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Autore: Tactolien    08/09/2012    3 recensioni
Cosa succederebbe se due individui di un altro mondo piombassero nel Mondo Emerso?
Dopo "Il Potere Perduto" ecco un piccolo esperimento che mi frullava in testa già da un pò, con una storia che unisce i personaggi di Licia Troisi, con quelli di una mia storia originale. Spero che vi piaccia.
Per saperne di più... Cronache di Grimoire. Storie Originali Fantasy
Genere: Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Terra del Vento, non molto lontano da Salazar.
Accampamento di Dola

 

 

 

 

 

 

 

Fu una serata di festa e follia quella, dove nessuno ne veniva escluso.

Falò altissimi che arrostivano capre e cinghiali, mentre alcuni soldati ubriachi vi ballavano intorno, sbraitando frasi senza senso.

Tutti, tra fanti, scudieri e semplici attendenti, si perdevano a ridere sguaiati nel raccontarsi di come avessero vinto quell’ennesima battaglia, e di quanti tra guerrieri e prigionieri avessero ucciso solo quel giorno.

Persino i Fammin sembravano divertirsi nel contendersi un grosso tocco di carne, che fino a poche ore fa era stato un uomo.

L’esercito del Tiranno l’aveva spuntata di nuovo. Un altro pezzo di Terra del Vento entrato in suo possesso.

- Tutto merito del nostro grande condottiero!- urlò entusiasta un uomo dalla barba fradicia di birra - Beviamo in onore del grande Dola!-

- Sì!! A Dola!!- esplosero gli altri all’unisono, tracannando i loro boccali tutto d’un fiato.

 

 
 

All’interno della sua capanna di legno nero, il poderoso gnomo dal fisico forgiato dalla magia proibita, non riuscì a trattenere un ghigno compiaciuto.

- Devo restare concentrato- si disse poi, riportando lo sguardo sulla cartina del Mondo Emerso, per studiare la loro prossima mossa.

Ma fu più forte di lui: adorava la folla acclamante che inneggiava il suo nome.

Si versò del vino in una raffinata coppa d’argento, e brindò a se stesso, senza però partecipare attivamente alla festa.

Fu quasi per caso che suoi occhi caddero sul grande specchio che aveva fatto mettere proprio al centro della struttura.

Vi si piazzò davanti, restando a petto nudo, vestito solo di un paio di pantaloni larghi e sformati.

Era diventato quasi una sorta rito per lui, contemplare il proprio corpo come fosse un’opera d’arte.

"Perché in un certo senso è quello che è" sorrise.

Il Tiranno aveva fatto proprio un ottimo lavoro, non c’era che dire. Fin dal primo giorno in cui si erano incontrati: aveva fatto di lui un vero guerriero, temuto e potente.

Non rimpiangeva affatto i tempi in cui era il gracile gnomo che si ammalava facilmente.

Bevve una lunga sorsata di vino.

Sì. La sua gloria sembrava davvero arrivata al culmine, non aveva dubbi di essere il guerriero più forte del mondo.

L’unico che poteva tenergli testa era quell’individuo dall’armatura scarlatta, Deinoforo.

Ma di questo non se ne preoccupava.

"In fondo, tra noi due… solo io ho avuto l’onore di vedere in faccia il Tiranno".

E questo valeva già tanto.

 

 
 

Degli strani rumori attiratono la sua attenzione, fuori dalla tenda.

E stavolta non avevano niente a che fare con i festeggiamenti di prima.

- Che diavolo…?!- uscì, non appena udì il suo drago, ringhiare nervosamente.

- Ehi! Ferma, stupida bestiaccia!- inveì qualcuno, cercando di trattenere il proprio cavallo per la cavezza, mentre quello s’impennava e nitriva come un pazzo.

Dola sollevò lo sguardo verso il cielo illuminato dalla luna.

Gli altri non se n’erano accorti, ma parecchi stormi d’uccelli del boschetto davanti a loro, sembravano fuggire via tutto d’un tratto.

- E’ molto strano, mio Signore- gli si avvicinò un uomo, inchinandosi rispettosamente - Sembrano spaventati da qualcosa-

- Questo lo vedo anch’io, Roland- lo ribeccò lo gnomo, avanzando a grandi falcate.

Quel Roland. Non lo sopportava. Un piccolo Generale di bassa lega, che era stato inviato nel suo campo neanche una settimana prima.

Un vero esempio di incapacità. Dola ancora non riusciva a capire cosa lo trattenva dal passarlo a fil di la spada proprio lì, davanti a tutti.

I cani abbaiarono. Da prima digrignando le zanne, poi sempre più lentamente fino a indietreggiare, e ritirarsi nelle tende dei padroni, mugolando impauriti.

- Questo non è naturale!- esclamò un soldato, perdendo la presa sul suo cavallo imbizzarrito.

- Eccelleza!-.

Tutti si voltarono.

Qualcuno indicava verso margini dell’accampamento.

Una figura sconosciuta s’intravedeva, appena illuminata dalla luce del falò.

Avanzò di pochi passi, guardandosi intorno e tirando su col naso, come se stesse fiutando l’aria.

Appena lo videro bene… alcuni uomini mormorarono perplessi.

Tranne Dola, che rimase in silenzio ad osservarlo meglio.

C’era qualcosa che non andava in tutta quella storia.

Era solo un ragazzo che non poteva avere più di vent’anni. Vestito completamente di nero, con uno strano stemma rosso sul pettorale della casacca.

Di bell’aspetto, con spalle larghe, corporatura robusta, e cortissimi capelli corvini: le donne avrebbero gradito.

Sulla guancia… tre cicatrici parallele, come d’artiglio.

Doveva essere una sorta di guerriero, a giudicare dagli spallacci metallici, più i bracciali ai polsi, e i gambali agli stinchi.

Per non parlare della cintura sulla quale erano fissati due pugnali identici.

Ma le orecchie a punta, le unghie nere alle dita, e gli occhi di un colore che Dola non seppe cogliere da quella distanza, testimoniavano un’origine decisamente non umana.

Chi diavolo era quello?!.

Di sicuro non era uno gnomo. E non poteva essere neppure un mezzosangue di ninfa.

"Chiunque sia ha a che fare con tutto questo macello" pensò il condottiero, stringendo convulsamente la mano sull’elsa della spada.

Intorno lui… i Fammin sembravano rabbrividire.

- Lei è qui?- chiese all’improvviso lo straniero. L’aria seria e quasi minacciosa.

Continuando a tirare su col naso, poco a poco i suoi strani occhi si piantarono su Roland.

- Tu…-

- Che!?- sbottò quello, colto alla sprovvista.

- Lo conosci?- chiese Dola, dopo essersi rivestito di una sua vecchia armatura, presa a caso.

- Non l’ho mai visto in vita mia!-.

Lo gnomo fece per mettersi l’elmo, ma poi cambiò idea. Probabilmente non ne avrebbe avuto bisogno, e tra poco sarebbe tornato nella sua capanna.

In fondo era solo un "ragazzino".

Non poteva essere una nuova creatura del Tiranno. Nessuno gli aveva detto niente, e poi sapeva che lui era troppo occupato ad elaborare il grande incantesimo per la fine della guerra, per dedicarsi ad altri esperimenti.

No. Semplicemente lo avrebbe catturato vivo, e lo avrebbe torturato fino a farsi dire chi era, e cosa ci faceva lì.

Aveva violato il suo accampamento, perciò non ci sarebbe andato leggero.

- Occupatevene voi- sbuffò semplicemente, facendo per voltarsi.

Il primo ad andargli addosso fu un Fammin.

Non ebbe neanche il tempo di spaventare l’intruso con un grugnito, che quello l’aveva già sgozzato, scattando con gli artigli.

Stramazzò a terra senza un lamento.

I suoi simili non la presero bene.

Ignorando l’ordine di catturarlo vivo, si avventarono su di lui armati d’ascia e mazza ferrata.

A loro si unirono anche parecchi uomini non poco ubriachi, che a malapena si reggevano in piedi, attirati dalla baraonda.

Facendo sfoggio di un’inaspettata velocità nei movimenti, il ragazzo dagli strani occhi volteggiò tra loro, anche con salti innaturalmente alti, colpendoli con calci, pugni, e talvolta artigli per costringerli a rimanere a terra.

Solo pochi si accorsero che non aveva ancora ucciso nessuno, nonostante potesse. Si limitava a ferirli procurando loro profondi solchi sanguinolenti, ma non mortali, costringendoli a terra, o addirittura alla perdita dei sensi.

Solo con i Fammin usava una violenza e una ferocia con gli uomini non aveva.

Forse non gli piacevano quei mostri?.

- Tks…- sputò Dola, più seccato dall’incapacità dei suoi soldati, che dal fatto di perderne alcuni.

Che razza di idioti erano quelli che si facevano battere così, da un sol uomo?!.

Si voltò, dirigendosi verso la capanna accanto alla sua, dove il suo drago nero grugniva nervoso.

Sorrise. Aveva proprio voglia di fare un po’ di scena.

 

 
 

L’ennesimo soldato puzzolente di alcol gli si gettò addosso, menando la spada e destra e a manca, senza neanche sapere dove colpire.

Al Lupo bastò un diretto destro ben assestato proprio centro della faccia, che subito rotolò a terra tramortito.

Poi fu la volta di uno gnomo armato di ascia bipenne, seguito da un Fammin che lo prese alle spalle.

Grr… ringhiò l’essere misterioso, mettendo appena in mostra le zanne appuntite.

Non ebbe neanche bisogno di usare i pugnali.

Un calcio in pieno stomaco per la bestia dal pelo rissiccio, e una menata con gli artigli al braccio dello gnomo.

Sfortunatamente, quell’ultimo fu talmente forte che le unghie nere del demonio finirono col tranciare di netto l’arto del soldato dal gomito in giù.

- AAGR!!!- urlò quello, fermandosi a guardare l’avambraccio che penzolava da quell’unico lembo di pelle che ancora lo tratteneva.

"Dannazione!" imprecò l’altro, vagamente dispiaciuto, per poi scattare di lato, sfuggendo a una spaventosa fiammata, che travolse almeno una decina di uomini.

- Ma cosa…?!- sgranò gli occhi, non poco infastidito.

Un ruggito assordante gli riempì le orecchie, accompagnato da una risata sguaiata e crudele.

Un gigantesco drago nero gli si parò davanti, spiegando le immense ali membranose.

Sulla groppa, Dola.

Appena il tempo di rimettere le zampe a terra, che la creatura vomitò fuoco dalla bocca.

- Sei finito, ragazzino!- rise ancora lo gnomo, senza curarsi di colpire i suoi stessi soldati.

Perché mai doveva preoccuparsi? In fin dei conti erano quasi tutti Fammin, il Tiranno non avrebbe avuto difficoltà a rimpiazzarli.

In altre occasioni il Lupo si sarebbe limitato a ridere in faccia all’avversario, e ad attraversare il fuoco senza neanche scottarsi, ma qualcosa in quel drago lo costrinse a scansarsi più volte.

"C’è qualcosa che non va in quella bestiaccia" digrignò le zanne lui, correndo in cerchio, cercando un modo per arrivare a Dola.

Aveva percepito quella strana vibrazione anche nelle creature chiamate Fammin, ma in quell’animale sembrava molto più marcata e pericolosa.

"Ma certo!" capì poi "Questo mostro è infestato dalla magia".

E se non percepiva male… anche il suo Cavaliere lo era.

Ma qualunque cosa fosse, non poteva certo permettergli di colpirlo.

Il drago spalancò nuovamente le fauci, sputando vampate rosse ancor più violente di prima.

- No! Sommo Dola!- gridarono in molti, poco prima di essere inceneriti.

Ma quello non se ne curò, troppo preso com’era ad aizzare la bestia contro l’individuo misterioso, che continuava a saltare, e a schizzare via come una lepre.

Infine… fu esattamente dieci secondi dopo, che quello si fermò… voltandosi direttamente a guardare l’avversario.

Solo un piccolo ringhio furioso uscì dalla sua gola, quando la fiammata lo investì in pieno.

Una volta scesa la calma, tra i gemiti degli uomini feriti e il crepitio del legno ardente, Dola scoppiò a ridere, esultando come un forsennato.

Gli occhi folli, incuranti di tutti i soldati che aveva bruciato.

Sì! Ce l’aveva fatta! Un’altra vittoria a suo carico!.

-Ah! Ah! Ah! Hai visto, moccioso! Te la sei cercata! Nessuno può battermi! Nessuno si mette contro il Tiranno, o contro di me!!-.

Fu un attimo.

Lo gnomo non ebbe neppure il tempo di rendersene conto.

Una sagoma nera, uscita dalle ombre di quell’inferno, scattò fulminea verso l’alto, puntando dritto dritto al drago nero, che sembrava storcere gli occhi perplesso.

- Cosa?!- esclamò il Cavaliere, tirando a sé le redini.

Com’era possibile? Nessuno sarebbe mai uscito vivo da quel rogo: il ragazzo dalle orecchie a punta, circondato da un alone di energia che sembrava proteggerlo dalle fiamme. Magia, forse?.

- Ora basta…- disse quello, ancora sospeso in aria, appena sopra la testa dell’animale - Fai troppo chiasso per i miei gusti-.

E conficcò gli artigli proprio alla base del cranio squamoso.

La testa del drago volò via, strappata dal resto del corpo senza nessuna difficoltà.

Rotolò al suolo con un tonfo sordo. Gli occhi sbarrati, e la bocca aperta in un grido muto.

- NOO!!!- urlò lo gnomo, mentre il tutto ricadeva a terra, dimenando ali e zampe in movimenti riflessi, rischiando pure di schiacciarlo col suo peso.

- Non è possibile!- urlarono i soldati rimasti vivi.

- Sommo Dola!!-

- Guardate, è ancora vivo!- fece qualcun altro, indicando il Cavaliere che sgusciava via a carponi, da sotto il ventre della bestia.

Si tolse il colletto metallico dell’armatura per respirare meglio.

Si voltò a occhi sgranati.

Non poteva crederci.

Quel drago era stato suo per quasi quarant’anni.

Un dono del Tiranno in persona, quando lui era ancora giovane. Ridotto in quello stato.

Strinse i pugni, affondando le dita nella terra, rivolgendo lo sguardo furente verso l’essere che aveva osato tanto.

 

 
 

Il Lupo sembrò dimenticarsi di Dola appena un paio di minuti dopo, dato che ora pareva alquanto impegnato a camminare in mezzo alle rovine di una tenda semidistrutta, come se stesse cercando qualcosa.

O qualcuno.

Si fermò di colpo… e affondò il braccio in una tela bruciacchiata.

- Agrh!!- urlò la voce di un uomo, mentre veniva trasciato fuori.

- Ti prego! Ti prego non uccidermi!-.

- No, se rispondi alle mie domande- disse il ragazzo dalle orecchie a punta, sollevando Roland di peso per il bavero della giubba di cuoio.

- Voglio sapere dov’è la ragazza-

- Quale ragazza?!-

- Non mentirmi, non ti conviene, non sono dell’umore adatto per queste cose- ringhiò, scuotendolo appena a mezz’aria - Dov’è Kina?! La Maga arrivata prima di me! Hai addosso il suo odore, quindi l’hai vista anche da molto vicino-.

Rolan rimase letteralmente a bocca aperta.

Sì, ricordava. La ragazzina che avevano trovato la settimana scorsa, e che era scappata dal suo accampamento.

Lo guardò con paura.

Non era possibile.

Non riusciva a credere che quella piccola sciocca avesse detto la verità riguardo alle sue origini.

"Dunque costui potrebbe essere…".

- Allora!? Sto aspettando!!- esortò l’altro, sollevandolo sempre più in alto.

- Non lo so!- strillò infine il soldato, spaventato a morte - Non so dove sia! L’ho tenuta prigioniera per un po’, ma poi è scappata-

- Mi prendi in giro!? Devo ritrovarla ad ogni costo-

- No, sulla mia testa lo giuro! Te lo giuro!-.

Il Lupo rimase a guardarlo ancora qualche attimo, poi semplicemente lo lasciò andare facendolo ricadere a terra senza alcun riguardo.

Roland strisciò via sul terreno come un verme, tornando a nascondersi tra le macerie di una capanna di legno. Faceva solo pena.

Fu l’istinto ad avvertirlo.

Scattando fulmineo, lo straniero si mosse a sguainare uno dei suoi pugnali.

Si voltò a sollevare l’arma giusto in tempo per parare quella dell’avversario.

Dola ripartiva all’attacco.

Stavolta, per uno slancio maggiore, e per una questione d’altezza in quanto gnomo, aveva optato per una rincorsa, per poi saltare su una botte di viveri, e avventarsi sul ragazzo con un fendente dall’alto. La sua forza e il suo peso avrebbero fatto il resto.

Clang…!

Il pugnale d’osso provocò alcune scintille a contatto con la spada di Dola, ma non si spezzo.

"Com’è possibile!!?" sgranò gli occhi quello, icredulo.

Lui era il guerriero più potente del Tiranno, e un colpo del genere avrebbe mandato in frantumi perfino un’armatura di cristallo nero.

I due si guardarono negli occhi.

A quella distanza così ravvicinata, il Cavaliere potè finalmente vederli bene.

Del tutto innaturali perfino per il Mondo Emerso, nonostante la sua vasta etnia di uomini, gnomi, ninfe e Fammin: iridi di un giall’oro brillante, come non se ne vedevano da nessuna parte, e sclere completamente nere che facevano uno strano contrasto.

L’essere li strinse fino a ridurli a due fessure non troppo cordiali.

A quella vista… perfino il possente gnomo provò una sgradevole sensazione, che riconobbe come paura.

Accadde tutto nel giro di pochi secondi. Il Lupo non dovette neanche sforzarsi per respingere all’indietro l’aggressore.

Dola rotolò violentemente a terra per svariati metri.

Quando si fermò… perdeva sangue dal naso.

Intorno a lui, il silenzio sbigottito degli spettatori.

- Ha superato la potenza di Dola… facendo forza solo su un braccio- disse uno degli scudieri, trovando il coraggio di parlare.

Lo gnomo s’irrigidì nel sentirlo.

Digrignò i denti.

No. Non poteva permettere che i suoi uomini lo vedessero in quelle condizioni.

Non poteva permettere a qualcuno di minare la sua autorità.

Lui era Dola!!.

Urlò, rimettendosi subito in piedi. Niente guanti di velluto, stavolta. Riprese in mano la spada e si avventò nuovamente contro il ragazzo dalle orecchie a punta.

Ci provò. Ci provò veramente e più volte, ad affondare la lama nel corpo dell’individuo che aveva osato uccidere il suo drago.

Fendeti, affondi. Ancora fendenti, e ancora affondi.

Ma niente. Quel tizio sembrava muoversi molto più velocemente di lui, senza lasciargli il tempo di fargli un graffio. Pareva quasi prenderlo in giro, non utilizzava più neanche i pugnali: semplicemente si limitava a scansarsi quel tanto che bastava per non essere colpito.

L’unica volta in cui c’era andato molto vicino, era stato quando riuscì a recidergli un paio di ciocche di capelli dalla fronte, che andarono a incastrarsi nell’elsa della spada.

Il tutto andò avanti per quella che parve un’infinità di tempo, finchè…

Il Lupo mosse la sua lama, cozzando di slancio quella nemica.

Il contraccolpo fu così forte che la spada sfuggì dalle mani di Dola, andando a spaccargli di netto l’armatura, raggiungendo carne e osso della clavicola.

Caduto in ginocchio, preso da un dolore inaspettato, allo gnomo ci volle qualche secondo per rendersi conto che il sangue che lo macchiava era il suo.

Inconcepibile. Erano anni che quel sangue non macchiava più la terra.

Guardò il ragazzo con occhi indecifrabili.

Senza provare la minima pietà, quello gli assestò un calcio al petto, che lo sbalzò nuovamente via.

- Ti conviene restare fermo dove sei, adesso- parlò poi, il tono di voce vagamente seccato - Come vedi in questi tempi sono un po’ nervoso, io non dovrei neppure essere qui. Quindi ti consiglio di approfittare di quel poco di calma che mi resta, se vuoi restare vivo-.

Dola non rispose. Si sollevò a carponi, registrando quel che era successo. Lo sguardo allucinato e il respiro affannoso.

Senza però essere ancora del tutto soddisfatto, lo straniero stanò nuovamente Roland dal suo nascondiglio e chiese…

- Hai detto che avevi un accampamento. Dove?-.

L’uomo deglutì terrorizzato, e per fortuna che non l’aveva neanche sollevato di peso come prima.

- Nella… nella… nella Terra dei Giorni, vicino il confine con la Terra del Sole- balbettò, dopo una serie di tentativi.

- In che direzione?-

- A Est da qui! Ti prego non farmi del male!-.

 

 
 

Ancora inginocchiato a terra, scosso dall’evento, Dola si scoprì a tremare quando sentì i passi del Lupo, avvicinarsi nella sua direzione.

Tap… tap…

secchi e sicuri.

La sua spada non era lì. E anche se lo fosse stata non avrebbe mai avuto il coraggio di impugnarla di nuovo.

Tap… tap…

La schiena scossa dai brividi, dovette trattenersi per non far sentire che perfino i suoi denti battevano per la paura.

Lui. Dola. Aveva paura!

Paura.

Aveva percepito qualcosa in quell’essere quando gli stava vicino.

Non aveva dubbi che avrebbe approfittato di quel momento di debolezza per finirlo una volta per tutte.

Pochi secondi, senza mai staccare lo sguardò dal terreno… e lo gnomo sgranò gli occhi incredulo, appena il Demone Lupo gli passò accanto, ritornando nella foresta, senza più degnarlo di un’occhiata.


 

 
  
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