Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: Elizabeth_Tempest    23/09/2012    5 recensioni
Nella Danimarca settecentesca, il destino di una testarda contessa e di un misterioso giovane venuto da lontano s'intrecceranno.
"Friederieke guardava fuori dalla finestra, annoiata, rigirandosi pigramente il lavoro tra le mani; il cucito non l’aveva mai entusiasmata, lo aveva sempre trovato noioso dato che non ne trovava una vera utilità pratica –del resto i suoi abiti arrivavano sempre da qualche sartoria della capitale, dove suo padre spendeva un vero e proprio patrimonio per farle avere sempre i modelli più in voga alla corte francese.
Si concentrò sul ricamo, tentando di ricordare cosa fosse di preciso… forse un usignolo? si chiese, lanciando un’occhiata perplessa ai fili azzurri.
Non le sovvenne nulla ed alzò lo sguardo, sperando di poter sbirciare il lavoro della signorina Bernstein che invece pareva tutta presa dalla sua opera e la teneva in modo tale che la fanciulla non potesse vedere cosa stesse ricamando." [dal primo capitolo]
La storia è ambientata prima degli eventi di The Lost Canvas, ed è collegato ad uno dei gaiden.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Pisces Albafica
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo VII

Albafica Van Dijk? si chiese Sophia, sorridendo e facendo una riverenza. Un nome così esotico… di certo adatto alla sua figura tanto squisita e raffinata, di certo frutto della migliore nobiltà olandese.

-Monsieur Van Dijk, sono così heureuse di conoscervi! La mia cara Friederieke non mi aveva avvertito di aver ospiti.- cinguettò, iniziando a sventagliarsi.

-Sono comparso all’improvviso, mademoiselle. Vostra cugina ha avuto la bontà di invitarmi ad unirmi a voi per pranzo nonostante io non sia intimo dei vostri parenti.- rispose il giovane olandese, sorridendo educatamente.

Iedike trattenne una risata velata di cattiveria davanti alla vanità di sua cugina e riuscì a captare uno sguardo scocciato da parte del bel straniero: di certo le maniere false e affettate di Sophia dovevano averlo nauseato e ne ebbe pietà.

Prese la ragazza a braccetto, rivolgendole un sorriso gelido. –Sarà ora di tornare al maniero… sono molto stanca e dubito che ricevere un ospite in mezzo ad un boschetto di querce sia previsto dall’etichetta, no, signor Van Dijk?- chiese.

Il ragazzo rispose qualcosa, ma la giovane non lo ascoltava più, trascinandosi dietro l’ingombrante familiare.

 

Si sentì grato nel profondo alla giovane contessa per averlo liberato da quella ragazza insopportabile; non era forse nobile trovare una donna sciocca e vuota, ma non poteva pensare diversamente?

L’unica presenza femminile nella sua vita erano sempre state le ancelle della Dodicesima casa, silenziose ed instancabili serve che operavano nell’ombra –anche se sapeva che in molte delle restanti Case queste ricoprivano anche il ruolo di compagne per una notte dei loro padroni, ad eccezione di quella di Leo, ove le serve facevano a gara per essere le madri del piccolo Regulus- e Athena, la dea guerriera, la sacra vergine, lontana ed irraggiungibile nella sua forma corporea, ma vicina e intima conoscente nella sua forma spirituale.

Un supporto per l’anima e uno scopo nella vita, ecco cos’era la sua dea; mentre quelle due ragazze rappresentavano un universo estraneo, lontanissimo da Albafica e il Santuario.

Sophia era una donna-bambola, come una volta le aveva definite Manigoldo, il ritratto della perfetta signora: vuota, superficiale e leziosa, probabilmente già esperta dei ménage amorosi e degli intrighi di corte, ma Friederieke?

No, quella fanciulla, che ora ciarlava allegramente sul boschetto e su come fosse falso, era lontana dalla brava damina intrisa di etichetta e apparenze… pareva non dare conto del giudizio altrui –e quello che la baronessa Eckersberg pensava della parente era chiarissimo-, era allegra e aveva una bella dose di ironia e un cuore buono… eppure era così indefinibile, qualcosa in lei lo confondeva e, doveva ammetterlo, lo intrigava.

-Signor Van Dijk, non trovate anche voi che questo boschetto sia delizioso?- chiese Sophia, voltandosi verso di lui e scoccandogli un sorriso che, forse, altri uomini avrebbero trovato seducente e innocente, ma che, al contrario, risultava solo insincero. –È così ben curato e armonioso…- continuò la ragazza, elogiando, quasi in estasi, la natura attorno a lei.

-Bello davvero.- rispose il giovane –Un ottimo esempio di cosa possa fare un buon giardiniere con ottimi mezzi a disposizione.- concluse, mantenendo il tono di voce neutrale.

-Ma, in questo caso, forse non si dovrebbe parlare di bosco.- intervenne Iedike, rivolgendogli uno sguardo penetrante –Un bosco è un luogo selvaggio… e i busti dei Cesari che mio padre vi ha fatto mettere non sono così selvatici, no? È tutto così falso, in questo luogo, da sembrare vero.

-Falso da sembrare vero? Ma, cara cugina! Che dite? È senza senso, una cosa falsa non può sembrare vera.- la derise la bionda baronessa, ma lo sguardo di Iedike era fisso negli occhi di Albafica.

-Signor Van Dijk e voi che ne pensate? Non è forse vero che più una cosa è falsa, più sembra sincera?- gli chiese, senza distogliere gli occhi azzurri dai suoi.

Le sue parole nascondevano altro, comprese il ragazzo; nascondevano una promessa sottile: “qualsiasi cosa tua stia nascondendo, io la scoprirò”.

-Forse dipende dagli occhi di chi la guarda, è anche vero che più una cosa è sincera, più sembra falsa.- replicò il guerriero, scegliendo con cura le parole. Non ti nascondo nulla, le disse silenziosamente.

-Un pensiero degno di nota.- ribatté la contessa. Non ti credo.

Il giovane distolse gli occhi, la mente che cercava freneticamente di inquadrare la contessa Friederieke e, soprattutto, di trovare una maniera per impedirle di scoprire troppo.

 

Quando Albafica Van Dijk tacque, Iedike assaporò per un secondo il sapore di un po’ di sano divertimento in quella vita noiosa: il giovane olandese era di certo molto bello e particolare, con quella chioma pervinca e un viso tanto delicato da farlo sembrare un angelo, educato e colto, ma nascondeva troppe cose, che stuzzicavano la sua naturale curiosità. E visto che era sempre schietta anche con sé stessa, doveva ammettere che il suo aspetto e i suoi modi di fare le erano particolarmente congeniali.

Cambiò velocemente argomento, dopo quello scambio di sottintesi, parlando del tempo e del giardino, che sua cugina aveva prontamente elogiato definendolo pittoresco, armonioso, luminoso e altre decine di aggettivi che esprimevano la cultura artistica di Sophia che, come spesso diceva la signorina Bernstein, aveva un gusto sopraffino per il disegno ed ogni sua opera era degna della reggia di Versailles.

Il suo affascinante ospite rispondeva educatamente, ma era certa che non potesse più sopportare le chiacchiere noiose e artefatte di sua cugina e più di una volta cercò di metterla a tacere, senza ottenere nulla.

Quando infine giunsero al maniero, vennero accolti da Ludvig, che, in tenuta da cavallerizzo –probabilmente aveva passato tutta la mattina fuori casa a dilettarsi con una passeggiata, invece che aiutare loro padre coi rendiconto come gli aveva promesso- si fece loro incontro.

-Iedike, sorella cara, perché accogli sempre gli ospiti come se fossi una selvaggia?- la riprese bonariamente il giovane conte, con una strizzata d’occhio che la diceva lunga su quando lui e sua sorella fossero complici.

-Mi dispiace tanto, ma io sono una selvaggia. Monsieur Van Dijk, siete proprio sfortunato ad avere un’ospite come me.- rise la fanciulla, rivolgendo al guerriero uno sorriso divertito e dolce –L’anfitrione di casa è mio fratello. Monsieur Van Dijk, egli è Ludvig Markus Nils Frydendahl, mio fratello maggiore. Ludvig, ti presento monsieur Albafica Van Dijk, un amico dell’anziano Jens Andersen.

Fatte le presentazioni e scambiati i dovuti convenevoli, entrarono tutti nello spazioso atrio. Il conte stava scusandosi con Albafica per i modi della sorella, che, dal canto suo, cercava di tenere a bada Sophia senza strangolarla. Come poteva essere tanto sciocca? si chiese la ragazza, rassegnata all’evidenza che il buon Dio non avesse fornito la parente di buonsenso ed intelligenza.

 

Albafica osservava attento il nuovo venuto, il conte Ludvig, cercando di dargli una posizione ben precisa in tutta quella storia.

Era un giovanotto sui vent’anni, piuttosto alto e magro, dotato di una certa bellezza e di un gran fascino ed ogni sua parola traboccava di non poco carisma. D’aspetto era simile alla sorella minore e totalmente opposto alla cugina: aveva un viso dai tratti tipicamente danesi, labbra sottili e occhi grigi ornati da lunghe ciglia, che dovevano averli valso non poche ammiratrici. Il viso era ben cesellato ed incorniciato da riccioli mori, lunghi fino alle spalle e raccolti con un nastro blu in una coda morbida.

Ma era il suo sguardo quello che più attirava l’attenzione: era profondo, divertito da qualcosa che solo lui pareva comprendere, ma allo stesso tempo nascondeva un certo acume e una strana inquietudine.

Di primo acchito il giovane guerriero l’avrebbe semplicemente classificato come un damerino un po’ vanesio, ma dopo sole poche battute, aveva capito che quella che pareva superficialità era ben altro… solo non sapeva che altro fosse.

Indefinibile come la sorella, ma decisamente diverso dalla fanciulla: nonostante i suoi dubbi, Friederieke non gli dava una sensazione spiacevole, ma una strana aura avvolgeva il conte. Non avvertiva nessun cosmo provenire da lui, ma uno strano presentimento gli diceva di restare in guardia.

-Nostro padre desinerà con noi.- disse il giovane, ad un certo punto, rivolto alla sorella.

Friederieke sgranò gli occhi, con un sorriso felice. –Diceva di non sentirsi molto bene…

-Oh, il brodo della signora Christensen rimetterebbe in piedi anche un morto.- rise il giovane –Soprattutto se corretto col liquore del vecchio Jens. Penso che voi, signor Van Dijk, abbiate già fatto la conoscenza con la grappa del nostro vecchio stalliere e sappiate bene cosa può fare a qualcuno di poco abituato.

-Un’acquavite davvero portentosa.- concordò il giovane olandese, ricordando la sensazione dell’alcol che gli corrodeva la gola e lo stomaco.

-Oh, il caro zio sta meglio? Sono così contenta di saperlo!- esclamò Sophia –Ma siete sicuri che ci si possa fidare dell’anziano Andersen?- chiese e probabilmente, se non fosse stato per Albafica, sarebbe andata avanti, ma si interruppe prima di dire qualcosa di spiacevole –Non sarebbe meglio chiamare un medico?

-Non ve n’è bisogno, il conte è sempre stato di salute debole, ma la grappa danese è la cura ad ogni male.- disse Friederieke, decisamente irritata.

-Mie care, non sarebbe meglio che andaste a cambiarvi? È disdicevole che pranziate così conciate, soprattutto in presenza di ospiti, no, signor Van Dijk?- disse il conte, interpellando Albafica che, educatamente, gli diede ragione, anche se era incapace di trovare il disdicevole nell’abbigliamento, se non di entrambe le ragazze, della contessa. –Ah… vi consiglio abiti semplici, il mio signor padre ha invitato anche padre Hans.

-Padre Hans?- sbottò, stupefatta e parecchio contrariata, Freiderieke, lasciando intendere all’ospite olandese che non doveva avere molto in simpatia il pastore di anime.

Il cavaliere di Piscis, però, non poté ritenersi più fortunato di così: nella stessa occasione avrebbe avuto l’opportunità di vedere la contessa, Ludvig Frydendahl e padre Hans e di studiarli.

Quando le due ragazze si congedarono, profondendosi in scuse e riverenze, il giovane seguì docilmente Ludvig, che, contrito, gli disse di doverlo lasciare: non avendo il pastore una carrozza a sua disposizione, toccava a lui, in quanto figlio del conte Frydendahl, andare al villaggio per portarlo al maniero.

Albafica rispose che non sarebbe certo stato un problema e che, anzi, le sue premure come anfitrione gli facevano onore e che avrebbe atteso nella bella biblioteca in cui era stato condotto.

Il conte aveva sorriso. –Siete certo un uomo molto insolito, signor Van Dijk… meglio delle solite compagnie di mia sorella. Penso che mio padre trarrà molto piacere dalla vostra presenza. Se volete scusarmi…- prese congendo, lasciando solo il guerriero.

Appena la porta della biblioteca si fu chiusa, Albafica decise di curiosare un po’ nella stanza, che, forse, come oasi di cultura poteva competere benissimo con la biblioteca di Degél. Vi erano libri di ogni spessore, in lingue diverse e di ogni argomento possibile, alcuni erano molto antichi, altri molto recenti, tutti stipati nelle loro belle vetrinette di legno di noce scuro, di foglia squisitamente italiana, decorate da ghirigori dorati, mentre i pavimenti erano coperti da tappeti orientali. Al centro della stanza vi era un tavolo dalle gambe sottili ed elaborate, coperto di altri libri e fogli e due poltrone di velluto scuro. Sul caminetto che dominava la stanza, dal lato opposto della porta, vi era un bel quadro che ritraeva, vista la somiglianza, la madre di Friederieke e Ludvig, con indosso un grazioso abito blu.

Il giovane non trovò nulla, ma non si arrese: qualsiasi cosa stesse succedendo a Frydenjord, l’avrebbe scoperta e debellata.





Bene, ora abbiamo conosciuto anche Ludvig... e padre Hans è in arrivo... che succederà?
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Elizabeth_Tempest