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Autore: CowgirlSara    25/03/2007    12 recensioni
La troppa fretta di Sakuragi nell'accettare le sfide lo porterà ad assaggiare un sapore di cui non saprà più fare a meno...
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Notte Anguria 3
Mi scuso per il mostruoso, ingiustificabile ritardo nella pubblicazione del finale di questa storia. Volevo fare un lavoro accurato e mi ci è voluto più del previsto; purtroppo temo di non essere riuscita in pieno a fare quel che desideravo. Spero anche di non aver perso lettori per strada... Ad ogni modo, fatemi sapere.

Ringrazio per i commenti: Brinarap, Hinao, sanzina89, Chase, elrohir, Yumi, Kate91, Seika, kimmalfoy e airis (in rigoroso ordine di commento), grazie a tutte per le vostre recensioni simpatiche e calzanti, mi hanno fatto davvero piacere! Mi auguro di non deludervi col finale...

Beh, che altro, vi lascio alla lettura e aspetto il vostro parere!

Baci
Sara

- III° parte -


Come la pioggia,
Iil sentimento
Spegnera’ la nostra rabbia
Solo una goccia
Sopra il viso
Poi ancora il sole…
(Io – Gianna Nannini)

E’ passata una settimana dalla scazzottata sul tetto e, attualmente, il rapporto tra Sakuragi e Rukawa ha il calore di una banchisa polare. Hanamichi fa finta che la discussione abbia risolto ogni cosa, che ormai la cotta per Kaede sia passata in archivio, sottovalutando palesemente i suoi sentimenti, mentre l’oggetto del suo desiderio vive con la solita indifferenza. Mito, però, come sempre si è accorto che qualcosa non va.
L’atmosfera è strana agli allenamenti dello Shohoku. La tensione c’è sempre stata, ma mai così negativa. Occhiate furtive e preoccupate volano da uno all’altro dei membri del club. I pochi sguardi di Sakuragi per Rukawa sono duri e sprezzanti, ma ai presenti non sfugge il velo di malinconia nei suoi occhi, quando scruta Kaede pensando di non essere visto.
Quando tutta questa situazione mette a rischio anche il rendimento della squadra, che perde una delle partite del girone di qualificazione, Yohei pensa che è ora di metterci una pezza.

È una bella mattina di giugno, quando Mito, con il piano ben chiaro in testa, aggancia Sakuragi nel cortile della scuola. I due amici si siedono sulle scale, in una pausa pranzo come le altre, se non fosse che ormai tutti indossano le uniformi estive ed hanno un’aria più informale.
“Senti, Hana.” Esordisce Yohei. “Sto organizzando una festicciola sulla spiaggia per l’arrivo dell’estate, niente di che, qualche spiedino, birra, anguria…” Sakuragi lo ascolta distrattamente, cosa che negli ultimi tempi fa anche troppo spesso. “Ieri ho incontrato Akagi in centro, viene anche lui…”
“Ah, bene.” Commenta soltanto Sakuragi, mentre disegna strane forme nella polvere del cortile.  
“Ovviamente vieni anche tu.” Soggiunge Mito.
“Certo che sì.” Risponde pronto l’altro. “Lo dirò anche ai ragazzi della squadra, verranno volentieri.” Aggiunge tranquillo.
“Pensi che verrà anche Rukawa?” Gli chiede allora l’amico; Hanamichi sussulta al solo nome del suo tormentatore, ma glissa stringendosi nelle spalle.
“Non credo.” Risponde serafico.
“Potresti provare a chiederglielo…” Suggerisce timidamente Yohei.
“Io non gli chiedo un bel cazzo di niente!” Sbotta Sakuragi, alzandosi. “Mi sono rotto le scatole di lui e della sua puzza sotto il naso…” E via così, sbraita per mezz’ora sui difetti di Rukawa, che per elencarne così tanti deve averlo osservato molto bene, poi si gira e fissa serio Mito. “Però, magari, se glielo chiedi tu…” L’amico l’osserva da sotto in su, con un sorrisetto retorico e divertito. Lo sapeva che sarebbe finita così.

Yohei sa già che acchiappare Rukawa non sarà facile, ma lui non è certo il tipo che si fa intimorire. Si tratta solo di trovare il momento giusto. Succede la mattina dopo, agli armadietti.
Mito ritarda un po’ le sue operazioni per il cambio di scarpe apposta per incontrare Rukawa, che è sempre in ritardo. Resta appoggiato agli armadietti, mentre guarda il compagno aprire stancamente il proprio sportello e cambiarsi annoiato le scarpe, poi richiudere.
“Ciao.” A questo richiamo, il ragazzo dai capelli neri si volta lentamente e alza un sopracciglio perplesso.
“Che vuoi?” Replica Kaede infastidito.
“Ho organizzato una notte dell’anguria, in spiaggia, per l’arrivo dell’estate sai.” Esordisce Yohei tranquillo. “Mi chiedevo se volevi venire anche tu, dato che ci sarà tutta la squadra…”
Tutta la squadra… questo significa anche Sakuragi. Non è che l’idea sia esattamente esaltante. Sono giorni che Kaede evita qualsiasi contatto, a parte quelli richiesti dal gioco, con Hanamichi. Quando lui l’ha baciato, sul tetto, ha pensato che le cose potessero finalmente cambiare, ma poi c’è stata la rissa e tutto è andato di nuovo a puttane. È stanco di continuare a provarci. L’idea di non averlo mai fatto seriamente non lo sfiora nemmeno. Non ha proprio voglia di starsene in mezzo ad un gruppo di idioti festanti a fissare il broncio che Sakuragi ultimamente ha adottato in ogni sguardo diretto a lui o ad osservarlo fare le sue esagerate scene da pagliaccio.
“Allora, vieni?” Insiste Mito, quando si accorge che il compagno ha un’aria distratta.
“Hn…” Risponde Rukawa atono, mentre si gira allontanandosi.
E Mito rimane lì, incredulo della scena. Fissa la schiena del ragazzo e non sa proprio cosa pensare; gli viene da ridere, perché tanto incazzarsi a che servirebbe? Ma ora, che caspita gli racconta ad Hana?!

“Allora, cosa ti ha risposto?” Domanda impaziente Sakuragi, bloccando la strada a Yohei che sta entrando in classe.
“Mi ha risposto «nh»…” Gli riferisce l’amico, mentre posa la cartella sul banco.
“Sì, ma…” Lo sprona Hanamichi. “…era un nh, sì… un nh, no… un nh, fottiti?” Continua, dimostrando una solida conoscenza del modo di esprimersi del compagno di squadra.
“Non sembrava un fottiti…” Commenta pensoso Mito, grattandosi il mento.
“Oh, ma insomma!” Sbotta l’altro, battendo una mano sul banco. “Che cosa ti ha detto?!”
“Hanamichi, che cazzo ne so!” Replica innervosito Yohei, mentre dondola con la sedia. “Mi ha detto solo «nh», senza colore, senza espressione, senza inflessioni, ecco tutto!” Aggiunge scoraggiato, allargando le braccia.
Non giunge risposta, però, da Sakuragi, così Mito rialza gli occhi sull’amico. Lo trova con le braccia incrociate, appoggiato al banco. Gli si sta formando un’inquietante ruga tra le sopracciglia… Yohei si domanda preoccupato dove porterà questo nuovo, pericoloso, stato d’animo di Hanamichi…

*****

Sakuragi si dirige negli spogliatoi come se avesse una pancera di tritolo pronta ad esplodere. Ha aspettato per tutta la durata delle lezioni sperando di riuscire a farsela passare, ma ora è incazzato più di prima. Non riesce a capire che in realtà si tratta di frustrazione. Perché l’atteggiamento di Rukawa ormai non lo sopporta più e lo fa star male. Hanamichi non vuole soffrire, non può ammettere il motivo per cui gli succede. Nemmeno gli passa per la testa che il semplice confessarsi la verità lo farebbe star meglio. Pensa che per stare meglio deve di nuovo urlare in faccia a Kaede.

Un attimo prima che Hanamichi entri, Rukawa sta pensando che la situazione è diventata davvero pesante. Forse dovrebbe accettare la proposta di Mito, la festa sarebbe senz’altro una buona occasione. Sì, ma per fare cosa? Parlarci, o almeno… provare…come se fosse facile… e cosa dire, poi? Sai, Sakuragi, tu mi p…

In quell’istante la porta dello spogliatoio si spalanca come fosse attraversata da una mandria di elefanti imbizzarriti. Non può essere che lui, Rukawa alza gli occhi solo per conferma. E non può evitarsi il solito tuffo al cuore. Comincia ad abituarsi. Riabbassa lo sguardo subito, non vuole che qualcuno si accorga delle sue emozioni. E poi Sakuragi viene verso di lui.

Tutti guardano il ragazzo dai capelli rossi attraversare la porta a grandi passi e, con uno sguardo truce, dirigersi verso il compagno.

Hanamichi gli si piazza proprio davanti, costringendolo ad alzare il capo. “TU!” Gli grida contro, puntandogli un dito in mezzo agl’occhi. Ha un’espressione corrucciata e feroce. Kaede alza un sopracciglio, interrogativo. Nessuno vede la forza con cui stringe la fascetta nera nella mano.

“Quando una persona ti fa una domanda, è buona educazione darle una risposta!” Esordisce Sakuragi brusco. “E sarebbe bene farlo usando le parole, non i monosillabi, i grugniti o i versi!” Continua agitando le mani.

Ecco, questo è esattamente l’atteggiamento, il tono, il discorso che uno non vorrebbe sentire quando cerca dei buoni propositi… Ma quanto riesce ad essere irritante, ottuso e idiota Sakuragi? È così che Rukawa si mette sulla difensiva, incrociando le braccia e assumendo una posa supponente. E Hanamichi continua.

“Mi sono veramente stufato di questo tuo atteggiamento…” Perché io del tuo… pensa Kaede. “…della tua arroganza, di quanto te la tiri…” Idiota… “…comincia a scendere dal piedistallo, perché qualcuno potrebbe decidere di cancellare quella tua altezzosa faccina a suon di schiaffi!” E quand’è che qualcuno, invece, ti aprirà gli occhi a forza di cazzotti, eh?

Sakuragi sembra aver finito, per il momento. Fissa negl’occhi Rukawa respirando profondamente. È il suo momento di parlare, adesso.

“Immagino tu ti riferisca alla proposta del tuo amico Mito.” Esordisce con calma Kaede, sempre con le braccia conserte.
“Esattamente.” Conferma secco Hanamichi annuendo.
“Vuoi una risposta, dunque… un discorso sensato…” Riprende l’altro, senza smettere di guardarlo negl’occhi con aria di sfida.
“Certo che sì.” Replica sibilante l’interlocutore.
Adesso Kaede sa esattamente cosa dire. Ne ha abbastanza di Sakuragi, delle sue urla, dei suoi cazzotti. Delle sue contraddizioni, soprattutto. Se la farà passare in qualche modo, in fondo è convinto che la sua attrazione per Hanamichi sia quasi esclusivamente fisica, quindi può riuscire benissimo ad andare oltre. Una volta per tutte questa storia, iniziata con quel malaugurato bacio in palestra, troverà il modo di finire. E tornerà la pace. Forse. Ma deve provarci.

Il tono di Rukawa, quando si decide a parlare, è gelido come una tagliente lama di katana. “Allora puoi dirgli che… preferirei ingoiare un pacchetto di lamette che stare in un qualsiasi posto insieme a te.

Parla fissando Hanamichi negl’occhi, vuole fargli male e non si preoccupa di nascondere la particolare rabbia con cui pronuncia le parole più dure della frase. Quindi abbassa il capo e con un movimento elegante e distaccato supera Sakuragi e si dirige in palestra.  

Nessuno si accorge dei suoi occhi appena lucidi, o di come stringe i denti per impedire alla mascella di tremare, mentre ordina al proprio cuore di non battere così forte.

Hanamichi, nel frattempo, è rimasto immobile davanti agli armadietti. Nella sua mente è come se si fosse formato un liscio laghetto ghiacciato su cui scorre una simpatica fila di pinguini che pattina sulle note del Danubio Blu. Non sa cosa dire, cosa fare. E non credeva che una zappa sui piedi facesse così male…

Ryota e Hisashi, che hanno assistito a tutta la scena, decidono di muoversi per andare in palestra, passando vicino a Sakuragi, che è ancora fermo e fissa il nulla con sguardo ebete.
“Complimenti, amico.” Gli sussurra Mitsui, dandogli una pacca sulla spalla. “Questo si chiama gran tuffo di testa in un mare di merda.” E non avrebbero potuto esserci parole più giuste.

*****

Quando i particolari della scena si diffondono, sono in molti a pensare che la storia sia finita definitivamente, che diventerà una di quelle leggende scolastiche tramandate per anni e che nessuno crederà vere. Tranne per il fatto che, stavolta, molte persone continuano a portarne i segni.
Hanamichi è diventato molto apatico e non nasconde più la malinconia; si è reso conto di aver perso molte occasioni, possibilità che forse non torneranno. Kaede è diventato accessibile come il principe dei ghiacci, nel suo castello di ghiaccio, in cima all’altissima e scivolosa montagna di ghiaccio; ormai ha deciso che, nonostante il male al cuore, non ne vale la pena.
Ma c’è qualcuno che non è disposto a guardare un amico soffrire, che vuole fare qualcosa e pensa che non tutto è perduto. E il giorno della festa in spiaggia, intanto, si avvicina.

È un bel pomeriggio assolato, quando Yohei si ferma davanti al cancello di una villetta bianca col tetto rosso, semplice ed elegante; sulla colonna accanto al cancello c’è una lucida targa d’ottone che recita: “Rukawa Dott.ssa Saeko - Dermatologa”. Il ragazzo, dopo aver letto, attraversa il cancello e cammina fino al portico, dove suona il campanello. Gli aprono quasi subito e si ritrova in un atrio ordinatissimo, arredato con gusto; davanti a lui un altro portoncino chiuso e una splendida palma dal verde brillante. Da un arco, che si apre alla sua sinistra, spunta una ragazza con gli occhiali.
“Lei è l’appuntamento delle tre?” Gli domanda gentilmente.
“No, io…” Risponde sorpreso Mito. “…io, veramente, cercavo Kaede Rukawa, sono un suo compagno di scuola.” Riesce a spiegare infine.
“Ah, il figlio della dottoressa…” Fa la ragazza. “Allora devi uscire di nuovo e andare alla tua sinistra, dietro l’angolo c’è una porta a vetri, si passa da lì.” Gl’indica.
“Grazie.” Replica il ragazzo, con un lieve inchino, poi si allontana.
Yohei, seguendo le indicazioni della segretaria, attraverso un semplice e curato giardino, si ritrova davanti ad una grande porta a vetri. Non riesce a vedere dentro, perché i vetri sono di quel particolare tipo che permette di guardare attraverso solo dall’interno, così suona l’ennesimo campanello.

Rukawa lo riconosce subito. Appena alza la testa dal bracciolo del divano e guarda fuori. Il fatto che lui sia lì non gli torna, è troppo facile, difatti, il binomio Mito-Sakuragi. E questo non gli piace. No, no. Si appresta, ad ogni modo, ad aprire la porta.

Quando la porta si apre, Yohei si trova davanti la faccia corrucciata tipica di Kaede. Tiene una mano sulla maniglia interna e l’altra sul muro di fronte, con l’aria di non volerlo far entrare.
“Che vuoi?” Gli chiede con arroganza.
“Voglio parlare con te.” Risponde deciso l’altro.
Rukawa si ritrae all’interno, lasciando la porta aperta. Mito lo segue e si ritrova in un breve genkan.
Si guarda intorno, la stanza è grande, fa da cucina, salotto e sala da pranzo. È arredata in modo elegante, sobrio e funzionale. A terra c’è un parquet chiaro. Lui si toglie le scarpe ed entra.

Kaede, nel frattempo, si è mosso nella stanza, avvicinandosi al grande frigorifero. Prende un cartone di latte e se ne versa un bicchiere, senza chiedere all’ospite se ne vuole.

Yohei, anche nei suoi momenti più bassi, non ha mai avuto dubbi sulle proprie preferenze sessuali, ma ammette che uno come Rukawa può riuscire a turbare più di un etero convinto.
Indossa un paio di pantaloni di cotone grigio, con uno strappo sul ginocchio e una maglietta bianca con le maniche staccate. È scalzo e i suoi piedi sono belli quasi quanto le sue mani. Sa essere sensuale senza volerlo, gli basta solo un movimento, un cenno del capo per scostare la frangia dalla fronte, uno sguardo. Mito può benissimo comprendere il turbamento di Hanamichi.

“Se sei qui per perorare la causa del tuo amichetto Sakuragi, hai sbagliato indirizzo.” La voce di Kaede rompe gelida il silenzio, Yohei alza gli occhi sul suo viso.
“In ogni caso, non credo di aver sbagliato persona.” Replica poi, fissandolo.

I due ragazzi si guardano a lungo negl’occhi. Per quel poco che lo conosce, Rukawa rispetta Mito, è uno che non si tira indietro; anche Yohei rispetta Kaede, il suo coraggio ed il suo spirito battagliero. Sono della stessa razza, loro due, gente che sa combattere, per questo si capiscono. Rukawa sa che Mito porterà avanti la conversazione, qualsiasi cosa possa dirgli lui. Gli fa, quindi, un gesto distratto, spronandolo a continuare.

Yohei si appoggia contro la sponda del divano dietro di lui. “Ascolta, per me non è un problema dirti che non sei mai stato in cima alla lista delle mie simpatie…” E Kaede non fatica a crederci. “…ma per qualche misterioso motivo sei in cima a quella di Sakuragi.” Rukawa ruota gli occhi verso il cielo. “Ascolta, non so se lo hai capito, ma credo di sì, quello che Hanamichi prova per te è molto profondo, anche se gli ci vorrà del tempo per ammetterlo e conviverci.” La sua voce è seria e questo desta l’attenzione di Kaede. “Io ho fatto di tutto per convincerlo a parlarti con sincerità, ma è evidente che, per troppa timidezza o per troppo orgoglio, lui non è riuscito a farlo, quindi ora mi rivolgo a te.”
“E pensi che io, invece, possa fare qualcosa?” Interviene l’altro; il suo tono è più scettico che speranzoso.
“Andiamo, Rukawa.” Sbotta retorico Mito, scrollando il capo. “Non nascondiamoci dietro ad un dito, io lo so chi sei tu.” Aggiunge, tornando a fissarlo deciso negl’occhi. “Se in questa storia c’è qualcuno che può ingoiarsi l’orgoglio e aggiustare le cose, quello sei tu.”
“Spiegami perché dovrei provarci.” Commenta serafico Kaede.
“Se vuoi un po’ di bene ad Hanamichi, devi farlo.” Ribatte Yohei calmo.

Lo sguardo che Rukawa alza su di lui è tagliente. Non gli piace che la gente lo giudichi, che lo analizzi. Che capisca quello che prova. Ma gli occhi di Mito non si abbassano, reggono il confronto.

“Che ne sai tu, di quello che provo, di chi sono?” Domanda gelido Kaede.
“Ne so abbastanza.” Risponde tranquillo Mito, poi si stacca dalla spalliera del divano e si dirige al genkan. “Quello che dovevo te l’ho detto, ciò che prova Hanamichi lo hai capito, quindi me ne posso andare.” Afferma, mentre si mette le scarpe. “La festa è stasera, alle otto alla spiaggia libera. È la tua occasione, forse non ce ne saranno altre… poi, fai un po’ come ti pare.” Detto questo, Yohei apre la porta e se ne va.

Rukawa resta lì, immobile a fissare il vuoto, appoggiato al mobile della cucina. Se vuoi un po’ di bene ad Hanamichi… Quella frase continua a tornargli in testa. Volergli bene. Kaede non ha mai guardato la cosa da quel punto di vista. Ha sempre pensato si trattasse solo di attrazione fisica. Non ha mai associato il dolce calore dell’affetto alla figura fiammeggiante del compagno di squadra. L’affetto, l’amore, sono qualcosa di tenero e caldo come una morbida coperta, non bruciante e sconvolgente come quello che prova per Hanamichi.

Ma forse…

Kaede ripensa alle volte in cui ha provato orgoglio per Sakuragi, per un’azione fatta finalmente bene, per un canestro spettacolare dei suoi. Al calore nel petto ad ogni suo sorriso glorioso, nonostante poi lo smontasse sistematicamente con un insulto. Alla soddisfazione nel vincere le partite insieme. Collaborando.

Gli voleva bene? Forse. Forse, sì.

Rukawa finisce il suo bicchiere di latte, rimasto sul ripiano durante la conversazione con Mito, poi lo mette nel lavello e si allontana. Si ferma a metà rampa, salendo le scale. Sospira. Dove riflettere. Arrivato in camera sua, non sa fare altro che buttarsi a faccia in giù nel letto.

*****

Qualche ora dopo, quando Kaede guarda fuori dalla finestra, il sole sta tramontando. Si solleva stancamente seduto sul letto e spenge la televisione, poi si guarda i piedi sbuffando. È stufo di pensare ed è convinto, come sempre, che sia meglio agire. E la cosa da fare, lo sa bene, è una sola.

Quando, poco dopo, scende le scale, trova la madre intenta a preparare la cena e suo padre seduto sul divano, davanti alla tv.
“Io stasera non ci sono a cena, vado ad una festa.” Annuncia il ragazzo, dirigendosi alla porta; mette le scarpe ed esce.
Il professor Rukawa Soichiro, stimato chirurgo, per una volta dimostra interesse, sollevando gli occhi dal suo quotidiano e scambiando con la moglie uno sguardo sorpreso.
“È proprio vero che si sta avvicinando la fine del mondo…” Commenta la donna.
 

L’accesso alla spiaggia libera è un sentiero battuto tra basse dune ricoperte di arbusti. Rukawa non ha idea di che piante siano, ma sente nell’aria un vago e piacevole profumo di liquirizia.
La prima cosa che vede, raggiunta la fine del sentiero, è un altissimo lampione solitario; sotto di esso un grande tavolo, sul quale sono disposte bevande, cibi vari ed un’enorme, lucente e inquietante anguria. Sulla destra, più vicino alla battigia, è stato acceso un grande falò e qualcuno sta già arrostendo gli spiedini, si capisce dall’odore.

Il ragazzo si guarda intorno. Riconosce i ragazzi della squadra: Mitsui e Miyagi vicino al falò, Akagi che ride bevendo insieme agli amici di Sakuragi e gli altri, che fanno cerchio intorno proprio a quest’ultimo.

E lui… Lui è lì, al centro dell’attenzione, impegnato probabilmente in uno dei suoi proclami megalomani, ridacchiando sguaiatamente, autoeleggendosi Genio supremo, con un bicchiere in mano e quell’atteggiamento esagerato così tipico suo.

Qualcuno si stacca dal gruppo e lo raggiunge. È Mito.

“Allora sei venuto.” Gli dice, appena gli arriva accanto. Rukawa annuisce. “Bene, andiamo.” Continua poi, accompagnandolo con una leggera presa al braccio.
“Senti, io non credo…” Mormora però Kaede, trattenendolo.
“Cosa?” Replica subito Yohei, guardandolo negl’occhi e stringendo la presa. “Tu lo hai fatto soffrire, ora devi rimediare.” Afferma duro.
Rukawa strappa il braccio dalla presa dell’altro e lo fissa gelido. “E credi che lui non abbia fatto soffrire me?” Gli domanda con rabbia.
“Ok, ci credo.” Annuisce Mito. “Allora siete pari, quindi dimentica tutto e ricomincia.” Gli consiglia con aria pratica.
A Rukawa non resta che scuotere la testa e seguire Mito verso il tavolo. Da adesso in poi, non si scappa più.

Un paio d’ore, due spiedini e tre birre dopo, Kaede sta pensando seriamente di andarsene. Hanamichi, appena l’ha visto, s’è ammutolito e, dopo poche altre battute stanche, ha praticamente abbandonato la riunione, isolandosi, prima sulla battigia, poi ancora più lontano. L’unica volta che Rukawa si è avvicinato a Sakuragi, quello ha fatto finta di non vederlo. Scoraggiarsi non è una sua caratteristica, ma non riesce a vedere molte alternative. Kaede adesso è stufo e non si sta impegnando per niente nei suoi propositi. Si è ripromesso di non scappare, ma questo, più che altro, può chiamarsi posticipo…

“Io me ne vado.” Mito si volta di scatto verso la voce proveniente da sotto l’alto lampione e vede Rukawa mollemente appoggiato lì, un po’ lontano dagli altri.
“Dov’è che vai?!” Ribatte Yohei aggrottando la fronte e inchiodandolo al palo con uno sguardo inquisitore.
“Andiamo…” Mormora Kaede, distogliendo gli occhi. “…mi sta evitando…” Ed entrambi sanno di chi si parla.
“Sì.” Ammette Mito, avvicinandosi. “Ma tu non fai niente per attirare la sua attenzione.” Aggiunge a braccia conserte.
“E che cosa devo fare…” Replica l’altro, mostrandosi lievemente scoraggiato.
Yohei si mette davanti a lui, deciso a non permettere che quei due deficienti si giochino la forse ultima occasione che hanno; non permetterà a Rukawa di andarsene, dovesse legarlo a quel palo.
“Ascoltami.” Gli dice deciso. “Adesso tu prendi due fette d’anguria, vai da lui e trovi un modo per intavolare la conversazione…” Lo sguardo di Kaede è poco convinto. “No, no, no! Tu lo fai.” Gli ordina infatti Mito. “Guardami, ascoltami.” Continua con urgenza. “Se non lo fai stasera, potresti non farlo mai più, quindi te lo dirò solo una volta: quando l’acqua bolle è ora di buttare la pasta!” L’espressione dell’interlocutore si fa perplessa e interrogativa. “Scusami se ho usato una metafora un po’ ardita, ma spero che tu abbia capito cosa intendo.”
“Hn, sì…” Risponde vago Rukawa.
“Bene.” Annuisce Yohei, dandogli una pacca sulla spalla.
Kaede soppesa il gesto, indeciso se rispondere, poi scrolla il capo e si dirige sconsolato verso il tavolo su cui troneggia la grossa anguria ormai fatta a fette; ne prende due, poi si sofferma, titubante, scrutando in direzione dell’eremo scelto da Hanamichi. Sta per posare di nuovo il cocomero quando…
“Deciditi, o devo spianarti quel culo perfetto a forza di calci?” Gli sussurra Mito, apparso al suo fianco; Rukawa sospira e si arrende.

Hanamichi è seduto sulla sabbia, la schiena appoggiata contro una barchetta rovesciata, lontano dalle voci della festa. Kaede non ha molta voglia di sedersi sulla spiaggia umida, ma ormai non avrebbe molto senso farsi delle paranoie simili. La decisione, a questo punto, è presa. Le farfalle nello stomaco non gli danno pace, ma si avvicina al compagno di squadra con le fette d’anguria in mano.

Quando Sakuragi alza gli occhi, per aver sentito avvicinarsi qualcuno, si stupisce molto, riconoscendo Rukawa. Riabbassa subito lo sguardo, vagando sulle proprie mani, imbarazzato. Ha evitato il ragazzo per tutta la sera, ma se lo sentiva che questo momento sarebbe arrivato.

Kaede porge l’anguria ad Hanamichi senza una parola. Lui la prende, evitando il suo sguardo, mentre l’altro si siede.

Vabbene, continuiamo così, grandissimo Do’aho… pensa Rukawa, cercando di asciugarsi le dita contro i pantaloni, ma ottiene solo il risultato di renderle molto appiccicose.

Hanamichi non sa cosa fare. Appena ha visto Kaede arrivare ha capito che era giunta la resa dei conti. Ora teme di fare ancora una volta la mossa sbagliata, quindi preferisce non farne alcuna. Addenta la fetta di cocomero, nel silenzio. Il frutto è fresco, ma la consistenza è acquosa e sa di zucca. Fa veramente schifo…

“Fa schifo…” Sakuragi si gira verso il compagno, sorpreso dalla sua voce calda nel silenzio umido della spiaggia.
“Eh già…” Conferma lui, annuendo.

La luna è alta nel cielo, bianca e opalescente, si riflette sulla placida superficie scura del mare calmo. La brezza è leggermente fresca e piacevole, viene dall’orizzonte. Gli altri ragazzi parlano e ridono intorno al falò, c’è una musica leggera nell’aria. Ci sono tante stelle nel cielo…

C’è un’intera galassia negl’occhi blu notte di Kaede che Hanamichi sta guardando ora.

Entrambi sono stupiti, quasi increduli, mentre si scrutano nel buio. Si sono trovati d’accordo. Ok, l’orrido sapore di quell’anguria è una cavolata, ma è pur sempre la prima volta che la pensano allo stesso modo. E per la prima volta, tutti e due, pensano che non tutto è perduto.

Hanamichi, però, non trova il coraggio di dire qualcosa e abbassa di nuovo gli occhi.

Kaede, invece, in quel momento capisce che Mito aveva ragione, solo lui può davvero risolvere questa faccenda assurda. Vuole farlo. Adesso.

Rukawa sbuffa e si appoggia contro la barca. “Sei proprio una testa di cazzo, Hanamichi.” Afferma poi.

È la confidenza inaspettata. La dolce ironia di quel commento, a colpire Hanamichi come una spinta improvvisa e a farlo voltare. Mai avrebbe immaginato che la voce di Kaede potesse essere così morbida. Come una carezza. Ha i brividi ora e lo guarda smarrito.

“Co… come hai detto?” Balbetta incerto, ancorandosi a terra con le mani nella sabbia.
“Ho detto che sei una testa di cazzo.” Risponde Rukawa, senza guardarlo; il suo tono è tornato il solito, distante e freddo.
“No…” Si affretta a negare Sakuragi. “…mi hai chiamato per nome…” Mormora incredulo.
Kaede gli lancia uno sguardo in tralice, stringendosi nelle spalle. “E allora?” Butta lì.
“È che…” Riprende l’altro, evitando i suoi occhi e mettendosi a disegnare ghirigori nella sabbia con la buccia dell’anguria. “…è che non lo avevi mai fatto…”
“Neanche tu.” Ribatte Rukawa, mentre lancia lontano la sua buccia.

I due ragazzi sono talmente presi dalle nuove scoperte che non si accorgono di essere diventati l’attrazione principale della serata. Gli altri, infatti, quando non sentono provenire urla e insulti da dietro la barchetta, pian piano si avvicinano, acquattandosi oltre ad una piccola duna, decisi ad ascoltare la conversazione dal punto più vicino possibile. Si capisce poco, ad ogni modo, ma non sanno rinunciare all’insano piacere del pettegolezzo.

Hanamichi e Kaede, adesso guardano entrambi il mare, seduti vicini, contro la barca. Sono ad un palmo di distanza l’uno dall’altro e Sakuragi vorrebbe davvero trovare le parole per spiegare come questo lo faccia sentire. La sensazione inebriante del corpo di Rukawa accanto al suo, il suo profumo nel naso, dopo tanti giorni di sciocca distanza, il rumore leggero del suo respiro. E poi, questa strana pace che sembra averli avvolti e di cui non capisce la ragione. Ma quanto è bella, però. Vorrebbe veramente trovare le parole, per scoprire se è possibile stare così bene anche in altre circostanze, se loro due possono andare d’accordo, in qualche modo. Se possono volersi bene, o anche amarsi, magari…

Qualcuno, però, deve parlare. Perché se si continua a stare zitti, non si arriva da nessuna parte. E Rukawa odia stare immobile, a parte quando dorme. Non ce la fa, ad ogni modo, a reggere ancora la tensione, quindi deve dire qualcosa.  

“Ti faccio così tanta paura?” Chiede Kaede, guardando la notte, i gomiti posati sulle ginocchia; poi sposta appena gli occhi, per sfiorare la reazione di Hanamichi con uno sguardo.
Lui sussulta e si gira appena, incontrando gli occhi di Rukawa, lucenti nel buio. Ora gli dovrà rispondere, anche se il battito del suo cuore quasi lo soffoca.
“Sì… a… a volte… sì…” Balbetta, al ritmo del suo battito cardiaco.
Kaede si gira di nuovo verso l’orizzonte, alza una mano candida e ci appoggia sopra la guancia. Hanamichi si perde un po’ nei riflessi bluastri dei suoi bellissimi capelli.
“Anche tu mi fai paura.” Confessa poi Rukawa, sconvolgendo l’altro, che solleva uno sguardo incredulo.
“Pe… perché?” Riesce soltanto a domandare.

Perché… Già, perché mi fai paura? Sarà, forse, per l’emozione che rischia di fermarmi il cuore, ogni volta che ti vedo entrare in palestra. Sarà che ogni tua sfida, ogni provocazione, mi fanno sentire così vivo che l’unico modo per tornare alla mia normalità sarebbe morire. Sarà che a ogni tua battuta vorrei ridere, ridere come mai ho riso in vita mia. Sarà che ogni tuo pugno, ogni insulto, mi graffia l’anima e non posso che reagire. Sarà che temo di capire che tutte queste cose si chiamano… amore…

Oh, ma questi motivi sono troppi e troppo complessi, per il carattere spiccio di Rukawa, quindi la risposta che darà, sarà più semplice.

“Perché mi piaci.” Sono, infatti, le sue parole, dette al mare, senza guardare Hanamichi.

E Sakuragi sente il proprio respiro morire, il cuore perdere almeno un paio di battiti e deglutisce a vuoto. E vorrebbe gridare, confessare a voce alta che prova lo stesso, che la nebbia si è improvvisamente diradata e ora lo vede, che capisce cosa vuole davvero. Lui vuole Kaede. Perché quel “mi piaci” significa molto, molto di più. E lo sa.

Ma l’unica cosa che riesce faticosamente a dire è un banale: “In che senso?”

Rukawa si volta verso di lui con un’espressione sconcertata. Ma, allora, è veramente scemo… pensa.

“Scusa, ma quanti sensi ci sono?” Gli chiede perplesso.
“No, cioè…” Replica subito Hanamichi, impappinandosi e arrossendo. “…ho capito, solo…” Tenta di riparare, ma la luce divertita negl’occhi di Kaede lo confonde. “…è che sono… sono un maschio… e credevo…” S’incarta sempre di più.
“Do’aho…” Sbotta l’altro, chinando il capo con un sorriso lieve. “A me sono sempre piaciuti i maschi…”
Sakuragi lo fissa sorpreso; insomma, il dubbio lo aveva anche avuto, ma questa è una confessione in piena regola. “Beh, se è così…” Commenta quindi, passandosi una mano tremante tra i capelli.

Kaede, però, all’improvviso, si muove in un modo strano. Assume un’espressione quasi schifata, si torce e inarca la schiena, poi si gira verso Hanamichi andandogli quasi addosso. Il compagno lo guarda preoccupato. Lo vede toccarsi la schiena con la fronte aggrottata.

“C’è qualcosa che cammina sulla mia schiena!” Sussurra allarmato. “Guarda, per favore!” Lo supplica poi, appoggiandosi contro di lui. “Odio gl’insetti…”

Sakuragi è rimasto leggermente paralizzato, le mani sollevate in aria, quasi intimorite di poggiarsi su quel corpo. Il cuore gli batte a mille. Rukawa si muove su di lui e, anche se non lo fa con malizia, è veramente dura da sopportare.

“Dai…” E’ il sussurro sul suo collo e, nella mente annebbiata di Hanamichi, sembra un’invocazione erotica. Senza contare che avere i suoi capelli in faccia è come annegare nel suo famoso profumo…

Il ragazzo deglutisce, cercando di recuperare un minimo di autocontrollo, poi allunga pian piano le dita e solleva indietro il colletto della camicia di Kaede. Scruta la sua schiena perfetta, perdendosi nella linea flessuosa della spina, osserva rapito, ma non vede nulla, a parte una pelle particolarmente vellutata.

“Mi spiace, ma… non vedo niente…” Mormora quasi mortificato.

Rukawa si solleva sbuffando, poi, con gesti affrettati, si sbottona la camicia, la toglie e la getta lontano, sotto lo sguardo incredulo di Sakuragi.

Se non fosse per l’eccitazione che ancora preme sui suoi bermuda, Hanamichi si metterebbe a ridere, perché tutta la scena sembra proprio uscita da una commedia demenziale, coi due protagonisti prima persi nella loro prima conversazione pseudo romantica e, subito dopo, intenti a scacciare insetti misteriosi.

Hanamichi si alza, soprattutto per cercare di ritrovare il suo equilibrio. Kaede lo guarda allontanarsi, poi recuperare la sua camicia ed osservarla. Si chiede che diavolo stia facendo, è buffo e tenero, mentre percorre con gli occhi il tessuto.

È in quel momento, che Rukawa sente un’imprecazione soffocata. Insospettito si volta, scrutando oltre la propria spalla. Gli amici di Sakuragi sono veramente troppo goffi, per sperare che non si accorgesse di nulla. Sbuffa, scotendo il capo, poi torna a guardare il Do’aho.

“È solo una palletta di alghe.” Gli annuncia Hanamichi. “Ma adesso si è riempita la camicia…” Continua, rammaricato.

La sua espressione è davvero troppo ridicola, per trattenersi. E poi, a che servirebbe, a questo punto? Kaede scoppia a ridere. Era tanto che ne aveva voglia.

Sakuragi si blocca. È consapevole di stare assistendo ad un evento particolarmente importante. E l’emozione che prova è davvero troppo grande, per poterla esprimere. Kami! Aveva ragione quando pensava che una risata poteva rendere Kaede ancora più bello. Gli manca il fiato, gli manca la voce, non riesce a muoversi, è… è quasi… commosso.

“Cosa c’è?” Gli domanda Rukawa, quando lo vede immobile e con gli occhi fissi sul suo viso, mentre asciuga una lacrima dovuta alle risate.
“Stai ridendo…” Mormora incredulo Sakuragi, stringendo la camicia tra le mani.
L’altro si raddrizza contro la barca, poi risponde: “Beh? Credevi non ne fossi capace?”
Hanamichi si schiarisce la voce, passandosi, imbarazzato, una mano sulla nuca. “Non te lo avevo mai visto fare…” Afferma poi, con uno sorrisetto storto.
“Hn, Do’aho…” Sbuffa dolcissimo Kaede, poi alza gli occhi in quelli dell’altro.

Si guardano e c’è un mondo di emozioni fortissime che passa tra di loro. Una quantità enorme di cose non dette, ma che ora premono forte per uscire. Un bisogno troppo grande per poter essere represso ancora.

“Qualunque cosa tu stia pensando, Hanamichi, ti prego, dilla.” Ordina Rukawa con voce roca.

Sakuragi lo guarda, appoggiato languidamente alla piccola barca, a petto nudo, con la pelle chiara illuminata solo dalla luna. È un’immagine troppo perfetta per resistere.

E Hanamichi, così, lo fa, stavolta parla. “Sei bellissimo, Kaede.” Sussurra dolcemente. E non credeva fosse così facile pronunciarlo, quel nome. O che fosse così bello vedere il suo sorriso rispondere.

“Ci stanno guardando.” Annuncia però Rukawa, quando vede Sakuragi riavvicinarsi.
Il compagno si ferma, alza gli occhi e osserva la notte, in direzione del lampione e del tavolo; la sua espressione si fa cupa.
“È vero…” Mormora poi. “Che bastardi.” Commenta secco, quindi guarda Kaede. “Che facciamo?”
“Forse ho un’idea…” Risponde l’altro.

Senza aggiungere altro, Rukawa solleva il bacino e si sfila pantaloni e boxer, poi si alza e corre in acqua, gridando: “Bagno di mezzanotte!” Sakuragi è completamente allibito e resta immobile.

Mito, invece, che era contrario fin dall’inizio all’idea di mettersi a spiarli, afferra la palla al balzo. Batte le mani, attirando l’attenzione degl’altri amici e poi rincara allegramente: “Massì, forte, bagno di mezzanotte! Tutti in acqua!” E comincia a spingere verso il mare chiunque abbia davanti. Ben presto tutti accettano di buon grado la proposta, seguendolo, tra spinte e risate, nell’acqua.

Il punto in cui Kaede è entrato in mare è abbastanza distante da quello dove ora stanno giocando gli altri. Hanamichi lo fissa e si accorge che lui sta facendo lo stesso, perché i suoi occhi brillano nel buio. Non c’è bisogno di parole, o inviti, la loro intesa si è ben sviluppata in campo e ora si rendono conto che vale anche nella vita; così Sakuragi si toglie maglia e bermuda, restando in costume e si dirige da lui.

L’acqua è scura, ma inequivocabilmente trasparente e calda. Kaede continua guardalo negl’occhi, ma Hanamichi non può fare a meno di guardare anche altrove. La superficie sfiora i fianchi nudi di Rukawa, arrivando appena sopra l’inguine e Sakuragi cerca di non pensare che non indossa niente. Il suo corpo è così bello, sottile e forte, sensuale senza volerlo essere. Hanamichi si sente arrossire e, all’improvviso, si ferma, cominciando a vagare altrove con lo sguardo.

L’espressione di Kaede si fa perplessa, mentre lo fissa, poi realizza. Si ricorda quello che gli ha detto Mito. Hanamichi è timido. Deve trovare il modo di sciogliere il ghiaccio.

“Hai visto? Non ci guarda più nessuno.” Gli dice incoraggiante; Sakuragi lancia un’occhiata agli altri che scherzano nell’acqua.
“Già…” Mormora impacciato lui. “Hai avuto proprio un’idea geniale.”
“Hn…” Replica Kaede, stringendosi nelle spalle.
Hanamichi rialza gli occhi, mettendo su uno dei suoi sorrisi beffardi. “Si vede che a forza di stare col grande Tensai, un po’ di genialità è passata anche a te!”
“Humpf, Do’aho…” Ribatte l’altro, sbuffando.
“Non ci provare, Baka Kitsune…”
“Andiamo, togliti il costume.” La richiesta lo colpisce tipo mazzuolo da campana al tempio nel giorno di festa. Guarda Kaede con gli occhi di fuori.
“Cooome?!” Esclama allibito, cercando di non pensare che, probabilmente, la sua faccia è color aragosta.

Rukawa rotea gli occhi, mette le mani sui fianchi e fissa il cielo stellato per qualche secondo. Ha l’impressione che portare Sakuragi dove lo vuole lui sarà un’impresa che richiede tempo. Ma lui sa avere pazienza, quando è necessario. Riabbassa gli occhi e, sorpreso, vede Hanamichi che, dopo avergli voltato le spalle, si sta sfilando lentamente il costume. Sembra parecchio impacciato.

“Ma che fai, ti vergogni?” Gli domanda con un mezzo sorriso.
“Sì…” Risponde timidamente il Do’aho. E in questo momento proprio non c’è appellativo più adatto a lui.
“Nh, idiota…” Sbuffa Kaede. “…facciamo la doccia insieme tutti i giorni…”
Hanamichi lo guarda da sopra la propria spalla. “Ma che… tu mi guardi?” Replica sorpreso.
“Certo.” Risponde tranquilla la Kitsune, scrollando le spalle.

E quella risposta, data con indifferenza, come se scrutare il suo corpo sotto la doccia fosse una cosa normalissima, stranamente rassicura Hanamichi, che sorride appena al compagno, poi si gira e toglie il costume, gettandolo in spiaggia. Poi, però, mentre si avvicina, cerca di coprirsi con le mani…

“Scemo…” Mormora Kaede, quando Hanamichi è abbastanza vicino. “Vieni qui.” Aggiunge prendendolo delicatamente per il collo e tirandolo a se con un sorriso.

Il bacio che segue è lungo e dolce, profuma di sabbia umida e di mare, e di tutte le parole che non si sono mai detti. È bello e facile, come ammettere che non si può farne a meno.

Quando si allontanano, Kaede poggia il capo sulla spalla di Hanamichi e si lascia abbracciare. Sì, perché l’adorabile scimmietta ha stretto le sue braccia sulla schiena della Kitsune e non sembra intenzionato a lasciarla tanto presto.

Restano così per un lungo momento, a godersi il perfetto incastro dei loro corpi, che, per qualche misteriosa ragione, sembrano fatti apposta per combaciare. La timidezza, anche se forse solo temporaneamente, è passata in archivio. Ora conta la pelle contro la pelle, l’acqua che li divide come un velo. Il battito finalmente calmo dei loro cuori. Il contatto prezioso che si è creato. Ora contano solo le emozioni e le sensazioni del presente.

“Mi togli una curiosità?” Sussurra ad un certo punto Hanamichi, scostando una ciocca di capelli dalla fronte di Kaede, per guardarlo negl’occhi. Lui annuisce, strusciandosi contro il suo collo. “Cos’è questo profumo che hai sempre?”
Kaede si stacca un po’ da lui e lo guarda, poi si stringe nelle spalle. “Sono io.” Risponde quindi e riguadagna la posizione sulla spalla del compagno.
Sakuragi sorride e gli accarezza i capelli. “Già, sei tu…” Mormora rilassato e lo abbraccia con tenerezza, arrendendosi al sentimento che gli scalda il cuore.

Si arrende alla volpacchiotta polare che, a giudicare dalla dolcezza delle sue carezze, surgelata non è affatto. Si arrende ad una persona della quale deve ancora scoprire tutto.  

Ma ci sarà tempo.

L’estate è appena cominciata. È iniziata stanotte. Un’estate che sarà piena di promesse, di sogni e di scoperte. Di vittorie, magari. Di battaglie, sicuro. Tutti eventi da affrontare insieme. Perché ora sanno che, anche se devi provare a lungo, esiste un modo per andare d’accordo.

Perché finalmente si sono trovati.

Perché questa sarà la loro estate.


FINE


 





   
 
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