WARM ME UP
San
Mungo 25 dicembre 1995
«Noi
aspettiamo fuori, Molly» disse Tonks. «È meglio che
Arthur non veda troppa gente in una volta... Prima la famiglia».(*)
Fu un attimo e la porta si richiuse dietro le spalle
della donna dai disordinati capelli rossi e dal viso malamente invecchiato più
nelle ultime ore che negli ultimi anni.
Tonks restò fuori fissando la porta dietro la
quale erano scomparsi poco prima la famiglia Weasley
al gran completo ed i due membri occasionali, Hermione ed Harry.
Osservò la porta in silenzio per qualche
istante ancora, come a volersi imprimere bene a mente le parole riportate nella
targhetta di bronzo invecchiato che recitavano: “Reparto Dai 'Pernicioso' Lle-wellyn: morsi
gravi.”.
Malocchio Moody, che ben poco era dedito al dolce far nulla, iniziò a
camminare avanti e indietro per la corsia del San Mungo con il suo passo non
troppo leggiadro a causa del bastone che anticipava i suoi stessi passi e
riempiva l’innaturale silenzio dell’ospedale di tonfi profondi dovuti
all’andatura claudicante.
Ninfadora Tonks,
invece, appoggiò le spalle al muro in cerca di sostegno lasciandosi andare ad
un sospiro stanco mentre lo sguardo si perdeva su ciò che la finestra di fronte
mostrava.
La neve cadeva
lenta quella fredda mattina di Natale, imbiancando le strade e i tetti degli
edifici, provocando in lei un sorriso involontario. Aveva sempre amato
l’estate, il sole e quei colori forti che parevano trasmettere calore anche
solo alla loro vista, eppure ogni regola aveva sempre la sua eccezione.
La neve e il
modo buffo con cui i piccoli fiocchi argentei si lasciavano cadere oscillando
appena, erano la sua.
Le ricordavano
persino, in un modo del tutto privo di senso, l’uomo che si era impossessato
dei suoi pensieri e del suo cuore.
Tonks aveva sempre trovato
singolare, seppure eccezionalmente incalzante, il fatto che Remus Lupin fosse
un po’ come la neve.
All’apparenza
freddo come solo quei fiocchi sanno essere, con l’immancabile flemma e
pacatezza che lo contraddistinguevano e che ricordavano quasi la loro andatura
prudente durante la discesa.
Eppure persino
la neve più fredda era in grado di sciogliersi al sole, così come lo stesso
Remus era in grado di lasciarsi andare al calore. Se ne rendeva conto anche lei
di come, persino nei giorni che precedevano la luna piena, bastasse un suo
piccolo sorriso per far sparire all’istante tutta quella freddezza.
Ricordò
esattamente quanto la sera prima, durante la cena, il suo sguardo preoccupato e
il suo silenzio l’avessero rapita e distratta al punto da essere inciampata
facendo cadere la pila di piatti che sorreggeva tra le mani.
Si sarebbe
volentieri nascosta sotto il mantello dell’invisibilità di Harry solo per
sottrarsi alla sguardo di rimprovero che Molly le aveva lanciato, ma bastò la
mano che Remus le aveva posato sulla spalla a cancellare l’imbarazzo. Lei gli
aveva sorriso riconoscente e di nuovo aveva visto quegli occhi sciogliersi come
neve al sole.
Al pensiero di
quella mano le si strinse il cuore mentre un brivido la percorse da capo a
piedi. Lui dovette male interpretare quella fugace scossa di piacere poiché si
affrettò a chiudere la finestra semi aperta prima di sistemarsi nuovamente
dinanzi a lei.
Tonks lasciò che il suo sguardo
vagasse per il pavimento mentre un leggero rossore le colorava le gote di
imbarazzo per quel piccolo gesto di accortezza che aveva avuto nei suoi
riguardi.
Di tanto in
tanto alzava lo sguardo con malcelata curiosità solo per vedere se lui la
stesse guardando, ma non era mai riuscita a vedere i suoi occhi che, specchio
dei suoi, sembravano invece trovare nelle pareti e nelle persone intorno punti
di maggiore interesse.
- Credo che per
Molly non ci sia regalo più grande che essere qui – sussurrò appena lei,
incespicando di tanto in tanto con qualche parola.
Remus la
guardò.
- Cioè… non nel
senso che sia bello essere al San Mungo, ma che Arthur stia bene, seppure sia
ricoverato. –
Lui sorrise
divertito per la sua buffa espressione dispiaciuta e lei lo imitò. Ridere era
sempre stata per lei la panacea migliore contro l’imbarazzo o persino contro il
senso di disagio che talvolta sembrava coglierla a causa della sua goffaggine.
Dora non era
mai stata in tutta la sua vita una ragazza molto sicura di sé, per questo
nascondere questa sua mancanza dietro ad un sorriso era per lei di vitale
importanza, al contrario di Remus che invece sembrava aver perso insieme alle
parole persino la voglia di sorridere.
Fissò di nuovo
la targhetta del reparto, “Morsi gravi”.
Tonks non aveva pensato quanto
potesse fargli male quel posto, non aveva affatto pensato quali ricordi
potessero riaffiorare in lui solo per essere lì, in uno degli infiniti corridoi
di quell’ospedale.
Le si strinse
il cuore. Era sempre così.
Ogni volta che
pensava a quale maledizione lui si portasse dietro le veniva voglia di
abbracciarlo. Merlino solo sa quanto quella maledizione la riguardasse da
vicino, poiché ogni cosa che affliggeva Remus era un po’ come se colpisse anche
lei.
Ormai non
sapeva più dire da quanto tempo si fosse innamorata di lui o come fosse potuto
accadere, ma sapeva con certezza che ogni sua preoccupazione, ogni suo affanno,
era anche il suo.
Così lei in
quei momenti gli passava accanto, posava una mano sul suo braccio e sorrideva.
Sapeva che nessuna parola sarebbe bastata o sarebbe stata adeguata. D’altra
parte non era mai stata molto brava con i discorsi profondi, così preferiva che
fosse il suo sorriso a parlare per lei e a dirgli che, alla fine, sarebbe
andato tutto bene.
E così fece,
ancora una volta, mentre fuori dalle finestra chiusa la neve continuava a
cadere placida ed indisturbata al contrario del cuore che dentro al suo petto
si agitava incontrollato, scandendo i battiti come fossero rintocchi di un orologio.
Remus la guardò
distrattamente ricambiando appena il suo sorriso e lei allentò immediatamente
la presa dal suo braccio per paura che lo avesse infastidito.
Era
incredibilmente strano il fatto che lui fosse per Tonks l’unico male che
un sorriso non sarebbe mai riuscito a guarire e, al tempo stesso, anche l’unico
sorriso che nessun male avrebbe mai potuto oscurare.
- Mi chiedevo … – Dora si schiarì la voce
cercando di ricacciare dentro l’imbarazzo - … mi chiedevo se ti andasse di fare
due passi, mentre aspettiamo, ecco. –
Voleva allontanarlo da quel reparto,
voleva proteggerlo o forse, semplicemente, voleva poter stare un po’ da sola
con lui, lontano dai continui mormorii di Malocchio e dalle infermiere che
correvano da una stanza ad un’altra.
- Dobbiamo pensare ad Harry ora, Dora, e
ad Arthur. –
- No – disse delicata - Non ora. Sono al
sicuro qui e sono certa che si vorranno fermare ancora un po’. – Sembrava quasi
volerlo supplicare, sembrava quasi volerlo accarezzare con la sua sola voce
tanto era fragile e sorprendentemente voluttuosa.
- Ninfadora … –
- Non chiamarmi Ninfadora,
Remus – odiava il suo nome soprattutto se a pronunciarlo erano quelle labbra.
Sembrava quasi che mettessero tra di loro una distanza maggiore, a ricordargli
che mai tra loro sarebbe potuto nascere qualcosa.
Si allontanò appena, facendo un passo
incerto e le braccia di Remus si mossero come spinte dal suo più profondo
desiderio di toccarla, ma si fermarono poco prima di sfiorare le esili spalle
della ragazza.
Avrebbe voluto avvicinarsi, abbracciarla, stringerla a
sé senza il timore di ferirla in alcun
modo.
E invece era proprio quella paura che ogni volta lo
dissuadeva dal comportarsi con lei come avrebbe voluto in realtà fare,
semplicemente amandola.
Erano giorni che faticava persino a
guardarla. In lui vi era una perenne lotta, combattuta tra l’irrefrenabile
voglia di accarezzarla e il malsano desiderio di allontanarla.
Non sarebbero mai potute esistere al mondo
persone più diverse di loro, più inconciliabili o semplicemente più innamorate.
Eppure proprio per questo si era ripromesso che mai l’avrebbe ferita, e dirle
la verità sarebbe stato come condannarla.
Lei così fiduciosa, così piena di vita.
Lei, così goffa, così spontanea, così
testarda, così colorata non avrebbe
potuto, non avrebbe dovuto,
condividere la sua vita con lui, che era invece così fastidiosamente
ragionevole e sbagliato.
Non l’avrebbe mai condannata ad una vita
di restrizioni con il rischio di poterla ferire in quelle notti in cui non
sarebbe stato più lui.
Quelle notti in cui il suo corpo non
sarebbe più stato il suo e la sua anima
sarebbe stata privata della sua ragione, condannandolo alla bestialità
più assoluta, preda dell’istinto e di una circonferenza pallida che niente
aveva a che vedere con la concezione romantica a cui tutti, da sempre,
associano la luna.
E non avrebbe neanche condannato se stesso
alla paura di poterla ferire, preferendo piuttosto trascinarsi dietro tutta la
sofferenza di un desiderio represso, frutto di frasi taciute, di gesti
cancellati ancor prima che prendessero forma fuori dalla sua mente, e di
sentimenti repressi.
Eppure se lui avesse avuto il coraggio di
mostrarsi per ciò che era – innamorato
– si sarebbe sorpreso di scoprirsi compreso – amato -.
Avrebbe dovuto immaginare quanto lei
tenesse a lui; avrebbe dovuto immaginare quanto poco le importasse ciò che una
volta al mese era costretto a diventare, perché l’uomo che lui era non sarebbe
mai scomparso e lei lo avrebbe amato perché non c’era in lui qualcosa che non
conoscesse – e amasse - già.
Lei lo sapeva.
C’era un posto dentro di lui in cui faceva freddo. Un
posto in cui nessuno era entrato mai.
Un posto freddo come la neve e buio come
le notti che precedevano la luna piena ricordandogli chi fosse.
C’era un posto dentro di lui fatto di
silenzi pieni di paure e domande.
Pieni di sensi di colpa e risentimento.
C’era un posto dentro di lui in cui, senza di lei, faceva troppo freddo.
Tonks era l’unico sole capace di riscaldare
quel posto, di penetrare silenziosa come uno spiraglio di luce e sciogliere la
neve che si depositava dentro di lui solo con un sorriso, quello che mai
sarebbe stata in grado di negargli.
E lei sembrò leggerglielo negli occhi
poiché si avvicinò di nuovo e, prendendo una mano tra le sue, parlò ancora.
- Posso farti una domanda? – lui annuì. –
Tu … provi qualcosa per me? – la voce incerta, gli occhi che scrutavano il suo
viso troppo terrorizzati anche solo al pensiero di riuscire a leggere il suo
sguardo, la sua anima.
Avrebbe sopportato tutto purché fosse
stata la verità.
Niente compromessi o menzogne a fin di
bene. Solo la verità.
Ora che la Guerra magica rischiava di
piombare loro addosso non poteva correre il rischio di scomparire senza davvero
aver vissuto e amato, senza davvero aver amato lui, interamente, completamente.
Alzò lo sguardo puntandolo fiero negli
occhi di Remus e vi lesse dentro qualcosa – desiderio?
- che la spinse a fare ciò che mai aveva avuto l’ardire anche solo di pensare.
Si
alzò piano, sulle punte dei piedi, mentre le sue mani si spostavano sulle
spalle di Remus per mantenersi meglio in equilibrio.
Si avvicinò al suo viso in quelli che
erano stati i secondi più lunghi della sua vita e l’eternità più breve, e posò
le labbra sulle sue in una timida e pallida imitazione di un bacio.
Non avrebbe di certo approfondito quel
contatto, troppo impaurita da un suo possibile e improvviso rifiuto, troppo
spaventata anche solo da quell’audacia che non credeva di possedere. E, seppure
le loro labbra si sfiorassero appena, le sembrò di impazzire.
Il tempo aveva perso ogni sua forma e lo
spazio non era mai stato così superfluo.
Fu un solo contatto e bastò per bruciarle
lo stomaco e rendere le sue gambe instabili.
Bastò per capire che, in fondo, anche lui
lo desiderava davvero.
Eppure si allontanò, piano, sperando che
non si trattasse di un sogno mentre le mani di Remus la sospingevano delicate
lontano da lui.
- Tonks … -
deglutì lui a vuoto, come per calmarsi e trovare un po’ di quel coraggio che la
dolcezza delle sue labbra aveva annientato. - … No, non insistere oltre. Ti
prego –
- E’ tutto ciò che hai da dire? Non
insistere oltre? – la sua voce incrinata, così fragile, così flebile, rischiava
di spezzare anche lui. - Non c’è davvero altro che vorresti aggiungere? -
Lui restò in silenzio, forse per la prima
volta in vita sua a corto di parole per spiegare cosa sentisse dentro.
L’inferno e il paradiso. La ragione e il
desiderio.
Semplicemente lui senza lei.
Restò in silenzio cercando di reprimere
quella parte di lui che voleva solo chiedere un bacio ancora e riuscì solo a
denegare con il capo mentre la vedeva incassare quella che, probabilmente, era
stata una delle sue più grandi delusioni, in silenzio.
Lo sguardo di Tonks
vagò per la sala in cerca di un particolare che l’aiutasse a respirare e
impedisse alle lacrime di scivolare sul suo viso.
Si concentrò sull’infermiera, che parlottava
tra sé e sé in cerca dell’aiuto di Merlino; poi fece scivolare il suo sguardo
fin sul piccolo bambino seduto poco lontano, troppo impegnato a scartare una cioccorana e ad addentarla con espressione
soddisfatta per accorgersi di loro.
Tirò su con il naso cercando di trovare
almeno un motivo valido per non scoppiare in lacrime lì, davanti all’intero
ospedale, che sembrava continuare ad andare avanti senza rendersi conto di come
il suo cuore decelerava bruscamente, quasi come fosse al capolinea della sua
corsa, sotto lo sguardo addolorato di Remus.
Si chiese se si fosse immaginata persino
il tipico rumore del piatto che si
infrange al suolo, mentre il suo cuore si sgretolava pian piano all’interno del
petto.
Remus la guardò attentamente.
Non sapeva se avvicinarsi e abbracciarla
o, meglio, scappare via a gambe levate, lontano da quella piccola donna che
riusciva a confonderlo come mai nessun altro era stato in grado di fare.
Erano poche le persone con le quali Remus
si era confidato, si potevano contare a malapena sulle dita di una mano.
C’erano i suoi malandrini, i suoi
fratelli, e poi c’era Harry, quel piccolo grande uomo dall’enorme
determinazione e dalla malcelata fragilità che gli faceva così tanto ricordare
se stesso. Per quanto in cuor suo sapesse di volere Dora, di amarla, non le
avrebbe mai permesso di avvicinarsi a quella parte di sé che persino lui
detestava con tutte le sue forze.
Dovette sforzarsi di reprimere ogni suo
istinto.
Cercò di non guardarla. Vedere come i suoi incisivi avevano preso a giocare con
la carne piena del suo labbro inferiore in un gesto di rabbia e riflessione
l’avrebbe soltanto ucciso.
Cercò di non toccarla. Quelle sue mani grandi sembravano fatte appositamente per
quel suo viso piccolo e delicato, ma anche solo sfiorare quelle guance accese
di imbarazzo e umiliazione lo avrebbe portato ad abbandonare ogni suo più
disperato tentativo di proteggerla dal dolore, di proteggerla, in realtà, da se
stesso.
Cercò di non amarla, per quanto ogni cosa in lei procurasse una fitta non
indifferente a quel suo cuore da troppo tempo muto, mentre quel sorriso che,
incerto, faceva capolino su quel viso contratto in un’espressione di dolore che
non era riuscita a mascherare lo faceva vacillare.
- Perfetto – Tonks si maledisse per
quel flebile sussurro intriso di tristezza. Aveva sperato che quei pochi
istanti di silenzio le concedessero almeno quella dignità nella voce che le sue
lacrime le avevano strappato con inaudita violenza.
- Allora credo davvero che non ci sia altro da aggiungere – si
asciugò in fretta le guance umide e si spostò di lato pronta a raggiungere
Malocchio. Magari il suo perenne malumore e quella eccessiva smania di
controllo l’avrebbero distratta per un po’ e aiutata a recuperare parte di
quella gioia che illuminava sempre il suo giovane viso.
Si allontanò senza prestare troppa attenzione alle infermiere
che le passavano accanto, troppo occupata com’era a cancellare dalle guance
ogni segno di debolezza.
Si ritrovò a passare dinanzi alla vetrata di una porta e gettò
uno sguardo distratto al suo riflesso.
I suoi capelli rosa cicca sembravano ora solo un lontano
ricordo. Si ravvivò appena una ciocca di un pallido rosa spento sistemandosela
malamente dietro l’orecchio destro mentre faticava a riconoscere i suoi stessi
occhi, innaturalmente privi di vita.
La figura più alta di Remus le comparve alle spalle in silenzio,
facendola sussultare appena per la sorpresa.
- Mi dispiace. Non avrei dovuto risponderti con così poco
riguardo alla cortesia – il suo tono pacato e dispiaciuto la fece quasi
arrabbiare.
- Sinceramente, Remus – iniziò lei senza voltarsi ancora – non
ho mai sentito qualcuno rifiutare una persona in modo così educato – avrebbe
voluto esprimersi in maniera ironica e volutamente acida, ma tutto ciò che le
venne fuori fu un tono delicato che esprimeva solo dolcezza, mentre l’eco del
suo cuore infranto rimbombava ancora nelle sue orecchie.
Le mani di Remus le afferrarono le spalle girandola bruscamente,
mentre lei tentava di nascondere i suoi occhi ancora troppo lucidi per poter
nascondere ogni menzogna.
- Non puoi innamorarti di me, Dora – finalmente era riuscito ad
abbandonare per un po’ quei toni pacati che sfioravano quasi l’indifferenza.
Ogni parola sembrava ora più sentita, più viva.
- Oh, beh, grazie tante per avermi avvertito, Remus. – non lo
sopportava. Avrebbe ingoiato qualsiasi rifiuto, qualsiasi frase di disprezzo,
ma le era impossibile passare oltre queste parole piene di ovvietà e prive di
senso. – Non mi importa se tra noi ci sono dieci anni o… –
- Tredici – specificò lui
- …O ancora se sarai altro da te per una sola notte al mese –
- Un licantropo, Dora. – la voce spazientita e gli occhi perduti
a fissare quel suo volto incredibilmente dolce.
- So esattamente chi sei, Remus. Ed è per questo che ti amo –
Avrebbe potuto interromperla altre mille volte e spiegare cose che le erano già
estremamente chiare, se avesse voluto, ma quello che lei provava non sarebbe
mai potuto cambiare. Non nell’arco di una vita, almeno.
- Vivere è facile ad occhi chiusi, Remus, ma non sarebbe vivere.
Ed io ti amo e non posso fingere il contrario. – fu costretta a distogliere lo
sguardo e a puntarlo altrove. Si era ripromessa di non piangere più in sua
presenza, per quel giorno almeno. Era stanca di recitare sempre la parte della
bambina innamorata. Se aveva l’età per combattere e affrontare il Signore
Oscuro, allora aveva anche l’età per affrontare ogni sua paura, persino quella
di essere rifiutata dall’unico uomo che avesse mai davvero amato.
- Dora – la voce di Remus, bassa e profonda, la riscosse appena
dai suoi pensieri. Le mani ancora appoggiate alle sue esile spalle. Gli occhi
fissi nei suoi. Avrebbe passato l’intera sua esistenza, lì, sorretta da quelle
mani, sfiorata da quel suo sguardo.
- Sarà… - avrebbe voluto dirle mille cose.
- Lo so. –
- … Ed io non… -
- Non mi importa –
- … E se mai dovessimo… -
- Ci penseremo poi. – qualsiasi cosa lui avesse voluto dire,
qualsiasi paura avesse voluto condividere, Tonks era
pronta a scacciarla.
- Non importa, se anche tu mi ami. – E lei lo sapeva che in
fondo era così, che lui l’amava e l’avrebbe amata proprio allo stesso modo in
cui faceva lei. Con la stessa passione, con la stessa devozione. Lo lesse in
quello sguardo felice e addolorato al contempo, in quella stretta dolce che
l’aveva avvicinata a lui fino a che il suo viso non fu nascosto nella piega del
collo. Lo lesse nel battito accelerato del suo cuore, nel tipico rumore sordo
che fa un sorriso appena nasce, nelle mani delicate che l’allontanavano
leggermente da sé per spiare quegli occhi meravigliosi e leggervi quanto amore
ci fosse dentro.
Lo lesse nello sfiorare delicato dei nasi, che si incontrarono e
nelle mani che strinsero una ciocca dei suoi capelli nuovamente pieni di vita,
e nel dolce incontro delle loro labbra.
E alla fine lo lesse anche nelle sue parole sussurrate, che
sapevano di scuse e di una verità celata troppo a lungo.
C’erano state notti di luna piena in cui il suo cuore era freddo
come la neve.
C’erano state notti in cui neanche il fuoco era stato in grado
di smorzare quel gelo che avvertiva dentro. C’erano state notti che ora poteva
dimenticare. Con Dora al suo fianco Remus ebbe finalmente la consapevolezza che
ci sarebbe ancora stato un posto freddo dentro di lui, ma che ci sarebbero
stati anche giorni in cui il suo sorriso avrebbe riscaldato quel suo cuore
tormentato.
Giorni in cui la neve avrebbe ceduto il passo alla primavera e
non ci sarebbe più stato quel freddo, per lui, a fargli compagnia, perché
quelle notti lei avrebbe sorriso per entrambi.
(*) Harry Potter
e l’Ordine della Fenice
NdA
Salve^^
Questa one-shot,
che si è classificata terza al contest "Di Obblighi e Libertà" indetto da Eloise_Hawkins sul
forum di EFP, è il mio primo esperimento sulla coppia Remus/Ninfadora, quindi non assicuro niente xD
Come avrete capito anche da soli,
si inserisce al quinto anno di Harry, durante la visita che la famiglia Weasley fa, scortata dall’ordine, al povero papà Arthur
ricoverato al San Mungo il giorno di natale.
Non mi sono concentrata tanto
sulla caratterizzazione esteriore dei personaggi – anche se persino la Rowling
non ha mai approfondito molto, purtroppo - quanto su quella interiore. Sui loro
pensieri, sui loro sentimenti.
Ho lasciato che i due prompt principali, neve e sorriso, divenissero un po’ i
personaggi stessi (e spero sinceramente che almeno in parte si sia capito). Ninfadora è il sorriso e il sorriso, a sua volta, è il modo
in cui lei affronta la vita, con spensieratezza e gioia. Remus, invece, è la
neve e la neve è, come dice lo stesso Ligabue, quella parte nascosta che si
porta dietro. La neve è il freddo della sua maledizione. Purtroppo non sono
sicura che si sia capito pienamente, ma spero lo stesso che le mie parole non
risultino prive di significato.
Ho cercato di essere il più
possibile fedele ai personaggi per questo, tra gli avvertimenti, non ho
segnalato l’OOC.
Che altro dire , ora, se non
ringraziarvi per essere arrivati fin qui??
Quindi, grazie mille, davvero!! :)
Ros
PS: Ecco il giudizio della giudiciA
Terza classificata
Warm me up, di LittleNanny
Vincitrice del Premio Miglior utilizzo del prompt
Grammatica,
ortografia e punteggiatura: 6,8/10
Il tuo
punteggio non è basso, ma poteva sicuramente essere migliore. A parte i vari
errori di punteggiatura (di cui non faccio una colpa a nessuno perché sono
certa di essere io a mettere troppe virgole, anche dove non serve) hai fatto
qualche errore di ortografia che di certo si poteva evitare con una lettura più
attenta, e qualche errore di concordanza verbale che spero non commetterai più
ora che te li ho fatti notare.
Stile
e lessico: 9/10
La neve e il
modo buffo con cui i piccoli fiocchi argentei si lasciavano cadere oscillando
appena, erano la sua.
Non so cosa volessi scrivere qui, ma
questa frase mi è sembrata incompleta. Ti consiglio di ricontrollarla.
ed ad Arthur
Questa frase è un po’ cacofonica.
Non la considero come errore perché sarebbe sciocco, ma personalmente avrei
scritto “e ad Arthur”.
Fu un attimo
e la porta si richiuse dietro le spalle della donna dai disordinati capelli
rossi e dal viso malamente invecchiato più nelle ultime ore che negli ultimi
anni
Malocchio Moody, che ben poco era dedito al dolce far nulla, iniziò a
camminare avanti e indietro per la corsia del San Mungo con il suo passo non
troppo leggiadro a causa del bastone che anticipava i suoi stessi passi e
riempiva l’innaturale silenzio dell’ospedale di tonfi profondi dovuti
all’andatura claudicante
Riporto
queste due frasi perché sono quelle che ho trovato più difficili da leggere.
Hai uno stile davvero molto particolare, e un lessico molto ampio, ricco. Il
tuo è un modo di scrivere intenso, non saprei trovare altra definizione.
Ho amato la tua storia perché sei riuscita a farmi entrare dentro il cuore dei
personaggi, e, ti giuro, mi batteva il cuore mentre leggevo. Sei stata in grado
di adattare il tuo modo di scrivere alle varie situazioni, accendendo lo stile
quando era necessario, e rendendolo più soffice nei momenti opportuni;
accelerando e decelerando dove serviva, insomma.
Tuttavia, alcune frasi (come le due che ti ho riportato qui sotto) per quanto
comprensibili, sono un po’ contorte, troppo lunghe e ricche di particolari, ed
è necessario leggerle più di una volta per comprenderle in pieno.
Questo è il motivo per cui non ti ho assegnato punteggio pieno, oltre al fatto
che hai utilizzato un termine (rosa cicca) non propriamente “letterario”, se
capisci cosa intendo. Penso che il termine cicca, riferito ai colori,
sia più dialettale.
Caratterizzazione
dei personaggi: 10/10
Qui non
posso che assegnarti punteggio pieno, con tanto di applauso e di ola da
parte del pubblico.
Sei stata in grado non solo di rendere Remus e Dora pienamente concordi ai
personaggi presentati dalla Rowling, ma anche, e soprattutto (che per me è
forse più importante) di presentarli in tutto il loro bel bagaglio di
sentimenti. Ti avrei assegnato punteggio pieno anche se li avessi resi
terribilmente OOC, perché sei comunque stata in grado di tratteggiare le loro
emozioni in ogni sfumatura possibile. Ogni riga parla di loro, del loro modo di
vedere, di sentire, di amare. La tua storia è piena di sentimento, e questo
sentimento è visibile in ogni parola. Sei stata fantastica, davvero.
Utilizzo dei
pacchetti: 14,9/15 (Così
suddivisi: 5 punti per ogni pacchetto. Pacchetti prompt:
2,5 punti per ogni prompt inserito; Pacchetti
oggetti: 1,25 punti per ogni oggetto inserito)
Pacchetti
personaggi: Remus e
Lupin sono i protagonisti della storia (+5)
Pacchetti prompt: Sei una
delle poche che ha capito il significato di prompt, e
che ha dato a questi elementi il giusto peso all’interno della storia. La neve
e il sorriso sono le fondamenta e insieme le colonne portanti di questa
storia. (+5 punti)
Pacchetti
oggetti:
- Orologio (+1,20)
- Cioccorana (+1,25)
- Piatto (+1,20)
- Mantello dell’Invisibilità (+1,25)
Se ti stai chiedendo il motivo per cui ti ho tolto 0,05 punti da due oggetti,
te lo spiego subito. Gli oggetti dovevano essere inseriti fisicamente, e non in
modo figurato, come invece hai fatto tu con orologio e piatto.
Probabilmente sono stata io a essermi spiegata male, e comunque li hai inseriti
in modo credibile ed efficace, quindi non posso non darti punti per questo.
Penso che toglierti 0,05 punti non ti penalizzi più di tanto.
Originalità:
5/5
Ho trovato
la tua storia davvero originale. Non avevo mai letto niente del genere, e ti
devo davvero fare i miei più sentiti complimenti, perché l’ho amato dall’inizio
alla fine, l’ho trovata particolare e mai banale.
Hai deciso di ambientarla durante un momento di cui pochi scrivono; hai
caratterizzato divinamente i personaggi; sei stata capace di creare dialoghi
non solo credibili, ma intensi, azzeccati, originali. Non sei mai caduta nel
banale, non hai mai inserito un elemento che possa far pensare a un clichè. Sei stata davvero bravissima!
Punti
bonus (elementi facoltativi inseriti): 2/2
Non solo hai
inserito entrambi gli elementi facoltativi, ma l’hai fatto in modo originale e
credibile. Il fatto che la vicenda si svolga al San Mungo non sembra una
forzatura, ma è anzi fondamentale ai fini della trama.
La citazione, poi, si ricollega al prompt, ed assume
in tal modo importanza e risalto.
Gradimento
personale: 4,9/5
Come penso
tu abbia già capito, ho amato la tua storia dalla prima all’ultima riga, per
tutti i motivi già sopra esposti. Mi hai fatto emozionare tantissimo: mentre
leggevo il mio cuore batteva insieme a quello di Remus, i miei occhi si sono
inumiditi come quelli di Dora.
Il titolo è meraviglioso, evocativo e azzeccatissimo, e ho apprezzato molto la
tua scelta di lasciarlo in inglese perché così rende molto, molto di più.
L’unico motivo per cui non ti ho assegnato punteggio pieno è una sottigliezza
che non ha alcun legame con la storia in sé: secondo quanto scritto dalla
Rowling, Remus continua ad allontanare Dora fino al sesto libro. Per amore del
Canon, quindi, ho preferito scalare dal punteggio del gradimento personale
(dato che in altri campi non avrei potuto farlo) questi 0,1 punto, sperando che
tu non ne abbia a male. Rimango comunque dell’opinione che la tua storia sia
davvero meravigliosa, e meritevole della sua posizione e del Premio Speciale.