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Autore: PattyOnTheRollercoaster    02/10/2012    3 recensioni
Il mio nome è Michel Holbrook Penniman Jr. Sembra un nome molto importante da portare sulle spalle, e le mie spalle, sebbene credo siano abbastanza forti, non hanno molta voglia di essere sempre così pesanti. Per questo motivo ho scelto un altro nome, un nome meno complicato, uno che tutti possano ricordare per quanto è corto. Un nome semplice, simpatico, colorato: Mika.
Una canzone diversa per ogni capitolo per dare vita ad una storia a volte triste, a volte allegra, che ha come protagonista un ragazzo - o forse un uomo? O forse un bambino? - che deve vedersela con il suo mondo colorato, in cui le combinazioni di colore non sempre sono perfette.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo ventidue
Love Today,
o Chiens dans l’amour





   Qualcosa di veramente fastidioso disturba il mio sonno perfetto. Qualcosa di umido. E di peloso.
   «Melachi!», esclamo quando apro gli occhi, trovandomi il cane ad altezza occhi che scodinzola come una pazza e ha quell’espressione che, non so se sia tipica della sua razza, però sembra sorridente. Mi rigiro nel letto e affondo la testa nel cuscino, mentre con la mano accarezzo Mel.
   In quel momento mi accorgo che il letto, al mio fianco, è vuoto. Mi metto seduto e mi guardo attorno; c’è un vago odore dolce e caramellato nell’aria. I miei occhi si posano su Melachi, che è ancora seduta di fianco al letto e mi graffia pure il braccio a chiedere più carezze. Ma la cosa che noto è che ha una specie di pacco postale legato sul dorso. Non posso fare a meno di mettermi a ridere.
   Libero Melachi dal suo fardello e l’accarezzo ancora un po’, poi apro il pacco. Dentro c’è una felpa che avevo visto in un negozio assieme ad Andrea e che mi piaceva, ma quel giorno non avevo abbastanza soldi per comprarla, poi ci sono un paio di boxer totalmente neri se non fosse per la scritta gialla “WARNING – Explict Content”. Rido di nuovo e metto da parte anche quelli. L’ultima cosa che trovo è un collana che ha come ciondolo la faccia di un pupazzo che guardata da un lato sorride, al contrario invece è triste. Un po’ bizzarra, lo ammetto, ma dopo il Piccolo Uomo Nudo, ciondolo che ho inossato per mesi, credo di non poter rimproverare nessuno per le collane che mi regalano.
  In quel momento Andrea esce dal piccolo cucinotto, sorridente, con in mano un vassoio colmo di roba da mangiare e da bere. Faccio per alzarmi ma lei mi guarda truce: «Non ti alzare. Ormai è una questione di principio: io porterò questo vassoio senza fare cadere nulla», annuncia. Si muove più lenta di una lumaca, ma alla fine riesce ad appoggiare il vassoio sul comodino senza versare neanche una goccia di caffè, ed è allora che si volta verso di me, si getta con un tuffo ad angelo sul letto e mi fa gli auguri.
   «Sì! È il mio compleanno!», dico come in una cantilena, «e devi fare tutto quello che voglio io! Gnè gnè gnè!»
   «Hitler a confronto tuo era un agnellino. Ti piacciono i regali?»
   «Sì! Credo che il mio preferito sia la collana. Però, no, anche la felpa mi piace un casino», dico, ripensandoci. «Però, aspetta, questi boxer sono fantastici, dove li hai trovati?»
   Andrea sorride, appallottola la carta da regalo e la getta da un lato. «Lo sai che ci ho messo un’eternità a legare il pacco attorno a Melachi?»
   «Veramente?»
  «Sì, continuava a muoversi. E la prima volta che l’ho messo poi è caduto, allora l’ho dovuto incastrare di nuovo e poi l’ho lanciata verso il letto. E lei stava per andarsene sul balcone, allora l’ho indirizzata verso di te e poi ha capito.»
   «Sei intelligente Melachi! Hai capito!», esclamo accarezzandola ancora un po’. Sembra che Andrea non sia d’accordo, ma non dice nulla. «Lo sai che la colazione a letto non la faccio da quando ero piccolo? Però era un’occasione particolare, in realtà ero malato e ho bevuto il latte a letto e ho preso la tachipirina. Sì insomma, una colazione schifosa.» Prendo il vassoio e me lo poso sulle ginocchia. C’è l’immancabile caffè (credo di esserne dipendente), ci sono dei muffin colorati, uno dei quali con anche una candelina sopra.
   «Oh, questo è da accendere!» Andrea salta su e corre a prendere un accendino, poi quando la candelina è illuminata mi dice: «Devi esprimere un desiderio.»
   «Okay.» Ci penso un attimo. «Non so cosa esprimere.»
   «Pensaci bene. Non si può sprecare un desiderio così, solo perché non ti viene in mente nulla.»
   «Okay.» Chiudo gli occhi con il muffin in mano, desiderando ardentemente che la giornata di oggi sia perfetta. Apro gli occhi e soffio.
   «Evviva!»
   Dopo la colazione andiamo a fare un giro nel grande parco di fronte al Louvre, assieme a Melachi ovviamente, e abbiamo mangiato talmente tanto a colazione (alle undici del mattino) che preferiamo saltare il pranzo. Siamo stesi sull’erba con affianco Mel, che sonnecchia, quando mi squilla il telefono.
   «Pronto?»
   «Auguri!» Una folla dall’altra parte del telefono, probabilmente in vivavoce, mi canta “Tanti auguri”. Riconosco la voce di mamma, di Fortuné e poi gli altri sono troppo incasinati per sentirli.
   «Hai trent’anni, sei vecchio!», mi grida Fortuné nelle orecchie.
   «Quando sei vecchio sei più affascinante per le donne», replico, «non è vero?», chiedo poi ad Andrea.
   «Come no», dice lei ghignando. «Resta il fatto che io sono ancora una giovin ventenne, tu invece non più.»
   «Ha detto che se mi vengono i capelli bianchi sarò più sexy», dico al telefono a mio fratello.
   «Guarda che le chiedo se l’ha detto davvero, quando tornate.»
   Interviene mamma: «Ecco, a proposito di tornare: a che ora atterra il vostro volo?»
   «Lì saranno le dieci di sera.»
   «Viene a prenderti papà, okay? Vi va di rimanere a dormire qui a casa?»
  Ricordandomi solo in quel momento della festa-non-così-a-sorpresa rispondo che va bene, che rimarremo lì a dormire, e che probabilmente saremo stanchi morti e ci aspettiamo solo di dormire. Credevo che così dicendo li avrei emozionati tutti, che avrebbero pensato qualcosa come “Oh! Oh! E invece quando arrivano gli facciamo una sorpresona!”, ma si vede che sono un pessimo attore, perché dall’altra parte cade il silenzio. Per un po’ nessuno dice niente.
   «Pronto?»
   «Fortuné! Gli hai detto della festa!»
   «No! Io no!»
   Scoppio a ridere e difendo mio fratello, dicendo che l’avevo immaginato e che si capiva da come si comportavano. In fondo è mio fratello, il mio fratello che parla troppo. Non ne ho altri, devo tenermelo stretto.
   Saluto tutti, anche da parte di Andrea, e non faccio nemmeno in tempo a mettere via il cellullare che quello squilla di nuovo. «Non dirmi che…»
   «Magari si sono scordati di dirti qualcosa.»
   «Ah no, è John.»
   «Chi?»
   «Il mio manager. Pronto!»
   «Ciao Michael, auguri. Ascolta, ti ho chiamato per dirti una cosa.»
   «Non per dirmi buon compleanno?»
   «No. Be’, ti ho detto auguri no? Comunque, abbiamo un problema. Nadine ha firmato un contratto con non so che casa discografica, e quindi ci ha mollati.»
   «Come?»
   «Abbiamo bisogno di una corista. Ora. Stavo addirittura pensando se non fosse il caso di chiamare Imma, anche solo per il momento.»
   «No, inizia il tour quando lo iniziamo noi.» Mi mordicchio le labbra e si vede che ho l’aria proprio preoccupata, perché Andrea mi chiede con gli occhi che sta succedendo. Le faccio cenno di aspettare. «Non hai in mente niente? Nessuna soluzione geniale? Alla John?»
   «No, niente per il momento. Pensaci anche tu, un po’.»
   «Lo sto già facendo!», esclamo indignato.
   «Abbiamo bisogno di una corista al più presto, e deve mettersi sotto in una maniera allucinante per poter fare il tour: inizia fra due mesi.»
   Mi mordicchio le labbra, incapace persino di pensare. Mi passo due dita sugli occhi e cerco di farmi venire un’idea geniale. «Okay, ci penso e ti chiamo.»
   «Ho già inserito un annuncio e chiamato tutti quelli che conosciamo. C’è un sacco di risposta, ma cominciamo le audizioni Lunedì prossimo, così ci sei anche tu.»
   «D’accordo, perfetto.» Perfetto un corno, siamo nella merda.
   «Ti farò sapere. Ciao.»
   «Ciao.» Chiudo la chiamata e comincio a sudare freddo.
   Ecco come rovinare un compleanno! John lo sa fare benissimo!
   «Che cos’è successo?»
   «Abbiamo bisogno di una corista.»
   «Perché? Che fine ha fatto la solita?»
   «Nadine è andata via. Traditrice», biascico fra i denti. Mi rendo conto solo adesso dell’enormità di questo fatto. Della gravità di tutto. Oh mio Dio…
  Nadine sta con noi da quando Joy se n’è andata. Le hanno offerto un contratto per fare la solista di un coro, e praticamente tutti quanti l’abbiamo spinta ad accettare, anche se questo significava che doveva lasciare la band. Ma se lo meritava, davvero. Ha una voce bellissima e s’impegna sempre al massimo per ogni show.
   Ma a parte questo, siamo nella merda.
  «Hai un sacco di fan. Ce ne sarà almeno uno che fa il cantante di professione, o quasi.» La guardo sbattendo le palpebre più volte. Sono instupidito. «Scommetto che se mandi un messaggino verranno a frotte solo per farti vedere quanto sono bravi, e non devi nemmeno insegnargli le canzoni.»
   «E se invece perdo solo tempo e vengono tutti quelli più scemi che cantano come Duffy Duck?», domando io irrequieto.
   «No, la gente non può essere tanto stupida. Se non sai cantare lo sai, non vai a ridicolizzarti davanti al tuo cantante preferito.»
   «Tu dici? Guarda tutti quelli che provano ad andare a quei programmi come X Factor, tutti quelli che vengono scartati.»
   «Vabbè, ma quelli non sono tuoi fan.»
   «Cosa c’entra?»
  «Non lo so. Mi sto confondendo.» Devo avere una faccia tristissima, perché Andrea si mette in ginocchio e mi prende il viso fra le mani, spappolandomi le guance. «Okay, ascoltami: non devi pensarci adesso. Oggi è il tuo compleanno, rilassati che ci penserai dopo. Sei qui e non puoi fare nulla, quindi goditi il tuo compleanno.»
  «Ma c’è internet per risolvere questi problemi di distanza», obbietto io con la bocca deformata dalle sue mani. Anche la voce mi esce come schiacciata. «Se mi connetto dal telefono-»
   «Se cominci a twittare te lo faccio ingoiare quel telefono», mi ammonisce lei con inquietante calma.
   «O-kay», dico con voce strana e le guance sempre più schiacciate.
  Andrea sembra contenta della mia risposta. Sorride e mi molla la faccia. Per non farmi pensare attua un piano malefico che solo una mente crudele come la sua poteva elaborare: mi atterra sull’erba e comincia a strusciarmisi addosso e a baciare tutti i centimetri del mio collo che non sono coperti dalla maglietta.
   «Credo che questo sia un reato», protesto ridendo. «Non lo puoi fare! Non puoi!», dico cercando ora seriamente di togliermela di dosso prima che la cosa diventi imbarazzante. Per me ovviamente, non è lei che deve andare in giro con qualcuno che reclama più attenzioni nelle parti basse.
«Solo se lo fai in luogo pubblico è reato», dice Andrea sorridendo.
   La fisso un secondo.
  «Melachi! Vieni qui bella, si torna in hotel», dico brandendo il collare come una frusta. Mi alzo in piedi mezzo saltellando, ma Melachi fraintende. Mi osserva due secondi, scatta con le zampe in avanti e il sedere per aria, scodinzolando, poi si volta e corre via. Spalanco gli occhi. «Melachi!» Comincio a inseguirla, mentre Andrea raccoglie la mia e la sua borsa e la sento correre dietro di me. Inseguo Mel fra le panchine, fra gli alberi, lungo i sentieri, e ancora Andrea mi segue, e la gente si volta a guardarci. Oh sì, di sicuro siamo un quadretto divertente: io inseguo il cane, Andrea insegue me, e tutti e due urliamo “Melachi!” come pazzi.
  Sto per perdere la pazienza e il fiato quando, spuntato oltre gli alberi, non vedo più nessun cane peloso. Mi guardo attorno, preoccupato. «Melachi!» In quel momento Andrea mi raggiunge; anche lei ha il fiatone. «Non la vedo più», dico guardandomi attorno.
   Cominciamo a guardarci intorno e chiedo a due ragazzi se hanno un visto un golden retriver correre più veloce di un peto verso il Louvre, ma loro dicono di no. Sto iniziando ad angosciarmi seriamente quando sento due cani abbaiare. «Eccola», dice Andrea puntando un prato. Raggiungiamo di corsa un signore che se ne sta sull’erba con un cane di taglia piccola, forse un volpino, che scodinzola e salta attorno a Melachi e abbaia.
   «Mi scusi», dico in francese. «Mi è scappata.» Mi chino e aggancio il collare.
   «Fa niente, non stavano litigando. Come si chiama?»
   «Melachi. È una femmina.», preciso. Osservo i due cani che sembra stiano facendo amicizia. «E lei?»
   «Lui, lui, è un maschio. Si chiama Jack.»
   Andrea, che non capisce una parola di francese ma ha intuito che succede, dice: «Melachi, hai trovato un fidanzato! Guarda che poi Michael è geloso.»
   «No, io sono contento per te Mel», dico come se lei mi capisse.
  «Everybody’s gonna love today», dice l’uomo con uno stentato accento inglese e un mezzo sorriso. «Lo dice una canzone che mia figlia adora», fa riprendendo a parlare la sua lingua.
   Io guardo i cani che si annusano a vicenda, scodinzolando, poi ricordo che ritorneremo in albergo e lancio un’occhiata divertita ad Andrea. Annuisco, «Oui, vous avez raison*.»




















*Sì, ha ragione.

Buonsalve!
Allora, ho due cose da dire su questo capitolo.
Primo, non so una cippa di francese, quindi le due frasi che ho sparato in francese (il titolo e quell'ultima di cui ho messo la traduzione) sono state tradotte con con Google Translater xD Se qualcuno che sa il francese vede che sono sbagliate me lo dica assolutamente! In teoria il titolo vorrebbe dire "Cani innamorati".
La seconda cosa da dire, sempre sui cani (sì, questo capitolo è piuttosto canino) è riguardo all'altro cane che fa da comparsa. Nella mia mente è il mio cane, che appunto si chiama Jack, che è morto a Maggio di quest'anno. Quindi questo capitolo è dedicato a lui, il mio amico peloso a cui penso ancora ogni tanto, che mi faceva compagnia ed era capace di mettermi il buonumore anche nei momenti peggiori, che era sempre pronto a giocare e saltellare qua e là. Adesso però basta pensarci, altrimenti mi escono le lacrimuccie...
A presto a tutti quanti, e grazie per le belle recensioni (ragazzi, cinquanta recensioni, ma siete magnifici!). Ecco qui lo spoiler, saluti!
Patrizia
   
 
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