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Autore: manicrank    30/09/2012    6 recensioni
Eravamo due matte, due nate sbagliate, che trovammo, a modo nostro, il piccolo angolino di giusto in cui vivere.
Noi due eravamo quelle nate sbagliate. Sole entrambe. Io, sbagliata di nascita, avevo paura. Ma poi era arrivata lei.
//Dedicata a Lei
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Noi due eravamo quelle nate sbagliate.

 

Sole entrambe.

 

Io, sbagliata di nascita, perché un semplice deficit di melanina aveva reso la mia pelle sottile, i capelli bianchi e gli occhi di un rosa tenue che svaniva nel bianco. Sbagliata, perché non avrei mai potuto essere come gli altri. Uscire, viaggiare. Sempre in pericolo per gli agguati del sole. Non sapevo cos'era il mare, cos'era il calore, cos'era l'estate.
Conoscevo solo un lungo e triste inverno, iniziato sedici anni fa e mai finito.
La neve, quella la conoscevo bene. Così come la pioggia, il freddo ed il vento.
Fin troppo.
E forse è stato a causa di tutto questo, che ho iniziato ad amarli ed odiarli. Un miscuglio dolce amaro di sapori. Mia madre, così come mio padre, erano morti anni prima in un incidente mentre andavano a lavoro. Era il giorno del mio compleanno, mi stavano lasciando sola, e in tutta quella tristezza una punta di soddisfazione mi aveva fatto visita. Una sorta di rivincita per essere stata ignorata. Ma ormai anche quei ricordi si sono sbiaditi, stropicciati, lasciandomi solo una nebbiolina colorata nella mente.
Mio fratello Mattew si è preso cura di me, anche quando aveva altro a cui badare. Mi è stato sempre accanto insieme alla sua famiglia – la sua nuova famiglia – penso sorridendo a sua moglie, Colette, e loro figlia Helena. Anche loro ci sono sempre state, curandomi e viziandomi, forse un po' troppo.
Sorrido, posando la tazza di tè freddo sul tavolino e tornando seduta sulla sedia, rivolta alla finestra. Oggi piove, e mi piace guardare le sottili scie trasparenti disegnarsi sul vetro. Starei ore ad osservare la pioggia. Forse giorni. A tentare di disegnarla.
Ma poi un lungo tuono sconquassa il cielo, e allora premo forte le mani sulle orecchie, tremando. Ho paura. Perché quei rombi mi ricordano tanto le urla della mamma, di disperazione, perché ero nata sbagliata.

 

Ma poi era arrivata lei.

 

Era una cara amica di Colette, che aveva ben pensato di presentarcela.
La prima volta che la vidi la reputai interessante come persona. Scarpe firmate, tailleur gessato, capelli neri raccolti in una crocchia. Sembrava qualcuno di irraggiungibile.
Poi mi puntò addosso il suo sguardo. Viola. E questo mi avvolse, mi mostrò il calore del suo essere, abilmente nascosto dietro una maschera di fredda porcellana.

 

Venne ancora, questa volta sembrava un poco più vicina, nei suoi abiti alla moda, nel suo modo di fare, un po' più confidenziale. E ancora. Presentandosi in jeans e t-shirt.

 

Iniziavamo a conoscerci, man mano, un pezzo alla volta. Parlavamo delle nostre impressioni, di quello che ci trasmetteva una determinata cosa. E raccontavamo. Di come eravamo cresciute, di come eravamo, entrambe, a modo nostro, speciali.
E di come lei, anche, fosse nata sbagliata.
Perché non può esistere una figlia lesbica dagli occhi viola in una famiglia di imprenditori. E allora si era sforzata di cambiare, di farsi piacere i maschi, di poter essere, in qualche modo, giusta.
Solo che non ce l'aveva fatta.

 

Io l'avevo capito quando, durante un triste e piatto pomeriggio d'ottobre, era venuta a bussare con in mano una valigia nera ed il viso solcato da lacrime. Non era truccata, non aveva i capelli acconciati, ed era vestita con un jeans strappato ed una camicia. Ma io la trovai elegante e perfetta come la prima volta che la vidi. La feci entrare ed ascoltai ogni singola parola del suo sfogo, cercando di darle un po' di conforto. L'avevano cacciata via. E lei era venuta da me.
Non so perché, ma quando alla fine mi guardò negli occhi, rimasi disarmata da tutta quella sincerità, e non riuscii – e non volli – bloccarla quando si chinò per baciarmi. Non avevo mai preso in considerazione, almeno non seriamente, la mia sessualità. Non ci avevo pensato. Mi veniva naturale vedere ogni essere sulla terra uguale, provare amore per tutti. Semplicemente ero sciocca, convinta che basta innamorarsi, provare amore, per essere felici. A prescindere dal sesso dell'altra persona.
Quindi quando le sue labbra si posarono delicatamente sulle mie, e la sua lingua scivolò nella mia bocca, cercando la gemella con disperazione, io l'accettai, ricambiando con quanto più amore possibile. E anche quando piano la sua mano si fermò sul mio seno, a stento fasciato dalla vestaglia grigia, non potei scacciarla. Perché tutto quello era giusto.

 

Eravamo due matte, due nate sbagliate, che trovammo, a modo nostro, il piccolo angolino di giusto in cui vivere.

 
























































___**

Dedicata a te, Amore mio, perché non so come hai fatto a farmi innamorare di nuovo. Davvero. Avevo detto che non mi sarebbe capitato più, e invece eccomi qui. 

Spero ti piaccia.

E spero piaccia anche a voi che leggete. 
Lasciate un commentino, anche per criticarmi, o solo per dirmi che mi è piaciuta. Bastano undici parole. 
A presto, 
MANICRANK

   
 
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