Arrivati al TARDIS, il Dottore fece
entrare tutti quanti e
chiuse la porta.
“Sarà una lunga
notte.” disse “Conviene mangiare qualcosa e
riposare un po’.”
“Ma… quanto
è grande questo posto?” chiese Astrid, sorpresa;
lei non aveva ancora visto l’interno della cabina del Dottore.
“Abbastanza. Se volete, la
cucina è da quella parte, accanto
al guardaroba.” indicò “E ci sono alcune
camere da letto dopo la piscina, sulla
sinistra.”
Gli altri lo fissarono sconcertati
per qualche secondo, ma
alla fine si dispersero nei vari ambienti.
Era notte fonda. Peter non riusciva a
chiudere occhio, troppi
pensieri affollavano la sua mente. Decise di alzarsi dal letto e di
andare
nella cucina di quello strano posto a prendere da mangiare.
Entrò nella cucina, ma si
bloccò sulla porta: il Capitano
Harkness stava mettendo il bollitore del tè sul fuoco. Nulla
di strano, se non
fosse che Jack indossava soltanto un paio di boxer con dei disegni di
orsetti
sorridenti.
Peter si passò una mano
sul viso, sospirando.
“E io che pensavo di aver
visto tutto con Walter…” sussurrò.
Jack alzò gli occhi e gli
sorrise, amichevole.
“Ehilà! Come mai
qui? Non riesci a dormire, dolcezza?”
Peter sospirò di nuovo.
Quel tizio era anche peggio di suo
padre.
“Dovresti
coprirti.” disse, aprendo la dispensa per cercare
qualcosa da mettere sotto i denti. “Ci sono delle donne in
questa cabina.”
“Oh,
beh…” commentò Jack “la
vostra amica, Astrid, è passata
poco fa, e mi è sembrato che avesse gradito il panorama,
dall’espressione che
ha fatto. Quanto a Henrietta… beh, lei l’ho
cresciuta io, ci è abituata. Ti va
una tazza di tè? L’ho appena fatto.”
Lo sguardo di Peter si
rabbuiò, ricordandosi improvvisamente
che sua figlia aveva passato gli ultimi venti anni lontana dalla sua
famiglia,
cresciuta da quell’uomo. Nonostante fosse grato a quello
sconosciuto per averla
protetta, non poteva non pensare che non aveva potuto assistere alle
tappe più
importanti della crescita della sua bambina. Jack notò
quello sguardo e gli
mise davanti una tazza di tè fumante.
“Le mancavate molto, tu e
sua madre.” disse.
“E’ stata una
decisione sofferta… ci siamo separati a New
York. Etta e Olivia sono dovute scappare, mentre noi attivavamo il
Protocollo
Ambra su noi stessi.” spiegò Peter, tenendo gli
occhi fissi sulla tazza.
“Tu e Olivia
l’avete protetta.” lo rassicurò il
Capitano “L’hanno
fatto anche Rose, John e i tuoi amici Lincoln e la Rossa. Io ho solo
continuato
l’opera. Siete delle persone speciali, oltre che i suoi
genitori, e lei lo sa
bene.”
“Non
c’è nulla di speciale in me.”
obiettò Bishop.
Cosa c’è di male
nell’esserlo? Voi siete una leggenda nella
Resistenza Nativa, e anche se non lo ammetteranno mai, gli Osservatori
vi
temono. Questo vi rende speciali.” disse Jack.
“Io non ho nulla di
speciale.” ripetè l’altro.
Il Capitano rise e
sorseggiò la sua tazza di tè.
“Adesso capisco da chi ha
preso la sua cocciutaggine, la
piccoletta. Amico, se c’è qualcuno che sa
riconoscere persone speciali, quando
le vede, quello sono io.” Peter lo guardò
interrogativo, così Jack si affrettò
a spiegarsi “Peter, il Dottore, anni fa, mi ha soprannominato
‘l’uomo
impossibile’. E c’è un motivo se
l’ha fatto: io sono gay, sono un soldato, sono
nato nel futuro e non posso morire. Io questo lo chiamo essere
speciali, e l’ho
insegnato a tua figlia.”
L’uomo lo fissò
per qualche secondo, prima di parlare di
nuovo.
“Sei nato nel
futuro?” domandò. Jack annuì.
“51°
secolo.” spiegò “Sono nato in uno dei
tanti pianeti che
un giorno verranno colonizzati dagli umani. Ma ora vivo qui, la Terra
è la mia
casa. Anche se dopo la morte dei miei amici non avevo più
uno scopo per vivere,
sono andato avanti. Quando Henrietta è entrata nella mia
vita ho ripreso a
vivere davvero, avevo trovato di nuovo un motivo per continuare, senza
contare
che alcuni suoi atteggiamenti mi ricordavano il Dottore, e questo per
me è
stato un ulteriore incoraggiamento. Mi ha mantenuto viva un
po’ di speranza,
dentro di me.” restò per qualche minuto in
silenzio, raccolto nei suoi
pensieri, poi tornò a parlare “Conosco il Dottore
da decenni, ma non mi aveva
mai detto che aveva una famiglia, qui sulla Terra.”
“Non era
un’informazione che fosse necessario farti sapere,
Capitano.” disse il Dottore, alle loro spalle, prendendo dal
frigo un
pasticcino alla banana.
“Ma
c’è qualcuno che dorme ancora, qui
dentro?” chiese
Peter, fissando l’alieno.
“Oh,
sì.” Confermò il Dottore, sorridendo
“Tuo padre ronfa
come una motosega da almeno due ore, mentre Etta dorme come un angelo.
Mi ricorda
sua madre quando era bambina.”
“Sua madre?”
chiese Jack “Conoscevi Olivia da bambina?”
“Certo, Jack. Ero presente
quando è stata concepita.”
rispose l’altro, mangiando il suo dolce.
“Concepita? Dottore, avrei
potuto dire tutto di te, ma non
che fossi un guardone!” esclamò Harkness.
“Non è un
guardone, Jack.” lo zittì Peter
“E’ mio suocero.”
“Che… che
cosa?” balbettò Jack.
Il Dottore si avvicinò,
fermandosi di fronte a Peter e
guardandolo negli occhi, e alla fine sorrise orgoglioso.
“Quando lo hai capito,
ragazzo?” domandò.
“Avevo qualche sospetto
già quando sei arrivato al
nascondiglio nella metropolitana. La conferma l’ho avuta
quando hai aggredito
Walter, dopo che hai saputo degli esperimenti col
Cortexiphan.” spiegò Bishop.
Il Dottore sorrise di nuovo e gli
diede una pacca sulla
spalla.
“Sei davvero intelligente,
Peter. Sono contento che Olivia
si sia legata a te.” si complimentò, poi
guardò Jack “Jack, tu sei quello che,
al momento, conosce meglio i posti dove si sono fatti ambrare Olivia e
gli
altri. Per poterli liberare dobbiamo cominciare da quello meno
sorvegliato.”
“Mh…”
ci pensò su il Capitano “Harvard è la
più sorvegliata.
Escluderei anche New York, si aspettano che qualcuno vada a liberare
Simon. Direi
che la villa al Lago Reiden, dove ci sono Rose e gli altri, sia la meno
pericolosa.”
“Bene. Allora appena siamo
tutti svegli andiamo al Lago
Reiden. Ce l’hai ancora il dispositivo di teletrasporto
miniaturizzato? Perché con
il TARDIS momentaneamente fuori uso dovremo usare mezzi
alternativi.” ordinò il
Signore del Tempo.
Jack annuì, sorridendo
orgoglioso.