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Autore: LawrenceTwosomeTime    07/09/2012    0 recensioni
Una sceneggiatrice un po' eccentrica partorisce la chiave per realizzare un film il cui inquietante significato si dipana man mano che le riprese avanzano, rimescolando vita privata e finzione in un intreccio pericoloso.
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Clara era entusiasta. Era accaduto tutto così in fretta.

Marguerite le aveva telefonato per informarla che il progetto era avviato, e per trattare il suo compenso.
Chi se ne importava dei soldi, possedeva un patrimonio esoso lasciatole dalla defunta madre, forse l’unico atto d’amore che avesse mai ricevuto. L’importante era che quell’industria cinematografica così elitaria, classista e autarchica sarebbe stata scossa dall’interno.
Buffo come ‘Cinecittà’ suonasse tanto simile a ‘cecità’… ma presto un bagliore, un fulgore con la forza di mille strali l’avrebbe ricondotta sulla retta via.

In realtà aveva raccontato a Don una piccola bugia: l’incipit l’aveva letto, non era riuscita a trattenersi.
L’invasione degli ultracoiti era sostanzialmente una rivisitazione in chiave moderna del film a cui faceva riferimento: una razza di organismi unicellulari senzienti simili a batteri invadeva il pianeta terra, prendendo il controllo di uno sparuto gruppetto di esseri umani che in seguito tentavano di contagiare il resto della popolazione: chi entrava in contatto con questi “alieni” sperimentava un acuirsi delle facoltà sensoriali oltre il livello di tollerabilità; mostruose ondate di sensazioni invadevano il suo corpo, enfatizzando e dilatando odori, sapori, suoni e via dicendo. Fino a che il cervello dell’ospite non implodeva per gli stimoli eccessivi e colava fuori dalle orecchie.
Clara si sentiva esaltata al pensiero di come avrebbe potuto evolversi una simile storia.

Pedalava con enfasi in sella alla sua graziella, tagliando per i giardini pubblici e lanciandosi per le discese più infide. Era il primo giorno di riprese. L’emozione era a mille.
Quasi non notò la sagoma in ombra di un uomo che si contorceva ai piedi di un albero. Ciò che la fece trasalire fu il lamento improvviso scaturito dall’oscurità. Sterzò bruscamente e si esibì in una derapata degna di Coppi, e finalmente frenò.
Abbandonata a terra la bici, si avvicinò alla figura tremante che implorava aiuto. Realizzò lentamente cosa aveva davanti.
Questo non ci voleva proprio.

Il ragazzo sanguinava copiosamente da una serie di ferite al torace. Sembravano fori prodotti da un’arma da fuoco. La sua camicia a quadri blu era zuppa di sangue.
Esalò una serie di respiri strozzati che contenevano abbozzi di parole.
Clara si chinò per sentire meglio.
“Ho… ho provato… Ma non potevo… da solo… Hanno deciso… che non gli servivo…”
“Ok, calma, calmati”, disse Clara, più a sé stessa che al ragazzo morente.
Chiamò un’ambulanza e poi si ricordò che doveva arrestare la fuoriuscita di sangue. Si tolse la camicia e la premette contro gli squarci. Nonostante tutto, l’emozione più vivida che provava era il fastidio.
Si, insomma, era il primo giorno di riprese e questa disgrazia capitava proprio a lei. A lei.
Avrebbe dovuto seguire il ragazzo in ospedale. La polizia avrebbe fatto domande, sarebbe stata interpellata in qualità di testimone. Un girotondo infinito di scartoffie, umidi antri odorosi di muffa e telefonate alle sei del mattino.
Non ci pensava proprio.
“Ce la fai a tenerla premuta?”
Il ragazzo annuì debolmente. Sembrava aver ripreso miracolosamente un po’ di colore.
“Bravo. Bravo. Io, uhm… vedo se riesco a trovare aiuto. Prima che arrivino i paramedici, voglio dire”
“Mi sta… abbandonando?”
Clara si morse il labbro.
“È che… devo salvare un’altra vita”

Detto questo rimontò in sella alla bici e sfrecciò via.
Era la sua vita, la sua propria vita che doveva salvare.

Diciotto minuti dopo

“Perché non porti niente sotto il cappotto?”
“Lascia perdere, è una lunga storia”

Il regista, Ampelio Tinelli, aveva deciso di optare per una serie di lunghi pianisequenza. Avrebbero mantenuto in vita la tensione del racconto, o almeno queste erano le sue intenzioni.
Il set era stato arredato e illuminato splendidamente, le attrici protagoniste erano state imbellettate per bene; tutto era pronto per essere messo in moto.
Don studiava l’ambiente da lontano, fremendo perché non poteva fumare i suoi sigari.
Clara sedeva di fianco ad Ampelio in qualità di consulente; inutile dire che la cosa le procurava un’evidente impennata di orgoglio.

Finalmente, la voce del regista scandì: “L’invasione degli ultracoiti, scena uno… azione!”

”Mara, devo parlarti”
“Che succede?”
“In privato”

“Di cosa si tratta?”
“È Roberto. Non sembra più lui. Stamattina mi guardava con un’aria allucinata, come se non mi riconoscesse”
“E poi?”
“Ha vomitato sul tavolo del soggiorno. Ondeggiava, diceva cose sconnesse. E la cosa strana è che sembrava felice. Mi ha messo paura”
“Dov’è adesso?”
“Ho chiamato il dottor Gava. Quando è arrivato Roberto stava… facendo numeri di giocoleria con la frutta. Gli ha dato dei calmanti e l’ha messo a letto. Mi ha chiesto se faceva uso di droghe, io non ho saputo cosa rispondergli… Adesso dorme, e non so come farò quando si sveglierà”
“Devi rivolgerti a uno specialista. Magari è una crisi di nervi. Stress da iperlavoro…”
“Spero che sia solo questo”
“Tienimi aggiornata”


“Eee stop! Buona! Cinque minuti di pausa, gente”

Clara era estasiata. Quelle due recitavano benissimo. Il lavoro stava procedendo a gonfie vele e presto il suo manoscritto sarebbe diventato cinema. Cinema!

Tornò a casa con l’euforia nel cuore, senza pensare a ragazzi dissanguati sotto gli olmi, alla sirena dell’ambulanza o agli interrogatori della polizia.
  
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