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Autore: Blue_moon    25/09/2012    1 recensioni
Primo libro della trilogia Similitudini.
Dal prologo:
"Nonostante fosse nato nell'oscurità di Jotunheim, Loki bramava la luce.
Il suo calore, la sua purezza e, soprattutto, la sua capacità intrinseca di creare ombre profonde e insondabili. Le stesse che sentiva di avere dentro, le stesse che l'accecante luce di Odino e Thor aveva creato nella sua vita.
Essere lasciato al freddo e al buio era una punizione peggiore di quanto lui stesso pensasse.
Ma c'era una cosa che, in parte, lo consolava.
Fino a che fosse stato sotto la protezione del Padre degli Dei e di Thor, non avrebbe potuto essere bersaglio dell'ira di Thanos, l'oscuro signore con cui si era alleato e di cui aveva disatteso le aspettative.
Loki era scaltro e realista, teneva alla propria vita.
Senza di essa non avrebbe potuto raggiungere i suoi obiettivi, né dimostrarsi degno dell'onore che sapeva di meritare.
Per ora, anche se impotente, si trovava in uno dei posti più sicuri all'interno dei nove regni, protetto dall'amore cieco e stupido di chi si credeva migliore di lui.
Almeno, così aveva sempre creduto."
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Ringrazio chi continua a leggere, anche se non commenta. un bacio speciale per Red_Sayuri... lo sai vero che tutto questo è solo merito tuo?
Proseguiamo con il capitolo 7, ormai siamo a metà della storia... come credete che proseguirà?
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Come appena due settimane prima, i Vendicatori al completo erano radunati nella sala riunioni circolare, tutti impegnati a fingere di essere lì volentieri.
Natasha giocherellava nervosamente con una matita, Clint accarezzava con la punta delle dita una piuma che poco prima aveva strappato da una delle sue frecce, Steve batteva ritmicamente la punta del piede a terra e Bruce si toccava insistentemente gli occhiali.
Thor, seduto rigidamente con le braccia strette al petto, ostentava orgoglio, quando in realtà si vergognava del suo comportamento impulsivo.
Le minacce che aveva colto nel tono di Loki, nel modo in cui parlava e sorrideva, gli avevano ricordato improvvisamente quello che il fratello aveva detto ad Asgard, mentre tentava di impedirgli di annientare Jotunheim. Era stato con tono sfrontato e vendicativo che aveva affermato di voler colpire Jane per ferire lui.
Non avrebbe permesso che accadesse niente del genere a nessuno degli umani con cui aveva stabilito un legame, ma ciò che aveva detto Loki poco prima gli pesava sulla coscienza.
E se, avendolo portato lì, avesse solo commesso un terribile errore?
Con un gesto abituale, passò la mano sopra la superficie di Mjolnir, sperando che l'antico oggetto gli trasmettesse un po'di calma e gli schiarisse le idee e i sentimenti confusi che si agitavano sotto la corazza.
Solo Stark, come al solito presente attraverso lo schermo al plasma, pareva a suo agio, stravaccato sulla sua poltroncina con le mani incrociate sulla nuca, l'immagine dell'uomo rilassato e sicuro di sé, oppure dello spettatore davanti alla prossima commedia dell'anno. Rogers non era stato molto prolisso nello spiegare il motivo di quella convocazione, ma era abbastanza sicuro che ci sarebbe stato da ridere.
Fury stranamente non era presente, ma ogni persona nella stanza era consapevole che li stava osservando con attenzione attraverso le decine di telecamere e microfoni sparsi in tutta la base.
Steve Rogers guardò l'orologio e, nel momento esatto in cui la lancetta passò sopra il numero dodici, Khalida Sabil fece il suo ingresso nella stanza.
Non aveva niente della donna selvaggia che aveva puntato ferocemente la pistola contro un alieno che avrebbe potuto ucciderla con una sola mano, era rientrata perfettamente nel suo ruolo composto e impassibile. I capelli erano di nuovo legati sulla nuca, il volto liscio e incolore, le mani calme e i gesti e i passi misurati e calcolati. Tutto in lei trasmetteva l'idea del controllo assoluto.
Con passo pesante camminò fino al centro della stanza e salutò con un cenno i presenti, poi si accomodò delicatamente e incrociò i palmi sul tavolo, in un gesto aperto che aveva un significato di riconciliazione o forse solo di tregua.
«Quello che è accaduto oggi non deve ripetersi», iniziò con voce chiara. «Nessuno di voi deve accedere alla Gabbia senza il mio consenso e, soprattutto, non nel bel mezzo di una seduta di interrogatorio», aggiunse, scrutando i volti dei presenti e fissandosi insistentemente su Thor e Steve.
Quest'ultimo si sentì in dovere di difendere il compagno. «Ci siamo allarmati tutti quando ci siamo accorti che eri entrata nella Gabbia. Abbiamo temuto che Loki potesse prendere il sopravvento e ucciderti».
Khalida fece un mezzo sorriso. «Per quanto mi commuova il suo interessamento, Capitano, come svolgo il mio lavoro non sono affari vostri. Se ero lì dentro c'era un ottima ragione, e voi adesso avete vanificato tutti i miei sforzi di questi giorni», chiarì, stavolta fissando apertamente Thor.
Questi, finalmente intervenne con la propria voce, difendendosi. «Il mio comportamento è stato stupido e impulsivo», ammise. «Ma lo stesso non ritengo che lei stia facendo progressi, agente Sabil, e questo da molti giorni. Non sappiamo ancora nulla su Thanos».
«Nulla?», intervenne a sorpresa Tony Stark, dal suo schermo. «Se per voi sapere che questo Thanos ha forze incredibili, mira al Tesseract, e vuole distruggerci è nulla, allora siete davvero insaziabili», disse, sarcastico, poi di fronte agli sguardi stupidi o scettici dei suoi compagni, rise. «Sono davvero l'unico che l'aveva capito?».
L'agente Sabil annuì, come a dar ragione a Tony. «E se non mi aveste interrotto, adesso sapremo molte altre cose».
Natasha raddrizzò la schiena. «Perdoni la franchezza, agente Sabil...».
«Khalida, chiamami Khalida», la interruppe la donna, guardandola negli occhi.
La Vedova Nera aggrottò le sopracciglia, ma ubbidì. «Khalida. Forse sarebbe meglio se ci illustrassi meglio la tua strategia con Loki, così eviteremo di interferire».
Khalida sospirò. «Immagino che a questo punto sia inevitabile», ammise, poi si prese un attimo per riflettere e riordinare le idee, doveva stare molto attenta a cosa rivelava e cosa no.
«Sono stata selezionata da Fury per questo compito, oltre che per le mie capacità e la mia esperienza, anche per la mia totale estraneità ai fatti di New York e a quelli che li hanno preceduti. Chiunque di voi sarebbe stato troppo coinvolto emotivamente nei confronti di Loki per condurre un interrogatorio. Tutti siete stati toccati in un modo o nell'altro dalla morte dell'agente Coulson. Loki questo lo sa e il vostro rancore nei suoi confronti lo fa mettere sulla difensiva», la voce dell'agente Sabil era fredda e chirurgica. Come un bisturi affilato tagliava a strisce sottili e svendeva quelli che erano i loro più intimi sentimenti, forse quelli che nemmeno riuscivano a comprendere ed accettare.
I Vendicatori si sentirono improvvisamente nudi, esposti agli occhi di carbone di quella donna acuta e spigolosa. Conscia dell'effetto delle sue parole, Khalida si lasciò sfuggire un sorriso.
«Il mio compito è quello di stabilire un legame di fiducia con Loki. Deve vedermi completamente estranea a voi, dovrà arrivare a credere che io sia dalla sua parte...».
«A me sembra che lei già ci sia, dalla sua parte», la interruppe bruscamente Thor, penetrandola con un'occhiata cristallina.
«È il mio prigioniero, ed è normale che lo protegga. Da morto non può dirmi nulla», replicò lei, con calma, poi prese un lungo respiro. «Inoltre», riprese. «Trovo ipocrita che un assassino ne giudichi un altro».
Thor batté il pugno sul tavolo. «Come osa darmi dell'assassino?», tuonò, le vene sui bicipiti muscolosi gonfie e tese, i nervi scattanti.
Khalida non fece una piega. «Mi riferivo a me», chiarì.
Un lento silenzio pesante calò sulla sala. Certo, nessuno si era immaginato che la donna fosse pura e innocente, ma sentirla parlare con quella sicurezza, con orgoglio quasi, fece correre un brivido lungo la schiena di molti di loro.
L'agente Sabil lasciò che le sue parole si imprimessero bene nella mente dei suoi ascoltatori, poi rilassò impercettibilmente le spalle. «Comunque, non è solo per questo che vi ho convocati», iniziò, assicurandosi nuovamente l'attenzione di tutti. «Prima di venire interrotta, ero finalmente riuscita a portare la mia conversazione con Loki su un argomento di cui non sappiamo nulla: lo scettro che aveva con sé quando ha attaccato la Terra».
L'agente Sabil si alzò, e sfiorò con la punta delle dita uno schermo dietro di lei. Sui cristalli liquidi comparve un'immagine dettagliata dell'oggetto e un grafico ondeggiante.
«Dottor Banner, mi corregga se sbaglio», premise Khalida, toccando un paio di icone, prima di proseguire. «Sappiamo che lo scettro emana una debole firma gamma, identica a quella del Tesseract. Oggi Loki mi ha rivelato che lo scettro è un manufatto che doveva aiutarlo nel gestire il potere del Cubo».
«È un ipotesi che avevamo già avanzato», fece presente Stark. «Ma lo scettro non sembra rispondere. Non riusciamo ad usarlo».
«Questo probabilmente perché il suo proprietario non vi ha autorizzato a farlo», annuì Khalida.
«Proprietario? Intendi Loki?», chiese Steve, che già stava iniziando a perdersi in quel ragionamento.
«No, Thanos», rispose Khalida.
Tony capì immediatamente le implicazioni di quelle due semplici parole. «Siamo fregati», vaticinò, passandosi una mano sul volto.
«Si spieghi Stark», lo incalzò Clint, i cui sensi erano già in allerta.
Non gli piaceva per niente la piega che stava prendendo la conversazione.
Tony sospirò, come se dovesse ripetere per l'ennesima volta una lezione che anche un bimbo delle elementari poteva comprendere. «Quando possediamo un oggetto a cui teniamo molto, solitamente abbiamo sempre un modo per rintracciarlo. Per esempio, i trasmettitori GPS nelle auto o nei cellulari ci permettono di localizzarli ovunque si trovino».
Uno dopo l'altro, i Vendicatori arrivarono ognuno alla stessa conclusione.
«Stai dicendo che lo scettro permette a Thanos di rintracciarci?», azzardò Natasha.
«Come se avessimo un enorme bersaglio luminoso quanto Las Vegas sulla schiena», chiarificò Stark. «Dobbiamo trovare il modo di spegnerlo», aggiunse.
Banner scosse la testa. «Impossibile, a suo modo è una piccola fonte d'energia come il Tesseract. Se anche lo spegnessimo, si riattiverebbe», illustrò.
Khalida toccò nuovamente lo schermo e una serie di disegni animati di quelle che sembravano pistole e fucili futuristici sostituì l'immagine dello scettro.
«La Fase 2 va portata avanti. Abbiamo bisogno di queste armi. Probabilmente saranno la nostra unica speranza di difenderci dall'attacco imminente di Thanos», disse. «Fury è già d'accordo».
Thor si alzò in piedi. «Non se ne parla. Non vi abbiamo dato il Tesseract per questo scopo».
«Le circostanze sono cambiate, Figlio di Odino. Sono certa che il Padre degli Dei comprenderà», insisté Khalida.
«Ha ragione, Thor», annuì Stark.
Thor strinse i pugni e guardò Steve, cercando sostegno nel compagno.
Il Capitano sospirò profondamente, riflettendo.
Aveva visto il potere distruttivo delle armi create dall'Hydra e non negava che il loro aiuto poteva fare molto comodo alla Terra.
Ma era conscio che ogni tipo di potere ha un prezzo, solitamente troppo elevato da pagare. Lui stesso ne era una prova fin troppo palese.
In un altro momento, non avrebbe mai acconsentito alla creazione di niente di simile.
Ma quella situazione, imponeva estreme soluzioni.
Il Capitano fissò intensamente Khalida. «Solo ad una condizione», disse.
L'agente Sabil annuì, senza badare allo sconcerto sul volto di Thor, e invitò l'uomo a proseguire.
«Quelle armi saranno ad uso esclusivo dello S.H.I.E.L.D. Non dovranno mai uscire da questa base», illustrò il Capitano.
Khalida sorrise ferocemente. «Affare fatto».
Era andata molto meglio di quanto aveva pensato.
Si erano bevuti ogni singola parola.
  
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