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Autore: orphan_account    01/10/2012    51 recensioni
Ero a pezzi, fisicamente e mentalmente. Stavo cercando disperatamente di dire quello che pensavo, ma la mia gola era chiusa e non riuscivo a respirare dal dolore: "A-Avete la minima idea di quello che ho dovuto sopportare? Di quello che ancora sopporto, tutti i giorni?"
Li guardai con sfida. Due di loro era chiaramente confusi, come se non avessero la minima idea di cosa stessi parlando. Liam e Niall, invece, abbassarono lo sguardo.
[...]
"Per favore, Taylor! Lasciati aiutare." Liam mi stava supplicando, ma i suoi occhi non riuscivano a scollarsi dalle mie braccia. Niall era così disperato che per poco non si metteva a piangere. Dieci minuti dopo questo teatrino mi abbandonai alle lacrime, lasciandomi scivolare lungo il muro del bagno.
Basta, ora basta.
Srotolai le bende bianche e voltai le braccia verso di loro.
E proprio in quel preciso istante, la porta si aprì, e Zayn entrò nella stanza. No, lui no. Lui non doveva vedere i tagli, non potevo permetterlo.
I suoi occhi saettarono verso le mie braccia scoperte, e la sua espressione cambiò di colpo.
[Gli aggiornamenti sono molto lenti. Siete avvertite.]
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Penso che ormai non ci sia più bisogno di ripeterlo, ma lo dico ancora per sicurezza: il capitolo tratta di autolesionismo. In dettaglio. Se il tema vi disgusta vi consiglio di cambiare fanfiction. Se invece il vedere e parlare di tagli rischia di farvi commettere a vostra volta gesti di autolesionismo, per favore non leggete. A tutti gli altri, buona lettura!

 

Wrists are for bracelets, not for cutting.
[Kellin Quinn]

 

14 settembre 9:43

I miei genitori si erano conosciuti alle superiori, lei la ragazza studiosa, quella con i voti buoni e un cervello, lui invece era nella squadra di nuoto, con la sua banda di amici con cui usciva i pomeriggi invece che studiare. Lei aveva sempre avuto una cotta per lui, e quando mio padre l'aveva vista passare la prima volta per i corridoi era rimasto fulminato. Come ogni storia d'amore al liceo, avevano avuto i loro alti e bassi, ma erano riusciti ad arrivare al diploma senza mollarsi, nonostante la loro relazione fosse presa in giro da tutti gli amici di mio padre e considerata uno scherzo di cattivo gusto da una buona metà del corpo studentesco. Gente del calibro di mio padre non avrebbe dovuto mischiarsi agli studenti ritenuti inferiori.

Per qualche ragione si erano sposati poco dopo la fine del liceo. Avevo visto le foto, mi avevano raccontato la storia un milione di volte. Erano felici assieme, perché non sposarsi?

E poi, appena tre anni dopo, quando ancora entrambi si stavano laureando in legge, mia madre era rimasta incinta, costringendola ad interrompere gli studi per un anno mentre si prendeva cura di me. Ma era riuscita sia a gestire una figlia sia a fare dei corsi online, laureandosi appena due anni dopo mio padre.

L'ultima volta che li avevo visti assieme, prima di partire per questo assurdo congresso a New York, ricordavo perfettamente l'espressione di assoluta adorazione sul volto di mio padre mentre guardava la mamma. Dopo più di vent'anni non aveva ancora perso quella fiamma dei primi tempi.

E ora questo.

Mi lasciai sfuggire l'ennesimo singhiozzo, un suono strozzato che venne soffocato dalla mano che mi ero premuta contro la bocca per non mettermi ad urlare.

Tutto questo era ridicolo. Uno scherzo di pessimo gusto. Non poteva essere vero, mi rifiutavo di crederlo.

Il mio ginocchio andò a sbattere contro lo spigolo del letto, che non avevo notato a causa delle lacrime che mi riempivano gli occhi. Una fitta di dolore mi risalì la gamba, distraendomi per qualche prezioso secondo dai pensieri. Strinsi forte gli occhi, eliminando le ultime lacrime, in modo da riuscire a trovare un qualunque oggetto appuntito e guadagnare almeno qualche minuto di silenzio mentale.

Se solo quella serie di immagini avesse smesso di sfilarmi davanti agli occhi come una processione funebre, allora avrei potuto provare a concentrarmi. E invece riuscivo solamente a pensare al sorriso che mi aveva fatto mia madre quel primo giorno di scuola, l'ultima volta che l'avevo vista. E quando da bambina mi portava al parco e mi faceva dondolare sull'altalena. Se ora avessi potuto tornare indietro, avrei ritirato tutti quei versi disgustati che facevo ogni volta che i miei si baciavano davanti a me.

Sentivo dei suoni fastidiosi, che stentavo a riconoscere come miei, scivolarmi fuori dalla bocca, mentre aprivo i cassetti a caso, cercando qualcosa, qualunque cosa, potesse anche solo minimamente tagliare.

Trovai un taglierino nascosto in un angolo dell'ultimo cassetto, e, anche se di norma avrei evitato, lo presi in mano, accorgendomi del tremolio della mia mano.

Se c'era una cosa che non mi piaceva proprio dei taglierini era il fatto che era tremendamente difficile controllare la profondità del taglio. Bastava premere un po' più forte, o un po' più veloce, e spuntava fuori una piccola pozza di sangue che ci metteva secoli a smettere di sanguinare. Ma in quel momento era l'ultima delle mie preoccupazioni.

Guardai la lama per un secondo, sentendo l'impulso di tagliarmi fino a ridurre le mie braccia ad una matassa di righe rosse e zone arrossate. Ed era esattamente quello che avevo intenzione di fare.

Lasciai che il bordo affilato del taglierino mi accarezzasse il braccio per un secondo, poi premetti forte e lo trascinai contro la pelle pallida, sentendola opporre una debole resistenza prima di rompersi e spaccarsi sotto la pressione che stavo esercitando. La pelle si aprì, lasciando la carne sotto, un dolore dolce, veloce. Guardai le goccioline formarsi lungo il bordo pulito del taglio, rovinando il mio lavoro perfetto.

L'immagine di mia madre che sorrideva si andò a mescolare assieme a milioni di altri ricordi di vita quotidiana, mentre la mia mente veniva invasa dalla vista di quella riga rossa.

Lasciai che il metallo della lama baciasse più e più volte la mia pelle.

Mi accorsi a livello cosciente di aver smesso di piangere, anche se ogni tanto un singhiozzo mi scuoteva le spalle. Ero troppo concentrata sul tocco della lama fredda sulla mia pelle.

Sentii delle voci dibattere con toni pesanti dietro alla mia porta chiusa, ma al momento non me ne preoccupai. I tagli bruciavano, portandosi via i pensieri maligni. E anche se era una pallida imitazione della serenità che ero riuscita a raggiungere prima di quella sconvolgente notizia, era già qualcosa.

Nonostante fossi girata dalla parte opposta, il rumore della porta che si apriva e la voce preoccupata di Liam che mi chiamava mi distrassero. Mi sentii il cuore in gola, palpitante contro le mie corde vocali per la sorpresa di essere scoperta a tagliarmi. Per me, ma potevo supporre per qualsiasi altro autolesionista, i tagli erano una delle cose più private. Non ne parlavo, non li facevo vedere, non mi tagliavo in presenza di altre persone. Specie quell'ultimo punto. Sentii la mia presa sul taglierino allentarsi, facendolo cadere per terra con un leggero rumore metallico, e cercai di tirarmi frettolosamente giù la manica della felpa. Solo per accorgermi che non c'erano maniche da abbassare. Un nodo di panico di attanagliò lo stomaco, arrivando al suo apice quando Liam si fermò davanti a me con le sopracciglia aggrottate.

Le mie guance presero fuoco mentre osservavo i suoi occhi scendere dal mio volto rigato di lacrime e distogliere l'attenzione da me quando arrivò al sangue fresco sulle mie braccia, cinque segni paralleli sul mio braccio destro.

Deglutii, cercando di respirare regolarmente mentre le labbra di Liam si univano in una rigida linea di disapprovazione e si chinava per raccogliere il taglierino, rigirandoselo in mano un paio di volte. Se in quel momento avesse cominciato ad urlarmi contro, o sgridarmi, avrei definitamente perso la ragione. E a quel punto sarebbe potuto succedere di tutto.

Per mia grande sorpresa, Liam si allontanò da me senza una parola e, dirigendosi verso il bagno, mi lasciò ferma a guardare la sua figura riemergere pochi istanti dopo con in mano una confezione quasi vuota di disinfettante e un paio di batuffoli di cotone. Lo guardai con esitazione, i muscoli tesi e pronti ad allontanarmi da lui, ma Liam si sedette semplicemente di fianco a me, sospirando leggermente con gli occhi chiusi. Senza dire una parola rovesciò un po' del liquido trasparente sul cotone, e, molto delicatamente, passò il batuffolo lungo i miei tagli. Mi lasciai sfuggire un debole sibilo quando cominciò a fare effetto, bruciando più di qualunque taglio auto inflitto.

Liam si fermò immediatamente, fermando le sue cure e mordendosi il labbro: “Ti ho fatto male?”

Scossi la testa, ancora troppo scossa per formulare una frase di senso compiuto. Liam mi lanciò un'occhiata che esprimeva tutto il suo dubbio, ma riprese a tamponarmi i tagli, sospirando di tanto in tanto.

Due batuffoli insanguinati dopo, le mie braccia erano disinfettate a dovere, e Liam mi fissava con sguardo imperscrutabile, facendomi sentire ancora più in imbarazzo di quanto non lo fossi già.

Posso raccontarti una storia?” mi chiese inaspettatamente.

Sbattei le palpebre un paio di volte, sorpresa dalla richiesta: “Sì, certo.” mormorai infine, inorridendo al suono roco che emetteva la mia voce. Ancora più stranamente, Liam mi prese una mano tra le sue, tenendola stretta e fissandomi con i suoi seri occhi color cioccolato.

Quando andavo in seconda elementare una mia compagna di classe era venuta a scuola tutti i giorni per una settimana con gli stessi vestiti, e senza pranzo. Sai, la nostra era una di quelle scuole dove dovevamo portare il nostro pranzo da casa. E io, avendo sette anni, non avevo idea di cosa stesse succedendo a casa sua. La prendevo in giro, perché tutti in classe mia le ridevano dietro, tranne qualche anima gentile che le dava un po' del suo pranzo, e non volevo sentirmi escluso. In qualche modo mia madre è venuta a saperlo, e ha dato fuori di matto. Quando si è calmata, capendo che io davvero non avevo idea di quello che stesse succedendo, mi ha spiegato che sua madre era morta in un incidente stradale. Ha detto che non sarei mai stato capace di capire cosa stava passando la mia compagna finché non fosse successo lo stesso a me. E un quel momento mi sono sentito uno schifo, pensando a cosa avrei fatto io se fosse morta mia madre.”

Liam si fermò per un secondo, gli occhi persi nel suo vecchio ricordo: “Ecco, te l'ho raccontato per dirti che ti capisco. L'ho provato a fare anch'io, e, se prima ero pieno di stereotipi, mi sono accorto che stavo sbagliando tutto. È una sensazione magnifica, liberarsi dei propri problemi in quel modo, ma non risolve niente. Non sto cercando di farti una predica, so che non serve. Quindi se hai bisogno di parlare io sono qui.” terminò con un piccolo sorriso triste, scivolando un braccio dietro la mia schiena in un breve abbraccio. I miei occhi si inumidirono ancora una volta, commossa da tanta gentilezza. Nessuno era mai stato così gentile con me prima che arrivassero loro cinque, stravolgendo il mio piccolo mondo.

Ma non ero pronta a parlare di questa nuova tragedia, essendo che ancora dovevo capire tutto ciò che implicava. E dovevo anche preparare le mie valigie, perché mio padre sarebbe arrivato quella sera, che io lo volessi o meno.

Grazie Liam.” risposi con un sussurro, sull'orlo delle lacrime. Lui si alzò, correttamente interpretando le mie parole come un congedo, e mi sorrise di nuovo. Ma, quando pensava che non lo stessi guardando, lo vidi lanciare un'occhiata preoccupata alle mie braccia, scuotendo poi la testa, come sovrappensiero.

Non fu prima di un quarto d'ora, mentre avevo quasi finito di impacchettare la mia poca roba, che mi accorsi che quando era uscito Liam si era portato via anche il mio taglierino.


1.   Get over your own insecurities about worrying if they’ll hate you for asking.
2. Never ask them to never self-harm again.
3. Tell them that you’re there for them, no matter what. And that you'll never judge. And you'll always listen. And you'll just be there. And sometimes you never have to say a word at all. Sometimes they don’t want you to say anything.

14 settembre 15:25

Ti va di andare a fare un giro?” domandò Harry, appoggiato contro lo stipite della porta di camera mia, mentre cercavo inutilmente di concentrarmi sul compito di matematica che dovevo consegnare lunedì. Alzai la testa, girandomi a guardarlo. Era già da qualche minuto che era fermo all'ingresso della camera, ma non aveva ancora parlato fino a quel momento. Osservandolo attentamente riuscivo a vedere segni evidenti del suo sconforto, o forse era solo confusione. In ogni caso, il suo volto era pallido, e non aveva il suo solito buon umore. Non che potessi biasimarlo. Pranzo era stato un momento particolarmente imbarazzante, tra una tensione e l'altra. Zayn non aveva nemmeno risposto alle domande dirette, limitandosi a scoccarmi qualche occhiata furente di tanto in tanto, che cercavo inutilmente di ignorare. Louis non si era ancora ripreso dalla sera prima, e non era stato di molto aiuto nei tentativi di Niall e Hannah di cominciare una conversazione civile.

Tamburellai la penna contro la scrivania, inclinando la testa di lato: “In che senso?” domandai, cercando di capire cosa intendesse con quella richiesta.

Lui scrollò le spalle: “Niente. Mi chiedevo solo se ti andava di parlare, fuori possibilmente.” Certo. Voleva parlare. E potevo solo supporre quale fosse il tema principale, non mi piaceva dove aveva intenzione di andare.

Anche perché, sarebbe soltanto giusto che io, il tuo ragazzo, cercassi di consolarti, no?” aggiunse con voce già più simile alla sua, vedendomi incerta. Il pensiero di far arrabbiare Zayn anche di più mi fece scappare un sorriso. Con la chiamata di mio padre mi ero completamente dimenticata di quel piccolo dettaglio del mio finto fidanzamento con lui.

Sospirai, chiudendo il libro di matematica; Harry non avrebbe demorso questa volta.

Mi alzai, spostando un ciuffo dei miei orrendi capelli arancioni dal volto e raggiungendo Harry, che mi prese per mano. Per fortuna mi ero ricordata di non mettere via anche il cardigan, che invece mi ero infilata, coprendo i tagli. Quella di uscire a maniche corte era stata davvero una pessima idea, e non avevo nessuna intenzione di ripetere l'errore.

Dove andiamo?” chiesi, alzando la testa per poterlo guardare negli occhi.

Non so, al parco magari?” propose, avevo l'aria di non averci nemmeno pensato. Annuii. Il parco andava bene. Qualunque posto andava bene, per mettersi finalmente alle spalle quella conversazione.

Trovammo Niall disteso sul divano assieme a Louis, mangiando patatine e guardando un talk-show che aveva l'aria di essere parecchio noioso.

Ragazzi, noi usciamo. Lo dite voi a Hannah?” urlò Harry, cercando di sovrastare la voce della televisione e farsi sentire dalla porta d'ingresso. Louis rispose con un verso, dicendo di non disturbarlo mentre guardava il suo programma preferito.
Harry rise, scuotendo la testa e mormorando commenti poco signorili sul suo migliore amico.

L'aria fuori era più fredda del previsto, con un vento freddo che penetrava dentro i vestiti e faceva rabbrividire. Ma il sole scaldava, ed era comunque un lieto cambiamento dalle giornate tipicamente piovigginose dell'autunno londinese. Istintivamente mi strinsi più vicina a Harry, la fonte di calore più accessibile, che a sua volta mi lasciò la mano per infilarmi un braccio attorno alla vita.

Mi ritrovai a chiedermi come avessimo fatto, in meno di una settimana, a diventare così intimi. Immaginavo che un tentato suicidio fosse abbastanza per avvicinare alla mia vita cinque perfetti sconosciuti.

Harry sembrava non sapere dove stesse andando, e dovetti ricordarmi che si erano trasferiti da poco, e probabilmente non avevano ancora avuto tempo di memorizzare il tragitto da casa loro al parco.

Arrivammo in fondo alla strada, e mi fermai un secondo, riflettendo. Se avessimo girato a sinistra saremmo arrivati al parco più grande, quello solitamente pieno di gente. A destra c e n'era invece uno ormai in disuso, soppiantato dall'altro più fornito. Espirai lentamente, guidando Harry verso destra.

La strada di periferia aveva poco traffico, ma ogni tanto qualche auto sfrecciava davanti a noi, accompagnata da una folata di vento. Dopo appena un paio di isolati cominciai ad intravedere la sagoma verde scura degli alberi, e il vecchio cancello arrugginito.

Come avevo previsto, eravamo gli unici due in tutto il parchetto, ora seduti sulle altalene, dondolando impercettibilmente avanti e indietro. Ci fu un battito di silenzio prima che Harry sospirasse, distruggendo un momento in cui ero perfettamente a mio agio con me stessa e la natura che mi circondava.

Ok, non so veramente da dove cominciare.” mormorò alla fine, grattandosi la nuca con un'espressione di vago imbarazzo.

Quello potevo capirlo, nessuno si sarebbe sentito comodo a parlare di certe cose: “Harry, so che non è facile, ma ti posso assicurare che qualunque cosa mi dirai, io non mi offenderò.”

Lui annuii, fissandomi con i suoi occhi verdi: “Promettimi che non lo farai più.” domandò, una preghiera nei suoi occhi. Erano così sinceramente preoccupati che volevo abbassare lo sguardo, ma ero come incantata.

Ci proverò.” dissi, obbligando il mio corpo a sciogliere la tensione tra le spalle.

Avrei tentato davvero, mi sarei sentita tremendamente in colpa a non mantenere una promessa fatta mentre mi guardava con quell'espressione, ma se dovevo essere realista, le probabilità che riuscissi a mantenerla erano magre, più vicine a zero che altro.”

Oggi... mi sono informato. Su quello che fai.” continuò lentamente, soppesando ogni parola, “Ci sono dei modi per smettere, sai? Ad esempio, c'è questo sito che dice che strizzare un cubetto di ghiaccio funziona, o fare delle righe sui polsi con una penna rossa.”

Scossi la testa: “Non è la stessa cosa. Quello non fa male. Io... mi devo distrarre dai pensieri.”

É per questo che lo fai? Per distrazione?” il suo tono si alzò di un'ottava per l'indignazione.

Ancora una volta, non ero riuscita ad esprimere ciò che volevo realmente dire: “No, non hai capito. Io intendevo che a volte ho così tanti pensieri negativi che mi frullano per la testa, così tante emozioni represse, che devo farle uscire in qualche modo.”

A queste parole, Harry si fermò a riflettere per un secondo: “E non puoi parlarne con qualcuno?”

Con chi?” domandai, sbattendo le palpebre e inarcando le sopracciglia per la sorpresa.

I tuoi amici, ovviamente...”

Quali amici?” chiesi con il più totale sconcerto. In quale circostanza sarebbe potuta venirgli quella bislacca idea?

Harry mi fissò come se fossi impazzita del tutto: “Gary?” ipotizzò poi, grattandosi il mento.

Gary è simpatico, ma siede con me a tavola solo perché c'è Louis.” dissi con un sorriso amaro.

Già, me ne sono accorto. È così palese che credo che l'unico a non averlo ancora capito sia proprio Louis.”

Stetti in silenzio, incerta su come rispondere.

Ma comunque, quello che volevo dire è che puoi contare su di me.” disse alla fine.

Esitai per un secondo, cercando di avvolgere la mia testa attorno al concetto che in poco più di dodici ore la mia vita fosse cambiata così drasticamente. Loro sapevano che mi tagliavo. Eppure non mi avevano giudicata, anzi, erano stati molto più supportivi del previsto.

Liam, ha detto la stessa identica cosa stamattina.” mormorai, rendendomi conto troppo tardi di averlo detto a voce alta.

Sì, beh, magari non capisco i tuoi motivi bene come lui, hai ragione. Però, sai, a volte un abbraccio fa miracoli.” sorrise, allargando le braccia.

E in quel momento, seppi con assoluta certezza che si sarebbe sistemato tutto. Il sole splendeva alto nel cielo, gli uccelli cantavano le loro canzoni dagli alberi e il vento soffiava. Liam e Harry erano dalla mia parte. Anche Niall e Louis, probabilmente. Zayn era un caso a parte, ma nemmeno i suoi strani comportamenti sarebbero riusciti ad intaccare il mio improvviso sollevamento di spiriti.
Domani sarebbe stata la stessa cosa. Magari avrebbe piovuto, o non ci sarebbe stato vento, ma Harry mi sarebbe stato vicino. Se avessi avuto bisogno di rassicurazioni, Niall ci sarebbe stato.

E un giorno, prima o poi, tutto avrebbe avuto un senso.

 

Oggi è il primo ottobre.
E questa è l'unica ragione per cui sto aggiornando. Per voi.
Perché c'è speranza, anche se non si vede. Basta crederci....
Ancora una volta, ho ritardato tremendamente. E non c'è una ragione, tranne (forse) il fatto che sono decisamente depressa e non trovavo la forza necessaria ad accendere un computer e mettermi a scrivere. E si nota, dato che sono ricaduta nei temi cupi che rendono la lettura davvero pesante. Ed è corto. Irrilevante alla trama. Inutile. Corto l'ho già detto?

Sto considerando l'ipotesi di interrompere la storia. Voglio dire, ma chi sto cercando di prendere in giro? Sto provando a capire per quale ragione sto qua a sprecare il mio tempo scrivendo storie strappalacrime. E anche il vostro, di tempo, tutti voi lettori che esprimete il vostro entusiasmo (e non) sulla storia. Mi dite che diamine vi fa venir voglia di leggere capitolo dopo capitolo? Perché di fatto, è una storia penosa.
Aggiungo solo una cosa prima di sparire per chissà quanto tempo ancora: riguardo allo scorso capitolo, mi voglio scusare per il modo poco diplomatico con cui ho gestito il mio spazio autrice, posso solo dire che non ero mentalmente stabile al momento, non mi sarei mai permessa altrimenti.
Bene, vi saluto,
Eleonora
#keepfighting

 

   
 
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