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Autore: LawrenceTwosomeTime    07/09/2012    0 recensioni
Una sceneggiatrice un po' eccentrica partorisce la chiave per realizzare un film il cui inquietante significato si dipana man mano che le riprese avanzano, rimescolando vita privata e finzione in un intreccio pericoloso.
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La parte centrale del film era anche la più criptica.

Si erano accordati per girarla con una videocamera a mano, in digitale.
“Ecco, Clara, la tua sceneggiatura mi piace, lo sai, ma mi vuoi spiegare cosa succede in questa cavolo di scena?”, disse Don in tono diffidente.
Lei si girò di tre quarti. Osservò il vicolo in cui si sarebbe svolta l’azione.
“Francamente, Don, non lo so. Devi capire che è una sorpresa anche per me; io la sceneggiatura non l’ho letta e posso solo indovinare di cosa si tratta. Nel caso specifico…”
“Aspetta, non mi dirai che è una di quelle sequenze oniriche-allegoriche rappresentanti qualcos’altro, qualcosa che non si vede o stronzate analoghe?”
“Lasciami dire come la vedo io”, si intromise Ampelio.
“In questo particolare momento”, attaccò, e intanto gesticolava per dare forza alle sue convinzioni, “la protagonista sta cercando di metabolizzare il fatto che il suo mondo, la realtà che conosce da quand’era bambina, sta cambiando per sempre, e non c’è un punto di ritorno; ovviamente questo fa riferimento all’invasione aliena, ma non solo… si tratta della globalizzazione, dell’unificarsi tra le varie identità nazionali, il nuovo, l’asettico, il certificato che prende il posto del vecchio, eterogeneo, fallibile e quindi realmente comunitario, insomma l’insorgere di un conservazionismo liberale spogliato della sua rincuorante maschera capitalista. E lo fa filmando. Filmando gli alieni che lei interpreta come alieni, ma che in realtà sono più di una cosa sola; gli alieni siamo noi. Noi che giriamo, noi che diveniamo spettatori del processo di distruzione, che ci appropriamo delle sue problematiche come fossero le nostre e le suggiamo l’anima in un inconsapevole salasso intellettuale, un salasso ombra, una ricerca, un’evasione silenziosa”
Don si schiarì la gola.
“Per cosa ti pago, Tinelli? Per darmi lezioni di antropologia?”
“Io volevo solo…”
“Si, si, insomma, tutto questo per dire che la protagonista deve filmare noi mentre noi filmiamo lei, un’introspezione sulla ‘realtà’ che francamente considero presuntuosetta… Insomma, mi credete uno scemo? Ho letto Oblomov, sapete? Voi volete dire a me, spettatore pagante, che i film sono come la vita e la vita è un film, giusto? Niente seghe mentali, è questo che volete dirmi?”
Clara guardava dall’uno all’altro con fare ansioso. Le era piaciuta l’interpretazione del regista, ma trovava che stessero cavando fuori dal suo lavoro più di quanto ci fosse da ricercare.

“Diciamo che lei vuole documentare il comportamento degli alieni per capirli, per decidere se deve cedere al fascino della ricerca del sé. E non si rende conto che anche gli alieni la spiano, forse per capire a loro volta la sua reticenza”

Don batté le mani con vigore.
“Clara, ultimamente sei molto più simile a tua madre. Mi compiaccio. Forza, gente, basta battere la fiacca! Al lavoro!”

L’attrice si aggira nel vicolo come una pedina sopra una scacchiera di luce e d’ombra.
Rumori insinuanti, rumori osceni, le dicono che non è sola.
Li guarda, ci guarda, con quello strumento costruito per guardare, quell’occhio di plastica. Noi ci riflettiamo in lei.
Chissà se qualcuno ascolterà le sue implorazioni. Ciò che ho visto contiene un’altra verità?
Se lo domanda mentre gira, gira su sé stessa, la pressione le comprime i timpani.
Fugge con la compostezza dei condannati a morte.


“Stop! Buona! Bene, ragazzi, per oggi basta così! Ottimo lavoro, tutti quanti!”

Clara ritornò a casa sentendosi vuota, in qualche modo spersonalizzata. Rovesciò una pentola mentre si preparava da mangiare.
Gli occhi indugiarono sotto il lavello. Si sentì osservata.
Dormì con la luce accesa.
  
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