-Io
vado Santana- disse
Puck sistemandosi il borsone sulle spalle.
-Ti
accompagno-
Ero
già passata da Quinn
quella sera, si preannunciava un temporale.
-Tanto
devo già scendere
in paese-
Lo
osservai
distrattamente prendere la macchina e allontanarsi mentre chiudevo il
cancello
del cimitero.
Stavo
per aprire il
garage dove tenevo la mia macchina quando una folata di vento seguita
da uno
schianto secco mi fece voltare immediatamente.
Rientrai
nel cimitero
,senza preoccuparmi di chiudermi il cancello alle spalle, e mi
incamminai verso
il luogo da cui era venuto il rumore: era una zona del bosco dove non
andava
nessuno e che col tempo era diventata incurata.
Mi
feci strada tra i rami
e i cespugli fino ad arrivare all’origine del rumore: un grosso ramo secco
caduto, probabilmente a
causa del vento.
Mi
avvicinai di più per
controllare i danni quando si alzò una nuova folata di vento.
Un
ramo alle mie spalle
scricchiolò pericolosamente prima di rompersi con un colpo
secco.
Non
feci in tempo a
spostarmi che mi colpì la nuca.
L’ultima
cosa che ricordo
fu l’impatto con l’erba fredda.
Poi
svenni.
*
“Forse non
è stata una buona idea” pensai
mentre l’ennesima ondata si riversava sulla mia barca.
Lanciai
uno sguardo alla
bussola: l’ago girava impazzito fermandosi prima su Est poi
su Nord.
“Bussola
fuori uso”
appuntai mentalmente.
Un’onda
più forte delle
altre mi strappò il timone delle mani ma in quel momento il
mio problema più
grande era la vela: c’era troppo vento, si sarebbe potuta
strappare da un
momento all’altro.
Mi
alzai con l’intenzione
di ammainare la vela e procedere a motore ma un’altra onda
travolse la barca
facendomi perdere l’equilibrio.
Caddi
in avanti sbattendo
la testa sullo spigolo del tavolino al centro del pozzetto.
“Sto
per morire” fu il
mio ultimo pensiero mentre l’ennesima onda mi colpiva e tutto
attorno a me
diventava buio.
*
“Il fronte temporalesco si è
ora spostato più a
sud, verso la California. E’ la giornata perfetta per
un’uscita in barca ma si
consiglia caldamente di rientrare in porto prima del tramonto per
evitare il
mare agitato dalle forti correnti del golf…”
Spensi
la radio con un
colpo secco; possibile che in quella città le persone non
sapessero fare altro
che parlare di mare e barche?
Mi
passai di nuovo la
mano sulla nuca, incontrando il bernoccolo che il ramo mi aveva
lasciato.
I
ricordi della sera
prima erano ancora confusi: ricordavo di essere rimasta svenuta per
qualche
minuto poi probabilmente ero tornata a casa anche se non avevo idea di
come
avessi fatto.
Uscii
di casa, inspirando
una lunga boccata di aria fresca sperando che in qualche modo avrebbe
attutito
il dolore alla testa, sembrò funzionare.
Per
un paio d’ore non
vidi nessuno, poi scorsi finalmente
Puck, arrivato da qualche minuto.
Probabilmente
ora che
aveva fatto sbollire il suo senso di colpa si sentiva di nuovo
autorizzato ad
arrivare in ritardo.
-Di
nuovo in ritardo
Puckerman?!- gli gridai da lontano –Sapevo che non poteva
durare!-
Lui
non si girò e rimase
piegato sull’aiuola che stava potando, facendo un gesto con
la mano come per
scacciare una mosca.
Scossi
la testa, non
sarebbe cambiato mai.
-Non puoi fare un
po’ più piano?- si lamentò
una voce quando aprii la bocca per gridare di nuovo.
Brittany
era accucciata
all’ombra di un abete, teneva la testa tra le mani e sembrava
aver visto giorni
migliori.
-Scusa-
dissi, sorpresa
di trovarla li -Tutto bene?-
-Si,
credo- rispose in un
lamento -Sono solo un po’ acciaccata per l’uscita
di ieri- si scostò i capelli
dalla fronte scoprendo un lungo taglio, che stava cercando di tamponare
con un
fazzoletto.
Mi
avvicinai di un passo
e lo esaminai.
–Sembra
brutto- constatai
alla fine –Dovresti metterci dei punti-
Brittany
gemette –Non
voglio andare in ospedale, se Finn scopre cos’ho combinato
ieri mi uccide-
Feci
una mezza risata,
sebbene non avessi idea di chi fosse Finn.
-Non
preoccuparti, ho un
kit di pronto soccorso a casa mia; ti disinfetto il taglio. Meglio di
niente…- le
porsi la mano per aiutarla ad alzarsi.
Esitò
-E
dai- insistetti –Non
avevi detto che non ti spaventavo?-
Brittany
esitò di nuovo,
solo per un attimo, poi afferrò la mia mano.
Non
appena le nostre mani
si sfiorarono, un brivido mi attraversò la schiena.
Conoscevo
quella
sensazione: la provavo ogni volta che toccavo Quinn.
Rimasi
un attimo
interdetta: Brittany era li di fronte a me, viva.
E
quel brivido era stato
così breve e debole, solo un pallido eco della sensazione
che provavo toccando
Quinn, che fu facile per me ignorarlo.
Lasciai
subito la mano di
Brittany e le feci frettolosamente strada fino a casa mia.
*
-Stai
ferma- le intimai.
Brittany
era seduta sul
tavolo, in modo da avere il viso alla mia altezza, il kit di pronto
soccorso
era aperto di fianco a lei.
Le
scostai delicatamente
i capelli dalla fronte; il taglio era meno profondo di quanto avessi
pensato.
Sentii
Brittany
trattenere il fiato quando il cotone le passò sulla ferita.
-Ti
ho fatto male?-
-No
tranquilla- sorrise.
Solo
in quel momento mi
resi conto di quanto fossimo vicine.
I
nostri visi alla stessa
altezza.
Se
avessi voluto, mi
sarebbe bastato sporgermi leggermente in avanti per toccare le sue
labbra.
E
Brittany non sembrava
per niente a disagio per questo, eppure doveva aver notato anche lei
quanto
fossimo vicine.
Non
si scostò, non mi
allontanò, ma rimase ferma a fissarmi negli occhi.
Era
vicina… così
vicina.
Mi
riscossi in tempo,
finii di sistemarle il cerotto sulla fronte e mi scostai velocemente.
-Ecco
fatto- feci un
sorriso tirato mentre lei scendeva dal tavolo con un saltello
–Cerca di stare
più attenta la prossima volta-
-Contaci-
sorrise –E
grazie, mi hai praticamente salvato la vita-
-Tranquilla.
Ordinaria
amministrazione- scherzai –Comunque buona fortuna per la tua
regata-
-Grazie-
-È
un giro lungo- mi
sentivo una perfetta idiota.
-Già…-
annuì –Magari
potremmo vederci prima che io parta, così te ne posso
parlare con più calma-
Esitai
un attimo: anche
se avevo smesso di andare a vela dall’incidente di Quinn, le
barche mi interessavano
ancora molto e la proposta di Brittany era solo quella di farci una
chiaccherata innocente, giusto?
-Certo, che ne dici di venire a
cena da me stasera?-
proposi alla fine.
Brittany
assentì con
entusiasmo –A che ora vengo?-
Lanciai
un’occhiata agli
orari del tramonto: 19:00 quel giorno.
-Alle
otto- risposi poi
–Ti lascio il cancello aperto-
‘’Solo
un’innocente cena
fra amiche’’ mi ripetei.
Tuttavia,
guardando
Brittany allontanarsi, non potei fare a meno di pensare che quella
ragazza mi
affascinava.
*
-Quinn?-
chiamai, mentre
la luce del tramonto illuminava la radura deserta.
-Buongiorno-
disse una
voce alle mie spalle, facendomi sussultare.
Quando
mi voltai trovai
Quinn che mi guardava sorridente.
-Cos’è
quella faccia?
Sembra che tu abbia visto un fantasma-
-Ha.ha.
Quinn,
divertente. Da morire dal ridere- borbottai sarcastica.
Quinn
sorrise di nuovo,
poi piegò la testa di lato fissandomi in silenzio.
-Cos’hai?-
chiese poi.
-Niente,
perché?-
-Sei
strana stasera…- mi
fissò ancora poi scosse la testa –Comunque, che si
dice nella terra dei vivi?-
-Niente
di che, le solite
cose…ah, stasera viene una ragazza a cena da me- le
raccontai brevemente quello
che era successo con Brittany.
-Fai
conquiste Lopez?-
ammiccò quando ebbi finito –E’ carina?-
-Oh,
molto- la provocai
–Alta, bionda, occhi azzurri…- le sventolai
davanti al naso il giornale che mi
ero portata dietro: in prima pagina c’era un articolo sulla
giovane velista che
avrebbe affrontato la regata in solitaria, con tanto di foto.
-Brittany
Pierce?- lesse
strappandomi il giornale di mano –Non
c’è che dire, te la sei scelta bene-
-Ho
ottimi gusti lo so-
scherzai –Basta guardare la mia ragazza…-
Appena
finii la frase, il
sorriso si spense sul suo volto. –Santana…-
cominciò allontanandosi prima che
potessi sfiorarla.
-Cosa?!-
esclamai subito
–Che problema c’è Q.?!-
Perché
faceva sempre
così?
-Vuoi
sapere che problema
c’è?- scattò lei
–C’è che sono morta! Morta capisci?! Non
potrò mai darti la
vita che ti meriti! Non potrò mai darti vita!-
-Perché
non lasci decidere
a me che tipo di vita voglio?-
-Perché
tu non sai
decidere razionalmente in questa storia! Stai con me perché
ti senti in colpa,
non perché mi ami!-
Spalancai
la bocca
incredula.
Non
riuscivo a credere a
quello che aveva detto, che dopo tutto quello che avevo fatto per stare
con lei
mettesse ancora in dubbio che l’amassi.
-Sai
che ti dico?!-
esclamai arrabbiata –Forse hai ragione, sto solo perdendo
tempo con te! E si,
Brittany è davvero bella; se ci provo magari stasera riesco
pure a portarmela a
letto!-
Mi
pentii delle mie
parole un’istante dopo che le avevo pronunciate.
Sia
perché avevo sbattuto
in faccia a Quinn che consideravo sprecato il tempo che passavo con
lei, sia
perché avevo descritto Brittany come una ragazza da una
botta e via. E non pensavo
davvero nessuna delle due cose.
Ma
in quel momento ero
troppo arrabbiata per scusarmi e rimangiarmi le mie parole.
Così
mi limitai a
fissarla in silenzio per qualche secondo, poi me ne andai: dopotutto
avevo una
cena da preparare.
*
Scusate
il ritardo: sono
nel bel mezzo di un trasloco che coincide con una perfezione svizzera
con l’inizio
della scuola e con un calo di ispirazione.
Probabilmente vi sarete
stancati di sentirvelo dire ma lo so che anche questo capitolo sembra
uguale
alla storia originale…aspettate solo un altro pochino.