Capitolo 6
“Hey! Ma è la principessa dei
Pop Pop Porcellini!” esclamò qualcuno.
Sana nascose il viso contro la
spalla di Akito. “Oh no! Ancora!” sbuffò.
“Accidenti Sana!” disse Akito,
intento a gustare il suo cocktail di gamberi. “Sei diventata una vera celebrità.
E’ così emozionante!”
“E’ terribile” mugugnò
Sana.
Erano seduti in un bar
all’aperto vicino al molo dei pescatori. Attirati dalle insalate di mare e dalle
altre specialità del posto, si erano fermati a fare uno spuntino. Si trovavano
nel cortile di un ex stabilimento di scatolame, uno dei tanti edifici
ristrutturati della zona del porto, trasformati in negozi e ristoranti. I
gamberi erano dolci e gustosi, il pane di segale incredibilmente fresco, e
intorno c’era una splendida vista. Sarebbe stato tutto quanto perfetto se non
fossero stati disturbati ogni cinque minuti da qualcuno che chiedeva a Sana se
era veramente lei la principessa dei Pop
Pop.
Akito notò due ragazzi,
qualche tavolo più in la, che continuavano a tenere gli occhi su Sana. Forse la
fissavano perché era molto bella, oppure volevano chiederle un salsicciotto Pop
Pop in omaggio. Decise che era venuto
comunque il momento di andarsene.
Si alzò dalla sedia. “Spero
che abbiate finito di ingozzarvi, perché ci sono ancora molte cose da
vedere.”
Takaishi prese un altro pezzo
di pane e lo intinse nella salsa di gamberi. “Ehi! Un ragazzo nel pieno dello
sviluppo come me ha bisogno di nutrirsi in abbondanza!” si lamentò scherzando.
“Ho finito comunque!”
Fuka appoggiò la mano sul suo
stomaco. “In effetti ti sei fatto più grande da quando siamo arrivati” commentò
sarcastica. “Ti eri già divorato una quantità industriale di merendine al
cioccolato e biscotti, e ti sei fatto il cocktail di gamberi, povero
piccolo!”
Takaishi mostrò i suoi muscoli
strizzandole l’occhio. “Voglio essere forte per te,
baby.”
Tsuyoshi si alzò. “Io non ho
voglia di toccare cibo, mi manca troppo Aya. Speravo che non si lasciasse
coinvolgere a questo modo dal lavoro. Dovrebbe dedicare un po’ di tempo anche
all’amore.”
Gli altri si scambiarono
un’occhiata. Nessuno se la sentiva di confessare a Tsuyoshi cosa si nascondeva
dietro quell’improvviso interesse da parte di Aya per il
lavoro.
Sana si alzò. “Qual è la
prossima meta ragazzi?”
“Che ne dite di fare un salto
da Ghirardelli? Ha un gelato strepitoso” suggerì Takaishi. “E’ giusto ad un paio
di isolati da qui.”
Fuka lo guardò contrariata.
“Pensavo avessi finito” disse.
“Ehi! Non ho ancora mangiato
il dessert!” esclamò Takaishi.
“Anche a me andrebbe” concordò
Tsuyoshi.
“Io sono sazia” disse Sana
titubante. “E poi, se andiamo a prendere anche il dolce, non faremo mai in tempo
ad andare e tornare da Sausalito.”
“Possiamo andare a Sausalito
un altro giorno” disse Fuka.
Sana annuì, ma non sembrava
troppo convinta. Akito venne folgorato da un’ispirazione. “Io non ce la farei a
mandar giù anche il gelato, Tsuyoshi” disse. “Perché non andate voi da
Ghirardelli? Io e Sana prendiamo il battello per Sausalito e ci possiamo
incontrare in albergo ad una certa ora.”
“Sarebbe meglio se rimanessimo
tutti in gruppo” intervenne Takaishi, ma Fuka gli diede un’occhiataccia. “Ma non
vedo perché non possiamo dividerci per un pò” rettificò
subito.
“Certo” disse Sana.
“Sinceramente preferirei andarci oggi a
Sausalito.”
Proprio in quel momento, sbucò
da dietro l’angolo un tipo con una busta della spesa. “Oh mio Dio” disse
indicando Sana. “Ma è…è…la principessa dei Pop Pop Porcellini!” Si piegò e
cominciò a cercare nella busta. “Posso avere un autografo?” chiese, tirando
fuori una confezione di wurstel.
Sana diventò tutta rossa. “Non
credo di avere una penna” disse. L’uomo aveva attirato l’attenzione dei passanti
e adesso c’era un capannello di gente intorno a Sana. E lei, poverina, avrebbe
voluto scomparire sotto terra.
Tsuyoshi prese una penna dalla
tasca e gliela porse. “Fatti sotto Sana.”
Rossa come un peperone, Sana
scarabocchiò velocemente la firma sul pacchetto di wurstel. “Portami via da qui”
supplicò a bassa voce rivolta ad Akito.
“Subito” mormorò quest’ultimo.
“D’accordo. Meglio alzare i tacchi.”
“Certo” disse Fuka. “Ci
vediamo più tardi in albergo.”
Akito prese Sana per mano e la
condusse via.
Una volta sul battello si
sentirono più tranquilli. Una leggera brezza accarezzava i capelli di Sana e
Akito, estasiato, non riusciva a toglierle gli occhi di
dosso.
“Che meraviglia” sussurrò
lui.
Sana annuì. “E’ vero, è
bellissimo qui.”
In realtà lui non si riferiva
al panorama, ma non importava. Guardò le verdi colline che si riflettevano sulla
baia, poi si voltò ed osservò la bianca città che si faceva sempre più piccola,
man mano che il battello prendeva il largo.
“Non mi dispiacerebbe vivere
qui un giorno” disse Akito. “E’ una città così
particolare.”
“Anche a me piace” concordò
Sana. “In fin dei conti, penso sia molto più carina di
Tokyo.”
“E l’aria è sicuramente più
pulita” aggiunse Akito tirando un sospiro
profondo.
Sana sorrise: “Questo è poco
ma sicuro.”
Il tragitto fu abbastanza breve
e, in poco meno di mezz’ora arrivarono a Sausalito. Appena scesi a terra Akito
si voltò verso il battello e vide di nuovo i due ragazzi che avevano fissato
Sana nel bar. Ma ora sembrava che non fossero più interessati a lei, e così si
rilassò. Alla fine era riuscito a stare da solo con Sana, lontano dalla Jumbo
School, e non voleva rovinare questa magica atmosfera per nessuna ragione al
mondo. Girarono a lungo per le vie di Sausalito, visitando luoghi e negozi
caratteristici e ammirando le case in stile vittoriano. Sana comprò dei souvenir
e Akito alcune cartoline. Era un pomeriggio tranquillo e sereno ma Akito non
riusciva a darsi pace. Era stato molte volte sul punto di dire qualcosa, una
cosa qualsiasi che potesse convincere Sana a tornare di nuovo con lui. Ma non
voleva forzarla. Già una volta aveva commesso questo errore e non voleva
ripeterlo. C’era ancora tempo prima di riprendere il battello. Decisero quindi
di andare a passeggio lungo il viale principale della città,
“Che luogo incantevole!”
esclamò Sana. “Dev’essere così bello vivere qui e prendere il battello per
andare al lavoro.”
“Tranne quando c’è la bufera”
disse Akito.
Sana si mise a ridere.
Rallentarono, attratti da qualcosa di molto particolare. Videro ormeggiate non
delle barche, ma delle vere e proprie case galleggianti, che comunque non
avevano l’aspetto di normali battelli abitati. Avevano delle strane forme, ed
erano stati realizzati con i materiali più disparati. Sana non potè trattenersi
dal ridere quando li vide.
“Non sono fantastici?” chiese.
“Secondo me qualcuno ci abita sul serio. Andiamo a dare
un’occhiata.”
Scesero le scalette del molo e
si avvicinarono a quelle strane imbarcazioni, divertendosi ad indicare quelle
più colorate e più eccentriche.
“Sarebbe bello vivere qui!”
esclamò Sana, con gli occhi che le brillavano di
gioia.
“Non lo so” disse Akito, dando
un’occhiata dubbiosa a quelle strutture incredibili. “Credo che dopo un po’ mi
verrebbe il mal di mare. Sembrano così
instabili!”
“A me sembrano intime e
accoglienti” disse Sana “Ed anche molto romantiche. Prova ad immaginare, Akito.
Siamo in inverno, fuori fa freddo e tutto è avvolto dalla nebbia. E tu te ne
stai qui dentro, al calduccio.”
Akito stava per risponderle
che con lei al suo fianco, ogni luogo era romantico, ma preferì tacere. Non era
ancora arrivato il momento, non poteva esporsi troppo con lei. Akito dette
un’occhiata intorno, e vide qualcosa che lo fece sobbalzare. Ancora i due
ragazzi che avevano incontrato prima al bar, poi sul battello! Adesso stavano
seduti su una casa galleggiante, a pochi centimetri da loro, e avevano
ricominciato a fissare Sana. Uno dette una gomitata all’altro. Sana senza
accorgersene, stava andando proprio nella loro direzione. Akito la rincorse. Ci
mancava solo che le chiedessero un altro autografo. Avrebbero finito per
rovinare del tutto quei momenti di sogno. Purtroppo non riuscì a bloccarla.
“Ehi!” gridò uno dei due,
quello con i capelli più scuri. “Non sei la modella della Pop
Pop?”
Sana doveva essersi abituata
perché sorrise gentilmente e non arrossì. “Si”
rispose.
“Ne ero quasi certo” disse
quello, ed il suo compagno annuì.
“Se avete un pacchetto di
wurstel, vi faccio un autografo” disse gentilmente
Sana.
“No” rispose laconicamente il
ragazzo con i capelli scuri. “Non ne ho.”
Non sembravano cordiali come
gli altri ammiratori, ma forse erano solo un po’ imbarazzati dalla presenza di
Sana.
“Andiamo Sana” la chiamò
Akito. “E’ ora di prendere il battello.”
Sana sorrise loro ancora una
volta, poi si voltò e raggiunse
Akito sulla strada. “Non vedo l’ora di incontrare gli altri e andare a cena
tutti insieme. Tu no?” chiese mentre andavano verso il molo
dell’imbarco.
“Ma certo” disse Akito. Non
era vero. In realtà, avrebbe preferito passare la serata in uno di quei
romantici ristoranti sul mare che avevano appena visto. Ma, dato il successo
personale che Sana aveva riscosso quel pomeriggio, sicuramente qualcuno li
avrebbe notati e avrebbe chiesto a Sana il solito autografo, mandando a farsi
friggere la romantica cenetta a lume di candela. Il cavalier servente è un ruolo
decisamente molto impegnativo, pensò Akito mentre saliva sul battello. Ma ti da
anche molte soddisfazioni, concluse felice.
Il signor Matsui li invitò in
un ristorante favoloso, ricavato da un vagone di un treno. L’interno era in
mogano e ottone e delle luci basse e soffuse creavano una romantica atmosfera.
Fu una serata molto divertente, ed i ragazzi non fecero complimenti davanti a
quei piatti abbondanti ed originali. Arrivati al dessert, decisero di scegliere
ognuno una specialità diversa, in modo da poterli assaggiare tutti quanti.
Ridevano e scherzavano ancora quando ritornarono in albergo. Soltanto Tsuyoshi
era di pessimo umore. Nel pomeriggio erano rientrati in hotel e avevano trovato
un messaggio di Aya. “Rientrerò più tardi. Isy mi ha inviata a cena fuori”,
diceva il messaggio. E da allora Tsuyoshi era caduto in una depressione
profonda. Si fermò nella hall e guardò gli altri che si dirigevano verso
l’ascensore. “Vado a farmi un giretto ragazzi” li avvisò. Akito gli fece un
sorriso. “Aspetti il rientro di Aya?” gli
chiese.
“Assolutamente no” protestò
sbuffando. “Ho voglia di una cioccolata
calda.”
Lo sguardo di Sana fu molto
comprensivo. Gli dette un colpetto sulla spalla e disse: “Va bene Tsuyoshi. Ci
vediamo domattina.”
Gli augurarono tutti la buona
notte, quindi le loro strade si divisero. Tsuyoshi si diresse verso il bar di
fronte. “Sbagliano di grosso se pensano che io mi piazzi qui ad aspettare Aya!”
pensò irritato. “Voglio solo bere qualcosa di caldo.” Ma, guarda caso, fece in
modo di sedersi ad un tavolino vicino alla vetrata che si affacciava davanti
all’ingresso principale dell’hotel. Se avesse visto Aya rientrare, avrebbe
sempre potuto prendere l’ascensore con lei.
Rimase per un po’ a fissare
sconfortato la cioccolata bollente. Era triste e sconsolato, e per quanto si
sforzasse, non riusciva a scacciare la malinconia. E non aveva tutti i torti.
Quel pomeriggio si era divertito molto, ma adesso Aya era fuori con Isidore
Duncan e non era ancora tornata. Fece un sospiro e assaggiò un cucchiaino di
quel liquido denso e nero. Dopo un po’ finì di bere la cioccolata e ne ordinò
un’altra. Respirò profondamente e si appoggiò allo schienale della sedia. Solo
il bellissimo volto di Aya lo avrebbe potuto tirar su di morale. Ad un certo
punto sentì una voce provenire da dietro di
separè.
“Non puoi rinunciare adesso,
Pete” qualcuno disse. “Ormai dobbiamo
farlo.”
“Lo so, lo so” rispose
un’altra voce in tono molto basso. “Ma potremmo metterci nei guai. E se ci
scoprono?”
“Non ci prenderanno” disse
l’altro a voce ancora più bassa. “Abbiamo progettato un piano perfetto
no?”
A Tsuyoshi si drizzarono i
capelli in testa. Sembrava proprio che quei due stessero complottando qualcosa
di losco. Si sporse in avanti per
origliare.
“Non so” disse titubante il
secondo.
“Non puoi tradire la causa”
rispose il primo. “Sua altezza otterrà tutto quello che
vuole.”
Tsuyoshi si mise una mano
sulla bocca per impedirsi di gridare. Stavano complottando qualcosa contro la
regina della Lusitania!
“Hai ragione” annuì il primo.
“Okay ci sto.”
“Va bene, perfetto” continuò
il secondo. “Domani allora la rapiremo. Sai cosa devi
fare?”
“Certo.”
Tsuyoshi se ne stava rigido ed
immobile, continuando a trattenere il respiro. Doveva assolutamente scoprire il
loro piano. Attese che parlassero ancora, ma ci fu solo silenzio. Forse stavano
scrivendo sulle tovagliette di carta, chissà. Oppure se ne erano già andati e le
avevano dimenticate sul tavolo. In quel caso non gli rimaneva che raccoglierle e
correre subito alla polizia. Aspettò per un tempo che gli parve interminabile.
Nulla. Alla fine, gettò per terra il fazzoletto per controllare, con la scusa di
chinarsi a riprenderlo. Diede un’occhiata furtiva. I posti erano vuoti. Si
accorse allora che c’era una seconda uscita dall’altra parte del bar, che
conduceva direttamente sulla strada. Corse fuori, ma il marciapiede era pieno di
gente ed era impossibile riconoscere quei due loschi figuri. Uno di loro poteva
essere quell’uomo di mezza età dallo sguardo torvo appoggiato all’angolo. O
quello col cappello sugli occhi ed il giornale sotto il braccio. Oppure quel
tipo dall’aspetto poco raccomandabile che stava guardando una cartina
geografica. Tsuyoshi non sapeva che fare. All’improvviso tutti gli sembravano
sospetti, ma in realtà non aveva nessun indizio per poter identificare quei due
mascalzoni. Tutto ciò che sapeva era che l’indomani qualcuno avrebbe rapito la
regina della Lusitania, e che era compito suo sventare il
piano!
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