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Autore: BigEyes    16/09/2012    1 recensioni
(SECONDO CAPITOLO DELLA SERIE: IN THE NAME OF JESUS)
La ragazza si voltò di scatto asciugandosi in fretta la lacrima col dorso della mano. Sentì rumore di passi.
- Lucia sei tu? – domandò, guardando l’interno del soggiorno al buio – Heliu non fare questi scherzi..- continuò, attraversata dall’adrenalina. Deglutì mentre si voltava verso il mare.
Ma di fronte si trovò un ragazzo, appoggiato al balcone con la schiena, con braccia e gambe incrociate
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'In The Name of Jesus.'
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Un taglio. Un piccolo taglio e il chip sarebbe scivolato via.
“E tu? Sei pronto a rinunciare alla tua libertà personale?  Sapranno sempre tutto di te, da ciò che mangi a dove vai, dal tuo conto in banca alla tua anamnesi medica: e potrà anche influenzare il tuo umore. Il Marchio della Bestia minacciato dall'Apocalisse, è a un passo dalla realtà. “
Questo gli dissero. Quel marchio che poteva influenzare il suo umore per compiere omicidi, sacrifici umani, rapine era ora sotto la cute della fronte.
Più si saliva di livello, più gli adepti potevano cambiare le sorti del mondo a loro piacimento. Judas, ad esempio, poteva provocare crisi economiche mondiali e guerre.
Il giorno in cui accettò il contratto, Acab, venne legato sull’altare di marmo bianco. Lo anestetizzarono e, prima di chiudere gli occhi, sentì queste parole:
Inoltre obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d'uomo; e il suo numero è seicentosessantasei.(ndr. Apocalisse 13:16-18)

 Acab fissò la lama del coltellino scintillare. Rialzò il mento e quella lama si fuse con l’esile silhouette di Ariel.
Dov’era finito quel sorriso che gli faceva palpitare il cuore? Poteva vedere il suo respiro rompersi e i singhiozzi che le facevano tremare le spalle. Chi le aveva fatto del male  doveva pagare.
 
Si avvicinò a lei con passi veloci, si posizionò di fronte al suo viso e le sfiorò le braccia, ma Ariel al suo tocco si scostò di scatto.
Gli occhi di Acab si sbarrarono. Ariel teneva gli occhi bassi, fissati al pavimento. Le lacrime le rigavano il viso impetuose.
-          Ariel – le sussurrò – cos’hai? – sfiorandole il viso bagnato col dorso della mano. Lei gliela schiaffeggiò con occhi pieni rabbia. Si sentiva presa in giro, delusa. Tutto quello che le aveva detto erano bugie. Solo bugie.
-          Non toccarmi mai più, - gli ringhiò lei.-vai via. – bisbigliò.
-          No, - la scongiurò - questo non puoi chiedermelo… – Come avrebbe fatto senza il tocco del suo angelo, senza sentire più il calore che solo il suo tocco gli provocava?
–        …Chi ti ha fatto questo? Perché stai così male? Perché non vuoi che ti sfiori? – espose tutte queste domande d’un fiato, senza accorgersi dell’espressione stupita di Ariel, che dietro la ciocca di capelli sbarrava gli occhi dalla sorpresa.
–        Tu, Acab – affermò, giratasi e  mostrandogli  gli occhi rossi – tu mi hai fatto questo.
–        C…come? – balbettò acuendo il tono dallo stupore – non è possibile. I..io non avrei mai potuto farti del male. Io..- stava per dirle quello che provava, quando Joshua, avendo girato l’angolo e avendo sentito i singhiozzi della ragazza, fu atterrito da un dispiacere che gli annodò la gola.
Si avvicinò alla schiena di Ariel fissando Acab con sguardo torvo. Le appoggiò entrambe le mani sulle spalle e la spostò verso di sé quasi per ricordare ad Acab con chi avrebbe avuto a che fare se l’avesse fatta soffrire.
-          Cosa succede qui, Acab?
-          La cosa non ti riguarda – il tono altero e lo sguardo accigliato di Acab si contrapponevano al sorriso malizioso e al tono pacato di Joshua.
-          Mi riguarda se si tratta di Ariel.
-          E da quando? Chi sei tu  per venire qui ed intrometterti in un discussione che non ti compete? – irato gli puntò l’indice contro il petto.
 
Ariel  era stretta tra i due litiganti, tra Acab e Joshua. Il passato e il presente. Il bene e il male?
 
-          Basta! – urlò lei, battendo un piede a terra. – non sono il vostro giocattolo! Joshua – girò le spalle ad Acab e si rivolse al castano – non devi difendermi solo perché sei in competizione con Acab, solo perché vuoi di mostrare di essere cambiato. Non devi dimostrarmi niente, sei e sarai il mio migliore amico, su cui potrò sempre contare! Così con dimostri di aver abbassato l’orgoglio.
 
Le sue parole erano taglienti come la lama di una spada, e la cosa che più faceva male a Joshua era che aveva ragione. In tutto.
 
-          Acab, - si girò ad occhi bassi e si schiarì la voce – io pensavo che tra noi c’era qualcosa…
-          Ma …- le sue labbra si chiusero al tocco delle due dita di Ariel.
-  Fammi finire Acab. – deglutì -  va bene, forse mi ero illusa di qualcosa che mi ero solo immaginata, e sicuramente Thabita fa al caso tuo, cioè è bellissima, comprende il tuo passato…
 
Si interruppe quando Acab le strinse il viso tra i palmi delle mani ed esclamò a voce alta:
-          Ma sei tu il mio presente Ariel!-  Congiunse le sue labbra a quelle di lei, mentre nel corridoio e nel cuore di Ariel aleggiava ancora quella frase.
 
Si dimenticò perché era arrabbiata con lui. Gli occhi sbarrati dalla sorpresa si chiusero dolcemente immersi nel sapore delle labbra di Acab. Il cuore mancò qualche battito e avvertì un violento colpo all’imboccatura dello stomaco. Sentì il rossore divampare dalle guance e arrivare al petto.
 
Thabita incrociò le braccia al petto, arresa. Acab non capiva che quel fuoco di paglia poteva farlo cadere in giudizio. In fondo pensava ancora che quei cristiani erano degli ipocriti, avrebbero giudicato le sue origini e il suo passato. Una come lei non avrebbe mai potuto stare con lui.
 
Joshua non poté sopportate la vista di quel bacio. Sentì il sangue che gli ribollì nelle vene. La luce non poteva stare con le tenebre. Era assurdo.
Li oltrepassò, mise le mani dentro le tasche e rivolse uno sguardo agli occhi glaciali di Thabita, che scosse il capo quasi a voler fargli comprendere che anche lei non accettava quell’unione.
 
-          Padre deve venire a vedere –  Nathan aveva aperto la porta violentemente con un sorriso a trentadue denti e Padre Max sobbalzò, intento com’era a leggere le Sacre Scritture. – si bussa figliolo. – fece un sospiro, posò gli occhiali da vista sulla pagina della Bibbia, che stava leggendo e si strofinò gli occhi pesanti. – 1 Corinzi 13 – sussurrò per ricordarsi il passo a cui era arrivato -Cosa c’è Nathan?
-          L’amore trionfa a Filadelfia – esclamò con un sorriso sghembo.
-          Quale amore intendi?
-          Amore…un uomo …una donna ..si incontrano si piacciono..- disse insicuro.
-          Amore carnale?
-          No ..cioè si..perché quanti amori ci sono?
-          Nathan, Nathan, - il padre si alzò dalla poltroncina, si avvicinò al ragazzo col fare di un insegnante e gli poggiò una mano sulla spalla – caro figlio mio, esiste l’amore passionale, umano, che come tutte le cose umane prima o poi finisce, e poi c’è l’amore di Dio. Quell’amore che si manifesta nella comunione dei santi, tra fratelli, che fa scorrere lo Spirito Santo nel Corpo di Cristo, ovvero la Chiesa, quello che si sacrifica per il bene del prossimo. Che ama gli altri come ama se stesso.
 
Nathan ascoltava, attento ad ogni singola parola.
-          L’amore umano fa sempre danni, quando non è lo Spirito Santo a guidare ogni cosa. Se un cuore è contrario ad un unione, per gelosia o invidia, questi sentimenti possono portare all’odio e quando c’è l’odio lo Spirito non scorre perfettamente tra i fratelli e le sorelle. Quindi – fece un sospiro –andiamo, sento che c’è bisogno di un po’ di ordine.
 
Il pastore uscì dal suo ufficio, seguito da Nathan, percorse un corridoio e voltando l’angolo vide una scena che non gli piacque: Acab ed Ariel si sorridevano con occhi languidi, mentre Thabita e Joshua si parlavano, lanciando occhiate malevole ai due.
Decise così di intervenire: l’amore di Dio doveva prevalere sempre e comunque.
 
-          Joshua, Thabita venite qui! – li richiamò con voce autorevole e con sguardo severo.
Ariel si girò verso il padre e poi verso Joshua aggrottando la fronte, Acab alzò un sopracciglio con aria interrogativa.
-          Si padre – gli sorrise il ragazzo.
-          Joshua, pensavo che il tuo cuore era diventato immune ai cattivi sentimenti.
-          Infa..
-          Aspetta non ho finito – lo interruppe – non è così ragazzo, il tuo cuore deve amare la verità e la luce. Se tu hai dentro la luce, ami la luce. L’invidia e la gelosia sono sentimenti che ti avvicinano alle tenebre. Perché vuoi ostacolare i piani di Dio?
-          Ma io non voglio ostacolarli…- lo sguardo di Joshua si rivolse ad Acab e Ariel.- padre li guardi, non può essere da Dio quella unione.- li indicò con la mano.
-          Tu chi sei per sapere i piani di Dio! – nella voce del padre  si celava un velo di rabbia. – oh l’uomo che vuole mettersi al posto di Dio! – esclamò  – i tuoi piani non possono essere quelli del Creatore. Acab è stato perdonato, per questo ama. Ricordati a chi molto è stato perdonato molto ama. Dio non guarda ai peccati, guarda al cuore.
  
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