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Autore: FairyCleo    25/09/2012    2 recensioni
"Dean Winchester era stato spezzato tante volte: quando era morta sua madre; quando era morto suo padre; quando Sam aveva esalato l' ultimo respiro tra le sue braccia; quando Alastair lo aveva torturato fino a non lasciarne che qualche minuscolo brandello di carne; quando Jo ed Hellen si erano sacrificate per salvare lui e suo fratello; quando Sam aveva sconfitto il Diavolo, sacrificando la propria vita per il bene dell' universo. [...]
Castiel giaceva in quello stato di incoscienza da tre giorni, ormai, e non accennava a destarsi.
Avrebbe potuto fare tenerezza, sembrare la bella addormentata in attesa del bacio del suo principe azzurro, se non fosse stato per le catene che cingevano i suoi polsi.
Quelle, erano l' unica risposta certa che Dean si era dato ad una delle mille domande postesi nell' ultimo straziante periodo: Castiel aveva perso la sua fiducia.
E che un demone lo scuoiasse vivo, non l' avrebbe mai più riconquistata".
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Coincidenze


Colin si sentiva terribilmente stanco. Erano ormai più di dieci giorni che lui e Castiel facevano su e giù per il paese, alla disperata ricerca della terza parte della profezia, e considerando il fatto che Cass non era in grado di guidare, era lui quello a cui toccava trascorrere le giornate al volante.
Dal canto suo, Castiel aveva ormai visitato tutti i musei e tutti gli studi di professori di archeologia possibili e immaginabili, e aveva giurato che se avesse visto anche solo un altro coccio di vaso o un altro pettine di osso avrebbe urlato.

“La vostra civiltà è sempre stata incredibilmente produttiva” – aveva detto a Colin, una sera – “Ma non sono più tanto convinto che sia stato un bene”.

Erano davvero stanchi. E la cosa peggiore era che Crowley continuava a pressarli, impaziente di liberarsi una volta per tutte dei Leviatani. Quasi ogni giorno si presentava senza alcun preavviso ai due ragazzi, dandogli nuove piste da seguire, piste che fino ad ora si erano rivelate inutili.
Cass e Colin erano ormai arrivati all’esasperazione. Ma, dopotutto, avevano infranto la regola numero uno per un cacciatore: mai fare da tirapiedi ad un demone.

Quella sera, Colin era particolarmente spossato. Aveva guidato per sei ore di fila, e giunti in prossimità della meta, si era convinto che il suo deretano si fosse fuso con i sedili di pelle dell’auto che gli era stata gentilmente fornita dal re dell’Inferno. Per questo, aveva pregato Cass di rientrare prima in albergo, e si era concesso un lungo bagno rilassante, anche per togliersi di dosso la spiacevole sensazione provata poco prima davanti al receptionist.

“Ancora non capisco cosa avesse voluto dire” – gli aveva detto Castiel nel vederlo uscire dal bagno, piegando il capo da un lato – “Perché quando ci ha detto che c’era rimasta sola una matrimoniale, ha asserito che tanto per noi non sarebbe stato un problema? E poi perché ti sei arrabbiato tanto? Non vuoi forse dormire insieme a me?”.

Colin non sapeva se essere più sorpreso di trovare Cass così in vena di domande, o se esserlo per via delle domande da lui poste. A volte si chiedeva perché non avesse trovato, oltre a Cass, anche una sorta di manuale. ‘ Angeli caduti: istruzioni per l’uso ‘. Sarebbe stato davvero molto, molto utile in quella circostanza.

Anche se divorato dall’ imbarazzo, sperando di trovare le parole adatte, il ragazzo dagli occhi colore del mare si era avvicinato all’amico, sedendosi dolcemente sul letto, accanto a lui. Cass aveva gli occhi stanchi, ma erano luminosi e belli come sempre. Colin si domandava come si potesse avercela a morte con una creatura come lui. Sentiva nel profondo del suo cuore che avrebbe potuto perdonargli ogni cosa, persino la più sgradevole e crudele. Dean Winchester doveva essere pazzo per averlo allontanato dalla sua vita. Lui non lo sarebbe stato altrettanto.

“Perché mai dovrebbe dispiacermi dormire insieme a te?” – aveva detto Colin mentre finiva di vestirsi – “E non sono arrabbiato, amico mio. Vorrei solo che la gente la smettesse di fare battute, tutto qui”.

Era stato forse poco esaustivo, ma non se l’era sentita di spingersi oltre. Anche Cass doveva averlo capito, perché non aveva posto più domande, ma si era limitato ad osservarlo mentre posava la testa sul cuscino, esausto. Anche lui si sentiva stanco, ma aveva imparato a non lamentarsi. Aveva dormito per strada, all’addiaccio, ferito, ustionato, spaventato e solo, perché lamentarsi se aveva avuto la fortuna di stare al caldo insieme ad un ragazzo sincero e gentile.

“Cass” – Colin lo aveva chiamato con voce seria, continuando a tenere gli occhi chiusi – “Perché secondo te Crowley ha tutta questa premura di liberarsi dei Leviatani?”.

Quella domanda gli ronzava in testa da un po’, ma più volte aveva esitato a porla. Non voleva turbare Castiel più di quanto già non lo fosse. Per quanto cercasse di mantenere la calma, si vedeva lontano un miglio che non aveva piacere nel lavorare per Crowley. Ogni volta che faceva loro visita, Cass si innervosiva, e piombava nel più totale silenzio. Non doveva essere facile per lui trovarsi in quella situazione. Ma, d’altro canto, voleva sapere se almeno lui fosse stato in grado di farsi un’idea di quello che poteva passare nella testa di quel piccolo diavolo.

Castiel aveva chinato il capo in avanti, e si era guardato le mani a lungo prima di rispondere. La verità era che ci aveva pensato molto a sua volta, e forse era giunto ad una corretta conclusione.

“Nutro la convinzione che si senta minacciato” – aveva detto, continuando a guardarsi le mani.
“Tu credi?”.
Cass aveva sollevato il capo prima di rispondere, cominciando a fissare la parete di fronte a sé. Provava imbarazzo a parlare con Colin dell’essere con cui tempo addietro aveva stipulato quel maledetto accordo.
“Credo di conoscerlo abbastanza per poterlo dire quasi con certezza. E’ un essere competitivo, senza scrupoli, a volte quasi spregevole”.

Colin non aveva più fatto domande, lasciandolo libero di parlare. Se il suo amico avesse deciso di sfogarsi con lui sarebbe stato più che felice.

“Ti ho raccontato come ci ha usati solo per scalzare Lucifero e prendere il suo posto, vero? Lui è fatto così… Vuole sempre primeggiare… Dopotutto, non dimentichiamoci che stiamo parlando di un demone…”.

Aveva ragione. Quella doveva essere la spiegazione corretta, anche perché era la più semplice.

Erano trascorsi diversi minuti, ma Castiel non aveva accennato a muovere neppure un muscolo. Continuava a stare seduto rigidamente sul bordo del letto, con lo sguardo perso nel vuoto e la mente che vagava chissà dove.
Colin non poteva fare a meno di fissarlo. Era così bello e fiero, nonostante fosse stato piegato dal dolore fino al punto di spezzarsi.
Con estrema delicatezza, per cercare di non spaventarlo, aveva allungato una mano, fino a posarla sulla spalla di Castiel. Nonostante le attenzioni, Cass aveva sussultato lo stesso, sorpreso da quel contatto inatteso. Ancora non si era abituato del tutto a questo genere di cose, ma sapeva bene che Colin lo avrebbe aiutato ad imparare.
Il suo viso, anche se stanco, era sereno, e i suoi occhi erano gentili e luminosi come sempre. Il suo sorriso era in grado di scaldarti il cuore. Non poteva ritenersi più fortunato di così. Dopo tante disavventure, finalmente aveva trovato un amico.

“Vieni a dormire Cass… E’ stata una giornata lunga…” – gli aveva detto, invitandolo a sdraiarsi accanto a lui. L’ex-angelo non se l’era fatto ripetere due volte, e senza neanche togliersi i jeans si era messo sotto le coperte, avvicinandosi più che poteva ad un Colin che cercava di mascherare il rossore. Non sapeva neanche lui perché aveva fatto ciò che aveva fatto. Davvero non era da lui essere così audace!
“Col…” – lo aveva chiamato Cass, con la voce di chi ormai stava per prendere sonno – “Grazie di tutto…” – ed era piombato subito dopo fra le braccia di Morfeo.
Colin aveva sorriso con dolcezza, carezzandogli delicatamente la fronte cosparsa da capelli arruffati. Come si poteva non amare una simile creatura?
“Buonanotte angelo mio… Buonanotte…”.

Quella, per i due amici, sarebbe stata la prima notte davvero serena.

*


“Che razza di cretino! Se mi ricapita sotto mano giuro che… Giuro che… Non so che gli farò di preciso, ma non sarà niente di divertente per lui!”.

Dean Winchester era entrato nella stanza dell’ hotel come una furia, sbattendo la porta con tanta forza da buttarla quasi giù. Per una volta, avevano deciso di alloggiare in un posto decente, e non in una di quelle solite catapecchie a cui erano soliti affidarsi i Winchester durante le loro traversate.
Ian, per fortuna, aveva avuto la premura di entrare prima di lui, altrimenti si sarebbe ritrovato sicuramente con il naso rotto.

“Ma si può sapere perché sei tanto arrabbiato? Il receptionist scherzava! E poi, non hai detto che ti capitava anche con tuo fratello?”.
“Figlio di puttana! Sam è davvero mio fratello, tu non lo sei!”.
“Quindi mi stai dicendo che nel tuo inconscio vorresti che fossimo una coppia?”.
“Ma che cazzo…?? Dico, ti è dato di volta il cervello?”.

Dean non ne poteva davvero più. Ma perché cavolo continuava a dare corda ad Ian? Quell’idiota della reception si era forse messo d’accordo con lui?

‘ Sono rimaste solo delle matrimoniali… Ma per una coppia bella come voi non dovrebbero esserci problemi! ‘.

Davvero non si spiegava come avesse fatto a non saltare sul bancone e strangolarlo davanti a tutti. E Ian se la rideva sotto il baffi, per nulla sconvolto da quello che quel cazzone aveva detto! Doveva aver preso troppa umidità nella cripta, ecco cosa doveva essergli capitato per rincretinirsi così all’improvviso.

A questo pensava Dean mentre tirava fuori dal borsone un cambio pulito. Voleva fare urgentemente una doccia per lavare via lo stress della giornata e quello degli ultimi dodici minuti.

“Quindi da che lato del letto hai deciso di dormine, caro?” – gli aveva chiesto Ian ad un certo punto, sbattendo più volte le lunghe ciglia di velluto e facendo una vocina a dir poco inquietante.
“Io dormirò al centro, tu dalla parte del divano razza di idiota!” – era davvero arrivato al limite. Ma perché continuava a prenderlo in giro?
“Quale divano, scusa?”.
“Come sarebbe a dire quale divano?”.

Accecato dall’ira, non si era reso conto che in quella camera vi erano solo un letto matrimoniale, due comodini, un quadro e una scrivania.

“Perfetto! Allora dormirai sul pavimento!”.
“Oh, te lo puoi pure scordare!” – era stata la reazione di Ian, che aveva cominciato a spogliarsi senza porsi il minimo problema, scatenando in Dean un’ansia che poche volte aveva provato.
“Che-che diavolo stai facendo?” – che si fosse messo in testa di fare qualcosa di strano?
“Io vado a fare una doccia, e dopo vai a farla anche tu. Non dormo insieme a persone che puzzano, io” – e si era chiuso alle spalle la porta del bagno.
“Brutto stronzo! Io non puzzo!” – e, giusto per verificare ciò che aveva appena asserito, si era elegantemente odorato l’ascella leggermente pezzata – “Oh cazzo!” – aveva esclamato, inorridendo per la scoperta appena effettuata – “E’ colpa del deodorante nuovo che non ha fatto effetto, capito? Mi hai visto fare la doccia stamattina, no??” – aveva urlato contro la porta, pentendosene subito dopo: Ian aveva cominciato a ridere come un ossesso.

Nel frattempo, proprio in quel frangente, il receptionist era casualmente passato davanti la porta della loro camera, soffermandosi un attimo ad ascoltare – sempre per puro caso – la loro conversazione.

“Sono davvero una coppia carina!” – aveva esclamato, cercando di sentire meglio ciò che si dicevano – “Un vero peccato però... Occhi di ghiaccio era veramente un bel bocconcino”.

*


La notte non era trascorsa davvero nel migliore dei modi per il povero Dean. Per evitare di stare troppo vicino ad Ian, aveva dormito quasi con la testa poggiata sul comodino, svegliandosi di soprassalto ogni volta che si rendeva conto di aver accorciato troppo le distanze. Per carità, gli era capitato anche di dormire con Sam, ma quella era decisamente un’altra storia. Si trattava di suo fratello, dopotutto!
Dal canto suo, Ian, invece, aveva dormito come un ghiro. La giornata era stata spossante anche se improduttiva, in quanto François aveva avuto la brillante idea di farsi prendere un febbrone da cavallo ed era stato costretto a delegare loro la ricerca della tavoletta di pietra seguendo una pista che riteneva quasi del tutto esatta. Purtroppo, nel luogo indicato non avevano trovato niente, anche se i due cacciatori erano più che certi che avesse ragione. C’era una sorta di strana atmosfera in quel posto, anche se non sarebbero stati in grado di spiegare cosa fosse. Di certo, dovevano essere vicini, e dopo colazione avrebbero proseguito con la loro ricerca.

“Ho voglia di bacon, salsiccia fritta e uova. Dopo la notte che mi hai fatto passare è quello che mi ci vuole per riprendermi!” – aveva asserito Dean, stropicciandosi gli occhi per la stanchezza.
“Guarda che hai fatto tutto da solo! Capisco che dormire abbracciati sarebbe stato eccessivo, però…”.
“Tu sei malato” – sì, doveva esserlo per forza. Non c’erano altre spiegazioni.
Ian, però, non sembrava affatto turbato. Aveva continuato a camminare e a sorridere mentre si dirigeva verso il buffet mattutino fornito dall’albergo.

“Quello è diventato tutto scemo…”.
Dean non sapeva se ridere o piangere per il cambiamento dell’amico. Se in un primo momento era stato autoritario e a volte anche leggermente distaccato, da quando gli aveva raccontato di Morgan si era ammorbidito, prendendosi maggiore confidenza e scherzando molto di più.
Non che la cosa gli dispiacesse, ma da un lato lo inquietava, e non poco. Non riusciva mai a capire quando scherzasse e quando invece non lo faceva.
Doveva essere stato molto difficile per lui tirare avanti, dopo la perdita di Logan e l’allontanamento forzato da suo fratello. Lui si era completamente abbandonato all’alcol, nonostante il sostegno di Lisa e di Ben, e aveva creduto di non farcela. Ian che cosa aveva fatto? Si sentiva in colpa per non avergli chiesto di più. Ma non voleva sembrare invadente. Magari un giorno, in una futura caccia…

‘ Un momento, sto iniziando a pensare di andare ancora a caccia con lui? Porca puttana, devo essere impazzito! ‘ – si era detto, dirigendosi anche lui presso il tavolo, cominciando a servirsi di tutto quel ben di Dio.
‘ Non c’è altra spiegazione, devo davvero avere qualche rotella fuori posto. Io ho Sam al mio fianco! Mio fratello si sta solo prendendo una pausa… A proposito, forse più tardi dovrei telefonare in clinica. Ah! Se solo quell’idiota di François non avesse…’.
“Ehi!”.

Lo sbattere inavvertitamente proprio contro la schiena di Ian aveva interrotto il filo dei suoi pensieri.

“Che ti prende amico?”.

Il ragazzo si era gelato all’improvviso, continuando a guardare dritto davanti a sé. Sembrava che fosse improvvisamente diventato di pietra. Che gli era capitato.

“Sei vivo?”.
“Io-sì… Sì sto bene… Mi era solo sembrato di aver visto qualcuno”.
“Una vecchia fiamma?” – aveva chiesto Dean, strizzando un occhio.
“Non esattamente…” – e aveva concluso così la conversazione, perdendo l’ilarità della sera precedente.

‘ Chissà che cavolo ha visto ‘ – aveva pensato Dean, guardando nella direzione in cui poco prima aveva diretto lo sguardo Ian – ‘ Bah! Evidentemente deve aver preso un abbaglio ‘.

In quel frangente, un ragazzo dagli occhi blu e dai capelli neri, aveva appena lasciato la sala da pranzo dell’albergo.

*


“Ecco qui!” – aveva detto Colin, porgendo a Castiel un sacchetto con all’interno due croissant e un brik di succo di frutta alla pesca – “Non ho potuto prendere altro, mi spiace. Erano le uniche cose che potevo portare via senza perdere dell’olio per strada!”.
“Grazie Colin… Sei stato molto gentile” – aveva risposto Cass, addentando voracemente uno dei croissant.
“Capisco che tu abbia avuto un’idea brillante, ma non vedo perché abbia dovuto dirgliela a quest’ora del mattino! Ed io che speravo di farmi davvero una bella dormita, stavolta”.

Il povero Colin era stato buttato giù dal letto dalla voce imperiosa di Crowley, comparso all’improvviso nella loro camera d’albergo su invito esplicito di Castiel.
“Oh!” – aveva esclamato – “Mi avete chiamato per un ménage à trois? Davvero una bella trovata ragazzi miei!” – aveva detto, sbottonandosi il cappotto.
Ma Cass aveva stroncato la cosa sul nascere, dicendogli che non era decisamente per quello che lo aveva fatto venire lì.
“Ho avuto un’idea che dovrebbe smetterla di farci girare a vuoto” – aveva asserito, serio.
“Sempre a discutere di lavoro con te… Avanti! Parla!” – era parso piuttosto seccato per l’accaduto, ma Cass non si era demoralizzato, cominciando a parlare con una forza d’animo che Colin non aveva mai visto prima di allora in lui.
“Ho riflettuto sul fatto che prima di essere stata divisa da chissà quale evento, la tavola di pietra era un oggetto sacro composto da un unico corpo, e che, probabilmente, scorre una sorta di magnetismo fra le sue parti”.
“Mi hai fatto venire qui per ascoltare una teoria sui puzzle calamitati? Senti micino, io…”.
“Devi ascoltare ciò che ho da dire” – aveva detto Cass senza mezzi termini, sorprendendo lo stesso Crowley – “Se siamo vicini alla terza parte, sono certo che quella che è in nostro possesso riuscirebbe a capirlo, permettendoci di sapere l’esatta ubicazione di ciò che cerchiamo”.
Colin era esterrefatto da quella deduzione. Doveva essere per forza in quel modo.
“Lo pensi davvero?” – aveva chiesto a Castiel.
“Ne sono quasi certo a cento per cento. Ma per eliminare quel quasi, ho bisogno di verificare la mia tesi”.
“E secondo te” – aveva detto Crowley – “Io dovrei consegnarti la mia parte della tavoletta per farti giocare ad Indiana Jones?”.
“Non so chi sia questo Indiana Jones, ma posso garantirti che io non ho alcuna intenzione di giocare”.

La determinazione che scintillava nei suoi occhi aveva convinto il re dell’inferno, che un attimo dopo aveva fatto apparire sul letto dei due ragazzi, accanto a Colin, la valigetta con all’interno la parte di tavoletta in suo possesso.

“Non perderla, non romperla. Non cercare di fare il furbo con me. Ti sorveglierò Castiel, puoi starne certo. Devi ancora pagarla per quello che mi hai fatto passare. Sta di certo che se cercherai di fregarmi, stavolta pregherai di essere morto prima del mio arrivo” – ed era sparito nel nulla.

E così, i due amici si erano messi in viaggio qualche ora dopo, l’uno eccitato di provare se la sua teoria poteva considerarsi valida, l’altro un po’ assonnato, ma deciso a non lascare solo il suo compagno per nessuna ragione al mondo.

“Allora, come pensi di agire?” – aveva chiesto Colin, salendo in auto e mettendosi alla guida.
“Credo che non ci sia molto da fare, se non aspettare che sia essa a spiegarci come procedere” – e, con estrema, delicatezza, Cass l’aveva estratta dal suo involucro, chiudendo a lungo gli occhi mentre la esplorava con le mani affusolate e gentili.
“Un tempo avrei percepito una grande energia provenire da essa. Adesso, è come se fosse una comunissima pietra inanimata” – aveva asserito, con gli occhi seri – “Ma non è questo il momento di fare il nostalgico, giusto?”.
“Giusto” – aveva risposto Colin, sorridendogli.
“Comincia a guidare Col. Sono certo che prima o poi comincerà a darci qualche segnale…”.
“Agli ordini”.
Ed erano finalmente partiti, con la speranza nel cuore di risolvere al più presto quella scomoda faccenda.

*

Dean era arrivato a servirsi per la terza volta di uova e pancetta quando Logan era apparso all’improvviso dietro una colonna, facendolo sobbalzare.

“Oh porc… Ma sei impazzito? Vuoi farti vedere da qualcuno e scatenare il panico?” – gli aveva detto, cercando di nascondersi meglio che poteva dietro la colonna, insieme ad Ian.
“Ed ecco! Ora tutti penseranno che ci siamo nascosti qui dietro per fare chissà che cosa! Complimenti Logan, davvero!”.
“Piantala ragazzino! Sta zitto e ascolta! Ian, ho trovato una parte della profezia”.
“Che cosa?” – avevano detto i due ragazzi all’unisono.
“Avete capito bene, e non sapete il bello”.
A quel punto, non stavano più nella pelle: dovevano sapere.
“Si trovava qui fino a qualche minuto fa”.

A quel punto, il dubbio che si era insinuato in Ian, era man mano diventato una certezza,
“Ti prego… Non dirmi che…”.
“Mi dispiace ragazzo… Non so davvero come Morgan ne sia entrato in possesso”.

La tazza di caffè che Ian aveva avuto in mano sino a quel momento era caduta a terra, infrangendosi in centinaia di piccoli pezzi macchiati di liquido scuro.

Continua…
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Ciao a tutti!!
Sono in ritardo, vero?? Dovete perdonarmi!! Sono giorni molti produttivi, e ammetto di aver perso la cognizione del tempo! Spero che per voi la situazione sia più sotto controllo! =)
Ma torniamo alla fic! Non credo che vi importi molto della mia vita privata!

OHMAMMINABELLACHECASINOINQUESTOCAPITOLO.
Non so se vi siete accorti che è la seconda volta che accade una cosa simile, solo che la volta precedente era stato Dean al posto di Ian a non accorgersi di essere nello stesso locale in cui si trovava Cass.
Sono tanto cattiva non è vero?? Sì, lo sono…
Mi perdonate per le battutacce del receptionist?? Sappiate che io amo quell’uomo (?)! U.U
Non vedo l’ora di narrarvi cosa accadrà in seguito, a questo punto! Spero di aggiornare presto!
Un bacione ragazze mie!
Sempre vostra
Cleo
   
 
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