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Autore: Lushia    05/10/2012    2 recensioni
La vita di una giovane Arina, costretta a crescere immersa nella vita quotidiana di una famiglia mafiosa, con i suoi problemi adolescenziali e le situazioni strane e nonsense che la circondano.
La sua allieva, una bambina di sette anni tutto pepe che non riesce a stare un attimo tranquilla assieme ai suoi amichetti.
Cosa è accaduto in passato e cosa accadrà?
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'KHR! 11^ Famiglia'
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Target 11 - Animi Inquieti II

cover

La pioggia continuava a cadere in modo incessante e la bambina, completamente bagnata, si era accucciata davanti ad un tronco, stringendosi tra le braccia per riscaldarsi.
Si stropicciò gli occhi, aveva le palpebre pesanti e cercò di restare sveglia. Si portò una mano sulla fronte e si accorse di essere molto calda.

- … Devo avere la febbre... -

Si issò con fatica, decisa a non darla vinta alla pioggia e alla stanchezza, continuando ad avanzare verso un punto indefinito nella folta foresta che la circondava, dove non vi era alcuna strada e senza che potesse orientarsi in alcun modo.
- Devo... arrivare... in città... -
Avanzò, barcollante, per chissà quanto tempo. Sembrava non essere passato nemmeno un minuto eppure stava camminando ormai da molto e le gambe le dolevano abbastanza.
Alzò il capo e spostò lo sguardo sugli alberi, osservandoli uno ad uno alla ricerca di una corteccia ruvida sulla quale potesse arrampicarsi.
Cercò lentamente di scalarne uno ma non sembrò riuscirci, scivolando alle radici ma continuando a tenere stretto il tronco con lo sguardo perso nel vuoto.
In condizioni normali sarebbe stato facilissimo, non era di certo la prima volta che si arrampicava su un albero. Aveva iniziato sin da piccola, supportata dal suo insegnante di auto difesa che apprezzava l'agilità della bambina e la invogliava ad esercitarsi per aumentare la sua resistenza.

- Ma non si farà male? - chiese Tsuna, preoccupato.
- State tranquillo, Decimo! E' perfettamente sicuro e la piccola sa già come fare. - gli rispose l'insegnante.
- Sì ma... ha solo sei anni! E' una bambina! Perchè dovrebbe fare una cosa simile? -
- … tutti abbiamo scavalcato muri e scalato alberi, da piccoli. - affermò lui, ridendo.
- … Ehm. - l'uomo tossì.
- Uh? - l'uomo lo osservò con sguardo perplesso.
- ...non sono sicuro. Io volevo che Nozomi imparasse a difendersi in caso di pericolo, non che scalasse alberi... -
- Scalare alberi è un modo per allenare le sue prestazioni fisiche e la sua agilità. Imparare solo tecniche per difendersi non serve a nulla senza una preparazione fisica. -
- Ma è comunque troppo pericoloso per lei! L'albero è alto, si potrebbe fare mal- NOZO-CHAN! - Tsuna urlò, agitandosi.
- … Decimo, calmatevi... -
- Nozo-chan! Il piede, mettilo di là! - le disse - L'altro.. sì! Girati lentamente verso... NO! Non ti muovere! - si mosse nervosamente, seguendo la figlia con occhi sbarrati - Aggrappati su... AH, FERMA! - urlò, scuotendo il capo - Aspetta, papà viene a prenderti! -
- … E' tutto a posto, non sta cadendo! - si affrettò a dire l'istruttore, tentando di calmare l'uomo che stava per attivare la sua fiamma del cielo.
- Ma rischia di cadere! - obiettò lui, indicando la bambina ferma tra due rami, che stava guardando verso il padre con rassegnazione.
- … papa... è imbarazzante...-



Aprì gli occhi di scatto, sussultando.
"Oh, no!" per quanto aveva dormito? Quando si era addormentata?

Osservò l'albero accanto a sé e ricordò cosa stava cercando di fare.
Alzò il capo, il cielo era ancora grigio ma la pioggia era cessata.
Si issò e notò un barlume di luce tra le nubi grige. Si avviò verso quella direzione, ad est di dove stava andando poco prima.
Avendo perso del tempo prezioso, decise di mettersi subito in marcia e iniziò a correre tra le radici e i cespugli, sperando di imbattersi presto nella via che portava alla città.

- Non deve mancare molto... ce la posso fare... -

Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che inciampò in una radice e rotolò giù per un avvallamento, ritrovandosi a pancia in sotto e con il viso sporco di terriccio.
Maledicendosi per la sua goffaggine tentò di tirarsi su, ma un forte dolore alla caviglia sinistra la costrinse a fermarsi.
Non riusciva a stare in piedi, si sentiva abbastanza stanca, era ancora bagnata da capo a piedi e probabilmente aveva la febbre.
Aveva raggiunto l'apice della sfortuna in un paio d'ore e non ricordava libri che spiegassero come uscire fuori da quelle situazioni, poichè tutti i personaggi che avevano condiviso con lei quell'esperienza erano stati miracolosamente tratti in salvo da terzi.
Doveva aspettare che qualcuno riuscisse a trovarla nel bel mezzo del nulla e la traesse in salvo? Era alquanto improbabile, essendosi persa nel mezzo della fitta foresta che attorniava il quartier generale dei Vongola, e che si estendeva per molti chilometri.
Si trascinò sotto l'ammasso di terra che la separava dalla parte alta della foresta e ci si poggiò con la schiena, sospirando, mentre osservava il cielo spento.

- … Forse papa verrà a cercarmi, forse papa mi troverà... papa è forte... - scosse il capo come se si fosse appena svegliata da un sogno. - No! No! Se papa mi viene a salvare, la gente penserà che ho bisogno di essere salvata! - si prese il volto tra le mani, tremando. - Penseranno che sono debole! Che sono una femmina e che devo essere protetta dai maschi! - singhiozzò. - No, io non sono debole! Non voglio essere protetta, sono io che devo proteggere le persone perchè devo diventare un boss! Devo diventare forte come papa e come Primo-sama! Non posso arrendermi! -
Si asciugò le lacrime e tentò nuovamente di alzarsi ma il dolore glielo impedì, perciò si trascinò lentamente per la strada davanti a sé.

- Devo... farcela... da sola... perchè devono amarmi... devono fidarsi … devo essere come il mio papa... - riprese a singhiozzare, stavolta per il dolore alla caviglia e la stanchezza che si trasformava in mal di testa. - Devo essere forte, devo proteggere tutti... così... Primo-sama sarà fiero di me... Primo-sama mi accetterà come boss... tutti mi accetteranno... -

- Nozomi!!-
Una voce maschile sembrò provenire dalla volta celeste.

D'istinto alzò il capo e si perse nel cielo grigiastro, squarciato da una luce arancione e infuocata che rapidamente si spostava.

- Pa-
Si zittì, mordendosi le labbra.
Non poteva farsi trovare, doveva farcela da sola. Farsi salvare da suo padre ecquivaleva a dimostrare la sua debolezza e dar ragione a tutti coloro che avevano sempre parlato male di lei.
Eppure la piccola aveva tanta voglia di urlare per chiamare il suo adorato papà, dopotutto era allo stremo delle forze ed era solo una bambina di otto anni, perciò iniziò a piangere sonoramente, rilasciando tutta la paura e lo stress accumulati.

La fiammeggiante luce arancione parve sentirla poiché discese rapidamente pochi istanti dopo, notando la bambina seduta per terra.
- Nozomi!! -
L'uomo si avvicinò rapidamente alla figlia con sguardo preoccupato e si inginocchiò, portandola tra le sue braccia. Il bruno era leggermente bagnato e ansimava, abbastanza affaticato, probabilmente la stava cercando da un bel po'.
La strinse a sé e la cullò dolcemente mentre la piccola, afflitta tra i vari dolori fisici e mentali, continuava con insistenza nel suo pianto liberatorio.
- Piccola mia, non piangere. Adesso c'è il tuo papà. -
Tsuna la prese in braccio, le stampò un delicato bacio sul capo e lasciò fuoriuscire la fiamma del cielo sulla sua fronte. Si alzò in volo, diretto verso casa mentre, con un abbraccio caloroso e sguardo apprensivo, teneva stretta al petto la sua creatura.


Kyoko poggiò sul comodino una tazza fumante, mentre Tsuna stava accarezzando la figlia che giaceva sotto le coperte del suo lettino.
- Ti ho fatto preparare un po' di cioccolata calda. Ti va? - chiese la donna, con voce calda e armoniosa, osservando la sua bambina con occhi profondi e dolci.
L'uomo aiutò Nozomi a sedersi, sentiva ancora un po' di male alla caviglia ma il dottor Shamal gliela aveva fasciata e si era preso cura di lei, perciò il dolore era diminuito di molto.
La donna le porse la tazza e osservò amorevolmente Nozomi mentre beveva.
- Devo assentarmi per un paio di minuti, torno subito. - l'uomo abbracciò la moglie e la baciò con dolcezza, poi si protese sulla figlia e la strinse a sé, baciandole la fronte. - Piccola, tu riposati. -

- … papa... è arrabbiato con Nozo-chan? -
L'uomo si bloccò, restando in silenzio per qualche istante ad osservare gli occhi della figlia.
Sospirò.
- Papà e Mamma erano molto preoccupati per te, sai? -
La piccola strinse la tazza con immensa tristezza, cercando di non ricominciare a piangere. Dopotutto non aveva pensato all'eventualità di far preoccupare i suoi genitori, lei voleva solamente sfuggire alla punizione per catturare il capo della Lhumor.
Si sentì tremendamente triste.
- Ad ogni modo... Nozo-chan sta bene ed è questo ciò che conta. - l'uomo le sorrise teneramente e la brunetta abbozzò un sorriso in risposta. - Adesso riposati, a giorni ci sarà un evento speciale e Nozo-chan dovrà star bene per allora. -
- … papa vuole fare una festa? -
- Ovviamente. E' l'ottavo compleanno della mia bambina perciò ho organizzato qualcosa di molto speciale. -
La brunetta sembrò illuminarsi e iniziò ad agitarsi, rischiando quasi di far cadere la cioccolata sul letto, ma Kyoko salvò prontamente la tazza e la poggiò sul comodino.
- Oh, un'altra cosa. Ho invitato anche Claudio e Fabio. -
- EH?! DAVVERO?! -
L'entusiasmo della bambina era tangibile e l'uomo lasciò la camera con più serenità, vedendo che la figlia era raggiante e già in forze.

Kyoko restò un altro po' con la piccola, accarezzandole i capelli con dolcezza.
- … non volevo farvi preoccupare... -
- L'importante è che tu stia bene. La mamma è stata così in pensiero... la mia piccola Nozo-chan tutta sola nella foresta, sotto la pioggia... -
Il suo sguardo si rattristò e la bionda abbracciò la piccola, perdendosi nei suoi capelli castani.
- Scusa, mama... -
- Non lo fare più, Nozo-chan. Se hai bisogno di aiuto parla con la mamma o con il papà... oppure con Arina-chan. -
La brunetta sussultò e la madre si staccò da lei, osservandola negli occhi.
- Dovresti chiamarla. Non è la tua migliore amica? Ti è stata accanto dalla nascita, è molto legata a te. -
La bambina non rispose, pensierosa. In effetti si era completamente dimenticata di lei in quegli ultimi giorni, nonostante fosse finita in punizione per tentare di aiutarla.
- Non essere gelosa di lei, tu per lei sei davvero molto importante, Nozo-chan. Lei darebbe la vita per te, perchè ti vuole bene. -
Nozomi chinò lo sguardo, storcendo le labbra. Sapeva già dell'affetto che Arina provava per lei, ma stava agendo in quel modo perchè voleva renderla felice. Eppure, si rese conto di essere stata stupida a voler agire da sola.
Dopotutto lei non era sola, non lo era mai stata.
La donna le porse il suo cellulare e la piccola lo prese tra le mani, pronta a comporre il numero dell'amica.

Quando Tsuna tornò, pochi minuti dopo, Kyoko si era stesa accanto alla bambina addormentata.
L'uomo si accomodò sul letto e si stese dall'altra parte, stringendo la bambina al centro e abbracciando la moglie dall'altra parte.
- Tsu-kun... -
- Kyoko-chan... non voglio che Nozomi viva ciò che ho vissuto io. -
- … Tsu-kun... se tu sei ciò che sei adesso, è perchè hai superato molte avversità. -
- Me ne rendo conto... ma vuoi davvero che la nostra bambina vada incontro a quei pericoli? -
La donna non rispose, osservando il viso assopito della figlia.
- Io voglio che Nozo-chan sia felice, come lo siamo io e te. Noi siamo una famiglia, una famiglia felice. E voglio che anche Nozo-chan possa avere questa felicità. -
L'uomo annuì.
- ...non potremo proteggerla per sempre, Tsu-kun. -
- Lo so... purtroppo... lo so. -
- Ha il tuo animo forte e altruista. Sono sicura che ce la farà. -
L'uomo sorrise e si protrasse per baciare le labbra calde della moglie e per stampare un altro piccolo bacio sulla tempia della bambina.
I tre restarono così stretti ancora per un altro po', come una bella famigliola felice.

***

La donna dai lunghi capelli biondi era immersa nei suoi sogni quando la pioggia era ormai cessata.
Le serrande dei negozi erano ancora abbassate ma l'ora di pranzo era passata già da un pezzo e lei era ancora seduta lì, infreddolita e persa.
Il suo telefonino squillò all'improvviso, svegliandola con così tale violenza che per poco non sbatteva la testa contro la serranda del negozio.
- A... - con mani tremanti afferrò il suo cellulare e lo tirò fuori dalla tasca, lo sguardo fisso sullo schermo. - ...Nozo... -
Chinò lo sguardo, osservando tristemente il suolo mentre si tratteneva dal piangere. Aveva davvero sperato di vedere il nome Alessandro lampeggiare sullo schermo, non poteva nascondere la sua delusione nello scoprire che si trattava della sua piccola allieva.
- No... Non ora Nozo... -
Con il pollice pigiò il tasto rosso, sentendosi in colpa per aver rifiutato la chiamata della bambina.

Camminò lentamente per la stradina desolata, sotto il cielo grigio e spento e con il morale a terra.
Il suo animo era combattuto, voleva richiamare Nozomi per sapere cos'era successo ma voleva anche sapere qualcosa su Alessandro. Inoltre, aveva voglia di scappare via.
Sentiva un turbine di emozioni vorticare nel suo cuore ma, con calma, riuscì comunque a ritornare a casa.

La ragazza salì le scale e si avviò verso il portone della sua abitazione, bloccandosi ad osservare con incredulità la figura davanti alla sua porta.
Il suo cuore sembrò fermarsi.

Gli occhi del ragazzo erano fissi nei suoi e, senza nemmeno aprire bocca, la ragazzina gli si gettò tra le braccia e scoppiò in lacrime.



- Mi dispiace di averti fatto preoccupare, avevo il cellulare scarico... -
La bionda scosse il capo, mentre versava del succo di pesca nel bicchiere del ragazzo.
- I tuoi...? -
- In ospedale... non so come finirà... -
- Dovresti stare con loro... -
- Io ero preoccupato per te. Sapevo che eri in ansia, dopo aver saputo la notizia... -
- Me l'ha detto Sonia per telefono... -
- Ad ogni modo va tutto bene, sono sicuro che i miei si rimetteranno e io ne sono fortunatamente uscito illeso. -
La bionda osservò il ragazzo pensierosa, tuttavia non voleva davvero perdere tempo a rifletterci su, perciò cercò di dedicarsi a lui e di farlo star bene. Immaginava quanto potesse essere in pensiero, nonostante non lo dasse a vedere.

Il ragazzo si alzò e l'abbracciò, cogliendola di sorpresa.
- Alessandro... sono stata una stupida... avevo paura... -
- Tranquilla, è tutto ok. -
La aiutò ad alzarsi e l'accompagnò sul divano, dove si sedette accanto a lei.
- Arina... tornerà tutto come prima. E poi non posso morire, sono il tuo ragazzo, no? -
La ragazzina sorrise dolcemente, accoccolandosi a lui.
- E poi... uhm... non dovevi farmi conoscere la tua allieva? -
Arina si staccò di scatto dal ragazzo e il suo sguardo si rattristì.
- … mi aveva chiamata... non le ho nemmeno risposto. Sono... una persona orribile... -
Il ragazzo scosse il capo.
- Non è vero. Eri disperata... sei una ragazza di quindici anni, questa situazione era troppo caotica anche per te! -
La ragazzina sorrise lievemente.
- Allora, non la chiami? Non vedo l'ora di incontrarla, se ha imparato da te sarà sicuramente una splendida bambina! -
La bionda si morse un labbro, arrossendo, mentre estraeva il cellulare dalla sua tasca.
- Fra qualche giorno è il suo compleanno, quindi non penso potrà venire. Ma per settimana prossima si può fare. - sorrise all'uomo che amava, mentre pigiava il tasto verde e attendeva, con il cuore in gola, la voce squillante della bambina.

   
 
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