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Autore: Melanyholland    08/06/2004    4 recensioni
Per non perdere per sempre la sua Ran, stavolta Shinichi dovrà combattere la battaglia più dura: quella contro se stesso
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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5. Hurt

Il cielo si stava facendo celeste pallido, una nuvola coprì il sole e i fiochi raggi che trapelavano attraverso le finestre nel vecchio edificio divennero quasi trasparenti; si udiva solo il flebile sibilare del vento e i lontani rumori del traffico cittadino. Un momento dopo aver pronunciato le parole più dolorose della sua vita Conan sentì crescere dentro di sé la paura e il pentimento, pensò alle conseguenze del suo gesto e un brivido gelido gli percorse la schiena. Davanti a lui, Atsushi Mori scoppiò in una risata rauca, lo guardò vittorioso schernendolo con i suoi piccoli occhi neri e si passò per l’ennesima volta la lingua sul labbro inferiore:

"Moolto bene mio caro detective. Sono davvero fiero di te. Adesso..."

"Adesso devi dirmi dov’è Ran!!" lo interruppe fulminandolo con lo sguardo.

"Certo, lo farò, ma dimmi: come hai fatto a rimpicciolire? Sai, i lettori vorranno saperlo quando..."

"Devi stare ai patti e io non ti dirò una parola di più finché Ran..."

La risata del giornalista si fece più fragorosa, Conan si abbassò quasi inconsciamente cercando qualcosa sulla sua scarpa, ma una fitta dolorosa lo bloccò a metà strada: si rese conto con orrore che se avesse calciato qualcosa aumentando molto la potenza del tiro avrebbe potuto farsi male sul serio, la caviglia non avrebbe resistito e probabilmente sarebbe stato costretto a terra da uno strappo.

Digrignò i denti e fissò con odio Mori, che riprese in tono leggero, ironico:

"Purtroppo per te, non sei nella posizione di dettare le regole, devi stare al mio gioco, Shinichi Kudo. Ma ti consiglio di fare meno storie e di rivelarmi quello che voglio sapere docilmente, perché sai, più tempo noi sprechiamo qui a litigare, meno possibilità avrà quella ragazza di salvarsi. E noi non vogliamo che si faccia male, non è vero?" Conan era davvero furioso. Quell’uomo si stava divertendo a prenderlo in giro, ad umiliarlo, il suo orgoglio stava subendo ferite profonde, per la prima volta desiderò davvero che morisse, che soffrisse soprattutto. Purtroppo

Certo il mio orgoglio è a questo che sto pensando mi brucia essere trattato così ma a Ran non penso lei è lì che mi aspetta sì ha bisogno di me sta male e l’unica cosa a cui io penso è il mio stupido orgoglio starò al suo gioco meschino gli dirò quello che vuole e poi in un modo o nell’altro rimedierò ma dopo che lei sarà in salvo è solo questo che deve importarmi ora

fu costretto a piegarsi alle sue regole e abbassando la testa esordì con voce flebile:

"Una pozione. Ho preso uno strano composto e sono diventato così"

"Capisco... e dove l’hai presa questa pozione? Chi l’ha inventata?"

Conan pensò ad Ai, il suo cuore ebbe un tonfo: per tutto il tempo non aveva fatto altro che considerare le conseguenze del suo gesto in prima persona, non gli era passato per la testa nemmeno per un minuto che stava mettendo nei guai anche lei. Con l’uscita dell’articolo l’Organizzazione avrebbe ripreso a cercare anche Ai...

So che l’Organizzazione possiede una mia foto di quand’ero bambina. Non ci metterebbero nulla a rintracciarmi se sapessero....

le parole pronunciate dalla ragazza il giorno del loro primo incontro risuonarono nella sua testa e Conan ora si sentì davvero male.

è stata colpa mia se sua sorella è morta Ai le ho tolto l’unica persona che contasse per lei e ora le tolgo anche la libertà la vita non posso lei conta su di me e io l’ho tradita senza nemmeno pensarci ma Ran non posso abbandonarla forse capirà ma io riuscirò a risolvere tutto dovesse costarmi la vita non le porterò via nient’altro

Strinse i pugni e alzò la testa incontrando lo sguardo inquisitore di Mori:

"Qualche problema detective?"

"Beh, sì in realtà..." Conan sorrise senza allegria "Ti credevo più intelligente."

"Come?" Il disgustoso ghigno del giornalista si incrinò: "Che vuoi dire?"

Volontariamente il piccolo detective aspettò un po’ prima di rispondere, assaporando la perplessità del suo interlocutore: "Se sapessi rispondere a quelle domande, credi che sarei ancora così?"

"Hai ragione... uh, la cassetta è finita..." con lieve stupore di Conan Mori estrasse dall’impermeabile un piccolo registratore tascabile: "Uhm, credo che possa bastare allora..."

"Bene, allora dimmi..."

"Dov’è Ran per caso? Sei noiosamente ripetitivo piccolo.. comunque è all’ultimo piano di questo stabile, attento, le scale sono pericolanti. Sbrigati però, il punto a cui l’ho assicurata è ridotto davvero male, ed è sospeso nel vuoto, può crollare da un momento all’altro..." Conan accese la torcia da polso e gli diede le spalle per correre , ma esitò un momento e si voltò: "Porterai la cassetta ai giornali, non è così?"

"Sì, penso proprio di sì" rispose Mori tranquillo, estraendo dalla tasca un pacchetto di sigarette.

"Ti rendi conto che la storia che vuoi raccontare è assurda? Pensi che saranno disposti a crederti nonostante tu non abbia prove materiali, ma solo la tua parola e quella di un bambino?"

Il giornalista strinse una sigaretta fra le labbra e avvicinò l’accendino alla bocca:

"Quello che dici è vero, ma piccolo..." sbuffò una zaffata di fumo: "è questo il bello degli scandali. Nessuno cerca mai prove concrete, tutti sono troppo occupati a stupirsi e a scandalizzarsi, e badano solo all’apparenza." Conan cominciò a correre, ignorando le dolorose proteste della caviglia: adesso doveva pensare solo a Ran. Raggiunta la rampa di scale si costrinse a rallentare, consapevole che avrebbe potuto farle crollare da un momento all’altro, tanto erano decadenti e messe male. Doveva raggiungerla alla svelta, fare presto, prima che fosse troppo tardi. A metà della salita il piede destro si poggiò su uno scalino che non resse il suo peso e crollò, facendogli sprofondare la gamba nel vuoto: sentì la pelle lacerarsi e al dolore della caviglia sì unì quello della ferita, pulsante e sanguinante.

Cercò di issarsi di nuovo in piedi facendosi forza sul ginocchio della gamba sinistra e sulle braccia, ma con scarso successo. Il dolore si fece insopportabile, una lacrima involontaria si formò sulle sue ciglia mentre il volto avvampava per lo sforzo

Oh no non posso fermarmi adesso non a un passo dal traguardo Ran mi aspetta non voglio altri rimpianti non li sopporterei voglio solo riportarla a casa devo farcela ora o mai più

Ran riemerse da quello stato di torpore e semi incoscienza che il sedativo le aveva procurato al suo risveglio: aveva sentito un rumore. Ancora una volta cercò di issarsi a sedere dimenticando di avere gambe e braccia legate strette e la delusione unita al dolore dei muscoli intorpiditi la fece gemere. Una ciocca di capelli bruni le ricadeva sull’occhio destro, che scrutava l’oscurità alla ricerca di qualche segnale di un eventuale ospite. Ma c’era davvero stato quel rumore o se lo era immaginato? Si concentrò sull’ambiente circostante cercando di percepire anche il più piccolo suono: sì, sentiva qualcosa, era un sussurro, c’era qualcuno lì con lei, forse Shinichi era venuta a salvarla. Le sue labbra si dischiusero in un sorriso, malinconico, infelice.

È il vento stupida solo il vento

Il suo viso si rabbuiò, era davvero inutile continuare ad illudersi, in fondo era proprio a causa della sua ingenuità che si era cacciata in quella situazione. Solo per colpa di

Shinichi

una sua illusione. Sarebbe stato meglio rassegnarsi e aspettare di morire di fame o di chissà cos’altro, invece di continuare a farsi del male. O magari cercare di liberarsi da sola...

Cominciò a dimenarsi, dando strattoni alla corda con tutta la forza che aveva, ma invece di sentire le funi allentarsi, ebbe la sensazione che qualcosa sotto il suo corpo stesse cedendo...

I sussurri continuavano, alcuni le sembravano acuti, altri più gravi, rauchi...

la sua voce

Sì, ne era certa, perché da quel momento in poi avrebbe sicuramente riconosciuto quello sgradevole timbro di voce ovunque. Era il suo sequestratore che parlava, non l’effetto del vento sui muri dello stabile. Il problema era con chi stesse discutendo: un complice forse? La paura crebbe di nuovo dentro di sé, forse stavano decidendo che cosa fare di lei... la voce più acuta sembrava arrabbiata, chissà, forse erano in collera perché il loro piano era andato a monte... l’uomo le aveva detto che Shinichi l’avrebbe salvata, ma lei sapeva che non sarebbe venuto, forse era questo che li infastidiva.

Poveri illusi se credevano che Shinichi avrebbe lasciato il suo importantissimo caso per venire a salvare me io non sono mai stata al primo posto nei suoi pensieri forse avrebbero fatto meglio a togliergli uno dei suoi stupidi libri di Conan Doyle allora sì che sarebbe venuto

le scappò una risatina isterica, dentro di sé il suo cuore parve lacerarsi e sanguinare e di nuovo una lacrima le rigò la guancia. Adesso sembrava che avessero smesso di parlare, sentì dei passi concitati venire verso di lei, sempre più vicini, salire le stesse scale che aveva percorso con una pistola puntata alla schiena

Viene ad uccidermi

Spaventata dai suoi stessi pensieri cominciò a dimenarsi furiosamente, sentì scricchiolii sempre più forti e frequenti finché qualcosa si staccò toccando terra dopo qualche secondo con un tonfo. Ran gridò sentendosi cadere, mentre le funi non più assicurate alla trave le scivolarono dal corpo. Con prontezza di riflessi si aggrappò con la mano alla prima cosa che trovò sentendo un dolore lancinante ai muscoli del braccio risvegliati dal torpore così all’improvviso e si ritrovò sospesa in aria

Non ce la faccio mi fa male non resisto il mio braccio fa male

Ran urlò invocando aiuto, mentre sentiva le forze venirle meno.

Conan udì un tonfo e poi il grido disperato di una ragazza.

Ran

Non aveva più tempo non poteva restare lì incastrato a quello scalino, non con Ran che urlava invocando aiuto. Raccolse tutte le forze e si issò, liberando in modo rapido ma non indolore la gamba: la ferita strusciò sulle pareti spaccate e appuntite dello scalino diventando più profonda, ma nonostante questo Conan riprese a correre stando attento a non mettere i piedi in fallo. Il dolore era insopportabile, la gamba pulsava e se non fosse stato per l’adrenalina che aveva in corpo forse sarebbe svenuto, tanto sangue stava perdendo. Faticosamente arrivò al secondo piano dell’edificio, alzò gli occhi e la vide, aggrappata ad un soppalco mentre una trave era sul pavimento sotto di lei, insieme a delle corde attorcigliate. Per arrivare in alto dove si trovava però doveva salire un’altra scalinata, più piccola ma non meno lunga, che portava vicino al tetto, esattamente dove lei era stata legata.

"Resisti Ran arrivo! Non mollare!"

La ragazza sobbalzò, quella voce acuta, non era di un rapitore, perché non l’aveva riconosciuta subito? "Conan kun!!" il braccio tremava violentemente per lo sforzo, non ce la faceva, sarebbe caduta di lì a pochi secondi, sentiva i passi del bambino sulle scale...

Conan corse ignorando il dolore alla gamba, sempre più vicino al traguardo, sperando che lei avesse la forza di resistere solo ancora un po’, ecco, era vicino, c’era quasi, solo qualche secondo...

Ran chiuse gli occhi stringendo i denti, basta, era finita, il suo corpo non avrebbe resistito oltre, cominciò ad allentare la presa...

Conan raggiunse il soppalco, poteva vedere la mano della ragazza aggrappata, si lanciò verso di lei ma la sua destra cedette e si ritrovò a terra, la vista che cominciava ad annebbiarsi...

Ran gemette disperata e mollò la presa, si sentì cadere finché forte come una morsa qualcosa le strinse il polso: aprì gli occhi e vide il volto pallido del suo ² fratellino² , grondante di sudore, che con un occhio chiuso e l’altro semi aperto la guardava, cercando di sorridere nonostante l’evidente malessere: "Coraggio Ran neechan, non ce la faccio da solo, cerca di aggrapparti con l’altra mano"

le disse con un fil di voce, sforzandosi ansimante. Seguì il suo consiglio e si ritrovò retta a Conan e al soppalco; grazie alla forza sviluppata durante gli allenamenti di Karate riuscì con fatica ad issarsi e quando finalmente fu in salvo sentì la morsa che gli stringeva il polso allentarsi. Si voltò e notò con orrore la scia di sangue che il bambino si era lasciato dietro, fino al punto dove ora era sdraiato, esausto: "Oh piccolo Conan kun!!" gli si avvicinò e lo strinse a sé, appoggiandogli delicatamente la testa nell’incavo del braccio e tamponando con il suo fazzoletto la ferita profonda che si era aperta sulla gracile gamba: "Cosa ti è successo? Come sapevi che ero... quell’uomo ti ha picchiato?"

Ran lo fissava preoccupata, gli occhi chiusi del bambino si aprirono lentamente guardandola:

"Ran... perché stai così male?" fu come se qualcosa la colpisse violentemente al cuore, i pensieri che si era tenuta dentro per così tanto tempo divennero pesi insostenibili e scoppiò in singhiozzi e lacrime senza neanche cercare di trattenersi:

"C... Conan io... non ce la faccio più! Avrei voluto essere più forte ma... Shinichi... lui per me è sempre stato così importante, fin da quando eravamo piccoli lui non mi ha mai lasciato sola... aveva i suoi casi, questo sì, ma nonostante tutto era sempre lì quando avevo bisogno di lui...sempre pronto a consolarmi a modo suo se ero triste, a farmi sorridere, a salvarmi la vita se ero in pericolo... pensavo... credevo davvero che lui fosse l’unica persona in grado di farmi stare davvero bene, che riuscisse a farmi felice..." si coprì gli occhi con la mano, e non vide lo sguardo carico di dolore del bambino mentre sussurrava con un fil di voce: "P..pensavi....e invece adesso..?"

"Adesso mi rendo conto che lui è l’unico che riesce a farmi piangere e soffrire! Io...io lo odio..." La sua voce si fece più dura, anche se rotta dal pianto, Conan abbassò lo sguardo: "Lo odio perché per lui sono insignificante, perché non valgo più di uno stupido caso... mia madre me l’aveva detto di lasciarlo perdere, ma io no, gli ho dato fiducia, ho creduto in lui, pensato che non sarebbe mai diventato così cinico e insensibile... invece lui ha tradito tutte le mie speranze, mi ha abbandonato... e io sono stanca di soffrire, stanca di sperare ogni mattina di alzarmi e di incontrarlo per la strada, che mi urla contro perché siamo in ritardo e io non l’ho svegliato..." Sorrise malinconica, le lacrime le avevano bagnato il viso arrossato a tal punto che i capelli le si appiccicavano sulle guance:

"Sono davvero stanca, Conan kun. Avevo paura ad ammetterlo, paura di far crollare l’immagine che avevo sempre avuto di lui...ma ormai... non ho più la forza di andare avanti così. Vorrei solo cercare di dimenticarlo... di smettere di amarlo così tanto... perché in fondo credo di aver amato solo l’illusione che avevo di Shinichi, non il suo vero io...perché non ho più voglia di vivere nell’attesa che lui si ricordi che esisto." Si strofinò gli occhi cercando di fermare le lacrime e quando tolse il dorso bagnato della mano notò che Conan aveva abbassato la testa, mostrandole solo i capelli scompigliati: "Scusami Conan kun, non volevo addossarti tutti i miei pensieri. Tu sei venuto a salvarmi, non mi hai abbandonato come quello...grazie" lo baciò sulla testa, lui rimase immobile, poi riuscì a sussurrare quasi senza fiato: "Ran io..." Lei lo guardò attentamente, c’era qualcosa che brillava sulla sua guancia:

"Conan ma tu stai piangendo! Scusa piccolo, la tua gamba... deve fare davvero male. E io che perdo tempo con le mie stupide chiacchiere. Ti porto subito da un dottore!" si alzò con lui fra le braccia, lacrime silenziose continuarono a scendere dagli occhi di Conan, che le si teneva ben stretto quasi avesse timore di perderla. Un timore irrazionale, perché era ormai troppo tardi.

  
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