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Autore: Arianna980    24/03/2007    6 recensioni
Salve a tutte le scrittrici di Kodocha.Oltre a recensire ho deciso di scrivere anche io una fiction sul mio cartone/manga preferito, però vi avverto che ho sconvolto i ruoli dei personaggi, giusto per non scrivere sempre le stesse cose. Comunque spero vi piaccia e che recensirete in molte. Ci tengo molto a sapere cosa ne pensate della mia storia! Non mi resta che augurarvi buona lettura.
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Fuka Matsui/Funny, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

“Hey! Ma è la principessa dei Pop Pop Porcellini!” esclamò qualcuno.

Sana nascose il viso contro la spalla di Akito. “Oh no! Ancora!” sbuffò.

“Accidenti Sana!” disse Akito, intento a gustare il suo cocktail di gamberi. “Sei diventata una vera celebrità. E’ così emozionante!”

“E’ terribile” mugugnò Sana.

Erano seduti in un bar all’aperto vicino al molo dei pescatori. Attirati dalle insalate di mare e dalle altre specialità del posto, si erano fermati a fare uno spuntino. Si trovavano nel cortile di un ex stabilimento di scatolame, uno dei tanti edifici ristrutturati della zona del porto, trasformati in negozi e ristoranti. I gamberi erano dolci e gustosi, il pane di segale incredibilmente fresco, e intorno c’era una splendida vista. Sarebbe stato tutto quanto perfetto se non fossero stati disturbati ogni cinque minuti da qualcuno che chiedeva a Sana se era veramente lei la principessa dei Pop Pop.

Akito notò due ragazzi, qualche tavolo più in la, che continuavano a tenere gli occhi su Sana. Forse la fissavano perché era molto bella, oppure volevano chiederle un salsicciotto Pop Pop in omaggio. Decise che era venuto  comunque il momento di andarsene.

Si alzò dalla sedia. “Spero che abbiate finito di ingozzarvi, perché ci sono ancora molte cose da vedere.”

Takaishi prese un altro pezzo di pane e lo intinse nella salsa di gamberi. “Ehi! Un ragazzo nel pieno dello sviluppo come me ha bisogno di nutrirsi in abbondanza!” si lamentò scherzando. “Ho finito comunque!”

Fuka appoggiò la mano sul suo stomaco. “In effetti ti sei fatto più grande da quando siamo arrivati” commentò sarcastica. “Ti eri già divorato una quantità industriale di merendine al cioccolato e biscotti, e ti sei fatto il cocktail di gamberi, povero piccolo!”

Takaishi mostrò i suoi muscoli strizzandole l’occhio. “Voglio essere forte per te, baby.”

Tsuyoshi si alzò. “Io non ho voglia di toccare cibo, mi manca troppo Aya. Speravo che non si lasciasse coinvolgere a questo modo dal lavoro. Dovrebbe dedicare un po’ di tempo anche all’amore.”

Gli altri si scambiarono un’occhiata. Nessuno se la sentiva di confessare a Tsuyoshi cosa si nascondeva dietro quell’improvviso interesse da parte di Aya per il lavoro.

Sana si alzò. “Qual è la prossima meta ragazzi?”

“Che ne dite di fare un salto da Ghirardelli? Ha un gelato strepitoso” suggerì Takaishi. “E’ giusto ad un paio di isolati da qui.”

Fuka lo guardò contrariata. “Pensavo avessi finito” disse.

“Ehi! Non ho ancora mangiato il dessert!” esclamò Takaishi.

“Anche a me andrebbe” concordò Tsuyoshi.

“Io sono sazia” disse Sana titubante. “E poi, se andiamo a prendere anche il dolce, non faremo mai in tempo ad andare e tornare da Sausalito.”

“Possiamo andare a Sausalito un altro giorno” disse Fuka.

Sana annuì, ma non sembrava troppo convinta. Akito venne folgorato da un’ispirazione. “Io non ce la farei a mandar giù anche il gelato, Tsuyoshi” disse. “Perché non andate voi da Ghirardelli? Io e Sana prendiamo il battello per Sausalito e ci possiamo incontrare in albergo ad una certa ora.”

“Sarebbe meglio se rimanessimo tutti in gruppo” intervenne Takaishi, ma Fuka gli diede un’occhiataccia. “Ma non vedo perché non possiamo dividerci per un pò” rettificò subito.

“Certo” disse Sana. “Sinceramente preferirei andarci oggi a Sausalito.”

Proprio in quel momento, sbucò da dietro l’angolo un tipo con una busta della spesa. “Oh mio Dio” disse indicando Sana. “Ma è…è…la principessa dei Pop Pop Porcellini!” Si piegò e cominciò a cercare nella busta. “Posso avere un autografo?” chiese, tirando fuori una confezione di wurstel.

Sana diventò tutta rossa. “Non credo di avere una penna” disse. L’uomo aveva attirato l’attenzione dei passanti e adesso c’era un capannello di gente intorno a Sana. E lei, poverina, avrebbe voluto scomparire sotto terra.

Tsuyoshi prese una penna dalla tasca e gliela porse. “Fatti sotto Sana.”

Rossa come un peperone, Sana scarabocchiò velocemente la firma sul pacchetto di wurstel. “Portami via da qui” supplicò a bassa voce rivolta ad Akito.

“Subito” mormorò quest’ultimo. “D’accordo. Meglio alzare i tacchi.”

“Certo” disse Fuka. “Ci vediamo più tardi in albergo.”

Akito prese Sana per mano e la condusse via.

 

Una volta sul battello si sentirono più tranquilli. Una leggera brezza accarezzava i capelli di Sana e Akito, estasiato, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.

“Che meraviglia” sussurrò lui.

Sana annuì. “E’ vero, è bellissimo qui.”

In realtà lui non si riferiva al panorama, ma non importava. Guardò le verdi colline che si riflettevano sulla baia, poi si voltò ed osservò la bianca città che si faceva sempre più piccola, man mano che il battello prendeva il largo.

“Non mi dispiacerebbe vivere qui un giorno” disse Akito. “E’ una città così particolare.”

“Anche a me piace” concordò Sana. “In fin dei conti, penso sia molto più carina di Tokyo.”

“E l’aria è sicuramente più pulita” aggiunse Akito tirando un sospiro profondo.

Sana sorrise: “Questo è poco ma sicuro.”

Il tragitto fu abbastanza breve e, in poco meno di mezz’ora arrivarono a Sausalito. Appena scesi a terra Akito si voltò verso il battello e vide di nuovo i due ragazzi che avevano fissato Sana nel bar. Ma ora sembrava che non fossero più interessati a lei, e così si rilassò. Alla fine era riuscito a stare da solo con Sana, lontano dalla Jumbo School, e non voleva rovinare questa magica atmosfera per nessuna ragione al mondo. Girarono a lungo per le vie di Sausalito, visitando luoghi e negozi caratteristici e ammirando le case in stile vittoriano. Sana comprò dei souvenir e Akito alcune cartoline. Era un pomeriggio tranquillo e sereno ma Akito non riusciva a darsi pace. Era stato molte volte sul punto di dire qualcosa, una cosa qualsiasi che potesse convincere Sana a tornare di nuovo con lui. Ma non voleva forzarla. Già una volta aveva commesso questo errore e non voleva ripeterlo. C’era ancora tempo prima di riprendere il battello. Decisero quindi di andare a passeggio lungo il viale principale della città,la Bridgeway, una strda piena di gente e di negozi. Camminarono per un po’ ed arrivarono vicino al mare, affollato di barche, cullati dallo sciabordio delle onde.

“Che luogo incantevole!” esclamò Sana. “Dev’essere così bello vivere qui e prendere il battello per andare al lavoro.”

“Tranne quando c’è la bufera” disse Akito.

Sana si mise a ridere. Rallentarono, attratti da qualcosa di molto particolare. Videro ormeggiate non delle barche, ma delle vere e proprie case galleggianti, che comunque non avevano l’aspetto di normali battelli abitati. Avevano delle strane forme, ed erano stati realizzati con i materiali più disparati. Sana non potè trattenersi dal ridere quando li vide.

“Non sono fantastici?” chiese. “Secondo me qualcuno ci abita sul serio. Andiamo a dare un’occhiata.”

Scesero le scalette del molo e si avvicinarono a quelle strane imbarcazioni, divertendosi ad indicare quelle più colorate e più eccentriche.

“Sarebbe bello vivere qui!” esclamò Sana, con gli occhi che le brillavano di gioia.

“Non lo so” disse Akito, dando un’occhiata dubbiosa a quelle strutture incredibili. “Credo che dopo un po’ mi verrebbe il mal di mare. Sembrano così instabili!”

“A me sembrano intime e accoglienti” disse Sana “Ed anche molto romantiche. Prova ad immaginare, Akito. Siamo in inverno, fuori fa freddo e tutto è avvolto dalla nebbia. E tu te ne stai qui dentro, al calduccio.”

Akito stava per risponderle che con lei al suo fianco, ogni luogo era romantico, ma preferì tacere. Non era ancora arrivato il momento, non poteva esporsi troppo con lei. Akito dette un’occhiata intorno, e vide qualcosa che lo fece sobbalzare. Ancora i due ragazzi che avevano incontrato prima al bar, poi sul battello! Adesso stavano seduti su una casa galleggiante, a pochi centimetri da loro, e avevano ricominciato a fissare Sana. Uno dette una gomitata all’altro. Sana senza accorgersene, stava andando proprio nella loro direzione. Akito la rincorse. Ci mancava solo che le chiedessero un altro autografo. Avrebbero finito per rovinare del tutto quei momenti di sogno. Purtroppo non riuscì a bloccarla.

“Ehi!” gridò uno dei due, quello con i capelli più scuri. “Non sei la modella della Pop Pop?”

Sana doveva essersi abituata perché sorrise gentilmente e non arrossì. “Si” rispose.

“Ne ero quasi certo” disse quello, ed il suo compagno annuì.

“Se avete un pacchetto di wurstel, vi faccio un autografo” disse gentilmente Sana.

“No” rispose laconicamente il ragazzo con i capelli scuri. “Non ne ho.”

Non sembravano cordiali come gli altri ammiratori, ma forse erano solo un po’ imbarazzati dalla presenza di Sana.

“Andiamo Sana” la chiamò Akito. “E’ ora di prendere il battello.”

Sana sorrise loro ancora una volta, poi si  voltò e raggiunse Akito sulla strada. “Non vedo l’ora di incontrare gli altri e andare a cena tutti insieme. Tu no?” chiese mentre andavano verso il molo dell’imbarco.

“Ma certo” disse Akito. Non era vero. In realtà, avrebbe preferito passare la serata in uno di quei romantici ristoranti sul mare che avevano appena visto. Ma, dato il successo personale che Sana aveva riscosso quel pomeriggio, sicuramente qualcuno li avrebbe notati e avrebbe chiesto a Sana il solito autografo, mandando a farsi friggere la romantica cenetta a lume di candela. Il cavalier servente è un ruolo decisamente molto impegnativo, pensò Akito mentre saliva sul battello. Ma ti da anche molte soddisfazioni, concluse felice.

Il signor Matsui li invitò in un ristorante favoloso, ricavato da un vagone di un treno. L’interno era in mogano e ottone e delle luci basse e soffuse creavano una romantica atmosfera. Fu una serata molto divertente, ed i ragazzi non fecero complimenti davanti a quei piatti abbondanti ed originali. Arrivati al dessert, decisero di scegliere ognuno una specialità diversa, in modo da poterli assaggiare tutti quanti. Ridevano e scherzavano ancora quando ritornarono in albergo. Soltanto Tsuyoshi era di pessimo umore. Nel pomeriggio erano rientrati in hotel e avevano trovato un messaggio di Aya. “Rientrerò più tardi. Isy mi ha inviata a cena fuori”, diceva il messaggio. E da allora Tsuyoshi era caduto in una depressione profonda. Si fermò nella hall e guardò gli altri che si dirigevano verso l’ascensore. “Vado a farmi un giretto ragazzi” li avvisò. Akito gli fece un sorriso. “Aspetti il rientro di Aya?” gli chiese.

“Assolutamente no” protestò sbuffando. “Ho voglia di una cioccolata calda.”

Lo sguardo di Sana fu molto comprensivo. Gli dette un colpetto sulla spalla e disse: “Va bene Tsuyoshi. Ci vediamo domattina.”

Gli augurarono tutti la buona notte, quindi le loro strade si divisero. Tsuyoshi si diresse verso il bar di fronte. “Sbagliano di grosso se pensano che io mi piazzi qui ad aspettare Aya!” pensò irritato. “Voglio solo bere qualcosa di caldo.” Ma, guarda caso, fece in modo di sedersi ad un tavolino vicino alla vetrata che si affacciava davanti all’ingresso principale dell’hotel. Se avesse visto Aya rientrare, avrebbe sempre potuto prendere l’ascensore con lei.

Rimase per un po’ a fissare sconfortato la cioccolata bollente. Era triste e sconsolato, e per quanto si sforzasse, non riusciva a scacciare la malinconia. E non aveva tutti i torti. Quel pomeriggio si era divertito molto, ma adesso Aya era fuori con Isidore Duncan e non era ancora tornata. Fece un sospiro e assaggiò un cucchiaino di quel liquido denso e nero. Dopo un po’ finì di bere la cioccolata e ne ordinò un’altra. Respirò profondamente e si appoggiò allo schienale della sedia. Solo il bellissimo volto di Aya lo avrebbe potuto tirar su di morale. Ad un certo punto sentì una voce provenire da dietro di separè.

“Non puoi rinunciare adesso, Pete” qualcuno disse. “Ormai dobbiamo farlo.”

“Lo so, lo so” rispose un’altra voce in tono molto basso. “Ma potremmo metterci nei guai. E se ci scoprono?”

“Non ci prenderanno” disse l’altro a voce ancora più bassa. “Abbiamo progettato un piano perfetto no?”

A Tsuyoshi si drizzarono i capelli in testa. Sembrava proprio che quei due stessero complottando qualcosa di losco. Si sporse in avanti per origliare.

“Non so” disse titubante il secondo.

“Non puoi tradire la causa” rispose il primo. “Sua altezza otterrà tutto quello che vuole.”

Tsuyoshi si mise una mano sulla bocca per impedirsi di gridare. Stavano complottando qualcosa contro la regina della Lusitania!

“Hai ragione” annuì il primo. “Okay ci sto.”

“Va bene, perfetto” continuò il secondo. “Domani allora la rapiremo. Sai cosa devi fare?”

“Certo.”

Tsuyoshi se ne stava rigido ed immobile, continuando a trattenere il respiro. Doveva assolutamente scoprire il loro piano. Attese che parlassero ancora, ma ci fu solo silenzio. Forse stavano scrivendo sulle tovagliette di carta, chissà. Oppure se ne erano già andati e le avevano dimenticate sul tavolo. In quel caso non gli rimaneva che raccoglierle e correre subito alla polizia. Aspettò per un tempo che gli parve interminabile. Nulla. Alla fine, gettò per terra il fazzoletto per controllare, con la scusa di chinarsi a riprenderlo. Diede un’occhiata furtiva. I posti erano vuoti. Si accorse allora che c’era una seconda uscita dall’altra parte del bar, che conduceva direttamente sulla strada. Corse fuori, ma il marciapiede era pieno di gente ed era impossibile riconoscere quei due loschi figuri. Uno di loro poteva essere quell’uomo di mezza età dallo sguardo torvo appoggiato all’angolo. O quello col cappello sugli occhi ed il giornale sotto il braccio. Oppure quel tipo dall’aspetto poco raccomandabile che stava guardando una cartina geografica. Tsuyoshi non sapeva che fare. All’improvviso tutti gli sembravano sospetti, ma in realtà non aveva nessun indizio per poter identificare quei due mascalzoni. Tutto ciò che sapeva era che l’indomani qualcuno avrebbe rapito la regina della Lusitania, e che era compito suo sventare il piano!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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