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Autore: Francibella    28/09/2012    0 recensioni
Neville Paciock non è solito intromettersi troppo nella vita dei propri figli, ma un giorno viene colto da alcuni pensieri, che lo porteranno a confrontarsi con Frank. 
"«Non sono gay, papi. Mi piacciono le ragazze, solo che…» Forse avrebbe potuto dirlo a suo padre. Lui l’avrebbe capito, sapeva cosa voleva dire non essere corrisposto. Lo sapeva di sicuro. «C’è una ragazza. Io ho una megacotta per lei, ma non mi guarda.»
«Perché? »
«Perché mi ha sempre visto. "

Neville decide allora di fare ciò che non dovrebbe, spingere Dominique Weasley nelle braccia di Frank, ma potrebbe non essere facile. Potrebbero volerci molto anni e molta fatica per tutti. Ne varrà la pena, alla fine?
Primo esperimento su Frank e Dominique e anche prima minilong dopo tanto tempo (non giudicatela dal riassunto, non è proprio il mio forte)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Dominique Weasley, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Parlami del futuro


Aveva pensato a Frank tutto il giorno. Poi era andata da sua sorella, che era stata molto gentile. Avevano giocato con Arthur, mentre l’altro bambino dormiva. Sembrava che non fossero passati otto anni. Vic non le aveva chiesto niente, si era limitata a qualche piccola affermazione su quanto amasse Teddy e i suoi piccoli bambini.
«Sembri davvero felice, Vic.»
«Lo sono, Dom, lo sono davvero. Ti ricordi quando abbiamo trovato il diario di mamma, tanti anni fa?» Dominique annuì. «Ora mi rendo conto di che errore feci. Fu tutta colpa mia. Non avremmo dovuto leggerlo, ma soprattutto non avrei dovuto farlo leggere a te. Ricordo quanto fu tremendo per me. Leggere di tutta quella sofferenza e quel dolore che lei provava per causa nostra. Certe frasi le ho sognate la notte per anni. La parte dove rimpiangeva la sua vita di prima, quella senza figli l’ho scolpita in mente. Forse non avremmo dovuto leggerlo, ma era lì in bella vista e noi eravamo bambine curiose. Mamma non avrebbe dovuto lasciarlo lì. Il punto è che io non avrei dovuto permettere a te di leggerlo. Avrei dovuto proteggerti da quelle pugnalate. Perché erano cose dette in un momento di disperazione. Eri così piccola, Dom. Scusa se non ti ho protetta. So che ora è colpa mia se ti sei un po’ incasinata la vita.»
Dominique era rimasta ferma, zitta. Fissava Victoire, mentre le immagine di quel pomeriggio si mischiavano con il presente. «Avremmo dovuto parlarne prima, Dom. Ma io avevo paura, sai, mi dicevo che mamma non pensava quelle cose, ma non ne ero sicura. Non mi avresti creduta. Ora però è diverso, adesso so che non le pensava. Perché anch’io a volte credo di non vedere la fine del giorno, poi li guardo e mi rendo conto che sono la mia vita. Lo sono davvero. So che venire qui ora, quindici anni dopo, non ha senso, ma puoi ancora riparare agli errori che hai fatto per colpa mia.»
«Non è colpa tua, Vic.»
«Avrei dovuto parlare con te. Non fingere che non fosse accaduto nulla.»
«Anche io avrei dovuto parlarne. Con te o con la mamma. O con chiunque altro. Solo parlarne mi avrebbe fatto stare meglio.»
«Però non lo abbiamo fatto, Dom. Non è tempo di piangere sul latte versato. Hai venticinque anni, vai a prenderti ciò che è tuo. Fregatene di quella finta rossa del cavolo. Mi ha regalato un vestitino che mio figlio non indosserà mai. Totalmente fuori moda e poi dice che lavora nell’ambiente. Cielo, un obbrobrio!»
«Grazie» Dominique sorrise un po’ incerta
«Tesoro, siamo Weasley. Non ti far spaventare da una Emily qualsiasi. Perché le mangi a colazione, quelle come lei.»
                                                                       ***
«Dominique, cosa ci fai qui?»
«Sembri felice.»
La felicità di Frank era qualcosa che Dominique non aveva messo in conto, perciò si disse che era tutto sbagliato, era pronta ad andarsene, quando Frank la tirò per la manica del maglione e la prese tra le sue braccia.
«Non sono così felice. Cioè in questo momento sì perché ho appena distrutto la mia vita, ma non sono felice nel complesso. Beh ora che tu sei tra le mie braccia, la cosa va un po’ meglio, ma sai io sono noioso e previdente, perciò sto già pensando a quando non ci sarai più e dovrò annusare le tue lettere, quindi non mi godo la felicità.»
«Non voglio andarmene, voglio restare, però è difficile. Non ho nulla per rimanere qui, se non tantissima paura.»
«Dominique, vorrei poterti dare qualche motivo per rimanere.»
Si fissavano negli occhi, si ponevano mute domande. Dominique scacciava i pensieri cattivi e sbagliati come Neville le aveva detto di fare. Frank avrebbe voluto saldarla a sé, ma la voleva vedere felice, anche se questo avesse significato lontano da lui.
«Frank, la nostra discussione non è…»
Emily si fermò sui gradini. Si era tolta la maschera, ma indossava ancora quella tuta informe. Guardava Dominique ancora tra le braccia di Frank. Dominique sembrava imbarazzata e intenzionata a sciogliere l’abbraccio, ma il ragazzo glielo impedì. Frank continuava a fissare ora l’una ora l’altra. Dominique che aveva l’aria di essere uscita di casa quella mattina e non ancora rientrata, sembrava aver pianto,  aveva un rigurgito del piccolo John Rufus sulla spalla, ma era bellissima, stupenda, molto più di quanto Emily avrebbe mai potuto essere.
«Ciao, Dominique. Forse Frank non te lo ha detto, ma non è proprio un bel momento. Ci fa piacere averti qui, a casa nostra, ma…»
«Mia. È casa mia. Tuo padre ha detto che non avrebbe dato un solo galeone fino a quando non ci fossimo sposati. Questa casa è mia. E dei miei. Perciò ci viene chi voglio io. Dominique rimane. Anzi,» controvoglia Frank sciolse l’abbraccio con Dominique e si avvicinò a Emily «vai pure a letto, Emily. Io non ci vengo. Né stasera né mai. Dormirò sul divano o non dormirò affatto. Non lo so, non mi interessa. Non voglio darti dei tempi o roba del genere, ma dovresti davvero andartene da casa mia. Diciamo in una settimana o due? Puoi andare dai tuoi, da un’amica, in una casa tutta tua, non mi interessa. Solo è meglio che te ne vada da qui.»
«Frank, solo perché ho detto che voglio che tu non faccia l’Auror non vuol dire che…»
«Tu hai progettato la nostra vita senza di me. Insieme ai tuoi. Anche farmi pressare da tuo padre era una tua idea. Così come i soldi della casa. Quando la signora che me l’affittava, mi disse che o la compravo o l’avrebbe venduta, tuo padre disse che mi avrebbe dato una parte dei soldi se ci fossimo sposati. Era una mossa, non credevi che avrei pagato quella cifra da solo, vero? Invece sei stata fregata. Perché io mio padre mi ha dato dei soldi, io ci ho messo gran parte dei miei risparmi e Harry mi ha fatto un mega prestito senza interessi. E lo hanno fatto per me, perché mi volevano bene e non volevano che sposassi la ragazza sbagliata. Perciò non è solo per l’Auror. È perché non voglio vivere la vita che tu hai deciso per me. E perché non voglio affittare una casa in Spagna quando i bambini saranno un po’ più grande dove portare anche i miei e i tuoi.»
Una nuova e strana sensazione avvolse Frank. Felicità, libertà e senso di potere.  Poter scegliere della propria vita. Senza guardare più Emily, si rivolse a Dominique, che era ancora lì. Nell’ingresso, appoggiata al pianoforte, con un grosso maglione bianco fino a metà coscia, i capelli sciolti e un po’ arruffati e gli occhi pieni di domande.
«Andiamo a prenderci una bella tisana, Dom.»
                                                                       ***
«Ti ha sul serio detto che voleva che tu lasciassi il tuo lavoro?»
«Sì. Perché lei non voleva curare i miei figli mentre me ne andavo in giro.»
«Sei stato stronzo a mollarla così. Dopo tutto questo tempo.»
«Mi conosci, Nic, non sono mai stato stronzo nella mia vita. C’è sempre una prima volta.»
Si sorrisero delicatamente, mentre si lasciavano cullare dal dondolo sulla veranda di Frank.
«Sai quando siamo andati a fare il tatuaggio? Ti ricordi cosa ho detto circa la frase che avevo scelto?»
«Sì, era quel discorso sull’essere la figlia di mezzo, un po’ Weasley, un po’ Veela. Tante aspettative, troppe pressioni, no?»
«Mentivo. Mentivo di brutto. Era tutta una colossale bugia. In parte ne ero consapevole, in parte no. Ora lo sono totalmente. Quando avevo dieci anni, io e mia sorella decidemmo di andare in esplorazione della soffitta. Era stata una mia idea, Vic era contraria, ma non voleva che andassi da sola, perché i miei non erano in casa. Tentò di dissuadermi, ma io ero piuttosto convinta. Così andammo. Era fine Agosto, ma fuori pioveva molto. Insomma un’atmosfera un po’ inquietante. Trovammo dei vecchi vestiti di mia madre, la divisa di Quidditch di mio padre, quello che chiunque si aspetterebbe di trovare. Io avevo dieci anni, per me erano cose grandiose. Vic mi supervisionava, mentre teneva una candela in mano, pronta ad accenderla se fosse diventato troppo buio. A un certo punto mi parve di vedere un topo o simili, mi spaventai e andai addosso a una cassa. Quando Vic venne a vedere se mi fossi fatta male, notammo che vi era appoggiato un diario. Vic voleva rimetterlo a posto, ma io pensai che sarebbe stato divertente leggere di quando mamma era a Beaubatons, perciò lo aprimmo. Non era di quel periodo, risaliva ai mesi successivi alla mia nascita. Mia madre parlava di me e di Vic. C’erano frasi tremende, che fecero impressione sia a me sia a Vic. Parlava di noi come se fossimo state figlie del demonio. Per me fu terribile. Mi convinsi che io, mio padre e mia sorella avessimo tarpato le ali a mia madre. Sostanzialmente lo leggemmo tutto e quando i miei rientrarono con Louis scappammo nelle nostre camere. Non ne parlammo mai, io e Vic, intendo. Solo che ognuno lo interpretò come preferì. Vic mi aveva vista da piccola e sapeva che ero capricciosa, dal pianto facile, ma non demoniaca. Perciò era consapevole dell’esagerazione della mamma. La sua reazione fu di rifiuto di Fleur. Le parlava in maniera garbata, ma sempre indifferente. Quando partì per Hogwarts, scrisse lettere solo a mio padre, dicendo di salutare la mamma. Erano sempre state così unite, ma ora sembravano estranee. Vic non lo sa, ma nostra madre soffrì molto. Non si capacitava di cosa fosse successo. Io avrei dovuto dire la verità, ma non lo feci mai. Quell’anno Vic si mise con Teddy, che le fece capire quanto fosse fortunata ad avere ancora i suoi genitori e perciò la spinse a riappacificarsi con mia madre, ma io so che quella ferita è ancora lì. Oggi più che mai, perché Vic non parlerebbe mai in quei termini di Arthur o di John. Credimi, mai. Io da parte mia, ebbi un’altra reazione. Mi sembrava di aver obbligato mia madre a quella vita, perciò cercai di darle il minor fastidio possibile, cercando addirittura di stare con Louis più tempo. Però mi promisi che mai avrei permesso a qualcuno di fare quello che noi avevamo fatto a mia madre. Perciò mi volli tatuare quella scritta, perché ognuno sapesse che io ero libera e volevo esserlo.»
«Accipicchia. Come hai fatto questa analisi?»
«Tu non ci crederai, ma un terzo l’ho fatto da sola, un terzo Vic e un terzo tuo padre.»
«Mio padre? Neville Paciock?»
«Devo dire che ho sempre avuto conversazioni illuminanti con lui nel suo studio. In ogni caso sono qui per fare ammenda. Perché avrei dovuto dirti tutto allora.»
«No, non eri obbligata.»
«Forse, ma avrei dovuto farlo. Anche quando parlavamo del futuro, io avrei dovuto dirti la verità. Sai parlare con voi Paciock è utile, ma – non dirlo a tuo padre – tu rimani il mio preferito. Avrei dovuto farlo otto anni fa con te, non stamattina con tuo padre.»
«Stamattina eri da mio padre? C’ero anch’io.»
«Cosa ti ha detto?»
«Di non sposare Emily. Non prima di aver chiarito con te.»
«Tu hai deciso di non sposarla del tutto?»
«Esattamente. Hai ragione, mio padre dà dei consigli che non sono male, alla fine.»
Rimasero un po’ nella stessa posizione, Dominique appoggiata a Frank, la tazze vuote sul tavolino e le stelle nei loro occhi.
«Non andartene più, Dom. So che girare il mondo è bello, ma ci sono cose fantastiche anche rimanendo a casa con la propria famiglia e i propri amici.»
Era solo un sussurro, ma Dominique lo sentì bene e rabbrividì.
«Non so se sono all’altezza.»
«A quale altezza?»
«Alla tua, Frank. Tu sei così bravo con certe cose.»
«L’abitudine, credo. Sono otto anni che mi destreggio tra queste poche strade note. Possiamo fare con calma. Te lo prometto, ti terrò la mano. Fai solo un tentativo. Conceditelo.»
Dominique strinse forte le mani di Frank e si disse che ne valeva la pena. Anche solo per dire di averci provato.
                                                                       ***
A venticinque anni, Dominique Weasley si sentì tornare adolescente. Perché provò una serie di cose per la prima volta. Ma non era come quando a tredici anni aspettava con ansia il primo ciclo, per sentirsi come tutte le altre. O come quando era finita nel letto di Todd Hedson per non sentirsi inferiore. Ora era adulta e c’erano una serie di sfumature che prima le erano sfuggite.
Ci fu il primo appuntamento. Frank la invitò a un aperitivo, in un bar molto particolare. Poi camminarono un po’ per il quartiere, divertendosi a cercare i maghi in incognito. Verso sera, si smaterializzarono a Diagon Alley, perché il tramonto dietro la Stamberga Strillante era una delle cose che avevano sempre impressionato Frank e che non avevano mai potuto condividere, perché erano solo amici a Hogwarts.
Ci fu anche il primo bacio. Che fu poi lo stesso giorno dell’appuntamento, perché il sole che si nascondeva dietro l’orizzonte era romantico e Dominique desiderava da troppo tempo baciare Frank. Perciò gli aveva letteralmente buttato le braccia al collo e aveva avvicinato il proprio volto al suo. «Sto per fare quello che avresti dovuto fare tu otto anni fa, Frank. Spero non sia un problema.» Frank la guardò ancora per un secondo, così vicina che avrebbe potuto contare le sue ciglia e poi le sorrise. «Non credo proprio che sarà un problema, Nicky.» E mentre appoggiava le proprie labbra su quelle di Frank, Dominique si disse che nulla di tutto ciò aveva alcun senso, perché Frank era decisamente un ragazzo di cui innamorarsi. Soprattutto per lei. Frank era contro tutte le regole che si era data, che si era imposta. Frank era il tipo di ragazzo che vuoi presentare ai tuoi genitori e alle tue amiche per mostrare quanto sei fortunata ad averlo trovato. Frank era quello con cui fai progetti, perché è naturale farlo, sembrerebbe sbagliato il contrario. Con Frank, Dominique si vedeva vecchia e circondata di nipotini. Era Frank, era tutto questo e non era sbagliato. Non era l’uomo di un’altra o cose di questo genere. Era lì e lei avrebbe potuto averlo. Con calma, aveva detto lui quella sera. Ma era difficile mantenere la calma, quando Frank aveva delle labbra così morbide e soffici, che parevano avere l’odore delle cose più buone di questo mondo.
Ci fu anche la prima litigata. Il futuro era un tabù, non ne parlavano mai. Perché Frank aveva paura di spaventare Dominique e di farla scappare, perciò era costretto a frapporre un filtro tra la sua mente e la sua bocca. Dominique non era abituata a pensare al futuro, se non a quello lavorativo. Perciò dopo aver trovato lavoro nel settimanale del Profeta, riteneva di non doversi preoccupare di nulla. Frank viveva ancora nella propria casa, da cui Emily stava ultimando il trasloco; mentre Dominique era stata gentilmente ospitata da Victoire. Una sera erano seduti sul divano di Frank, incastrati l’una nell’altro, avvinti in quel tipo di abbraccio che riscaldava Dominique. «Todd Hedson, eh?»
«Che c’è di male? Era carino!»
«Sì, ma avresti potuto avere qualsiasi ragazzo della scuola – esclusi i tuoi cugini – e tu sei stata per la prima volta con quello lì? Era strano, secondo me.»
«Originale. L’ho scelto per questo, nessuno se lo sarebbe aspettato.» Frank scosse la testa perplesso. «Lo so, col senno di poi era una sciocchezza, ma allora non sembrò tanto sbagliato. Comunque non fu nulla di che. Credo che lui non si aspettasse che io fossi vergine.» Davanti all’espressione di rabbia, dolore e disgusto che occupava il volto di Frank, Dominique trattenne un sorriso «Diciamo che non fu piacevole, per me. Per lui non so, ma certo non replicammo mai. Adesso tocca a te.»
Il giovane Paciock pareva molto in imbarazzo. «Naya Jones»
«Stai scherzando? La mia amica Naya Jones?»
«Già.»
«Siete stati insieme e non me lo avete mai detto?» Dominique sembrava un po’ alterata, ma era chiaro che stava facendo di tutto per nasconderlo.
«Non siamo stati insieme. Abbiamo solo… Non voglio dire che non…» Frank prese un bel respiro «Eravamo al sesto anno, il primo in cui Naya giocava nella nostra di Quidditch. All’inizio erano tutti molto sospettosi del suo ingresso in squadra. La vedevano tutti solo come una ragazza carina e basta. Qualcuno mormorava che fosse addirittura stata con James per ottenere il posto. Erano calunnie e basta, perché Naya aveva davvero battuto tutti gli altri alle selezioni ed era brava. Beh, tutte queste cose le saprai già, visto che eravate amiche anche allora. In ogni caso, io mi sentii di darle il mio supporto, ma in maniera del tutto smaliziata. La sostenevo e le dicevo che era brava. Una sera finimmo gli allenamenti e rientrammo in Sala Comune. Erano tutti a mangiare perché erano le sette e mezza, io dissi che non avevo fame e che me ne sarei tornato in camera a leggere. Anche Naya disse che non sarebbe andata a mangiare, rimanemmo un po’ a parlare e poi non so come accadde, ma ci baciammo. Successivamente… beh puoi immaginare cosa accadde. Finimmo in camera mia e quando mi svegliai la mattina dopo, lei era appoggiata al mio petto. Era la prima volta per entrambi e non fu nulla di speciale. Il giorno dopo ne parlammo a lungo e decidemmo di non dare troppo peso alla cosa. Io mi sentivo uno schifo, perché era la sua prima volta, ma lei disse che era contenta che fossi stato io… il primo, diceva che si fidava di me, che non l’avrei divulgato. E non lo feci, effettivamente sei la prima che lo sa. Immagino che i miei amici credano che sia stata Amy la prima, quando ci mettemmo insieme al settimo anno. Qualche volta pensammo anche di… replicare, ma io pensavo già a te, sarebbe stato scorretto. In più lei sembrava un pochino interessata e non sarebbe stato corretto darle false speranze.»
«Non posso crederci! Naya era una delle mie migliori amiche!»
«Sì, ma io e te non stavamo assieme allora, perciò…»
«Lo so. Soltanto che lei non me lo disse! Mai!» Frank scrollò le spalle, dubbioso se fosse stata una bella idea quella di raccontare a Dominique la propria prima volta. «In ogni caso ha senso, ho sempre pensato che avesse un debole per te. È così strano. Pensare che tu sia stato con Naya la tua prima volta. È stato tanto tempo fa.»
«Una vita fa, direi.»
Erano rimasti in silenzio, per qualche secondo.
«Frank, perché fai così?»
«Tu mi ha chiesto con chi è stata la mia prima…»
«Non quello. Perché mi parli del passato, quando vuoi parlarmi del futuro? Lo so. Credi davvero che non me ne renda conto? Non sono stupida e ti conosco bene. Dopo che sei stato con Vic, Teddy e i bambini vuoi sempre dire qualcosa, ma poi ti fermi. Perché non mi parli del futuro? È perché non ti vedi con me? So che sono difficile, ma mi sto impegnando tantissimo.» Il tono di voce di Dominique era pericolosamente alto e acuto, le mani strette come quando stava per iniziare una discussione. Era chiaro che quel pensiero non era nuovo e improvviso, ma al contrario doveva averlo maturato da un po’.
«Dominique, io vedo te nel mio futuro. Anzi potrei anche dire che se socchiudo gli occhi mi sembra che tu coincida con il mio futuro. Non te ne parlo perché non voglio che tu ti spaventi, ti senta oppressa.»
«Non puoi decidere tu per me, Frank.»
«Scusa, Nicky, ma sono egoista e ti voglio tutta per me. Non posso pensare di farti scappare da me.»
«Io voglio davvero pensare al futuro insieme a te. Ok, ho detto di andarci con calma, ma voglio parlarne, non fare finta di niente.»
Frank si mise a sedere e fissò negli occhi Dominique, che si era seduta dall’altra parte del divano durante la discussione.
«Da dove vuoi cominciare?»
«Da casa dei tuoi genitori o dei miei.»
«Scusa?»
«Voglio dire ai miei e ai tuoi che stiamo insieme. Che non è un capriccio momentaneo, un revival di quando eravamo a Hogwarts.»
Frank non poté far altro che sorridere. Uscivano insieme da nemmeno un mese, non avevano nemmeno mai fatto l’amore, era strano pensare di presentarla già ai suoi, ma dopotutto la conoscevano già.
«I miei ne saranno entusiasti.»
Quella fu anche la prima volta che fecero l’amore. E fu bello, molto bello. Meglio delle loro rispettive prime volte – sicuramente – ma meglio anche delle altre volte. Perché era un modo per ritrovarsi finalmente. Lo fecero lì, sul divano. Dove prima si erano abbracciati e poi avevano litigato. Dominique spogliò Frank lentamente. Assaporando la sempre maggior vicinanza con la sua pelle. Poi lasciò scorrere le dita, lentamente, sul suo petto. Era come lo aveva immaginato a diciassette anni. Anzi era meglio. Adorava vedere Frank rabbrividire sotto il suo tocco. «Sei bellissimo, Frankie.»
«Dovrei dirlo io.»
Dominique zittì qualsiasi protesta con un bacio e continuò a passare le mani sul dorso di Frank, che nel frattempo le aveva sfilato maglione e camicetta. Mentre Frank con una mossa esperta le slacciava il reggiseno, Dominique pensò che forse avevano fatto bene ad aspettare. L’idea di Frank che come un imbranato armeggiava con la chiusura del reggiseno, avrebbe rischiato di farla ridere e di rovinare il momento. Le mani di Frank sembravano contenere alla perfezione il seno di Dominique e lo massaggiavano e mordicchiavano lentamente, facendo gemere la ragazza. Pian piano l’eccitazione di Frank che le premeva sull’inguine le fece accelerare il ritmo. Voleva Frank, lo voleva davvero.
«Frank» era solo un sussurro carico di desiderio, ma lui parve capire ogni cosa e infatti sdraiò Dominique sul divano e si mise sopra di lei.
«Io non voglio correre troppo… Sei sicura di… Possiamo aspettare»
«Possiamo?» Frank la guardò un po’ dubbioso. «Secondo me no. Lo voglio davvero tanto, Frank.»
Senza perdere un altro secondo, Frank sfilò i pantaloni di Dominique, mentre lei armeggiava con la sua cintura. In un battito di ciglia anche le mutande di Dominique erano per terra. Solo il sottile strato di cotone dei boxer di Frank li separava. Si guardarono negli occhi per un breve e intenso attimo. Poi lei denudò completamente Frank.
Quando lui entrò in lei, Dominique pensò che anche quello fosse un momento da aggiungere alle esperienze che valeva la pena di vivere. Non che l’avrebbe mai detto al signor Paciock, comunque. I loro corpi sembravano adattarsi alla perfezione. Le mani di lei intrecciate sulla schiena di lui, le gambe incrociate sui suoi fianchi. Frank sopra di lei, sudato e ansante era ancora più bello che vestito elegante al matrimonio di Vic.
L’orgasmo li colse quasi nello stesso momento. Dominique urlò il nome di Frank all’apice del piacere, seguita poco dopo da Frank che si abbandonò sul corpo della sua ragazza.
«Stai… Per favore, rimani… lì.» Il peso di Frank era piacevole da sopportare. Non lo aveva mai sentito così vicino. «Non ti lascerò più, Frankie. L’ho fatto una volta e ho rischiato di perderti per sempre. Non farò due volte lo stesso errore.»
«Me lo auguro, Dom. Perché questa volta verrei a prenderti. Non sarei codardo come otto anni fa.»
                                                                       ***
Frank avrebbe voluto andare prima dai Weasley, ma Dominique era estremamente convinta che i Paciock avrebbe voluto saperlo prima.
«L’ho già detto a Vic. Voglio dirlo prima ai tuoi. Anzi, dovremmo dirlo prima a tuo padre.»
«Perché a mio padre?»
«Non è stato un po’ il nostro Cupido?» Frank guardò la propria ragazza un po’ perplesso.
«Se vogliamo vederla in questa maniera.»
«Oh sì, e poi voglio tornare a Hogwarts tenendoti per mano. Continuiamo a parlare del passato, no? Eppure è ora di lasciarcelo alle spalle, perciò come se non visitando il luogo dove tutto è cominciato?»
 
Neville Paciock era fuori di sé dalla rabbia. Quel piccolo e irreverente Serpeverde aveva fatto più atti di vandalismo in una settimana, che Draco Malfoy in sette anni.
«Higgins, ora tu mi ascolti bene. O moderi il tuo comportamento o io ti sbatto fuori da questa scuola. Non mi interessa nulla di chi sia tuo padre o di chi siano i genitori dei tuoi potenti amici. Perché lo dirò una sola volta, l’ultima persona che ho visto comportarsi in questa maniera – cricca di amici potenti e irriverenza contro i professori – era Tom Riddle alias Lord Voldemort. Perciò non ho intenzione di assistere alla nascita di un piccolo insolente Bambino Oscuro. Sono stato chiaro? Non farti più richiamare entro la fine dell’anno o ti sbatto fuori.»
Frank e Dominique rimasero fuori dalla porta, leggermente pietrificati dalle urla che giungevano dall’interno. Quando la porta si aprì, ne uscì un ragazzino carino, dall’aria spavalda. Forse del quinto, al massimo sesto anno. Frank ne approfittò ed entrò a salutare il padre, mentre Dominique attendeva fuori.
«Hey, bella.»
«Potrei essere tua madre.»
«Questo sarebbe davvero un problema, perché sei molto bella.»
«Sai qual è il vero problema? Il ragazzo cattivo ha stancato. Oggi le ragazze moderne, vogliono qualcuno che sappia dare loro tranquillità. Siete rimasti solo tu e Draco Malfoy a credere che il bad boy vada ancora. Ma lui è vecchio, si può capire.»
 
«Papà, ti devo dare una notizia piuttosto grandiosa.»
«Spero che tu non ti voglia rimettere con E… E… Elizabeth?»
«Emily. No, lei per fortuna ha finito il trasloco una settimana fa. E non è stato bello. Voglio… diciamo presentarti qualcuno.»
Dominique entrò nello studio del Preside, esibendo il proprio miglior sorriso. Si era vestita molto accuratamente per l’occasione, perché voleva mostrare al professor Paciock di meritarsi Frank. Nel proprio semplice, ma elegante vestito blu, Dominique era una delle ragazze più belle del mondo.
«Buongiorno, professor Paciock»
Neville, come qualsiasi Paciock degno di rispetto, arrossì vistosamente quando Dominique gli posò un bacio su entrambe le guance.
«Papi, io e Dominique stiamo insieme.»
Neville Paciock adorava Dominique, ma anche se lei non gli fosse piaciuta, il sorriso di Frank era così grande e sincero che l’avrebbe amata lo stesso.
«Vogliamo sederci? Prendete qualcosa da bere, brindiamo. Ditemi un po’, com’è accaduto? Sì voglio dire, davvero Dominique vuoi stare con Frank?»
«Papà!»
«Sì, signor Paciock, per tutta la vita e oltre.»
«Hannah non ci crederà mai.»
«Vorremmo dirlo noi alla mamma, se non ti dispiace.»
«Oh certo, ma non dicevo di quello, sai? A quello crederà, basta guardarvi in faccia. Non crederà mai che anch’io ho avuto un ruolo attivo in tutto ciò.»
«Non è vero. Non hai avuto nessun ruolo.»
«Oh, sì, Frank, non dire così. In almeno un paio di occasioni mi ha fatto riflettere. Una in particolare è stata determinante.»
«Beh se è così, magari… potreste…»
«Non chiameremo nostro figlio Neville, papà!»
Il professor Paciock arrossì, mentre Dominique stringeva forte la mano di Frank, per niente spaventata all’idea del futuro che li avrebbe attesi.
                                                                       ***
«Frank, uhm?»
I Weasley avevano avuto strane reazioni. Prima Fleur aveva sospirato rumorosamente e poi aveva parlato in francese stretto, esprimendo il proprio sollievo per il fatto che anche Dominique avesse finalmente trovato un ragazzo serio. Poi si era seduta, apparentemente assorta in qualche riflessione. Bill guardava Dominique con un’espressione criptica.
Dominique aveva deciso di parlare da sola ai suoi per la prima volta, poi avrebbe presentato loro Frank.
«Sei sicura?»
«Certo che è sicura. Porquoi? Frank est un bon garçcon.»
«Fleur, fa rispondere lei.»
«Perché no, papà?»
«Non dico no, solo… anche tu un amico di infanzia?»
«Papi, ho visitato più del 50% del nostro pianeta. Ho conosciuto un’infinità di uomini. Eppure sono tornata qui e ho scelto Frank. Penso di essere piuttosto sicura.»
«Immagino che tu lo sia, effettivamente. Lo sei sempre stata. Portacelo qui, il famoso Frank Paciock, cosicché io possa fargli le dovute raccomandazioni.»
Dominique era un po’ spaventata dal ghigno di suo padre, ma si disse che lei e Frank avrebbero potuto affrontarlo. Insieme.
                                                                       ***
«Frank!»
Il giovane Paciock stava apparecchiando la tavola, quando l’urlo della sua ragazza gli fece quasi cadere un piatto.
«Dominique, è successo qualcosa?»
«No, perché?»
«Non sei mai tornata così tardi!»
«Scusa, ho dovuto fare una cosa. Anzi, vieni così ti faccio vedere.»
Si sedettero sul divano – quel divano – e Dominique si tolse la maglietta, facendo arrossire leggermente Frank, nonostante stessero insieme da quasi un anno.
«Hai visto?»
«C-cosa?»
«Il tatuaggio»
A Frank sembrava uguale, ma poi lo guardò davvero.
«Born to be free… to love hai cambiato la scritta» Frank fece scorrere il dito sulla pelle di Dominique, come aveva fatto tanti anni prima.
«Sì, mi sembrava che stonasse. Non ho voluto cancellarlo, perché è la prova tangibile del percorso che ho fatto. Anche e soprattutto grazie a te.»
Frank continuò a seguire i contorni delle parole, poi strinse le mani intorno alla vita di Dominique e l’attirò a sé. Iniziò a depositarle una serie di piccoli baci sul collo e poi sulla spalla.  «Ti amo, Nicky.» Le sussurrò tra un bacio e l’altro.
«Ti amo. Ti amo proprio, Frankie.»
La tavola accuratamente apparecchiata da Frank fu momentaneamente dimenticata.

   
 
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