Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Sigyn    10/09/2012    2 recensioni
Il Dottore arriva a Westeros. Raccolta potenzialmente insensata, crossover Game of Thrones/Doctor Who, primo esperimento con il Dottore - ergo, massacratela pure.
1. Dragons Are Cool: In cui Daenerys è confusa e ha l'impressione che ciò che sta per fare non sia una buona idea. [Eleven, Daenerys]
2. The Escapist, Paradise Seeker (Out of sight, out of time, away from my life): In cui, tra Greyjoy e Stark, Theon sceglie il Dottore. [Ten, Theon, accenni Theon/Robb e Ten/Rose]
3. A Gentle Heart, And Gentle Eyes: In cui Jorah fa domande a cui Daenerys non può rispondere, perché le risposte sono ovvie. [DW!AU, onesided Martha!Jorah/Ten!Daenerys, past Rose!Drogo/Ten!Daenerys]
4. I was all alone and I didn't have a place, you came into my life and then everything changed (Love takes time, and time is on our side): In cui tutto parte da una crepa nel muro [DW!AU, Eleven!Daenerys/Amy!Jon/Rory!Sam]
5. St. George and a Saracen and a funny Doctor: L'ispirazione, talvolta, arriva nelle forme più inaspettate. [Xaro Xhoan Daxos, Nine, Rose, San Giorgio, T. H. White]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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Personaggi: Amy!Jon, Eleven!Daenerys, Rory!Sam (nominati Eddard, Catelyn, Benjen, Robb, Sansa, Theon, Ros, Talisa, Ygritte, Lyanna, Rhaegar)
Pairing:
Amy!Jon/Eleven!Daenerys, Amy!Jon/Rory!Sam, Amy!Jon/Eleven!Daenerys/Rory!Sam, accenni Robb/Talisa, Robb/Theon, Jon/Ygritte, Rhaegar/Lyanna
Avvertimenti:
DoctorWho!AU, het, slash, threesome
Introduzione:
In cui tutto parte da una crepa nel muro.








4. I was all alone and I didn't have a place, you came into my life and then everything changed

(Love takes time, and time is on our side)




Jon Stark ha sette anni, e c’è una crepa nel muro bianco e anonimo della sua cameretta.

Quando prova a dirlo a suo padre, lui gli risponde che non c’è niente di cui aver paura, perché quella è una semplice crepa e perché, prima o poi, la faranno stuccare. Il suo viso rimane serio come sempre, con quella sua aria solenne, eppure Jon è certo di vedere una luce divertita nel profondo suoi occhi grigi – una luce simile a quella che gli illumina lo sguardo quando dice a Sansa che non c’è nessuna regina cattiva nell’armadio. Ma Sansa è piccola, e le sue paure sono stupide. E la crepa è reale, Jon lo sa.

Jon non ne parla mai a Catelyn – in effetti, con lei non parla quasi per niente. Ma suo padre lo fa, e da quel giorno gli sguardi che lei gli riserva sono ancora più diffidenti, più taglienti. Pensa che Jon sia strano. Catelyn non è nemmeno sua madre – i pettegolezzi dei vicini glielo ricordano costantemente – eppure fa male comunque, perché quando guarda Robb e Sansa i suoi occhi blu e freddi si fanno così sereni, così caldi.

I giorni passano, e la crepa è sempre lì, sul muro, beffarda e spaventosa. E, dietro il muro, ci sono sempre le stesse voci – ma il Prigioniero Zero, alla fine, riesce a fuggire.

E poi, una notte, Jon sente un tonfo sordo in giardino.



La prima impressione di Jon sulla Dottoressa è che è molto, molto strana. Insomma, la gente normale non compare dal nulla con una cabina blu della polizia al seguito, no?

La seconda è che è bella. Jon non pensa alla bellezza delle ragazze – quello lo lascia volentieri a quello smielato di Robb e a Talisa, quella bambina straniera che si è appena trasferita in fondo alla strada, vicino al negozio di antiquariato – ma con lei è inevitabile, quindi lui è giustificato: la Dottoressa ha un viso bianco come la neve e molto carino, sotto l’espressione confusa e e spaesata, e grandi occhi viola e lunghi capelli d’argento – e Jon non ha mai visto nessuno così, quindi oltre che bella gli sembra misteriosa, esotica. Nell’oscurità, la sua forma snella e pallida sembra fatta di pura, candida luce lunare.

La terza impressione è che è simpatica. Sempre strana, sì, ma in senso buono. In un certo senso, come lo zio Benjen che si è trasferito anni fa nelle Highlands e quando viene a trovarli cerca sempre di convincere Jon e gli altri ragazzi del quartiere ad iscriversi all’accademia in cui lavora, con un sorriso furbo e cento e uno aneddoti su corsi di autodifesa e cavalcate nella neve.

La Dottoressa è un po’ come lui, con il sorriso smagliante e gli occhi lontani e brillanti e l’aria di qualcuno che potrebbe raccontare storie meravigliose. Un po’ come lui, ma in un certo senso meglio.



Il quarto pensiero che la Dottoressa fa venire in mente a Jon è che lei è simpatica, ma si prende davvero troppo sul serio. 

Jon rovista nella credenza, tra ciotole e tegami, tentando con scarso successo di non fare rumore e sperando che la sua famiglia non si svegli. Ha la tentazione di dire una di quelle parole per cui Catelyn lo minaccerebbe di lavargli la bocca col sapone.

Dietro di lui, la forchetta della Dottoressa tintinna contro la ceramica del piatto, e Jon sente il suo sguardo impaziente sulla sua nuca. Beh, poteva anche evitare di gettare dalla finestra tutto ciò che ha provato a servirle finora.

Apparentemente, però, le Signore dei Draghi, Nate dalla Tempesta, Figlie e Madridei Draghi dell’antica Valyria – qualsiasi cosa sia – non mangiano assolutamente mai le mele. O i fritti scozzesi.



Quella notte stessa, Jon le chiede di portarlo con lei, in qualunque posto, in qualunque tempo – perché lei può andare ovunque, e i suoi occhi scintillano come grandi cieli pieni di stelle. La Dottoressa lo guarda attentamente, un’espressione indecifrabile negli occhi viola e profondi, e poi sorride e gli dice di sì.

- Torno tra cinque minuti – gli dice, chinandosi su di lui e guardandolo negli occhi. Jon annuisce, e la osserva tornare a passo svelto e sicuro verso la sua bizzarra cabina blu, in silenzio.  

Jon si fida di lei, e le crede. Per questo la aspetta, anche quando i cinque minuti diventano dieci, e i dieci minuti quindici.



Il suo primo incontro con Sam avviene qualche anno e tre psicologi dopo – Jon è diventato troppo strano, per Catelyn, e suo padre ora le dà ragione. E i suoi fratelli si stanno stancando di ascoltare le storie della Dottoressa con la luce della luna tra i capelli, e perfino Sansa ha ripreso ad aprire normalmente l’armadio.

Ci sono degli altri ragazzi intorno a lui, ragazzi che lo bersagliano con una raffica di insulti e colpi, di codardo e ciccione. Jon li conosce tutti, e sa che non sono tanto pericolosi quanto vorrebbero far credere: spaventarli e farli fuggire sarebbe facile anche se non fosse così preoccupato per quel ragazzino grasso steso per terra, le mani sul viso per proteggerlo e nessuna apparente voglia di difendersi.

Quando i bulli se ne sono finalmente andati, Jon si china su di lui. –Ehi! Tutto a posto? – gli chiede. L’altro non sembra avere alcuna intensione di togliere le mani dalla faccia e se ne resta lì, tremando in silenzio. Jon sbuffa: - È tutto okay. Se ne sono andati – prova a rassicurarlo, ma non ottiene ancora nessuna risposta.

Jon prende le mani del ragazzo tra le sue in un gesto deciso, e le allontana cercando di essere gentile. È così che si trova davanti il viso paffuto e arrossato di Sam per la prima volta, e i suoi occhi grandi e confusi che si riempiono in pochi istanti di un’ammirazione esitante e incredula. 

Lo sguardo del ragazzo si sposta rapidamente sulle loro mani, e poi di nuovo sul viso di Jon. – G ... grazie – balbetta, in un tono che è allo stesso tempo gratitudine e sorpresa, come se non credesse nemmeno che Jon sia davvero lì davanti a lui.

Solo dopo, quando lui e Sam cominciano a conoscersi meglio, Jon scopre che nessuno, nemmeno suo fratello, ha mai provato a difenderlo prima.



Dopo un po’ di tempo, Jon comincia a raccontare anche a Sam della Dottoressa, del Prigioniero Zero, della cabina venuta dalle stelle. Sam è bravo ad ascoltare, e non lo giudica mai per ciò che gli dice. Poi, però, anche lui cresce. 

Accade in un giorno di neve, con i loro respiri che si condensano in piccole nuvole di vapore nell’aria gelida, sotto un cielo di un bianco lattiginoso. Sam ha le guance arrossate e dei fiocchi di neve tra i capelli, e non prova nemmeno a nascondere il suo fastidio. L’Inverno sta arrivando, e il suo amico lo odia.

Jon, invece, lo ama. Ama il candore della neve, il modo in cui sembra capace di rendere il mondo un posto più silenzioso e più calmo. Ama giocare a palle di neve con Robb e iniziare vere e proprie lotte con quello sbruffone di Theon, ama ascoltare la voce melodiosa di Sansa cantare le carole natalizie e cercare il regalo giusto per Arya e Bran, ama le luci e i festoni e tutto ciò che ad un occhio esterno farebbe sembrare gli Stark una vera famiglia – è un’illusione breve e agrodolce, e Jon sa che alla fine delle feste, come ogni anno, gli lascerà solo un retrogusto amaro in bocca e qualche ricordo lontano nella mente, eppure la ama comunque.

- Forse dovresti dare ascolto allo psicologo. Forse potrebbe davvero esserti d’aiuto – dice Sam, all’improvviso. Jon si volta verso di lui: il suo tono di voce è calmo e ragionevole, ma i suoi occhi sono dubbiosi, quasi impauriti.

Lo psicologo, nella mente di Jon, è solo Numero Quattro. È un ometto basso e tarchiato, con il viso grassoccio e gli occhiali dalle lenti spesse sopra il naso lungo. Dice che la Dottoressa è una proiezione dell’affetto che Jon vorrebbe poter trovare nella sua famiglia, una specie di amica immaginaria. 

- Credi che io sia pazzo? O un bugiardo? – chiede Jon a Sam, guardandolo dritto negli occhi. La sua voce è dura, ferma, e suona alle sue stesse orecchie come una fiacca imitazione del tono serio e tagliente che suo padre assume quando parla con i suoi colleghi. Sam sembra sul punto di dire qualcosa, la bocca che si apre e si richiude senza emettere un suono, gli occhi spalancati.

Ma quando Jon gli volta le spalle e comincia ad allontanarsi a passo spedito, il rumore dei passi affrettati di Sam nella neve dietro di lui raggiungono subito le sue orecchie – e, immediatamente, arriva anche il tonfo di qualcosa di grosso e pesante che scivola su una lastra di ghiaccio e cade.

Jon fa solo un altro paio di passi, prima di sospirare e tornare verso di lui per aiutarlo a rialzarsi.

Per molto, molto tempo non parlano più né della Dottoressa né degli psicologi, fino a quando Catelyn comincia a pensare che non ne abbia più bisogno.



Un giorno, Theon decide di portare lui e Robb in un locale. All’inizio, Jon è riluttante, ma Robb riesce a convincerlo: per qualche assurda ragione, sembra che Theon gli piaccia. Jon lo vede, il modo in cui fissa il suo sorriso e cerca di trattenere una risata alle sue battute. 

Appena arrivati, Robb ammutolisce, e fa saettare lo sguardo da Theon agli avventori del locale e alle ragazze che li stanno intrattenendo. E arrossisce.

- Theon – dice Jon infine, dopo un profondo respiro: - ci ha portato a vedere uno strip-tease? -. L’unica risposta è uno di quei suoi sorrisi arroganti e maliziosi che Jon vorrebbe cancellare a forza di schiaffi, e un e anche di più pronunciato con aria fin troppo complice.

Jon lancia uno sguardo a Robb: dovrebbero andarsene, e lo sanno entrambi. Eppure, Theon riesce a convincerli a rimanere per quelle che dovrebbero essere solo un paio di birre.

Ovviamente, le birre sono molte di più, e alla fine della serata Robb e Theon sono scomparsi in qualche angolo buio del nightclub e Jon si ritrova davanti il sorriso impudente di una donna più grande di lui, dai disordinati riccioli rossi e gli occhi brillanti. Ha delle tette splendide è l’unico pensiero coerente di Jon mentre una mano di Ros – si domanda se sia il suo vero nome – gli fa segno di seguirla in un posto più appartato, le unghie laccate di scarlatto che scintillano per pochi istanti nella luce soffusa, e l’altra si posa leggera sul suo petto, carezzandolo da sopra la camicia.

Jon pensa per un attimo a lunghi capelli d’argento, a un corpo snello e minuto di luce di luna, a un sorriso che diceva non devi aver paura delle voci perché ora ci sono io. Poi, pensa a Sam, senza nemmeno sapere perché.

Quella notte, non riesce a combinare niente con Ros.



Sam racimola abbastanza coraggio per baciarlo solo un paio di mesi dopo.

Non che Jon non abbia mai pensato di farlo per primo, in seguito a quello notte. Solo, non pensava che anche lui provasse gli stessi sentimenti nei suoi confronti.

Stanno parlando come hanno già fatto tante volte, e Sam continua a fissarlo. Jon si sentirebbe a disagio, se solo non fosse consapevole di fare fin troppo spesso la stessa cosa, da un po’ di tempo. L’espressione di Sam si fa seria, ferma, il suo sguardo intenso – e, con un movimento cauto ma deciso, avvicina il viso al suo.

E poi, le loro labbra si sfiorano.

È un contatto breve e delicato, quasi impercettibile, ma non incerto. Jon rimane in silenzio, e i loro volti si allontanano lentamente.

- Mi dispiace – dice Sam, ma non sembra che rimpianga veramente il suo gesto. Continua a guardarlo, l’espressione triste, consapevole, come se sapesse che Jon lo rifiuterà e fosse pronto ad accettarlo. È difficile credere che sia lo stesso Sam di sempre, lo stesso ragazzo goffo e pauroso con la testa china su uno dei suoi vecchi libri polverosi e lo sguardo sempre basso.

Jon sa da molto tempo che Sam è gay. Sa che suo padre non lo accetta, che suo fratello lo prende in giro per questo, che sua madre finge che non sia vero.

Jon, invece, sa di aver avuto per anni una cotta per la sua Dottoressa, di essere stato ammaliato dal sorriso di Ros, di aver provato per un po’ ad uscire con Ygritte per i suoi bellissimi capelli rossi e il suo umorismo irriverente. E sa anche che gli piace Sam.

Per questo lo bacia di nuovo.



Il giorno dopo, il mondo sta per essere distrutto da una qualche specie di polizia e aliena e la Dottoressa gli sorride come la notte in cui l’ha incontrata per la prima volta. Jon ancora non riesce a credere che sia tutto vero, che lei sia vera.

Eppure, eccola lì, a dare la caccia ad alieni che potrebbe avere l’aspetto di qualsiasi cosa e a fargli domande strane come perché c’è una cuccia per il cane, se non avete un cane?. Dopo un paio di corse a perdifiato e di affermazioni assurde, Jon in un certo senso si sente finalmente a casa.

Forse, è per questo che le presenta Sam come un amico, nonostante il suo sguardo leggermente offeso. Lei è la sua Dottoressa, in fondo, e questa è la sua avventura – e lui ha già aspettato così tanto.

E poi, a fine giornata, quando la Terra è salva e gli alieni se ne sono finalmente andati, lei riparte senza di lui. Jon stavolta decide subito di non aspettare tutta la notte in giardino.



- Come sarebbe a dire, non voglio venire con te? -.

La Dottoressa lo fissa esterrefatta, i begli occhi viola larghi e confusi. Ha l’aria di non essere una persona che accetta senza troppi problemi un no come risposta.

- Jon Stark, io posso portarti in qualunque luogo nell’Universo e nel flusso temporale. In una cabina della polizia tenta ancora, come se questo bastasse a sistemare tutto. E, in effetti, Jon è tentato di andare con lei.

- Sono passati due anni – dice invece, e osserva con un vago senso di soddisfazione la Dottoressa sbattere le palpebre e aprire la bocca. La sua espressione, però, torna presto quella sicura di sempre, con il suo sorriso smagliante:- Beh, credo che tu abbia aspettato abbastanza -.

Jon la guarda. Il suo viso è sempre quello candido e delicato di tanti anni prima: è la sua Dottoressa fatta di luna, il fantasma della sua infanzia.

- Puoi riportarmi qui per domani? – le chiede, infine.



La Dottoressa sembra vecchia – sembra quasi umana.

Se ne sta lì, a fissare nelle profondità dell’Universo da un’ampia finestra – finestrino? Oblò? Jon non è sicuro di come funzioni, per le astronavi -, l’espressione corrucciata e lo sguardo assente. Per la prima prima volta, il suo pallore la fa apparire fragile agli occhi di Jon, troppo minuta, troppo sottile.

- Ehi – comincia, e poi non sa come continuare. Le posa una mano sulla spalla, delicatamente. Lei si volta verso di lui, gli occhi due ametiste dure e fredde: - Sono la Dottoressa. L’ultima figlia dei Signori dei Draghi di Valyria. Ho visto luoghi che tu non potrai mai raggiungere, conosciuto creature che non riusciresti nemmeno ad immaginare, salvato migliaia di civiltà in pericolo. E tu, un semplice essere umano, invece di seguire i miei ordini hai pensato di poter decidere per me -.

Jon le accarezza una ciocca di lunghi capelli argentei, folti e morbidi tra le sue dita: – Già. Io, un semplice essere umano, ho preso la decisione giusta -.

La Dottoressa abbassa lo sguardo, e quando lo rialza i suoi occhi sono più caldi, più vivi: - Già -. E quelle labbra che Jon ha sognato e rimpianto per così tanto tempo si piegano lievemente all’insù.

E Jon lo sa che il giorno dopo deve sposarsi, lo ricorda perfettamente – ma la bacia comunque.



Il giorno dopo, la scelta di Jon è tra una cerimonia e l’intero Universo, tra un tradimento verso la persona che ama e uno verso se stesso. Alla fine, non può fare altro che chiedere alla Dottoressa di portare anche Sam con loro – e spiegarle la situazione. 

La Dottoressa lo guarda con un’espressione che potrebbe essere quasi gelosia, ma acconsente alla sua richiesta: solo per un po’, solo finché entrambi non si stancheranno.

La prima volta che Sam mette piede nel TARDIS e comincia a sciorinare una complessa lezione sulle teorie scientifiche sui viaggi nel tempo, lo sguardo della Dottoressa gli fa temere che quella sia anche l’ultima. 

– Ho letto tutto in un libro – si difende Sam.

- Preferirei un semplice è più grande all’interno, grazie – replica la Dottoressa, guardandolo male.



- Rendi le persone pericolose per loro stesse – le ringhia contro Sam, con negli occhi una luce che Jon non ha mai visto nel suo sguardo. La Dottoressa, al contrario, improvvisamente sembra non sapere più cosa dire: i suoi occhi viola continuano ad essere puntati su Sam, pieni di un qualcosa tra l’incredulità e l’ammirazione.

- Sam, non è successo niente – prova a farlo ragionare Jon, una mano ancora sul braccio colpito. Fortunatamente, sente solo un dolore sordo, che non sembra preannunciare niente di grave. – Sto bene -.

Sam si volta verso di lui, e fa per dire qualcosa – e, nella baia di White Harbor, l’acqua ribolle quando i kraken tornano all’attacco, e non c’è più tempo per parlare.



Di lì in poi, è tutto una caotica, veloce sequenza di alieni a tre teste e alieni a quattro teste e Primi Ministri e pianeti da salvare e artisti morti. 

- Non mi sono mai divertito tanto! – dice a Sam una notte. Beh, non è mai veramente notte, perché quando è in viaggio il TARDIS non appartiene a nessun preciso momento nel tempo, ma sono nella camera accanto alla cucina con palestra incorporata che momento indefinito dopo momento indefinito è diventata la loro camera e nessun alieno sta tentando di ucciderli, quindi dev’essere notte.

È vagamente consapevole che la sua idea di divertimento sia abbastanza diversa da quella di molta gente, e si domanda cosa ne pensi Sam, come giudichi quella che Jon è presto arrivato a considerare la sua nuova vita. Si chiede se gli manchi la sua famiglia, se abbia nostalgia della biblioteca dove gli piaceva passare ore immerso tra mappe geografiche e tomi di storia antica anche se ora il suo rapporto con la Dottoressa èmigliorato e sembra essersi lentamente adattato alle loro avventure in tutti quei mondi lontani.

Ma Sam annuisce e sorride, e quel sorriso gli raggiunge gli occhi e li illumina.



Ci sono dei momenti in cui Jon li guarda entrambi, li osserva, li confronta.

Sono così diversi, e così simili. Una fatta di luce e d’argento e di neve, delicata e candida e con il fuoco più caldo e brillante negli occhi, e l’altro un qualunque giovane uomo dal Regno Unito, pianeta Terra, Via Lattea, un puntino nella vastità infinita dell’Universo. Eppure, hanno lo stesso sguardo deciso, intenso – Jon si chiede se, guardandosi in uno specchio, riuscirebbe a vederlo anche nei suoi occhi, perché viaggiare nel TARDIS è qualcosa che ti entra dentro, nel sangue e nelle ossa, ti sconvolge e ti cambia. 

Non c’è esattamente un momento in cui realizza di amarli entrambi, forse non allo stesso modo ma con lo stesso calore, la stessa intensità: è un insieme di piccole cose, piccoli sguardi e piccoli gesti e piccoli istanti di vita insieme nella loro eterna corsa contro il tempo e la morte, che finalmente lo aiuta a comprenderlo.



È un’altra non-notte, a bordo del TARDIS. Jon si sta avventurando per i corridoi, tentando di ritrovare la loro stanza: si sposta piuttosto spesso, ma mai quanto la biblioteca, che scompare e riappare all’improvviso e senza alcuna logica.

Non sa nemmeno come, ma si ritrova a camminare verso la sala di controllo del TARDIS.Pensa di entrare e chiedere aiuto alla Dottoressa – anche se dubita che perfino lei conosca completamente la sua nave – ma si ferma quando sente la voce di Sam.

- Mi dispiace per quella frase, davvero. E avrei dovuto scusarmi prima, ma non era mai il momento adatto. Insomma, siamo costantemente in pericolo di vita ... e tocca sempre a te salvare tutti – comincia il suo ragazzo, la voce gentile, incerta.

- Non importa. È passato tanto tempo – ribatte la Dottoressa, in tono definitivo. C’è una nota di calore, nella sua voce, di serenità.

C’è una breve pausa, e poi: - Il tempo non passa, nel TARDIS, perché è il TARDIS a passare attraverso il tempo -. La Dottoressa ride, e gli chiede se ha letto anche questo in un libro. E dopo c’è un altro momento di silenzio, più lungo e pieno di significati. 

Jon torna a cercare la sua stanza con il sorriso sulle labbra.



E, infine, tutto si fa ancora più rapido e confuso e spaventoso del solito. Ci sono una legione romana e una prigione aliena e un’armata e l’unica cosa che Jon riesce a capire dell’intera situazione è che l’Universo sta finendo. E che la Dottoressa potrebbe non tornare mai più, stavolta per davvero.

- Tornerà. Rimetterà a posto le cose, sai che lo fa sempre – gli dice Sam, stringendogli la mano come se avesse paura di perderlo se lo lasciasse andare per un solo secondo, mentre la Realtà stessa muta e muore tutto intorno a loro. Jon vorrebbe potergli credere, davvero.



Il giorno del suo matrimonio, come ogni mattina Jon Targaryen si sveglia nella sua stanza al rumore di una discussione tra suo padre e sua madre in cucina e l’abbaiare di Ghost, e per un attimo, mentre si strofina gli occhi con il dorso di una mano, tutto il mondo gli sembra impossibile, assurdo.

Jon sbatte le palpebre e lancia un’occhiata al muro di fronte al letto: nessuna crepa. Non ci sono mai state crepe, è vero. 

Eppure, quando si alza per vestirsi e scendere a fare colazione, Jon sente il bisogno di controllare ancora, osservando il muro nella coda dell’occhio.





Sua madre è la donna più bella del mondo. Jon non sa perché si ritrova a pensarlo, in fondo la vede ogni giorno, eppure quella mattina è comunque la donna più bella del mondo.

Quando glielo dice, Lyanna Targaryen lo guarda stupita, per poi sorridere e dirgli che ad adularla basta suo padre. Ha lunghi capelli castani, e la faccia lunga e gli occhi grigi di zio Ned – da ragazzo, suo padre ha scritto molte poesie su quegli occhi, e ancora oggi le regala mazzi di fiori blu in ogni occasione speciale.

Jon non ha tempo per riflessioni del genere, però: ha un matrimonio per cui prepararsi, e la sensazione di continuare a dimenticare qualcosa. 



Ci sono quasi tutti, alla cerimonia: Robb e Theon, zio Ned e il resto dei suoi figli, zio Benjen, Ygritte, Talisa. Jon riesce a scorgere perfino zia Catelyn, tra gli invitanti, con un sorriso fin troppo cortese e amichevole e tutta la sua freddezza negli occhi chiari. 

Jon non ha mai capito l’antipatia che sua zia prova nei suoi confronti, specialmente considerando che va d’accordo con tutti i suoi cugini, e in particolare con Arya.

I genitori e il fratello di Sam non sono venuti, invece. Jon non ne sente la mancanza, e spera che per il suo futuro marito sia lo stesso.

Eppure, manca qualcun altro all’appello. Qualcuno di importante, qualcuno di essenziale – e Jon non riesce a ricordare il suo nome.  

Per tutta la durata della cerimonia, sente odore di mele e fritto.



Solo dopo il loro breve, catastrofico e meraviglioso ricevimento, Jon torna a respirare liberamente. Solo nel TARDIS si sente di nuovo a casa, e l’intero Universo – in tutti i suoi luoghi, in tutti i suoi tempi – ha di nuovo senso.  

- Come abbiamo potuto dimenticarti? – si domanda Sam, ancora sconvolto ma felice.
La Dottoressa sorride, e si lancia in una lunga e complicata spiegazione di cui, alla fine, interessa solo a loro due. Jon guarda il mondo oltre la porta del TARDIS, il cielo terso e buio, il ristorante dove hanno organizzato il ricevimento e in cui ci sono ancora tutti quegli invitati che si staranno certamente ancora chiedendo cosa diavolo sia successo.

Jon sorride e chiude la porta: a che gli serve il mondo, quando ha le due persone che ama ed è pronto a partire?  

 

 



 

 Note finali:

... Argh. Questa cosa non doveva essere così abnormemente lunga, lo giuro, non so perché è venuta così. E mi sto appassionando a Doctor!Dany – e non so scrivere Jon/Dany, credo. Però Jon/Sam è il mio OTP, quindi spero di aver fatto un lavoro decente almeno in questo senso.

Il titolo viene dalla canzone With You di Natalie Walker. L’ispirazione, infatti, mi è venuta guardando per l’ennesima volta questo video Eleven/Amy/Rory: http://www.youtube.com/watch?v=8r72rR095cM

  
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