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Autore: SomethingBeautiful    24/09/2012    0 recensioni
Il problema della depressione è che non la si può raccontare. È invisibile. Ma va affrontata, perché tanto non si scappa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente un giorno Pietro si rese conto di avercela fatta, ne era finalmente uscito.

Era stato un percorso lungo e faticoso, ma adesso stava bene, dopo un anno poteva finalmente ricostruirsi una vita, una vita bella e luminosa lontana dal buio della depressione.

Il problema vero della depressione è che non la si può raccontare, non la si può descrivere. È invisibile, non è uguale per tutti, e questo la rende un mostro ancora più difficile da combattere. Ma va affrontata, perché tanto non si scappa.
Pietro scoprì di soffrirne a sedici anni, mentre tutti i suoi coetanei pensavano ad uscire e divertirsi, fare esperienze e vivere la loro adolescenza, lui restava chiuso in casa, fra quelle quattro mura, come intrappolato nella sua solitudine. Semplicemente non si sentiva mai abbastanza per gli altri, non abbastanza bello, non abbastanza simpatico, non abbastanza ribelle, non abbastanza popolare, non abbastanza intelligente. Sua madre lo guardava spesso con preoccupazione “è solo l’adolescenza” si ripeteva nella mente “passerà”. Invece no; giorni, settimane, mesi, e non passava.
Ogni mattina, quando andava a svegliarlo per andare a scuola, lo trovava con le guance rigate dalle lacrime, e non c’era mai una ragione, non una che lei considerasse valida. La verità era che la notte per Pietro era il momento peggiore, quando il buio che c’era dentro di lui lo avvolgeva anche dall’esterno, lo soffocava. Quando non c’erano più distrazioni, la mente non aveva più barriere, nessuno scampo, si ritrovava lì a pensare per ore, a niente in particolare, spesso alla sua vita, o meglio, alla vita che avrebbe voluto vivere se non fosse stato risucchiato in quel vortice nero.
La situazione prese una svolta quando la madre si rese conto che da soli non ce la potevano fare, che Pietro da solo non ce l’avrebbe fatta, e così decise di portarlo da uno psicologo. Farsi analizzare e giudicare da un estraneo era proprio l’ultima cosa che Pietro avesse intenzione di fare, ma vedendo gli occhi liquidi di apprensione di sua madre si convinse, non avrebbe trascinato anche lei in quel buco, era la persona più importante della sua vita, l’unica rimasta dopo la morte del padre; qualunque cosa lei gli avesse chiesto, lui l’avrebbe fatta, non importa quanto sacrificio gli sarebbe costato.
Quello fu il primo passo, incontrare Elena, la psicologa, all’inizio gli sembrò solo uno spreco di tempo, ma poi col passare del tempo si rese conto che più ore passava con lei e più il buio dentro di lui si ritraeva, le sue parole vorticavano sempre nella sua giovane mente e, in queste, Pietro aveva trovato le armi per combattere il mostro. Piano piano stava riacquistando la sua adolescenza, dopo qualche settimana a scuola aveva addirittura iniziato a parlare con i compagni, e una mattina Giulio lo aveva invitato a giocare alla PlayStation a casa sua e lui, col cuore a mille, aveva detto subito di sì, quasi sveniva.
Adesso quando si alzava la mattina e, nell’aprire le tende, i raggi del sole lo inondavano, riusciva quasi a sentirsi felice, correva giù dalle scale e quando arrivava in cucina, con il rumore del caffè che borbottava nella macchinetta di sottofondo, si buttava nelle braccia di sua madre e pensava che, come diceva Elena, la vita è fatta di momenti felici e di momenti tristi, e questo era il suo momento felice.




Non è niente di che ne sono consapevole, è solo un tema che mi è stato assegnato in classe e non so come mi sia venuto in mente di pubblicarlo, ma l'ho fatto e adesso vado a schiacciare il pulsante 'pubblica' prima che me ne penta. ;)

  
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