Vorrei chiedervi, questa volta, se vi andrebbe di recensire, così tanto per farmi sapere se vi piace la storia D: (?)
Enjoy the chapter!
xx
Capitolo
1 – L’incontro.
Dalle
8 del mattino circa, la stazione si movimentò di colpo, e
dovetti dire addio
alla pace dei sensi, sbuffando sonoramente scocciata. Non appena
adocchiai,
però, dei bambini e degli adulti con enormi valigie e gabbie
con gufi, o dei
gatti o addirittura rospi e pipistrelli, mi concentrai e prestai
attenzione.
Li
vidi oltrepassare il muro di fronte a loro scomparendo al proprio
interno: non
avevo mai visto una cosa simile, ed ero terribilmente affascinata e
anche
leggermente sorpresa. Calcolando che era piuttosto difficile
sorprendermi, era
un gran passo avanti. Il mondo dei Maghi iniziò a intrigarmi
improvvisamente, e
sorridendo tra la divertita e la maligna, oltrepassai il muro senza
fare una
piega.
Non
appena mi trovai dall’altro lato, non potei fare a meno di
guardarmi attorno:
mura di mattoni come quelle della stazione, quella dall’altro
lato del muro, un
treno antico, nero, con un cartello rosso davanti che portava la
scritta
‘Hogwarts Express’ in bianco, e sotto il numero
5972.
Guardai
poi alla mia destra: tanti bambini che salutavano le proprie mamme,
ricambiando
calorosamente i loro docili abbracci, affettuosi, altri invece che
semplicemente salutavano i compagni e ridendo salivano in treno. Mi
sentivo
dannatamente disorientata, e non potevo fare a meno di essere sorpresa
alla
vista di quella parte del mondo dei Maghi. Era solamente
l’inizio.
Silenziosamente,
senza dar confidenza a nessuno, mi apprestai a salire in treno, senza
che
nessuno mi notasse. O perlomeno, sembrava che nessuno mi avesse notata,
ma la
mia chioma bionda e i miei occhi dorati, era impossibile non notarli;
come era
impossibile non esserne incontrollatamente affascinati.
Entrai
in uno degli scompartimenti e mi sedetti vicino al finestrino, chiusi
gli occhi
e attesi che il treno partisse. Lo fece dopo un bel po’ di
tempo, forse troppo
per i miei gusti.
Anche
il viaggio durò troppo: passai davvero tutta la giornata in
treno, e l’unica
cosa che potevo fare era battere a ripetizione il piede a terra,
facendo quasi
tremare tutto il treno; non che non tremasse già di suo quel
vecchio rottame!
Sospirai
di sollievo non appena quest’ultimo si fermò e fui
la prima a fiondarsi fuori.
A tutta velocità, mi avvicinai a un omone grasso e barbuto,
che aveva una
lanterna in mano e che assolutamente non poté fare a meno di
guardarmi tra il
sorpreso ed anche lo spaventato, in un certo senso. Tutti erano
comunque
affascinati da me; talmente affascinati da non riuscire a proferire
parola.
‘Ho
bisogno di parlare con il preside di questa scuola’
– dissi a quello che
classificai come il guardiano accompagna - studenti del castello di
Hogwarts.
Quest’ultimo fu in procinto di chiedermi perché,
ed ebbe addirittura l’istinto
di fare un qualche incantesimo alla “spaventosa e
affascinante biondina che si
trovava davanti”. Un istinto, però, che dovette
reprimere. Semplicemente annuì
e mi disse di seguirlo, così come avvertì i
bambini di tenere il passo per
andare alle barche.
Prima
di farlo, però, mi indicò una carrozza, trainata
da cavalli alati neri, con gli
occhi stranamente bianchi.. Sbattei più volte le palpebre,
per capire se avevo
iniziato inspiegabilmente a soffrire di allucinazioni, o quei cavalli
esistevano davvero. Mi ricordai poi in che mondo mi trovassi e
sospirai, annuii
e ringraziai freddamente quell’omone, che i bambini
chiamavano calorosamente
Hagrid. Mi avviai in fretta verso quelle strane carrozze, ci salii
sopra con
agilità e con una grazia che le ragazze lì
presenti non avrebbero mai avuto,
nemmeno nei loro sogni; nemmeno con la magia.
Quattro
degli studenti di Hogwarts salirono sulla mia stessa carrozza ma non ci
feci
caso; perlomeno, non ero assolutamente interessata a quei ragazzini. La
mia
priorità era raggiungere chi dirigeva la scuola e chiedere
aiuto. Dovevo
trovare la piccola Nessie, prima che fosse troppo tardi; se le fosse
successo
qualcosa, non me lo sarei mai perdonata. Eppure sapevo bene che non
avevo
alcuna colpa, ma ero troppo affezionata alla piccola per evitare di
pensarla in
quel modo.
Continuavo
a fissare i cavalli alati, e non potei proprio evitare di chiedere ai
presenti
cosa fossero e se qualcuno di loro riuscisse a vederli.
Una
di loro, capelli biondi e mossi che le arrivavano sul sedere, occhi
chiari,
anche se non mi applicai a distinguere bene il colore, e un sorriso non
timido,
ma nemmeno spavaldo, alzò la mano e pronunciò un
flebile ‘io’.
‘Si
chiamano Thestral, sono completamente pacifici se non vengono
disturbati, e
possono esser visti solo da chi ha visto la morte’
– sussurrò appena la
ragazza, che non pareva affatto spaventata da me, ma semplicemente
affascinata
– ‘ Come ti chiami?’ – chiese,
poi.
‘Rosalie’
– dissi distrattamente, continuando a guardare i Thestral,
anche se ormai la
mia mente era altrove; ricordai il momento della mia, di morte, e del
salvataggio disperato di Carlisle. Sospirai.
‘Io
sono Luna Lovegood’ – mi sorrise calorosamente ma
evitò di porgermi la mano,
sicura del fatto che non gliel’avrei stretta nemmeno morta.
In effetti, ero già
morta, ma Luna non poteva di certo saperlo..
Annuii
distratta, poi accavallai distrattamente le gambe e presi a guardarmi
le mie
mani ben curate, le unghie ricoperte di uno smalto color rosso fuoco, e
non
fiatai più.
Fortunatamente
quel viaggio in carrozza durò ben poco, e giungemmo ben
presto al castello. Lasciai
scendere prima gli altri, poi scesi io e li seguii, giusto per capire
dove
dovevo andare.
Non
appena varcai la soglia del castello, rimasi colpita da quelle statue
enormi di
soldati poste tutte intorno a me, le fiamme accese e le risa di tutti
gli
studenti. Non credevo potesse esistere qualcuno felice di andare a
scuola, ma i
maghetti e le streghette parevano esserlo. Non ci pensai oltre e li
seguii su
per delle scale, e arrivai in una specie di torre piena di scalinate,
ed alla
loro vista spalancai gli occhi ed aprii lievemente la bocca.
Non
mi ero, di certo, spaventata o sorpresa per le troppe scale che
c’erano,
semplicemente quelle non erano le solite scale cui ero abituata: si
muovevano.
Ero certa di non aver mai visto né sognato una cosa del
genere, e mai avrei
pensato di essere affascinata dalla magia. Eppure dovetti ricredermi.
Una
donna piuttosto anziana, gli occhi blu, i capelli legati grigi,
bacchetta alla
mano, mi si parò davanti, si presentò dichiarando
di chiamarsi Minerva
McGrannit e mi chiese chi fossi. Le dissi di aver necessità
di parlare col
preside per una questione delicata, e nonostante non ispirassi fiducia
a quella
professoressa, mi fece strada sino ad una sala immensa, con quattro
tavoli
marroni lunghi quanto tutta la sala, tantissime panche tutte vicine
dove molti
studenti sedevano e chiacchieravano animatamente.
La
professoressa fece cenno sia a me sia agli studenti del primo anno
dietro di
lei che avrebbero dovuto seguirla, e camminammo per tutta la sala sotto
lo
sguardo attento e curioso di tutti i presenti. Non ci feci molto caso,
ero
abituata agli sguardi di tutti puntati addosso a me, e poi mi piaceva
essere al
centro dell’attenzione, quando si trattava di sguardi curiosi
e non di sguardi
indiscreti.
‘Mettetevi
tutti qui, e attendete, per favore’ – disse la
professoressa McGrannit,
indicando quel poco di spazio libero dove i neo - maghetti si
disposero,
ponendosi l’uno di fianco all’altro. –
‘Prego, se vuole seguirmi. Albus, vieni
un momento per favore, la ragazza necessita di parlare con te, ed
è piuttosto
urgente, pare’ – annunciò
silenziosamente ad un uomo anziano, barba e capelli
bianchi e lunghi, sguardo fiero e sottile, nascosto da dei simpatici
occhiali a
mezzaluna. Quest’ultimo annuì sorridendo e si
alzò, seguendo me e la McGrannit.
Uscimmo da una porta vicino al tavolo dove c’erano tutti i
professori e il
preside, e ci trovammo in un corridoio buio; ma a questo
rimediò colui che la
professoressa aveva chiamato Albus che, con uno schiocco di dita, fece
accendere
i lumi tutt’attorno a noi.
Ero
sempre più affascinata, ma avevo una questione
più urgente a cui pensare e
distolsi immediatamente lo sguardo dalle fiammelle, riponendolo negli
occhi
chiari del preside.
‘Non
sono qui per far del male a qualcuno o robe del genere. Dei maghi
malvagi, che
voi sicuramente conoscete con il nome di
‘Mangiamorte’ hanno rapito mia nipote,
ed io sono venuta qui per riprendermela. Speravo poteste indirizzarmi
verso
questi’ – semplice, breve e conciso, fu il mio
discorso.
Il
preside annuì, poi sospirò e parve sinceramente
dispiaciuto per la situazione
in cui mi trovavo.
‘Sapevo
che i Mangiamorte stessero architettando qualcosa, ma francamente non
avevo
idea che sarebbero arrivati a tal punto. D’altro canto,
bisogna aspettarsi di
tutto da quelle persone, sono la peggior specie di maghi esistenti al
mondo.
Qui a Hogwarts non li troverà di certo, mi lady, ma sono
sicuro che se andrà in
questo posto ‘ – e magicamente, per
l’appunto, comparve sul palmo della sua
mano un bigliettino con sopra scritto un indirizzo –
‘Troverà qualcuno che, in
qualche modo, potrà darle una mano. Ma l’avverto:
non serviranno maniere buone
per convincere codeste persone ad aiutarla; due delle persone che
risiedono in
quell’abitazione sono Mangiamorte. Segua l’istinto,
sono certo che troverà
risposta alla domanda che sicuramente le starà balenando in
testa’ – e mi
sorrise, caldo.
Annuii,
poi puntai i miei occhi dorati in quelli del preside.
‘Non
sono una tipa da buone maniere, non c’è da
preoccuparsi. La ringrazio ‘ – dissi,
accennando un sorriso malefico.
‘Il
nostro guardiacaccia Rubeus Hagrid le procurerà un Thestral,
con il quale potrà
recarsi lì. Dubito che lei sappia usare una scopa, non
facendo parte di questo
mondo ‘ – annuii lievemente per fargli capire che
ci aveva azzeccato in pieno.
Il
preside entrò di nuovo in quell’enorme sala, e
chiamò quell’omone barbuto con
il quale avevo precedentemente parlato. Gli disse in fretta di
procurarmi un
Thestral, e quest’ultimo mi fece cenno di seguirlo.
Lo
feci, e dopo aver camminato un po’, uscimmo dal castello e ci
avvicinammo ad
una foresta dagli alberi enormi, cupa non di certo come le foreste ed i
boschi
che avevamo noi a Forks. Quella si, che incuteva terrore; ma non
lasciai
trasparire emozioni, come mio solito.
‘Aspetta
qui’ – ordinò il guardiacaccia, e quasi
gli azzannai il collo per i modi usati;
non mi pareva proprio di avergli dato confidenza, e lui se la prese
comunque.
Era un uomo alquanto rozzo, quello, ma ero certa avesse un cuore
d’oro. Quella
fu la motivazione per la quale non lo uccisi senza pensarci. Lo vidi
arrivare
poco dopo con un Thestral.
‘Stai
attenta, tieniti forte’ – mi mise in guardia Hagrid.
Lo
guardai in cagnesco: non aveva proprio idea di chi avesse di fronte,
ovviamente, però mi dava fastidio essere sottovalutata anche
dagli sconosciuti,
solo perché ero una donna. La vedevo così, anche
se magari le intenzioni del
guardiacaccia erano tutte in buona fede.
Salii
in fretta sul Thestral, che aprì subito le ali e
spiccò il volo, mentre
semplicemente annunciai ad alta voce il posto in cui avrebbe dovuto
portarmi.
Non avevo idea di come funzionasse, non ebbi il tempo di chiedere,
dovetti
quindi affidarmi semplicemente al mio istinto.
Appena
arrivai fuori quella specie di castello, non potei far altro che
pensare una
cosa: i maghi che risiedevano in quella casa dovevano per forza essere
della
peggior specie. Ricordai la prima volta che Bella mise piede in casa
nostra, e
sbalordita disse ad Edward che credeva che si sarebbe trovata in una
casa cupa,
piena di bare, e non di certo così aperta e luminosa.
Chissà cos’avrebbe detto
vedendo la dimora di quei tipi, i Malfoy. Non mi fece di certo paura,
figuriamoci
se una tipa come me potesse temere la peggior specie di maghi oscuri
esistenti
in circolazione all’epoca. Il mio peggio l’avevo
già passato, ovvero la morte.
Cos’avevo da perderci?
‘Renesmee’
– mi rispose la coscienza, che, nonostante sembrasse non
funzionante per lo
stato di insolito shock in cui si trovava, era stranamente lucida,
tanto quanto
la mia mente che mi lasciava tranquillamente modo di pensare.
Sbuffai
più volte, da quando scesi dal cavallo alato fino a quando
non arrivai fuori al
cancello della dimora di quei tipi. La domanda che non potei proprio
fare a
meno di pormi, fu ‘come faccio ora ad entrare, o a
bussarli?’. Pensandoci, ero
pur sempre un vampiro, avrei potuto romperlo o scavalcarlo
tranquillamente, se
solo non avessi dovuto entrare nella dimora di maghi.
Tutto era
stregato, ogni mio sforzo sarebbe stato vano.
‘Bene,
ed ora come entro?!’ – ringhiai rabbiosa, e mi
trattenni a stento dallo
sferrare un calcio nel ferro.
‘Posso
aiutarla?’ – una voce mi giunse alle orecchie,
così spontaneamente guardai di
fronte a me e mi apparve dinanzi un uomo dai capelli tra il biondo ed
il
bianco, lisci, lunghi abbastanza da arrivare più
giù delle esili spalle che
l’uomo si ritrovava, coperte da un mantello nero che scendeva
giù sino alle
caviglie. Gli occhi tra l’azzurro cielo ed il grigio erano
impuntati nei miei
dorati, occhiaie abbastanza accennate spiccavano sotto i suoi occhi, le
labbra
sottili appena aperte per mostrarmi il suo ringhio alquanto silenzioso.
‘Lo
spero per voi’ – dissi, minacciosa. Desideravo
minacciarlo direttamente,
mostrandogli ciò che ero veramente e dandogli un assaggio di
ciò che potevo
fare, ma il fatto che avesse la magia dalla sua parte mi scoraggiava di
gran
lunga. Non potevo rischiare, per il bene di Renesmee, ovviamente.
‘Si
accomodi pure ‘ - disse l’uomo, ghignando
appena e voltandomi immediatamente le spalle; aprì il
cancello agitando
semplicemente la bacchetta, ed io feci finta di non essere sempre
più sorpresa
ed affascinata da quel mondo.
Lo seguii in silenzio.
Entrammo in quell’oscuro castello, e la prima stanza che
scorsi grazie alla
fioca luce che s’intravedeva fu quella da pranzo. Fu proprio
lì che quel
signore mi fece cenno di accomodarmi; grazie al mio caratteraccio,
incrociai le
braccia al petto e sbuffai sonoramente, mentre lo trafiggevo con lo
sguardo nel
tentativo di fargli capire che ero seria e non avevo intenzione di
perdere
tempo, né di fare stupidi giochetti.
L’uomo
scrollò le spalle e si mise a sedere, dandomi le spalle.
‘Allora,
cosa le serve?’ – iniziò col dire, ma
non risposi, notando sull’uscio della
porta una donna dai capelli lunghi, ricci, neri ed elettrizzati, i suoi
occhi
neri mi scrutavano attenti e per un attimo fui certa che le
passò per la mente
di puntarmi contro la sua bacchetta, che teneva ben stretta nella sua
mano
destra. Il suo vestito nero gli arrivava fin giù alle
caviglie, e da lì si
notavano gli stivali neri con tacchi alquanto bassi; almeno per i miei
standard.
‘Chi
è lei?’ – la sua voce da psicopatica mi
avrebbe fatta rabbrividire, se solo
avessi avuto paura di qualcosa. Il biondo si rivolse a lei e le fece
cenno di
accomodarsi, e a differenza mia la donna lo fece in silenzio,
continuando a
scrutarmi sospettosa. Mi dava un fastidio tremendo essere squadrata
dalla testa
ai piedi in quel modo, ma non potevo assolutamente permettermi di
perdere il
controllo. Lei non era Jacob, non potevo di certo dire quello che mi
passava
per la testa, perché non mi avrebbe risposto per il solo
sfizio di
controbattere; pensandoci, poi, mi resi conto del fatto che non avrebbe
proprio
risposto.
‘Ce
lo dirà lei stessa, perché ancora non si
è presentata nemmeno a me’ –
confessò,
tranquillo, l’uomo.
‘Lucius,
hai fatto entrare in casa una sconosciuta?’ –
ringhiò la donna.
‘Bellatrix,
sarà pure casa mia questa, no?’ – quel
Lucius rispose così, freddandola con un
semplice sguardo. Sbuffai sonoramente, mentre quella Bellatrix,
contrariata,
iniziò a battere ripetutamente il piede sul pavimento.
‘Mi
chiamo Rosalie, so che siete Mangiamorte e che i vostri amici hanno
qualcosa di
mio che non gli appartiene affatto ‘ – strinsi
più forte i pugni, evitando però
di trafiggermi i palmi con le unghie e di rovinarmi con
facilità estrema lo
smalto.
‘Dovrebbe
quindi importarci qualcosa?’ – chiese la
psicopatica, iniziando a ridere a
crepapelle, e Lucius rise di gusto assieme a lei. Non ci vidi
più dalla rabbia,
quella strega mi dava troppo fastidio: velocemente mi avvicinai a lei e
le
afferrai la chioma elettrizzata che si ritrovava, gli chinai il capo da
un lato
e feci per azzannarle il collo, ma mi fermai giusto in tempo.
‘Ci
metterei due secondi ad ucciderti, anzi, uccidervi ‘
– mi corressi – ‘Quindi
direi proprio che, si, deve importarvi qualcosa. E tu, strega
psicopatica che
non sei altro’ – le girai il viso facendola voltare
verso di me, trafiggendo i
suoi occhi cupi e scuri con i miei dorati e quasi luminosi –
‘mi aiuterai a
riprendermi ciò che è mio. Mi sono spiegata
bene?’ – notai che stava provando a
prendere la sua bacchetta, che aveva precedentemente posato sul tavolo
di legno
scuro.
La
spinsi lontano dal tavolo e la bloccai vicino al muro, mostrandole i
miei
canini piuttosto affilati ed il mio sguardo da psicopatica. Potevo
esserlo
anche io; che credeva, di essere per caso l’unica pazza in
circolazione?
‘Si
calmi, Rosalie’ – quel Lucius provò a
placare la mia ira e calmare gli animi,
anche se gli riusciva piuttosto male, siccome era il primo a cui
tremava la
voce – ‘V-vedrà che riavrà
ciò che le serve, l’aiuteremo, però si
calmi’ – era
letteralmente un cacasotto, quel Lucius. Lo guardai, senza calmarmi
affatto,
anche se apparentemente era tutto sistemato.
Non
lo sarebbe stato davvero, finché non avrei riavuto Renesmee
tra le mie braccia.
‘Non
ti aspettare che mi schiavizzerò ad un vampiro,
Lucius!’ – urlò Bellatrix
contro quell’uomo, che ero sicura non fosse suo marito,
né suo fratello, né suo
amico; d’altronde, non mi interessava davvero il loro legame
di parentela, fu
solo la curiosità del momento.
‘Non
credo tu abbia molta scelta, psicopatica’ – le
dissi, acida come mio solito,
trattenendomi a stento dal farle del male, sul serio però.
‘Cos’è
tutto questo chiasso?’ – un’altra chioma
mezza bionda, mezza nera, apparve
nella sala da pranzo, occhi sbarrati e visibilmente spaventata. Parve
ancor più
spaventata dopo aver incontrato i miei occhi, tuttavia si
avvicinò all’altro
biondo e gli poggiò un bacio sulle labbra. Mi trattenni a
stento dal vomitare:
come si poteva stare con un uomo che un altro po’ aveva
persino paura della sua
stessa ombra? Perché quel Lucius dava proprio
quell’impressione: l’impressione
di un cacasotto che si era sottomesso. A chi o cosa, non lo sapevo,
né mi
interessava.
Le
fu spiegata la situazione da un’agitata Bellatrix, che
continuava imperterrita
a guardarmi schifata, ed io ricambiavo volentieri le sue occhiate,
disgustata e
divertita dalla sua inconfondibile agitazione.
‘E
se non collaborate, ci metterò meno di un minuto ad
uccidervi tutti. Nessuno
escluso’ -
minacciai, per rendere l’idea
di ciò che avrei potuto fare, di ciò che ero
assolutamente disposta a fare nel
caso non avessi ritrovato mia nipote.
‘Lo
faremo, non rischieremo mai fino a questo punto ‘ –
disse in fretta la donna,
che mi pareva si chiamasse Narcissa.
‘Perché
parli al plurale, sorella? Parla per te!’ – le
sbraitò contro la psicopatica,
incrociando le braccia al petto e guardando altrove.
‘Non
fare la stupida, Bella! Non vorrei succedesse qualcosa a te, o a
Lucius.. o a
Draco ‘ – Bellatrix la guardò torva.
‘Il
Signore Oscuro potrebbe trovare tranquillamente un altro giovane
Mangiamorte ad
Hogwarts’ – scrollò le spalle e si
avvicinò alla sua bacchetta, così corsi a
prenderla e tenerla tra le mie mani, finché non si sarebbe
arresa alle mie
volontà. E lo avrebbe fatto, prima o poi, non aveva scelta.
‘Dammi
la bacchetta!’ – mi urlò, digrignando i
denti.
‘Fammi
arrivare a mia nipote, e la riavrai. Sino ad allora non avrai la tua
bacchetta’
– le dissi, convinta ed intenzionata più che mai a
non ridarle la bacchetta
prima del limite stabilito. Dovevano capire che facevo sul serio, non
mi sarei
tirata indietro.
‘Nipote?’
– domandò, con un filo di voce, Narcissa.
‘Si,
nipote. I vostri cari amici hanno rapito mia nipote, e vi giuro che
ucciderò
tutti i maghi necessari per giungere a lei. Ma visto che rischierebbe
Renesmee,
non posso fare un passo del genere. Quindi..’ – ed
indicai Bellatrix – ‘Visto
che mi sembri più cazzuta di questi due qui’
- feci un cenno col capo per indicare il maritino e la
moglie che si
tenevano infantilmente per mano – ‘Mi condurrai tu
stessa da lei, che ti
piaccia o no’.
‘E
cos’otterrò, in cambio?’ – non
sapevo se stesse semplicemente prendendo tempo
per pensare ad un modo per riprendersi la bacchetta, che non le avrei
mollato
per nulla al mondo, oppure volesse sul serio qualcosa in cambio.
‘La
tua incolumità, e quella dei tuoi cari’
– dubitavo seriamente che potesse
tenere a qualcuno, ma non sapevo dove giocarmela.
‘Pensaci
bene, Bellatrix.. Il Signore Oscuro ci ucciderebbe senza pensarci, se
lasciassimo che Draco venga coinvolto in questa faccenda. Lei non si
fermerà’ –
tentò di sussurrare, in modo che la sentisse solo la
sorella. Forse aveva
rimosso troppo in fretta la parte in cui il marito le aveva detto che
ero un
vampiro.
‘Fai
uno sbaglio e sei morta’ – mi minacciò
Bellatrix.
‘Prima
o dopo che ti avrò uccisa?’ – ghignai
malefica.