione imperscrutabile.
«Era il giorno di un funerale e tu mi chiedesti se ero triste».

***

«Sei triste, Lady Snotra?».
La giovane donna, in equilibrio precario sull'ultimo gradino della scala di legno, guardò giù e vide il volto il crucciato in un broncio enfatico, tipico dei bambini che vogliono darsi un'aria da grandi per fare colpo su qualche adulto.
Il principe Loki aveva un viso affilato, dai tratti sottili che nei suoi primi anni sembravano talvolta quelli di una bambina.
«Lo sono, naturalmente» rispose lei, estraendo dallo scaffale più alto una pergamena impolverata e scendendo cautamente dalla scala, reggendosi l'orlo della veste per non inciampare.
Non le aveva mai rivolto la parola prima di quel momento, non ce n'era mai stata occasione in effetti. Era il piccolo Thor ad essere entrato stranamente in confidenza con lei, adorava farsi raccontare della guerra contro i Giganti di Ghiaccio e preferiva chiederlo alla giovane apprendista che non all'arcigno Lord Alcuin, e per quanto noioso fosse ripetere all'infinito sempre le stesse storie, a Snotra piaceva vedere il viso del bambino illuminarsi di entusiasmo quando un qualche particolare lo colpiva particolarmente. Thor non si era mai reso conto di quanto la immalinconisse raccontare della campagna di Jotunheim, ma era piccolo ed era normale che prestasse più attenzione ai propri desideri che non ai sentimenti degli altri.
Loki invece non aveva quella stessa esuberanza, non chiedeva mai a nessuno di parlare, restava timidamente ad aspettare che suo fratello lo raggiungesse per giocare e insieme sparivano da qualche parte nei giardini del palazzo dove fingevano di essere i guerrieri che avevano fatto cadere Jotunheim o che avevano sedato le rivolte di Nornheim.
Come mai quella mattina Loki avesse deciso di andare da lei e addirittura porle una domanda personale, Snotra non fu mai in grado di capirlo.
Lo aveva osservato in tutti quegli anni, la promessa che gli aveva fatto quando era ancora in fasce – e che lui certamente non era in grado di ricordare – l'aveva portata a tenerlo d'occhio seppure con discrezione. Conosceva quel bambino quasi quanto sua madre ed era sollevata dall'essersi resa conto che, dopo tutti i timori e le preoccupazioni, Loki non era diverso dagli altri. Certo, era più delicato di Thor, quasi gracile al confronto con il fratello, e aveva un'indole introversa e solitaria, ma era un ragazzino sveglio, con una pazienza e una posatezza inusuale per la sua età che sembrava essere fatta apposta per bilanciare il carattere irruento ed esuberante di Thor.
Lo aveva osservato in silenzio e nell'ombra, e nel silenzio e nell'ombra aveva imparato ad amarlo. Per questo, quella mattina, fu contenta di trovarlo lì, contro ogni sua aspettativa. E per giunta stranamente disposto al dialogo.
Purtroppo, il piccolo principe non avrebbe potuto scegliere momento peggiore per mettere da parte la sua timidezza e cercare di scambiare qualche parola. Snotra aveva un importante compito da assolvere e il tempo stringeva.
Lord Alcuin era morto durante la notte del giorno prima. Era stata una morte nel sonno, dolce e serena, ma la cosa non aveva mancato di portare scompiglio la mattina successiva e il giorno del funerale. Odino aveva disposto che gli venissero tributati tutti gli onori di cui un così leale suddito e un tale esimio intellettuale era degno, per questo si stava organizzando un funerale in pompa magna e lei, la discepola del vecchio studioso, aveva il compito di redigere il discorso commemorativo che sarebbe stato letto durante la cerimonia funebre.
La morte di Lord Alcuin l'aveva scossa. Non era mai riuscita ad amare fino in fondo il suo maestro, ad essergli devota; era risentita nei suoi confronti perché lui la trattava come l'avevano sempre trattata la maggior parte delle altre persone con cui si era confrontata in quegli anni, come una donna che in quanto tale era irrimediabilmente fuori posto nel ruolo di studiosa. Tuttavia il vecchio sapiente si era adoperato per trasmetterle la sua conoscenza, come ci si aspettava che facesse e l'aveva coinvolta in un monumentale lavoro di catalogazione della biblioteca del palazzo che la sua morte aveva lasciato incompiuto. Per quanto spesso Snotra si era sentita irritata dall'aria di sufficienza con cui il vecchio la trattava, quella mattina aveva avvertito un enorme senso di vuoto: pur con tutti i suoi difetti, Lord Alcuin aveva tentato di farle da guida e adesso lei avrebbe dovuto proseguire da sola lungo un sentiero che non aveva imparato ancora del tutto a dipanare.
Per di più, ora che il suo maestro era scomparso, chi avrebbe preso il suo posto? Chiunque fosse stato, non era certo che accettasse di continuare a tenerla con sé come allieva e probabilmente lei avrebbe dovuto lasciare il palazzo e abbandonare incompiuto il duro lavoro a cui si era dedicata in quegli anni.
La domanda del principe Loki era quanto mai superflua. Era triste, molto molto triste.
Aveva scritto il discorso commemorativo per Lord Alcuin e le era sembrato bello chiuderlo con una citazione di un poema che il vecchio maestro amava molto, ma rileggendolo per l'ennesima volta la mattina del funerale, le era venuto il dubbio che la citazione non fosse corretta, così si era ritrovata a cercare l'unica copia del poema presente nella biblioteca, abbandonata sullo scaffale più alto, in un angolo polveroso.
«Io non penso di essere triste» aggiunse Loki, seguendola mentre lei si dirigeva verso uno scrittoio dove poter dispiegare la pergamena. «Lord Alcuin non mi era simpatico. Pensi che sia sbagliato?».
Snotra si fermò in mezzo a un corridoio formato da due file di scaffali e guardò il suo giovane interlocutore.
«Hai tutto il diritto di non trovare Lord Alcuin simpatico e di non disperarti per la sua scomparsa, ma la pietà verso i morti è un sentimento giusto, che chiunque sia dotato di umanità dovrebbe tener presente» gli rispose con un mezzo sorriso.   
Loki corrugò leggermente le sopracciglia scure e sottili, come se stesse cercando di afferrare il senso di quanto gli era stato appena detto.
«Era un maestro noioso» concluse, arricciando le labbra.
In un'altra circostanza, Snotra avrebbe riso e annuito ma si sorprese a pensare come la scomparsa di qualcuno metta in risalto i suoi pregi più che i suoi difetti e il commento di Loki le parve assai fuori luogo, anche per un bambino.
«Il tempo ti insegnerà ad apprezzare certe cose» gli disse con voce atona. «Ora devo chiederti di lasciarmi, per favore. Devo ultimare il mio discorso per il funerale».
«Lo hai scritto tu? Sarà un discorso molto bello».
Bambino ruffiano...
«Ti ringrazio per la fiducia, Loki».
Snotra osservò il giovane principe voltarsi e lasciare la biblioteca. Restò ferma qualche istante a guardare nella direzione verso la quale si era allontanato, chiedendosi se in realtà non ci fossero aspetti di quel bambino che le erano sfuggiti, se non ci fosse qualcosa di sgradevole che non aveva ancora rilevato. Scosse la testa e si disse che la malinconia stava proiettando nella sua testa ansie che non avevano alcuna ragion d'essere.

I funerali erano un evento raro ad Asgard. L'aura di potere ed energia che avvolgeva la Patria Eterna rendeva il suo popolo resistente al tempo, più di quanto avvenisse per altre razze che abitavano l'universo, eppure tutti meritano riposo, anche gli dei.
La cerimonia fu celebrata nella sala del trono, dove molta gente si era riunita per porgere al vecchio sapiente l'estremo saluto. Snotra, i capelli rossi raccolti in una retina di velo scuro, cercò di non pensare a quanta gente ci fosse mentre saliva su un piccolo podio e leggeva il suo discorso commemorativo cercando di non guardare davanti a sé la miriade di occhi che la fissava.
Il pomeriggio scemò nel silenzio composto con cui la folla lasciò l'immenso salone dove le luci smorzate delle lampade riflettevano ombre cupe sulle superfici lucide.
Snotra avvertì nell'aria una cappa di pesantezza appiccicosa, come dopo una breve pioggia in un giorno arso dalla calura estiva. La cortina di lacrime che le aveva velato gli occhi non le impedì di osservare assorta le guardie che accerchiarono il carro che avrebbe portato via il feretro. La giovane donna si accorse di essere rimasta sola nella sala, accanto a una colonna, eppure non si mosse, quasi temendo che il suono dei suoi passi avrebbe fatto eco in mezzo al vuoto che sentiva essersi impadronito di lei.
Solo dopo lunghi minuti si costrinse ad andare via.
«Lady Snotra, debbo parlarti». La voce della regina la colse alla sprovvista, a metà di un corridoio.
La giovane non ricordava quando a palazzo avevano cominciato a chiamarla ''lady''; era un titolo che le spettava di diritto ma quando era giunta lì, agli occhi di tutti era poco più di una bambina con strane aspirazioni che a molti sembravano solo i capricci di un cuore troppo giovane che non ha ancora compreso quale dev'essere il suo posto nel mondo.
Snotra si voltò incontrando lo sguardo di Frigga, i cui modi gentili imponevano obbedienza tanto quanto il fare deciso e autoritario di suo marito.
«Mia regina». La giovane accennò una compita riverenza e attese che la sovrana le spiegasse il motivo della sua presenza.
«Mi rendo conto che il momento non è dei più adatti. Abbiamo appena salutato il tuo maestro, il nostro prezioso Lord Alcuin, e parlare già di chi sarà il suo successore forse ti sembrerà indelicato» asserì Frigga.
Snotra non riuscì a trattenersi dal corrugare la fronte,
«In tutta onestà, mia regina, è così» ammise, cercando di non far trasparire troppo palesemente il proprio fastidio. Le sembrava assurdo che si stesse discutendo in quel preciso momento di chi avrebbe sostituito Lord Alcuin e di chi, quindi, l'avrebbe forse mandata via.
La regina si sporse verso di lei e le afferrò una mano.
«Vorremmo che fossi tu» dichiarò. «Io e il re, vorremmo che facessi da maestra ai nostri figli, e che ti occupassi della biblioteca e di tutto ciò a cui era dedito Lord Alcuin, prima di lasciarci».
Snotra sgranò gli occhi, attonita e imbarazzata.
«Mia regina, sono troppo giovane...» farfugliò, sentendosi persino un po' sciocca. «E poi, la scomparsa del mio maestro mi ha reso quanto mai chiara la profondità di tutte le mie lacune».
E poi Lord Alcuin è stato appena seppellito, e...
«È per i miei figli» replica Frigga. «Sono più che sicura che saresti un'insegnate perfetta, io mi fido del tuo cuore, Lady Snotra, che sarà di certo capace di colmare ogni lacuna, ammesso che tu ne abbia davvero».
«Mia regina, mi state ampiamente sopravvalutando».
Snotra osservò che Frigga non le aveva lasciato la mano. Si rese conto che alla sovrana non importava altro che lei accettasse di fare da istitutrice ai principi e forse era corsa a parlargliene perché pensava che lei si decidesse a lasciare presto il palazzo ora che Lord Alcuin era morto. E si rese anche conto, come era accaduto in passato, che non si può rispondere di no alla richiesta di un sovrano. Nemmeno alla richiesta più assurda o controversa...
Chiuse gli occhi e da un angolo della sua mente cominciò a soffiare il vento gelido che frustava la desolazione di Jotunheim la notte in cui portò via Loki.
«Ma è un grande onore quello che mi fate, e io non posso che accettare, sperando di non deludervi mai» concluse la ragazza, mettendo insieme un minimo di forza d'animo per abbozzare un sorriso assai poco convincente.

Passò una settimana dal funerale prima che Snotra cominciasse a ricoprire ufficialmente il suo nuovo incarico.
La mattina della sua prima lezione ai due principi, si sentiva stranamente nervosa. Raggiunse la sala in cui i due bambini la stavano aspettando e prima di entrare prese un bel respiro, cercando di scacciare via dal suo viso ogni traccia di incertezza.
L'attitudine all'insegnamento è un dono. Lord Alcuin ne era ampiamente sprovvisto e lei era quasi certa di non essere da meno.
La sala era un 'ampia stanza con al centro un grande tavolo ovale posto davanti a una vetrata ad arco dalla quale entrava la luce del mattino. Sul piano del tavolo, decorato con intagli geometrici, erano impilati in ordine libri e fogli.
Loki e Thor sedevano su un lato. Avevano trascorso una settimana senza le loro lezioni giornaliere e, a giudicare dalle loro faccine distratte e assonnate, non stavano certo morendo dalla voglia di rimettersi a studiare.
Loki se ne stava con il mento appoggiato ai palmi delle mani e i gomiti puntellati sul piano del tavolo. Thor sedeva scomposto, facendo dondolare avanti e indietro la sedia che produceva un fastidioso scricchiolio ritmico.
«Thor, smettila per favore» intimò Snotra pazientemente, «potresti cadere».
«Tanto anche se si rompe la testa è vuota...» borbottò Loki, accigliato.
Thor smise di dondolarsi e si voltò a guardare il fratello, come se fosse indeciso sull'interpretazione da dare alle sue parole. Alla fine si risolse a fargli una linguaccia e si voltò dall'altro lato con aria offesa.
«Ehi, cosa sono questi bisticci?» borbottò Snotra.
«È stata colpa tua, se tu non ti fossi messo a urlare nostro padre non ci avrebbe scoperti» mormorò Thor a bassa voce, forse credendo che solo suo fratello avrebbe potuto udirlo.
«Non è stata mia l'idea di quel gioco stupido» protestò Loki.
«Ma tu non hai detto di no»
«Perché tu sei una cocciuta testa vuota»
«E tu sei una femminucc...»
«Basta!» Snotra alzò la voce per farsi udire al di sopra del loro litigioso scambio di battute. «Qual'è il problema? Avanti, sentiamo».
Thor e Loki si scambiarono un'occhiataccia, poi guardarono verso la loro nuova maestra e cominciarono a parlare a raffica, accavallando le voci.
«Non avevamo il permesso di giocare...» cominciò il fratello minore.
«Non è che non potevamo giocare, solo non dovevamo fare rumore...» replicò il maggiore, quasi urlando per sopraffare la voce dell'altro.
Snotra sgranò gli occhi. Aveva pensato che occuparsi dell'istruzione di due bambini fosse difficile, ma non pensava di dover fare i conti anche con quel genere di situazione e si sentì quanto mai inadatta e desiderosa di girare sui tacchi e tornarsene al confortante silenzio della biblioteca del palazzo.
«Non capisco se continuate a gracchiare come due cornacchie che si beccano a vicenda» esclamò, cercando di mostrarsi ferma e paziente, anche se aveva una gran voglia di afferrare i due principi per i capelli e sbattere le loro teste l'una contro l'altra fino a quando non  si fossero ricordati di essere fratelli.
«Il fatto è questo, Lady Snotra» disse Thor alzandosi in piedi, mentre Loki si gettava contro lo schienale della sedia a braccia conserte, con aria contrariata. «Nostro padre ci aveva detto di non fare giochi rumorosi in questi giorni per rispettare il lutto per la morte di Lord Alcuin. Io volevo solo fare una gara di corsa in giardino, che non si fa rumore, ma Loki è inciampato e si è messo a piagnucolare, così nostra madre lo ha scoperto e lo ha detto a nostro padre e lui ci ha messi in punizione».
«Io gli avevo detto di non andare a correre in giardino, non l'ho certo fatto di proposito a cadere» replicò Loki mentre distoglieva lo sguardo e una sfumatura di rossore gli coloriva le guance pallide. «E se l'idea è stata di Thor non capisco perché nostro padre ha dovuto mettere in castigo anche me!».
Il giovane principe sembrava prossimo al pianto per quanto era arrabbiato.
Snotra fece cenno a Thor di rimettersi seduto e si avvicinò al tavolo. Per un attimo, uno stormo di uccelli attraversò in volo il riquadro di cielo incorniciato dalla vetrata e lei si sentì stupidamente invidiosa della loro libertà. Oh, certo, c'erano forme di prigionia assai peggiori, però era incredibile quanto lo sguardo dei due principi la facesse sentire spalle al muro. Guardò i loro occhi, entrambi azzurri; molti a palazzo dicevano che avevano ereditato gli occhi del re e nessuno aveva mai notato che il colore degli occhi di Loki era diverso, più chiaro, quasi innaturale. È sorprendente quanto la gente riesca a vedere solo ciò che vuole.
«Avete entrambi disobbedito, non importa di chi sia stata l'idea» sentenziò la giovane donna, cercando di non mostrarsi troppo severa. «La prossima volta, Thor, faresti meglio a non interpretare gli ordini di tuo padre secondo convenienza. E tu, Loki, quando tuo fratello ha una cattiva idea non devi assecondarlo, devi farglielo notare».
I due bambini annuirono automaticamente.
«Però resta il fatto che adesso nostra madre non ci lascia uscire» borbottò Thor dopo qualche secondo.
«Sì, sono giorni che stiamo chiusi in camera» gli fece eco Loki.
Snotra sorrise,
«Oh, è questo il problema? Molto bene. Prendete quei libri e quei fogli, su!»
«Lady Snotra?»
«È una bellissima giornata, bambini. Andiamo a fare lezione in giardino».

Il tempo di quella prima lezione Snotra preferì impiegarlo a cercare di capire quanto i due giovani principi avessero assimilato delle lezioni di Lord Alcuni. Fece loro molte domande, cercando persino di metterli in difficoltà e alla fine poté dirsi soddisfatta di quanto aveva verificato. I due bambini avevano imparato bene, e la loro istruzione era degna dei due potenziali eredi al trono di Asgard. Entrambi facevano a gara a chi dava la risposta migliore, a chi si esprimeva meglio nell'esporre un concetto, anche se entrambi finivano spesso per confondersi; Thor perché si distraeva con estrema facilità e Loki perché si preoccupava troppo di commettere qualche errore.
Alla fine, Snotra sorrise incoraggiante ai sue piccoli allievi.
«Lord Alcuin è stato un bravo maestro» dichiarò.
«Lord Alcuin non ci aveva mai portato a fare lezione in giardino» rispose Thor.
«Questo perché temeva che tu ti distraessi ad ogni moscerino che vedevi passare» osservò la donna con fare bonario.
Il giovane principe incassò il colpo con una smorfia e Loki ridacchiò sommessamente.
Una guardia li raggiunse dopo qualche minuto, salutando Snotra con sussiego.
«Devo portare il principe Thor alla palestra per i suoi allenamenti» annunciò.
La donna guardò i due fratelli seduti sul bordo della fontana,
«Oh, certo. La lezione è finita per oggi, vai pure Thor» disse.
Il primogenito di Odino scattò in piedi con aria contenta,
«Grazie, Lady Sotra» mormorò educatamente, prendendo a correre lungo il sentiero lastricato che portava al palazzo, lasciandosi alle spalle la guardia che faceva fatica a tenere il suo passo agile di bambino.
Snotra lo guardò sgambettare via, quasi temendo che cadesse, ma Thor saltò agile una piccola aiuola e sparì tra gli alti fusti degli alberi. La giovane donna sentì su di sé lo sguardo di Loki e si voltò verso di lui.
Il bambino era rimasto seduto sul bordo della fontana, agitando pigramente le gambe esili a penzoloni. Tamburellava le dita sulla copertina del libro che aveva sulle ginocchia e teneva lo sguardo fisso su Snotra, tanto che lei provò uno strano disagio e si sentì in dovere di dire qualcosa.
«Tu non vai ad allenarti?» gli chiese.
Loki scosse la testa in un cenno negativo,
«No, hanno detto che sono troppo minuto e che è bene aspettare ancora un po' prima di cominciare l'addestramento da guerriero» rispose scrollando le spalle, sconsolato.
Snotra sentì una strana tenerezza invaderle il petto, come quando le capitava di osservare il piccolo Loki da lontano, solo che adesso quella sensazione le arrivava amplificata dalla sua vicinanza. Si era sempre sentita in dovere di dover fare qualcosa per quel ragazzino, era stata lei la prima ad abbracciarlo, a scaldarlo, a vestirlo, a nutrirlo... ancora prima della donna che lo aveva scelto come figlio, e questo la faceva sentire legata intimamente a quel piccolo principe dall'aria delicata. Era un sentimento strano, che a volte persino la spaventava.
Eppure, prima di quella mattina non aveva mai potuto fare davvero qualcosa per Loki.
Si mise a sedere accanto a lui e gli sorrise, non come la maestra che vuole lusingarlo o come il genitore che vuole rabbonirlo, era una sorriso complice, quasi da amica.
«E a te dispiace così tanto non poterti allenare con Thor?» domandò.
Loki smise di tamburellare con le dita contro il libro, tese le mani e le sue unghie si conficcarono nella rilegatura morbida sul dorso del volume.
«Sì, mi dispiace, se inizio più tardi non diventerò mai bravo come lui» borbottò con un tono cupo che davvero suonava insolito sulle labbra di un bambino. Era così insolito da essere doloroso e Snotra sentì di nuovo farle eco nella testa il vento di Jotunheim e sentì il suo alito freddo avvolgerla come la stretta di un nemico.
«Loki, non tutti nascono per avere i medesimi talenti» gli disse infine.
Il bambino sollevò la testa di scatto, con una strana scintilla di interesse nello sguardo.
«E che talenti dovrebbe mai avere un principe, oltre a saper combattere?» chiese tendendosi verso di lei, come se da quella risposta dipendesse la sua stessa vita.
«L'intelletto, tanto per cominciare» rispose la donna ridendo per un secondo prima di tornare seria. «È un dote che tu mi sembri avere a sufficienza, anche se talvolta la usi per fini sbagliati, mi pare»
«Che vuol dire? Quando la uso per fini sbagliati?»
«Quando menti»
«Io non... mento».
Snotra inclinò il viso di lato e lanciò al bambino un'occhiata furba, di bonario rimprovero,
«Loki» disse scandendo lentamente le parole di quel nome, assaporandolo tra sé e sé, ricordando quanto le fosse caro.
Lui sospirò e distolse lo sguardo me lei continuò a parlare.
«Quando prima hai detto che non sei caduto di proposito, era una menzogna bella e buona... anzi, neanche tanto buona. Sei caduto e hai urlato perché volevi che scoprissero il gioco che stavi facendo con Thor, perché volevi che lo rimproverassero?»
«Non volevo che lo rimproverassero, è che tutti pensano che sia così in gamba e non lo è... non quanto credono gli altri, intendo».
Snotra cercò di mascherare l'espressione dolorosamente sbigottita che stava per comparirle in volto. Loki era invidioso di suo fratello, lo era sul serio, non nel modo sciocco ed effimero con cui lo sono di solito i bambini.
La donna si alzò in piedi e diede le spalle al piccolo, cercando di mascherare il suo turbamento.
«Mio padre ci ha puniti entrambi, però Thor continua a fare le cose che gli piacciono, come gli allenamenti per diventare guerriero. Io invece devo starmene chiuso in camera» aggiunse il principe, in tono petulante.
Snotra tornò a voltarsi e appoggiò le mani sulle spalle di Loki, scuotendolo leggermente.
«Ascoltami bene» gli intimò. «Se un giorno Thor si trovasse a combattere per te, lo farebbe senza indugio. Allo stesso modo, tu devi usare la tua intelligenza per aiutarlo, non per danneggiarlo».
Il bambino sembrò spaventato nell'udire quelle parole, sgranò gli occhi e poi di colpo la sua espressione di fece triste e allarmata.
«Non voglio danneggiarlo!» esclamò, mentre una lacrima si andava formando tra le ciglia. «Però nessuno ci vede mai per quello che siamo, agli occhi di tutti lui è troppo grande e io troppo piccolo».
«Non è rendendo più piccoli gli altri che si dimostra la propria grandezza, Loki» replicò Snotra, poi si sforzò di sorridere e gli batté una mano sulla spalla. «Andiamo, vieni con me».
«Dove?» chiese lui titubante.
Lei non rispose, gli fece solo cenno di seguirlo e si incamminò verso il palazzo.

Snotra condusse Loki nella biblioteca.
Il bambino cominciò a camminare lentamente tra gli alti scaffali di libri, proseguendo con il naso all'insù e, di tanto in tanto, inciampando in qualche sgabello che non faceva in tempo a vedere tanto era concentrato nel guardarsi attorno.
La donna si mise a cercare qualcosa in un vecchio baule, senza perdere di vista il piccolo principe che proseguiva la sua muta esplorazione. Alla fine trovò quello che stava cercando.
«Tieni» disse porgendo a Loki un vecchio volume che lui prese con curiosità. «Quando ti annoierai a stare chiuso in camera, invece che rimuginare su Thor, mettiti a leggere, un libro è sempre un'ottima compagnia»
Il titolo diceva 'Tradizioni dei Nove Regni'.
«Però, Lady Snotra, perché dovrei conoscere queste cose? Parla degli altri Nove Regni, ma noi di Asgard non siamo più... non siamo migliori, ecco?» chiese il bambino, la domanda suonava del tutto ingenua.
«Tanto migliori che non dovremmo neanche saperne di più sul conto degli altri popoli?» gli chiese con un sorriso furbo. «La conoscenza, il sapere è un'arma molto potente, Loki, più potente di qualsiasi cosa un guerriero possa imparare a maneggiare e a differenza della forza fisica e dell'attitudine al combattimento è una cosa che chiunque può coltivare, se ne ha la voglia, non importa quanto sia... piccolo».
Il sorriso sul volto di Loki divenne luminoso come un raggio di sole e Snotra lo ricambiò con calore.
«Grazie Lady Snotra» mormorò il bambino.
Lei lo guardò con un'espressione molto seria e accorata,
«Loki, devi promettermi che non sarai più invidioso di Thor, non è un sentimento che si conviene a un fratello. Anzi, credo che sia un sentimento sbagliato sempre, a prescindere. E devi promettermi che non gli farai più dispetti. Me lo giuri?».
Il giovane principe si strinse al petto il libro che le aveva dato la sua maestra e assunse un'espressione enfaticamente pensosa, come se stesse valutando se dare o meno una risposta affermativa alla domanda.
«Promesso» concesse, infine.
«Molto bene, e adesso torna in camera, prima che tuo padre decida di mettere in castigo anche me».
Loki esitò un attimo e sorrise divertito.
«Non mi chiedi se ho mentito quando ho detto che promettevo?»
«Loki!».
Era solo la battuta di un bambino, un modo di giocare con le parole, ma per un attimo Snotra ebbe l'impressione di aver scorto una scintilla di malizia in fondo a quegli occhi color del ghiaccio. La sua mente incespicò nel tentare di mettere assieme un monito che suonasse serio e definitivo, ma non ne fu in grado perché all'improvviso Loki le andò incontro e l'abbracciò, cingendole la vita e posandole il viso sul petto.
Era una stretta piena di entusiasmo e calore e Snotra non seppe spiegarsi come mai sentì per un attimo una strana e aliena sensazione di gelo. Ma la tenerezza che aveva sempre provato per quel bambino e il tormento per il segreto che aveva celato in nome della sua salvezza ebbero la meglio e lei si ritrovò a ricambiare la stretta di Loki con un braccio, mentre con la mano libera gli passava un'affettuosa carezza tra i capelli corvini.
    


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La canzone da cui è presa la citazione si intitola Desamistade.
   
 
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